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Le ulteriori configurazioni in termini di legato di contratto e di modus I possibili strumenti d

Il desiderio del testatore di assicurarsi una composizione arbitrale della liti ereditarie viene analizzato non solo nella forma di una previsione direttamente vincolante per i successori, ma anche nella prospettiva dell’imposizione agli onerati a stipulare un compromesso in arbitri nel momento in cui diverrà attuale una controversia. Ciò si risolve nel reciproco riconoscimento tra le parti del diritto potestativo a chiedere la stipula del compromesso394 rimettendo, in tal modo, ai successori, lo svolgimento di un’attività negoziale post mortem. Tale fattispecie è stata ricostruita in termini di legato di contratto395, incontrando, però, più di un rilievo critico. Si è, infatti, osservato come, per tale via, si contraddirebbe all’essenza stessa del legato, concepito dal legislatore come disposizione normalmente diretta ad attuare una liberalità mediante l’attribuzione al beneficiario di diritti specificamente determinati. La disposizione arbitrale, invece, opererebbe come limite all’attribuzione andando a tutelare un interesse del testatore più che dei suoi successori e spingendo, piuttosto, la figura verso una qualificazione in termini di modus396.

Ulteriore ostacolo alla ricevibilità di simile assunto risiederebbe nella natura fiduciaria del rapporto tra arbitri e parti che sembra non lasciare spazio all’adoperabilità della figura in

394 PARDINI, La clausola arbitrale testamentaria, cit., p. 114; REDENTI, Diritto Processuale, cit. p. 789 s.; BONILINI, Autonomia testamentaria, cit., p. 633.

395 PARDINI, op. cit., p. 114; CUGUSI, La clausola arbitrale nel testamento, cit., p. 516 ss. Circa la figura del legato di contratto, essa si inserisce nell'ambito dei legati di comportamento negoziale e si atteggia come la disposizione testamentaria con cui commettere all'onerato di concludere, o far concludere, un determinato contratto con il legatario. Consegue, in capo al beneficiario, la nascita di un diritto di credito cui corrisponde un’obbligazione di facere dell’onerato. Contributi dottrinari più risalenti in C. SCUTO, Il legato di cose non

esistenti nel patrimonio del testatore con particolare riguardo al legato di cosa altrui, in Riv. dir. civ., I, 1916.

p. 77 ss.; A. BRUNETTI, Legato di un contratto, in Foro veneto, 1926, p. 49 ss.; C. FADDA, Legato del diritto

di continuare una locazione, in Filangieri, 1894, I, p. 228 ss. Più di recente, v. A. TRABUCCHI, voce Legato (diritto civile), cit., p. 608 ss.; G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, t. II, cit., p. 638; C. M. BIANCA, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, II ed., cit., p. 614 ss.; C. MURGIA, In tema di negozio di attuazione di obbligazione testamentaria ex legato di contratto, in Giur. merito, 1976, IV, p. 269 ss.; L. BIGLIAZZI GERI -

U. BRECCIA - F. D. BUSNELLI - U. NATOLI, Diritto civile, 4, 2, Le successioni a causa di morte, cit., p. 180 ss.; E. NAPOLI, Il legato di contratto, in Rass. dir. civ., 1983, p. 738 ss.; G. CRISCULI, Le obbligazioni

testamentarie, cit., p. 161 ss.; G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato, cit., spec. p. 18 ss. e p. 108 ss.

In giurisprudenza: Cass., 5 novembre 1955, n. 3597, in Foro pad., 1955,1, c. 1369 ss., ai sensi della quale, ben può formare oggetto di legato l'attribuzione del diritto di pretendere dall'onerato la stipulazione di un negozio.

Contra, App. Genova, 14 aprile 1893, in Foro it. Rep., 1893, voce Successione, c. 1346, n. 144.

396

commento. Inoltre, dovendo qui l’onerato stipulare il contratto necessariamente con uno dei successori, verrebbe meno la sua tipica libertà a scegliere persone diverse da quelle indicate dal de cuius397.

