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Giustificazioni della regola sabiniana alla luce delle novità introdotte dal codice del

Il passaggio da una formulazione pura della regola sabiniana, così come concepita sotto il codice del 1865, ad una connotata dal riferimento al motivo illecito, attraverso il richiamo all’art. 626 cod. civ., non riuscì a proiettare il dibattito sulla sua ratio giustificatrice al di fuori dei precedenti confini, segnati, per un verso, dal principio cardine dell’inscindibilità della volontà condizionata e, per altro verso, dal criterio del favor testamenti quale leva su cui poggiare la deroga della stessa in campo testamentario.

Le analisi dottrinarie, in questa fase, muovono da una considerazione dell’art. 634 cod. civ. come espressione di un principio di conservazione del negozio testamentario. Si afferma, cioè, un’accezione oggettiva del favor testamenti, nei termini di principio diretto non più alla realizzazione, ad ogni costo, della estrema volontà del de cuius, bensì diretto alla

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G. BRUNETTI, Le condizioni impossibili o illecite nei testamenti, cit. 187; VARRONE, Ideologia e

dogmatica nella teoria del negozio giuridico, 1972, Napoli, p. 67; COSENTINI, Condicio impossibilis. Milano,

salvaguardia del negozio testamentario contro il rischio di una sua inefficacia e conseguente incapacità a regolamentare la vicenda successoria160. In tal senso, è stata estesa anche al testamento l’applicazione dell’art. 1367 cod. civ., dettato in tema di interpretazione dei contratti, sottolineandosi anzi come una tale norma troverebbe nel campo dell’interpretazione testamentaria più estesa applicazione161.

Secondo alcuni, punto di arrivo di simili osservazioni è l’affermazione per cui l’art. 634 cod. civ. andrebbe a garantire, in nome del favor testamenti, la conservazione dell’atto grazie a una duplice operazione di annullamento della disposizione e sua successiva creazione in forma ridimensionata, ma, comunque, in grado di evitare l’apertura della successione legittima. Prezzo da pagare per mantenere in vita la disposizione sarebbe quello di amputare da essa la condizione illecita o impossibile, determinando, per contro, uno scollamento dall’originaria volontà del testatore e una riformulazione, in termini qualitativi, dell’assetto da questi voluto, con la conseguenza di mettere in discussione l’indole negoziale dell’atto, stante la sopraggiunta irrilevanza della voluntas testatoris nella produzione del suo effetto attributivo162.

Particolarmente originale, rispetto agli orientamenti tradizionali, si presenta la lettura della regola sabiniana operata da alcuni autori163, i quali, affrancandosi dall’idea della stessa come strumento di attuazione del favor testamenti, vi ravvisano, piuttosto, una sanzione legale a suo carico attraverso cui incidere in modo restrittivo sulla volontà espressa e sulla libertà esercitata. Più precisamente, a presupposto di un tale atteggiamento punitivo, si individua un abuso del testatore che, nell’esercizio della propria autonomia, si è spinto fuori dal perimetro di legalità tracciato dall’ordinamento, piegando così lo strumento testamentario a finalità non meritevoli di tutela. Anzi, in tale ottica, l’applicazione dell’art. 634 cod. civ. svolge un’insostituibile ruolo protettivo della libertà di chi riceve le sostanze ereditarie, mirando ad evitare che questi soggiaccia (sempre che non decida di rinunziare) ad una volontà espressa

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BARASSI, La successione per causa di morte, cit.; D'ANTONIO, La regola sabiniana e la pretesa

inscindibilità della volontà condizionata, Napoli, Studi in onore di Santoro Passarelli, II, 1972, p. 103; DE

CUPIS, Il principio di conservazione nell'interpretazione dei testamenti, in Dir. e giur., 1947, p. 92; 161

DE CUPIS, Il principio, cit. p. 95 ss.; BIGLIAZZI GERI, L’interpretazione del contratto. Artt. 1362-1371,

Commentario codice civile, Milano, 1991, p. 300; GRASSETTI, voce Conservazione (principio di), in Enc.

Dir., Milano, 1961, p. 574 ss. 162

Parlare di favor dell’ordinamento nei confronti di un regolamento privato dovrebbe significare proteggerlo da atti impugnativi, ma non anche arrivare a tradursi in una forma di indipendenza e smarcamento dalla volontà espressa perché ciò decreterebbe piuttosto una negazione dell’autonomia. In tal senso N. LIPARI, Autonomia

privata e testamento, Milano, 1970, p. 257

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FERRARA, Teoria del negozio, cit., p. 315 ss.; BARASSI, La successione, cit., p. 495; JEMOLO,

Condizione testamentaria che “vitiatur et vitiat”¸in Foto it., 1954, I, che parlava di meccanismo sanzionatorio

contro l’autore di una volontà antisociale; Più di recente: ANDRINI, La condizione nel testamento, cit., p. 138; PEREGO, Favor legis e testamento, cit., p.174.

in modo ridondante ed abusivo. Conclusione, questa, ancor più valida ove si pensi alla possibilità del de cuius di cogliere l’occasione della redazione della scheda testamentaria per imporre, dolosamente, all’istituto, contegni che, pur se non corrosivi della consistenza patrimoniale del lascito, si rivelino capaci, però, di disturbare, se non ferire, la sensibilità del ricevente e gli spazi della sua sfera più intima e personale.

La tesi in commento non disconosce il principio della inscindibilità della volontà condizionata, ma, anzi, ad esso fa riferimento per sottolineare come l’art. 634 cod. civ. si ponga, rispetto ad esso, quale evidente deroga e ciò proprio in nome di un intento sanzionatorio contro la volontà antisociale espressa nella scheda testamentaria. Si osserva, infatti, che depurando la disposizione condizionata del suo elemento accidentale, si andrebbe a riferire alla persona del testatore una volontà diversa da quella originariamente concepita, giungendo a limitare la sua autonomia e precludendo quel risultato che si sarebbe potuto produrre solo con l’adempimento della condizione programmata ossia attuando per intero la sua ultima volontà.

Se l’affermazione di una finalità sanzionatoria può ben dirsi concepibile alla luce di una regola sabiniana in versione pura, essa invece perde consistenza dinanzi all’attuale formulazione dell’art 634 cod. civ. che, richiamando l’art. 626 cod. civ., offre una disciplina diversamente articolata nel senso di non affidarsi esclusivamente alla regola sabiniana pura, ma preoccupandosi di garantire, fin quando possibile, la salvezza della volontà dispositiva, dopo averla depurata dell’elemento condizionale viziato, purchè, però, essa possa ancora dirsi riferibile alle determinazioni del testator.

10. I tentativi di superamento del principio di inscindibilità della volontà condizionata quale

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