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Il limite temporale

Ulteriore presupposto per la validità di un divieto di alienazione di fonte testamentaria è rappresentato, ai sensi dell’art. 1379 cod. civ., dalla sua necessaria temporaneità o, più precisamente, dalla sua ricomprensione in “apprezzabili limiti di tempo”.

Tradizionalmente, l’ordinamento ha espresso un atteggiamento sfavorevole per la costituzione di rapporti obbligatori, di segno positivo o negativo, idonei ad astringere il debitore per lungo tempo o, addirittura, sine die.

Già anteriormente all’attuale codice civile, si avvertiva l’esigenza di tutelare l’integrità del diritto di proprietà evitando che questo, mediante un simile divieto, venisse mutilato di una delle sue più rilevanti manifestazioni, atteso che un'indisponibilità indeterminata, pur se ad efficacia obbligatoria, reca con sé la capacità di deformare il nucleo centrale della situazione reale274. Una tale, perdurante compressione, d’altronde, si poneva in contrasto con la logica

273 ALLARA, La teoria delle vicende del rapporto giuridico, cit., p. 98; ROCCA, Il divieto testamentario di

alienazione, cit., p. 441; BOCCHINI,Limitazioni convenzionali del potere di disposizione, cit., p. 113 ss.;

COMPORTI,Contributo allo studio del diritto reale, cit., p. 124 ss.; ID., Diritti reali in generale, cit., p. 157

ss.; ROCCA,Il divieto testamentario, cit., p. 441 ss. In giurisprudenza, Cass. 30 luglio 1985 n. 4530, in "Giust.

civ.", 1985, I, 2015, ove si sottolinea che, pur occorrendo assicurare al proprietario la libertà di vincolarsi in favore di un terzo creditore, resta immanente la necessità d'impedire la dissociazione all’infinito della proprietà e del suo contenuto economico e ogni limitazione o filtrazione del godimento che valga a spogliare il diritto del proprietario dell'utilità economica della cosa, ed in particolare di quell'utilità che rappresenta la ragione della sua tutela giuridica.

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In tali ipotesi, pur non dandosi vita ad figure reali nuove e pur non violando formalmente lo schema tipico, si creerebbero vincoli permanenti sul bene si da svuotare concretamente il contenuto essenziale. In dottrina: DI MAIO, Rilevanza del termine e poteri del giudice, Milano, 1972, p. 206; DE SIMONE, Il divieto negoziale di

alienazione e l'art. 1341 cc., in Dir. e giur., 1958, p. 710; In giurisprudenza, Cass., 18 gennaio 1951, n. 146, in

di libera competizione che informa il mercato pregiudicandone la fluidità e, per questo, il suo stesso funzionamento275.

In dottrina, come in giurisprudenza, si riconosceva la validità del divieto di alienare quando questo avesse avuto un carattere temporaneo, in ragione del fatto che l'impiego di una simile clausola poteva realizzare un interesse giuridicamente apprezzabile ed oggi una tale affermazione risulta ancor più valida alla luce dell'art. 1379 cod. civ. che pone quale criterio fondamentale per decidere la legittimità o meno dei limiti testamentari alla disposizione dei beni lasciati all'istituito, proprio la perpetuità o la temporaneità degli stessi276. Di ciò vi è evidente traccia nell’atteggiamento tenuto dal legislatore, il quale, lungi dall’affidarsi ad un principio generale atto a proibire qualsiasi clausola limitativa del potere dispositivo, ha scelto di regolamentare diverse fattispecie indicando, per esse, specifiche limitazioni temporali (si pensi agli artt. 713, 965, 1260, 1379 cod. civ.).

La necessità di individuare un limite temporale, tuttavia, ha incontrato la difficoltà di predeterminare un termine fisso, giungendosi, in tal modo, alla soluzione dei "convenienti" limiti di tempo e rimettendo tale valutazione, caso per caso, al prudente arbitrio dell’autorità giudiziaria. Ne deriva che, in via eccezionale, la congruità della durata del divieto contrattuale, va accertata secondo criteri variabili, dipendenti dagli specifici aspetti che connotano il caso concreto277 meditando adeguatamente, in chiave comparativa, gli interessi coinvolti nella fattispecie e arrivando a giudicare non meritevole di tutela quel vincolo che tuteli in modo sbilanciato le ragioni del testatore a spese di quelle del proprietario del bene278.