La necessità, per il successore che volesse convenire la controparte davanti agli arbitri, di chiedergli preventivamente la stipula del negozio compromissorio e, in caso di rifiuto, di promuovere dinanzi al giudice ordinario l’azione ex art. 2932 cod. civ., produrrebbe, a detta di certa dottrina, un appesantimento delle procedure tale da rendere, sul piano pratico, poco appetibile e ragionevole l’impiego di un simile strumento a dispetto di una clausola in grado di vincolare automaticamente gli eredi e legatari398.

Alla luce di questi rilievi si approda, secondo altra interpretazione399, al riconoscimento della disposizione arbitrale testamentaria quale modus congegnato, mediante la sua apposizione ad un’istituzione di erede o di legato, per la realizzazione di un interesse riferibile principalmente al de cuius. Costui mirerebbe, così, a veder garantite tutte le vantaggiose prerogative che competono alla procedura arbitrale e ad appagare le aspirazioni che in essa trovano risposta quali, ad esempio, la celerità del procedimento, la riservatezza, la fiducia e la considerazione della persona dell’arbitro oltre che della sua particolare premura nella valutazione degli aspetti più personali e intimi coinvolti nelle vicende sottopostegli.

Per effetto di tale disposizione gli onerati si trovano a dover stipulare un compromesso arbitrale onde adempiere alla relativa obbligazione e accedere alla procedura indicata. Ciò, recando con sé oneri finanziari generalmente maggiori rispetto a quelli dell’ordinaria giustizia, si traduce in una restrizione del vantaggio erogato con l’attribuzione mortis causa. All’apertura verso la natura modale consegue il richiamo di specifiche norme quali l’art. 648 cod. civ., in tema di risoluzione della disposizione per l’inadempimento dell’obbligazione modale o l’art. 647 ult. cpv. cod. civ. circa l’onere impossibile o illecito che si ha per non apposto, salvo rendere nulla la disposizione ove abbia rappresentato motivo unico e determinante.

Ove, in conclusione, non si accolga l’estrema tesi di considerare sempre e comunque illecita la clausola arbitrale, determinando così l’applicazione degli artt. 634 cod. civ. (nel caso di condizione) e 647 cod. civ. (nel caso di onere), spetterà all’interprete valutare concretamente

397

TOTI, La condizione testamentaria, cit., p. 458, nota 1150, la quale nega, peraltro, in caso di una prestazione coercibile, l’applicabilità dell'art. 2932 cod. civ. o della tutela risarcitoria attesa l’indisponibilità della prestazione di cui all'obbligazione oggetto della clausola arbitrale (diritto alla difesa di cui all'art. 24 Cost.). 398

FESTI, Testamento e devoluzione ad arbitri, cit., p. 832 ss. 399

BONILINI,Autonomia testamentaria, cit., p. 136 ss. GOGLIOLO,La clausola arbitrale nei testamenti, cit.,

il reale tenore del volutum testamentario onde riconoscergli una parziale o totale legittimazione e capacità regolamentativa dei rapporti post mortem.

Giova a questo punto valutare come, accanto alle conseguenze che la legge può variamente riannodare al disattendere della disposizione arbitrale da parte dei successori a seconda della configurazione impressale, se ne possano ipotizzare delle ulteriori, aggiuntive o alternative alle prime e predisposte dal testatore per spronare all’adempimento o sanzionare la sua violazione. E’ verosimile, infatti, la preoccupazione a non veder sminuito il significato della clausola ad esortazione di impronta meramente morale, potenzialmente, poco persuasiva. L’adoperabilità di una clausola di decadenza, invero, determinerebbe il venir meno del lascito a seguito del ricorso al giudice ordinario anziché a quello privato e la sua ammissibilità è assunta da chi sottolinea la natura privata e disponibile degli interessi coinvolti tali da escludere il pericolo di una abusiva pressione sulle libertà fondamentali del soggetto obbligato400. Più precisamente, si osserva, non sussisterebbe una reale costrizione del successore di conformarsi al volere testamentario potendo questo divenire vincolante solo in un’adesione spontanea e ragionata del chiamato, cui sottende la sua avvenuta conoscenza e valutazione401.

