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Le condizioni illecite Rilevanza della potestatività e mutevolezza del concetto in relazione allo

Si definiscono illecite tutte quelle condizioni che, pur riferendosi ad un evento materialmente realizzabile, si scontrano, ricevendone censura, con i principi dell’ordinamento giuridico o di quello morale. Come per la causa del negozio, anche la condizione è considerata illecita ove contrasti con una norma imperativa, con l’ordine pubblico o il buon costume. L’esatta demarcazione di tali concetti in relazione alle concrete fattispecie è, pertanto, operazione irrinunciabile per la pronuncia di illegalità di una condizione, tuttavia, in un simile contesto, occorre misurarsi con la continua mutevolezza di questi principi, riflesso delle diverse epoche e dei loro costumi150.

A rendere illecita una condizione, contrattuale o testamentaria, può essere non solo il valore obbiettivamente antigiuridico dell’evento dedottovi, quale, ad esempio, la consumazione di un determinato reato, ma anche l’effettiva finalità perseguita dal disponente. Il testatore può ricorrere, infatti, al congegno condizionale per proporre al chiamato un determinato comportamento, di per sé lecito, al quale conformarsi per poter beneficiare del lascito, prospettando, però, in tal modo, una pressione psicologica sulla libera formazione della volontà mediante la logica dell’incentivo e della deterrenza. Ciò accade, all’evidenza, nelle condizioni potestative ove si fa riferimento ad uno specifico atteggiamento cui il chiamato è richiesto di adeguarsi e che è tale da incidere sulle libertà del soggetto limitandone l’estensione e l’esercizio. E’ propria di tale genere di condizione, infatti, l’attitudine a

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Si parla di “norme imperative” alludendo a tutte le norme giuridiche cui i consociati sono chiamati ad uniformarsi in virtù del loro carattere imperativo e inderogabile. Più ardua, invece, risulta la nozione di ordine pubblico racchiudendo, essa, tutti i principi insiti nell’ordinamento giuridico che debbano considerarsi, in relazione alle finalità perseguite ed al preciso momento storico, come fondamentali e insostituibili. Il buon costume, infine, si delinea, a seconda delle diverse sensibilità interpretative, ora nel complesso di quei principi etici, universalmente riconoscibili, costituenti la morale sociale cui si adegua la generalità delle persone oneste, corrette, di buone fede, ora tutte le ipotesi di illiceità comunque atte a turbare l’ordine morale ed economico della società.

stimolare il delato al compimento o al non compimento di una determinata azione, facendone ciò, uno strumento di insostituibile utilità sopratutto quando le condotte poste in condicione si presentino incoercibili poiché, come spesso accade, legate alle scelte fondamentali con cui orientare la propria vita (si pensi alla decisione di contrarre o meno il matrimonio, di procreare un figlio, di svolgere o meno una certa attività lavorativa).

Quando, però, a dedursi in condizione siano atteggiamenti corrispondenti a libertà personali dei chiamati, occorre chiedersi fino a che punto l’utilizzo dello strumento condizionale intinga nella liceità e, ove si ammetta l’impiego di simili condizioni, in che misura l’autonomia del testatore possa incidere sulla sfera personale del beneficiario.

E’ evidentemente difficile fornire una risposta univoca, valida per tutte le epoche vista l’instabilità dei costumi e delle società in termini di percezione morale. L’evoluzione sociale, culturale ed economica di ogni nazione incide, infatti, inevitabilmente sulla distinzione di ciò che è illecito e ciò che non lo è, determinando, tutto questo, una diversa reazione dell’ordinamento ai comportamenti negoziali (e non negoziali) dei consociati151.

L’ingerenza del pater familias nelle scelte esistenziali più profonde e delicate dei suoi familiari, attuata mercè una o più disposizioni di ultima volontà, non era, in passato, giudicata con sfavore, rappresentando, anzi, una coerente derivazione della sua libertà testamentaria. La volontà del de cuius era avvolta, infatti, dal carattere della sacralità e ciò in sintonia col ruolo di governo e supremazia affidato al pater all’interno della struttura gerarchica della famiglia, chiamato ad esercitare un potere monocratico diretto a salvaguardarne il superiore interesse.

Il sacrificio delle libertà personali dei chiamati, pertanto, veniva giustificato dalla ricerca di una loro migliore realizzazione in campo sociale, professionale ed esistenziale. Ciò era attuato mediante l’esercizio di un potere assoluto e insindacabile da esercitarsi, però, nel rispetto dei limiti posti dalla legge e dalla moralità.

Lo sguardo riformatore con cui il legislatore ha posto mano, negli ultimi anni, al diritto di famiglia, ne ha consentito una riorganizzazione in chiave più moderna segnando un marcato

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Sul concetto di contrarietà all’ordine pubblico: FERRI G.B., Ordine pubblico, buon costume e teoria del

contratto, Milano, 1970, p.151; GUARNERI, L’ordine pubblico e le fonti del diritto civile, Padova, 1974, p. 30

ss.; LONARDO, Meritevolezza della causa e ordine pubblico, Camerino-Napoli, 1978, p. 69 ss.

Sul concetto di contrarietà al buon costume: DEIANA, In tema di contratti contrari al buon costume, in Giur. coml. Cass.civ., 1948, III, p. 147 ss.; PANZA, L’antinomia fra gli artt 2033 e 2035 c.c. nel concorso tra

illegalità e immoralità del negozio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1971; CARRESI, Il negozio illecito per contrarietà al buon costume, in Riv. trim. dir. e proc.civ., 1949; RESCIGNO, In pari causa turpitudinis, in Riv.

dir. civ., 1966, I, p. 1 ss. La contrarietà al buon costume è ravvisata ad esempio nelle condizioni aventi ad oggetto: attività di disposizione sul proprio corpo, di commercio delle proprie libertà fisiche e morali, di corruzione di pubblici uffici, di meretricio, di gioco e scommessa.

allontanamento, dal punto di vista culturale, rispetto al passato. La famiglia vive oggi, nella considerazione del legislatore, non più come una realtà in cui le espressioni personali ed egoistiche dei suoi componenti vengono percepite come minacce al superiore interesse della sua unità, bensì come formazione sociale in cui a ciascuno è dato di poter esprimere e realizzare la propria personalità in linea con il dettato dell’art. 2 Cost. in cui la famiglia si palesa quale luogo per la realizzazione dell’individuo.

L’impatto di tali evoluzione si è avverito anche nell’approccio assunto dal giurista verso le condizioni testamentarie illecite, in nome della maggiore sensibilizzazione ed apertura ai valori della persona umana ed alle sue libertà inviolabili, arrivandosi a porre concreti argini all’espressione dell’autonomia testamentaria contro il rischio di un suo valicare il confine del lecito mediante l’invasione di sfere strettamente intime dei destinatari che, come tali, si presentano, oggi, decisamente intolleranti all’intrusione di influenze esterne152.

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