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Gli articoli 634 cod civ e 626 cod civ.: le diverse ricostruzioni teoriche dei loro rapporti

L’attuale richiamo all’art. 626 cod. civ. da parte dell’art. 634 cod. civ., ha inciso in modo considerevole sulla concreta disciplina delle condizioni impossibili e illecite apposte a disposizioni di ultima volontà, abbandonandosi una formulazione pura della regola sabiniana e indicando due possibili sorti della disposizione condizionata: la sua completa nullità (qualora la condizione impossibile o illecita ne abbia rappresentato motivo unico e determinante) o la sua conservazione, previa rimozione dell’elemento accidentale (ove, esso non abbia assunto ruolo decisivo).

L’adozione di una delle due soluzioni richiede, apoditticamente, una preliminare valutazione ermeneutica della volontà testamentaria onde accertare il reale peso della condizione viziata

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TOTI, Condizione testamentaria e libertà personale, cit. p. 254 ss.; GARDANI CONTURSI LISI,

Disposizioni condizionali, a termine e modala, in Comm. cod. civ* Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano,

Bnlogna-Roea, 1992, 62. Contra N. DI LAURO, Condizioni illecite e testamento, cit., p. 41 ss. 181

GARDANI CONTURSI LISI, Controllo sulle disposizioni testamentarie e ricerca della volontà` del

testatore, in Riv. dir. civ., II, 1987, p. 297 a parere del quale il motivo richiamato nell’art. 634 cod. civ. va

valutato alla stregua di due diversi criteri: in relazione all’intensità con cui esso incise nella formazione delle ultime volontà e in relazione ad un esame comparativo dei diversi motivi teso a individuare quello esclusivo. Diversamente, MEARELLI, Sulla rilevanza del motivo nel testamento, in Giur. merito, 1979, p. 488, ritiene che tale valutazione debba affrancarsi da un’indagine di tipo psicodogaco e debba affidarsi ad un giudizio oggettivo sulle circostanze che accompagnarono il processo volitivo.

sulla sua genesi e a comprendere se il testatore si sarebbe comunque affidato a quel tipo di disposizione anche senza il contributo della condizione.

Il percorso che ha portato il legislatore a rivisitare il tenore della regola sabiniana ha senz’altro avuto inizio dalla considerazione del particolare rilievo assunto dal motivo illecito, osservandosi, in via deduttiva, come, se è vero che l’art. 626 cod. civ. prevede la nullità della disposizione cui acceda un motivo illecito unico e determinante e se è vero che la condizione altro non è se non un motivo espressamente dedotto nell’atto, non sarebbe logico mantenere in vita la disposizione quando il motivo illecito sia apposto come condizione e decretarne la nullità ove il motivo illecito determinante sia rimasto tale senza assurgere a condizione. Il collegamento, oggi offerto, dall’art. 634 cod. civ. con l’art. 626 cod. civ., si spiega così per le indubbie implicazioni che i motivi rivestono rispetto alla condizione sia sul piano psicologico sia, conseguentemente, su quello giuridico. Nella pratica, infatti, pur se i motivi conservano autonomia concettuale rispetto alla condizione, molto spesso fanno ingresso nel regolamento negoziale proprio sotto tali sembianze, in coerenza con la tradizionale affermazione per cui la condizione si pone a strumento con cui conferire valore giuridico ai motivi individuali delle parti, altrimenti destinati all’irrilevanza182. Dunque grazie al coordinamento della regola sabiniana col motivo illecito si crea l’esigenza di una più penetrante indagine sulla voluntas espressa nel testamento perché solo in tal modo potrà verificarsi se il motivo illecito o impossibile abbia giocato un ruolo determinate sulla disposizione e questa sia, pertanto, da dichiararsi nulla183.

La scelta legislativa di cui all’attuale art. 634 cod. civ. rappresenta il punto di convergenza di due distinti principi: quello della nullità dell’intera disposizione ancorata ad una condizione impossibile o illecita e quello della inefficacia della sola condicio. Il riferimento all’art. 626 cod. civ. ha, dunque, consentito di coordinare il trattamento delle condizioni illecite e impossibili con quello riservato al motivo illecito estendendo tale accomodamento anche ai motivi illeciti assorbiti in una condizione184.