In tale contesto altra dottrina402 ritiene non possa non richiamarsi la penale che, forte della sua idoneità a stimolare l’adempimento dietro la prospettiva che, in caso contrario, il suo pagamento sarà dovuto anche senza dimostrare un danno effettivo, ben può rivelarsi utile allo scopo su cui si va ragionando403. In effetti, l'assenza di un soggetto particolarmente interessato alla puntuale esecuzione della disposizione indurrebbe a coglierne una sua certa debolezza e, conseguentemente, ad avvertire l’esigenza di un suo rafforzamento, il quale,

400

PARDINI, La clausola arbitrale testamentaria, cit., p. 116; CANDIAN,La funzione sanzionatoria, cit.,

p. 188; 401

Vista la comune attitudine a precludere il ricorso all’autorità giudiziaria, la questione sarebbe affiancabile a quella sull’ammissibilità del meccanismo decadenziale applicato al divieto di impugnazione del testamento. PARDINI, op. cit. p. 188.

402

BONILINI, Autonomia testamentaria, cit., p. 136. 403

Sull’utilizzabilità di una penale testamentria si ricorda coma la dottrina appaia divisa. Alcuni autori (MARINI, La clausola penale, Napoli, 1984, p. 92 ss.; GIAMPIERI, La clausola penale e la caparra, in

Contratti in generale diretto da Alpa e Bessone, in Giur. sist. dir. civ. e comm., fondata da Bigiavi, Torino,

1991, vol. III, p. 416) abbracciano una posizione negatrice facendo leva sulla insuperabile bilateralità di tale istituto, la cui tipicità all’interno della categoria delle sanzioni, peraltro, ne impedisce un’estensione al di là del caso previsto. Si esige, cioè, la dichiarazione dell'onerato, affinchè questi contribuisca alla formazione del negozio sanzionatorio. La dottrina prevalente (per tutti, BONILINI, Autonomia testamentaria e legato, cit., p. 163), invece, sembra aperta all’ammissibilità della figura negando la necessaria bilateralità del negozio dispositivo della sanzione, atteso che il consenso del soggetto passivo, sia pure implicitamente, verrebbe espresso con l'accettazione dell'eredità o con la mancata rinunzia al legato. Con l'accettazione di eredità, infatti, verrebbe recepita l’intera situazione giuridica (attiva e passiva) disposta per testamento, comprensiva, pertanto, anche delle eventuali sanzioni rafforzative.

meglio potrà attuarsi se, accanto alla predisposizione della penale, sia indicato anche colui che dovrà profittarne.

Da ultimo, non può sottacersi come la nomina di un esecutore testamentario, tipicamente deputato all’esecuzione totale o parziale del regolamento testamentario, ben possa rappresentare valido contributo anche per l’attuazione della disposizione arbitrale.

Sezione V

IL POTERE DI DISPOSIZIONE MORTIS CAUSA

SOMMARIO: 1. L’art. 692 cod. civ. e la tutela della libertà di disposizione mortis causa degli eredi e legatari. – 2. La c.d. clausola captatoria e le lesioni al potere di disporre mortis

causa – 3. La sorte della disposizione captata. Le soluzioni proposte.

1. L’art. 692 cod. civ. e la tutela della libertà di disposizione mortis causa degli eredi e legatari.

L’eventualità che il testamento possa essere impiegato, oltre che per governare la propria successione ereditaria, anche per organizzare in tutto o in parte quella dei soggetti istituiti - attentando, così, alla loro libertà testamentaria - ha giustificato, da parte del legislatore, la predisposizione di due previsioni normative: l’art. 692 e l’art. 635 cod. civ. ai quali sembra far eco, a livello europeo, l’art. 17 della Carta di Nizza. In tale ultima norma, infatti, si evidenzia una concezione strettamente individualistica del diritto di proprietà in nome della quale si assicura ad ogni individuo il diritto di godere dei beni che si sono legalmente acquistati, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità.