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M. GIORGIANNI, voce Obbligazioni (dir. priv), in Noviss. Dig. It., XI, Torino, 1968, pp. 608-614; RESIGNO, voce Obbligazioni, (diritto privato), in Enc. dir., vol. XXIX, Milano, 1979, pp. 177-178, pp. 192- 193 secondo il quale il senso della temporaneità è da ricercarsi nella tutela della posizione debitoria; G. BONILINI, La prelazione testamentaria, in Riv. dir. civ., 1984., p. 244; DIONISI, Il notaio ed il « controllo di

liceità » del regolamento negoziale, in Ricerche di diritto civile, Napoli, (s.d.), p. 34; BIONDI, Divieto di concorrenza e obbligazione « propter rem », nota ad App. Milano, 13 marzo 1959, in Foro pad., 1960, I, c. 741

ss.

276 FERRARA, Teoria del negozio illecito, cit., p. 254; COVIELLO N. Jr., L'obbligazione negativa, Napoli 1931. I, p. 114 ss.; SCUTO, Il modus nel diritto civile italiano, cit., p. 125; In giurisprudenza: App. Milano 22 settembre 1917, in "Mon. trib.", 1918, 123; Trib. Frosinone 2 luglio 1925, in "Giur. It. Rep.", 1925, voce Successioni, 58; App. Milano 7 giugno 1932, ivi, 1933, voce cit., 246.

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Non soccorrono qui i parametri indicati dal legislatore per alcune fattispecie tipiche, quale quella in materia di enfiteusi, di cui all’art 965 3 co. cod. civ., ovvero quella in materia di divieto di concorrenza di cui all'art. 2557 cod. civ., o quella di cui alll'art. 2596 cod. civ. relativo al patto di non concorrenza. Il problema della temporaneità non si pone, dunque, nei termini di una minore o maggiore astratta congruità di un termine rispetto ad un altro, quanto in quelli della qualità e durata del bisogno cui occorre dare risposta nel caso specifico. G. BONILINI, La prelazione testamentaria, cit., p. 245; BARBERO, Sistema del diritto privato italiano, I, cit., p. 485; M. GIORGIANNI, voce Obbligazioni, cit., p.614

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ROCCA, Il divieto testamentario di alienazione, cit., p. 450; in termini critici: A. NATALE, Il divieto di

alienazione, in Trattato di diritto delle successioni e donazione, dir. da G. BONILINI, Milano, 2009, p. 769; ID, L’inapplicabilità dell’art. 1379 c.c., al divieto testamentario di alienazione, in Fam., pers. e succ., 2007, p. 1019

ss. secondo il quale, una volta ammesso che il divieto sia valido a prescindere da un apprezzabile interesse sottostante, sarebbe contraddittorio che fosse proprio quest'interesse l'indice per la valutazione della congruità

La mancanza di un preciso ed espresso termine di legge ha stimolato la ricerca di parametri valutativi il più possibile certi, capaci di bilanciare l’ampiezza della regola di cui all’art. 1379 cod. civ. relativa alla convenienza dei limiti.

In tal senso, ci si è chiesti come atteggiarsi rispetto all’ipotesi in cui il termine sia stato ritenuto ridondante o sia stato del tutto omesso. La possibile correzione o fissazione per via giudiziaria trova consensi in dottrina riguardo al divieto disposto per atto inter vivos, richiamandosi, all’uopo, i dati normativi di cui agli artt. 1183, 2 comma, 1367, 1374 e 1339 cod. civ., mentre si rivela più dibattuta relativamente al testamento.