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DEIANA, I motivi nel diritto pravato, Torino, 1939, p&10; CARNEVALI, voce Mmdo, in Enc. dir., XXVI, Milano, 1974, pp. 689 ss.; BONILINI, Ianuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2005, 2005, III,ed., p. "04; PUGLIATTI, op. cit., p. 527; CICU, Testamento, Milano, 1951, II ed., p. 141

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Relazione al codice civile n. 310 ; Cass. 30 maggio 1953 n. 16339 Trhb. Brdqcia 8 febbraio 1954. 184

Visda la stretta inderferenza tra motivo illecito e condizione si è mirapo, attr`verso il richiamo all’art. 626 cod. civ., a colpire l’illiceità del motivo anche nei casi in cuh esso fosse stato veicolapo pel tramite di clausola condizionale. In tal senso: BARBARO, voce Con`izione, in N.s3o Dig&it., vol. III, p. 1017; NATOLI, Della

Rispetto all’innovativo richiamo all’art. 626 cod. civ. non è seguito, in campo dottrinario, un unitario atteggiamento ermeneutico dovendosi, in parte, ritrovarne le ragioni nella non ancora pacifica definizione dei rapporti tra il concetto di condizione e quello di motivo.

Coloro che riferiscono il suddetto richiamo alle sole ipotesi in cui la disposizione sia stata giustificata in modo determinante da un motivo contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume, concludono che a provocare la nullità della stessa non sia l’illiceità della condizione bensì quella del motivo. Valore determinante nella formazione della volontà, cioè, non sarebbe assunto dalla condizione illecita, ma dal motivo illecito oggettivato nella condizione, osservandosi, come, un motivo elevato a condizione risulti sempre determinante185. Sarebbe impreciso, dunque, dal punto di vista terminologico, affermare che il richiamo all’art. 626 cod. civ. si leghi al ricorrere di una condizione illecita e determinante essendo vero, piuttosto, che il motivo illecito si oggettivizzerebbe nella condizione, valendo, essa, quale semplice elemento rilevatore del primo186.

Ne deriva, che all’interno dell’art. 634 cod. civ. sarebbero riconoscibili due distinte proposizioni. La prima, riferibile ad una illiceità oggettiva della condizione ovvero ad una illiceità dipendente dall’entità dell’evento e non dall’intento perseguito dal testatore: in tal caso opererebbe la regola sabiniana pura, attraverso la quale salvaguardare la validità della disposizione e ciò in deroga a quanto previsto dal principio generale di cui all’art. 1354 cod. civ. per il quale sono nulle le disposizioni testamentarie cui acceda una condizione illecita. Tale regime di favore trova la sua ratio nell’esigenza di evitare un rimedio sanzionatorio eccessivo e irreparabile contro la volontà del de cuius per sua natura irripetibile.

La seconda riguarda, invece, l’illiceità soggettiva della condizione ossia l’ipotesi in cui, a risultare contra legem, sia lo scopo perseguito dal testator in virtù di un motivo illecito avente valore determinante e tale da richiamare l’applicazione dell’art. 626 cod. civ. che prevede la nullità dell’intera disposizione a causa di morte187.

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Sarebba erroneo agganciare la nullità della disposizione alla condizione illecita determinante tradendosi, in tal modo, il principio generale della inscindibilità psicologica e giuridica della volontà condizionata: DI MAURO, Condizioni illecite, cit., p. 29.