La prima di tali disposizioni assume certamente un ruolo primario in quanto statuisce, in via generale, il divieto di sostituzione fedecommissaria ovvero il divieto di imporre alla persona designata quale proprio erede, l’obbligo di conservare quanto ricevuto per restituirlo, alla sua morte, ad altra persona indicata nel proprio testamento404.

404

Tra i numerosi contributi esistenti in letteratura si veda: AZZARITI, Sostituzione fedecommissaria e

sostituzione volgare, in Giur. mer., 1983, p. 14 ss.; ID. La sostituzione fedecommissaria, in Trattato di dir. priv.

Diretto da P. Rescigno, 6, Torino, 1984, p. 303; GIANNATTASIO, Delle successioni, cit. p. 359; TALAMANCA, Successioni testamentarie, cit., sub art. 692 c.c.; FERRARI, La sostituzione ordinaria, in Trattato di dir. priv. Diretto da P. Resigno, VI, Successioni, 2, Torino, 1982, p. 287 ss.; ALLARA M., La

Sotto la vigenza del codice abrogato, l'art. 899 vietava qualunque disposizione con la quale l'erede o il legatario fosse stato gravato, con qualsivoglia espressione, di conservare e restituire ad una terza persona, anche se la norma successiva sanciva che la nullità della sostituzione fedecommissaria non era di pregiudizio alla validità della istituzione di erede o di legato a cui era aggiunta. Il fedecommesso, dunque, fu vietato in quanto considerato contrario alla legge e all'ordine pubblico, mentre la clausola di sostituzione fu considerata come non apposta, alla pari delle condizioni illecite ed impossibili405.

Con il passaggio al codice si ammisero alcune, limitate forme di sostituzione fedecommissaria406, ma si decretò, attraverso l’art. 692 4° comma cod. civ., la nullità di ogni

proprietà temporanea, in Circ. giur., 1930; AMATO-MARINARO, La nuova sostituzione fedecommissaria,

Camerino, 1979; AZZARITI - ARTINEZ - AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1973; BENEDETTI , Delle sostituzioni, in Commentario al diritto italiano della famiglia, a cura di Cian, Oppo, Trabucchi, V, Padova, 1992; BERNARDINI, Sostituzione fedecommissaria, in Riv. not, I, 1993; CAPOZZI,

Successioni e donazioni, cit.; CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1977,

CASULLI, voce "Sostituzione ordinaria e fedecommissaria", in Novissimo Digesto Italiano, XVII, Torino, 1970, p. 970 ss.; DE CUPIS, Postilla sul nuovo diritto di famiglia, in Rivista di diritto civile, 1975; GIANTURCO, Delle fiducie nel diritto civile italiano, in Opere Giuridiche, I, Roma, 1947; JANNUZZI, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 1984; LUMINOSO, voce Sostituzione (diritto

vigente), in Enc. del dir. XLIII, Milano, 1990, p. 141; MORETTI, La sostituzione fedecommissaria, in

Rassegna di diritto civile, 1981; NATOLI, L'amministrazione dei beni ereditari, II, Milano, 1949; PELOSI, La

proprietà risolubile nella teoria del negozio condizionato, Milano, 1975; PIRAS, La sostituzione fedecommisaria nel diritto civile italiano, Milano, 1952; RESCIGNO, Successioni e donazioni, a cura di Pietro

Rescigno, Padova, 1994; RICCA, voce "Fedecommesso", in Enciclopedia del diritto, XVII, Milano,1986; RUSCELLO, Sostituzione fedecommissaria e tutela dei diritti dei legittimar: un’ipotesi di conflitto da

risolvere, in Rassegna di diritto civile, 1982, p. 108 ss; CARTONI MOSCATELLI, La sostituzione ordinaria,