In dottrina, a supporto di una soluzione positiva si è invocato il favor testamenti, inteso quale espressione di una particolare premura in favore delle ultime volontà: in nome di questo non si ravvisano ostacoli a che il giudice intervenga per salvare dall’invalidità una volontà non più ripetibile dopo la morte del suo autore. D’altronde, a suffragio di una generale ammissibilità dell’intervento giudiziario in materia testamentaria, militerebbe il disposto dell'art. 645 cod. civ., che, nel caso di condizione sospensiva orfana di un termine, rimette agli interessati la libertà di delegare al giudice la fissazione del termine entro il quale la

condicio dovrà adempiersi. Sarebbe, allora, incongruente lasciare operare un simile

meccanismo nei casi in cui l'inalienabilità si ricolleghi ad una modalità condizionale e precluderla, invece, quando la stessa si agganci ad un comportamento obbligatorio279. Va, cioè, adoperato un criterio ermeneutico elastico attraverso cui consentire il recupero della volontà testamentaria, destinata, altrimenti, alla sterilità.

Posizione critica è assunta da altra parte della dottrina la quale non manca di osservare come il ricorso all’applicazione analogica di norme dettate per la condizione sospensiva desterebbe più di una perplessità, intanto perché si profilerebbe qui, più che una condizione sospensiva, una condizione risolutiva e poi perché la retroattività degli effetti, propria al meccanismo condizionale, solleverebbe dubbi circa la validità di un divieto così veicolato280.

della durata (ed invero, se così fosse, ad un interesse bizzarro del imponente dovrebbe corrispondere una durata del divieto pari a zero). Inoltre, è principio consolidato quello di limitare la discrezionalità del giudice (specie in assenza di una norma che a questo lo autorizzi), nell’individuare quando un termine di inalienabilità espresso dal testatore sia congruo; d'altra parte, il ricorso all'equità in materia di integrazione del negozio di ultima volontà, non sembra ammissibile, giusta la regola di inapplicabilità posta dall'art. 1324 cod. civ.

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In senso favorevole all’intervento del giudice: ROCCA, Il divieto testamentario di alienazione, cit., p. 453; PELOSI, La proprietà risolubile, cit., p. 302; LOJACONO, voce Inalienabilità cit., p. 899; ALLARA, Principi, cit., p. 183 ss., il quale riconosce all'art. 1183 cod. civ. una portata particolarmente ampia, tale da consentire l'intervento del giudice ogniqualvolta ciò si reda necessario per evitare un'incertezza protratta per troppo tempo circa la titolarità del diritto; GlANNATTASIO, Delle successioni, cit., p. 252 ss., vede nell'art. 645 cod. civ. una specifica applicazione dell'art. 1183 cod. civ.; contra VASCELLARI, in Comm. breve c.c. a cura di Cian e Trabucchi, Padova, 1994, sub art, 695, p. 270.

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Altra norma indicata come possibile riferimento in tale materia è l’art. 713 3 co. cod. civ. che, in presenza di gravi circostanze e su istanza di uno o più coeredi, investe l’autorità giudiziaria, del potere di consentire che la divisione si effettui senza indugio o dopo un termine minore di quello stabilito dal testatore. In tali circostanze, infatti, il ruolo del giudice non è soltanto quello di rilevare l’eventuale incongruità del termine di indivisibilità apposto dal de cuius, ma anche quello di ridurlo o di rimuoverlo.

In termini generali, contro l’ammissibilità di un intervento giudiziario si esprime chi rileva l’eccezionalità delle norme che lo legittimano, di talchè, fuori di esse, il richiamo ad un simile rimedio sarebbe arbitrario e metterebbe a rischio l’autenticità delle volontà espresse281. Tale conclusione risulta condivisibile in quanto particolarmente attenta a fornire la giusta considerazione degli aspetti più delicati dell’interpretazione testamentaria. E’ infatti nota la particolare prudenza richiesta nella correzione di eventuali lacune di un tale regolamento, dovendo qui orientarsi tra la soluzione di non incidere sull’originaria costruzione voluta dal suo autore, accettando, però, il rischio di decretarne l’improduttività, o invece, intervenire in via estensiva od analogica con l’ausilio di idonei strumenti integrativi capaci, però, di assumere piena legittimità solo ove accompagnati da un’espressa indicazione legisltativa o da un credibile attestato di coerenza sistematica. Fuori da queste ipotesi, invero, si attenterebbe facilmente alla fragilità del testamento, negozio destinato ad operare quando il suo autore non sarà più in vita e non potrà difenderne il reale significato che intese attribuirgli.

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