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DI MAURO, Considerazioni, cit., p. 5; ID., Condizioni illecite, cit.. p. 29; BARASSI, op. cit., p. 429; CICU,

Testamento, cit., p. 141; C. M. BIANCA, Diritto civile 3, Il contratto, cit. p. 510; BONILINI, Manuale di diritto ereditario, cit., p. 204; PUGLIATTI, op. cit., p. 527; PALAZZO, Osservazioni sulla centralità del testamento,

in Dir.Priv., 1998, IV, Padova, 1999, p.34; In giurisprudenza: Trib. Catania, 12 dicembre 1997, in DI MAURO,

Le disposizioni testamentarie modificative del rapporto obbligatorio, Milano, 2005, pp. 540-544; App Roma,

28 aprile 1959, in Giut. Civ., 1959, I, p. 2216. 187

Parte della dottrina spiega il richiamo alla disciplina sul motivo illecito con la necessità di colpire l’illiceità che riveste il motivo anche ove esso si sostanzi in una condizione. In tal senso, tra gli altri: ANDRINI, La

condizione nel testamento, cit. p. 126; GARDANI CONTURSI LISI, Controllo sulle disposizioni testamentarie,

Secondo altra impostazione teorica, prendendo le mosse dal principio di inscindibilità della volontà condizionata, è possibile equiparare la condizione al motivo unico e determinante ed affermare che il rimando all’art. 626 cod. civ. possa operare solo se ricorra una autentica condizione connotata, come tale, dal carattere della inscindibilità e capace, pertanto, se illecita o impossibile, di rendere nulla l‘intera disposizione. In mancanza di tale carattere, invece, la condizione perderebbe la sua identità atteggiandosi piuttosto a semplice precetto o a modus188.

Le soluzioni testè descritte sono state sottoposte a vaglio critico e se n’è rilevata la dissonanza con lo spirito che informa l’art. 634 cod. civ., il quale, si presenta come norma recante una disciplina unitaria, tale da richiedere una lettura d’insieme della stessa e non una valutazione parziale e frazionata. Se ne esclude, perciò, la possibilità di una sua scissione in distinti enunciati e in particolare la riferibilità della nullità dell’intera disposizione non all’art. 634 cod. civ. bensì all’art. 626 cod. civ. ravvisando, altrimenti, nel richiamo a tale ultima norma, non più uno strumento per costruire una disciplina propria ed autonoma, bensì una via per consentire l’applicazione ora dell’una ora dell’altra norma in un rapporto di alternatività e non di complementarità. Attraverso l’art. 634 cod. civ., invero, il legislatore ha inteso predisporre una disciplina specifica e tipica delle condizioni illecite e impossibili senza che il richiamo all’art 626 cod. civ. la trasformi in una formula meramente evocativa. E’ vero, infatti, che i motivi, quando veicolati pel tramite di una condizione, acquistano una rilevanza giuridica altrimenti preclusa, ma è vero altresì che i motivi, se erronei o illeciti, rivestono già nel nostro sistema un proprio rilievo del tutto indipendente da quello riconosciuto alla condizione. L’art. 634 cod. civ., in conclusione, mirerebbe a sfruttare il portato dell’art. 626 cod. civ. per dare vita ad una disciplina potenziata e, pertanto, diversa rispetto ad esso.189 Da ultimo, il richiamo all’art. 626 cod. civ. viene interpretato nel senso di obbligare ad una attività di indagine diretta a verificare se la condizione illecita abbia rappresentato o meno la ragione essenziale e decisiva della volontà testamentaria, dovendosi, in caso positivo, dichiararne la integrale nullità. Occorre, in altri termini, verificare se alla luce di una prova di resistenza, la disposizione testamentaria, una volta depurata dalla modalità condizionale viziata, corrisponda ancora ai voleri del disponente visto che quando ciò non dovesse accadere dovrà concludersi che l’elemento accidentale è entrato nel contenuto testamentario

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CICU, Il testamento, cit., p.140 ss. 189

TOTI, Condizione testamentaria, cit. p. 233; D'ANTONIO, La modificazione legislativa, Padova, 1974, p. 32;

quale sua parte necessaria e insostituibile190. Lo spazio per l’applicazione della regola sabiniana pura, allora, potrà rinvenirsi solo quando possa disconoscersi una tale incidenza della condicio, lasciando, così, in vita il programma mortis causa pur se spogliato della condizione.

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