in Le successioni testamentarie, a cura di BIANCA, in Giur. sist. Civ. e comm., Torino, 1983, p. 387 ss. 405 Lunga è la tradizione di questo istituto. Concepito nel diritto romano e impiegato per consentire la conservazione del patrimonio familiare, conobbe la massima espressione nell’età medievale. Largo sviluppo, peraltro, venne raggiunto nel diritto intermedio, durante il quale, alla finalità originaria, si aggiunse quella, ulteriore, di consentire il trapasso del patrimonio familiare ad un solo membro della famiglia stessa: se il testatore voleva che i beni non uscissero dalla famiglia, niente impediva che essi fossero trasmessi ad uno solo dei figli o degli eredi, rendendo, in tal modo, il patrimonio anche indivisibile. A partire dagli inizi del XVI sec., poi, il fedecommesso acquistò sempre maggior favore, avendo assunto una struttura corrispondente alla propria funzione economico-sociale: l'organismo familiare tendeva ad essere sempre più l'elemento portante della società in decadenza e il fedecommesso "individuo", indirizzato cioè al primogenito maschio — evitando non solo l'uscita del patrimonio dalla famiglia, ma anche il suo frazionamento — rappresentò il massimo grado di sviluppo dell'istituto. Nel XVIII secolo, peraltro, il movimento di idee a favore della libera disponibilità dei beni, e di forte contrasto a tutto ciò che ostacolava la loro libera commerciabilità, non potè che investire il fedecommesso in tutte le sue forme: si ebbe, dunque, una progressiva limitazione dell'istituto fino ai primi provvedimenti a carattere generale, volti a vietare l'istituzione di nuovi fedecommessi e lo scioglimento di quelli esistenti. I medesimi provvedimenti restrittivi furono poi dettati dal Code Napoléon, negli artt. 896-1040-1121, e furono estesi anche all'Italia, dopo la conquista delle truppe francesi, anche se il rigore fu attenuato dalla presenza di alcune deroghe: la sostituzione fu ammessa per un grado, a favore dei nipoti, in linea retta e collaterale, nati e nascituri, nei beni costituenti la disponibile: MORETTI, La sostituzione fedecommissaria,

Trattato di diritto delle successioni e donazioni, diretto da BONILINI, Milano, 2009, p. 1786;

406

Si tratta del fedecommesso familiare e del fedecommesso di beneficenza. Tali aperture furono motivate, come si legge nella Relazione al Progetto definitivo del Codice stesso, con la necessità di conciliare le esigenze della libera circolazione dei beni con un maggiore ossequio della volontà del defunto, ritenendosi l’assoluta censura di qualsiasi forma di sostituzione fedecommissaria in contrasto non solo con la politica demografica del Regime, ma altresì con tutte le provvidenze dirette a difendere e rafforzare economicamente il nucleo familiare.

disposizione mediante la quale il testatore avesse impedito all’erede di disporre per atto tra vivi o per atto di ultima volontà dei beni ereditari.

La Riforma del diritto di famiglia, attuata con la l. 19 maggio 1975, n. 151, ha prodotto un profondo mutamento dell’istituto riducendone in modo ragguardevole il campo applicativo e limitando la sua efficacia alla sola ipotesi del fedecommesso assistenziale407. L’ultimo comma dell’art. 692, poi, non è stato riprodotto nella sua precedente formulazione, con la conseguenza che oggi non può più individuarsi un’esplicita preclusione all’attività dispositiva per atto tra vivi, a fronte, invece, del permanere del divieto riguardo agli atti dispositivi mortis causa giusta il seguente disposto dell’attuale 5° comma dell’art. 692 cod. civ.: “in ogni altro caso la sostituzione è nulla”.

Tale sintetica formulazione è stata riferita non solo all’ipotesi di sostituzione fedecommissaria vera e propria, ma anche a tutti quei casi in cui il testatore, mediante l’impiego di diversi strumenti giuridici, intenda compromettere la libertà testamentaria dell’istituito prescrivendogli l’obbligo di disporre mortis causa di tutti o parte dei beni ereditari ricevuti, a favore di persone da lui specificate.

Molteplici sono le fattispecie in concreto concepibili. Anzitutto si prospetta la possibilità di una previsione testamentaria attraverso la quale imporre all’erede o al legatario l’obbligo di trasmettere i cespiti ricevuti con conseguenti restrizioni non solo sulla loro autonomia testamentaria, ma anche sulla libertà dispositiva inter vivos, atteso l’obbligo di conservare e non disperdere le sostanze ereditate. Tale fattispecie può certamente essere ricondotta all’art. 692 cod. civ. per l’esistenza dei suoi elementi costitutivi. Ove, invece, si adottino atti diversi dal testamento, non potrà riconoscersi alcuna efficacia stante l’applicazione dell’art. 458 cod. civ. che sanziona con la nullità gli accordi tra vivi tesi a regolare successioni non ancora aperte ovvero a disporre o rinunziare a diritti ereditari provenienti da future successioni. L’imposizione meramente verbale, inoltre, potrebbe assumere il valore di un’intesa fiduciaria

ex art. 627 cod. civ. priva, in quanto tale, di una valida causa obligandi ossia di efficacia

giuridicamente impegnativa e dotata, invece, di una idonea causa solvendi, vista l’impossibilità di ripetere, salvo il caso dell’incapace, quanto spontaneamente prestato408.

407

L’ammissibilità della sostituzione fedecommissaria nella sola ipotesi del congiunto inabile ha determinato il superamento dell’originaria funzione di conservazione e concentrazione del patrimonio familiare. Su tali profili: DE CUPIS , Il fedecommesso assistenziale, in Giur. it., 1983, IV, c. 129; BENEDETTI, Commentario alla

riforma del diritto di famiglia, a cura di G, Carraio e G. Oppo, A. Trabucchi, I, 2, Padova 1977, p. 888 ss.

408

La fiducia testamentaria è fatta rientrare nel fenomeno dell’uso indiretto del negozio e consiste nell’affidamento di beni effettuato dal testatore all’erede o al legatario con l’intesa che questi trasmetta ad altri i beni stessi, in tutto o in parte. Tale figura risulta variamente interpretata dalla dottrina, essendo inquadrata ora nello schema dell’interposizione fittizia di persona, ora nell’interposizione reale e infine, come affermato dall’indirizzo prevalente, nel sistema delle obbligazioni naturali, in considerazione del fatto che ad essa è

La preclusione di cui all’art. 692 cod. civ. è estesa anche all’ipotesi in cui il de cuius si avvalga del meccanismo condizionale per stabilire che, apertasi la successione, ove l’istituito premuoia ad altro soggetto, quest’ultimo beneficerà del lascito al posto del primo. La nullità di una simile clausola si paemoriar lascia inalterata la posizione successoria dell’originario chiamato che godrà incondizionatamente dei benefici ereditari predisposti in suo favore. Illecita, in quanto lesiva della libertà testamentaria dell’istituito, risulta essere anche la condizione che subordina l’efficacia della disposizione universale o particolare al fatto che il suo beneficiario disponga del lascito ricevuto in favore delle persone predeterminate dal testatore. Ove ciò sia il risultato di un accordo, sarebbe possibile invocare l’art. 626 cod. civ., richiamato dall’art 634 cod. civ., onde invalidare, con la nullità, una volontà testamentaria non autentica nè spontanea. Ove, invece, si ravvisi il tentavo di forzare l’autonomia testamentaria del delato, potrà operare la regola sabiniana pura, mercè la quale si garantirebbe il duplice risultato di lasciare integra la libertà dispositiva minacciata e conservare comunque l’efficacia del lascito.

Diffusa nella pratica, poi, risulta l’istituzione ereditaria realizzata sotto la condizione potestativa di istituire a propria volta altro soggetto pre-individuato. Si tratta, a opinione di alcuni, di fattispecie governata mediante applicazione dell’art. 634 cod. civ. che consentirebbe la conservazione della disposizione pur se privata della originaria modalità condizionale. Anche senza di questa, infatti, l’attribuzione non cesserebbe di connotarsi per la sua indole gratuita. Secondo altra ricostruzione, invece, si individuerebbe qui, sulla base di un precedente patto di reciprocità fra i due testatori, una vera e propria condizione captatoria

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