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Le condizioni impossibili

Il concetto di condizione impossibile e illecita non riceve dal legislatore una specifica definizione, al pari di quanto accade per la condizione pura e semplice, rinunciandosi, pertanto, a fornire dei criteri stabili e certi per la loro identificazione. Invero, di fronte alla varietà e complessità delle fattispecie astrattamente ipotizzabili – tali da precludere spesso una risposta certa alle questioni ermeneutiche che possono porsi – l’operazione sarebbe risultata alquanto ardua.

Può dirsi tuttavia che l’impossibilità della condizione scaturisca sempre dalla impossibilità dell’evento, ma che il suo concreto accertamento richieda poi una specifica attività ermeneutica.

La condizione può dirsi impossibile, in senso naturalistico, ove l’evento dedotto non possa realizzarsi per contrarietà alle leggi fisiche o naturali (si digito coelum tetigeris), mentre è incerta la configurabilità di una condizione impossibile dal punto di vista giuridico ossia diretta a conseguire un risultato precluso dalle norme di legge, atteso che, per alcuni, essa configurerebbe niente altro che un caso di volontà testamentaria contra legem, sussumibile, come tale, nel più ampio concetto di illiceità146.

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ARCHI, voce Condizione (diritto romano), in Enc. Del dir., VIII, Torino 1961, p. 748 ss.; COSENTINI,

Condicio impossibilis 1952, Milano, p. 136, l’unitarietà della disciplina delle condizioni impossibili ed illecite

risale al diritto giustinianeo che applicò ad entrambe la regola sabiniana, mentre, in precedenza, tale soluzione interessava soltanto la condizioni impossibili. Per le condizioni illecite o turpi, infatti, era prevista una remissio da parte del pretore ossia una eliminazione della condicio attraverso cui garantire la conservazione della disposizione testamentaria. Scopo della remissio pretoria era quello di sollevare l’onorato dall’alternativa tra l’adempiere la condizione illecita, assumendosi le conseguenze della condotta antigiuridica ovvero non adempierla e perdere il lascito a lui diretto dal de cuius.

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In tal senso BARASSI, Le successioni testamentarie, Milano, 1936, p. 408; ANDRINI, La condizione nel

testamento, cit. p. 118; PETRELLI, La condizione”elemento essenziale”, cit. p. 167, nota 1, l’impossibilità

dovrebbe valutarsi solo in termini naturalistici, mentre illecita dovrebbe intendersi solo la condizione che mira al perseguimento di risultati vietati dall’ordinamento giuridico; AURICCHIO, Un caso di impossibilità

giuridica?, in Dir. giur, 1956, p. 101 ss., secondo il quale la distinzione tra le condizioni impossibili e illecite si

Relativamente all’impossibilità naturale, si osserva come essa non vada valutata in relazione al dato della realtà già sperimentata, nel senso di poter dare rilevanza soltanto ad una impossibilità reale ed assoluta (che interdirebbe l’esistenza stessa del negozio giuridico), bensì in base al criterio della prevedibilità secondo quanto avvertito dalla coscienza dell’uomo medio: non potrebbe, cioè, formare oggetto di una condizione l’evento assolutamente impossibile, ma solo quello impossibile dal punto di vista previsionale. Tuttavia, è da precisarsi che la valutazione dell’evento in termini di prevedibilità non può considerarsi stabile, variando, invero, in relazione all’evoluzione dei tempi e dei luoghi, capaci di creare diverse sensibilità e diverse capacità percettive e valutative.

Come accade per la futurità anche l’impossibilità e l’illiceità della condizione vanno di norma valutate con riferimento al tempo dell’apertura della successione, dovendo, cioè, atteggiarsi come originarie ed essere quindi coeve alla stesura del testamento, occorrendo poi, ai fini dell’operatività dell’art. 634 cod. civ., che esse persistano fino al tempo in cui il negozio testamentario acquisti efficacia. Per tale verso, una impossibilità naturale o una illiceità dell’evento meramente transitorie che lasciassero spazio, prima dell’apertura della successione, ad una sopraggiunta possibilità o liceità, sarebbero incompatibili con l’applicazione della norma de quo147.

L’operatività dell’art 634 cod. civ. è stata altresì negata, da parte di autorevoli voci dottrinarie148, riguardo alla condizione testamentaria impossibile in base alla considerazione che l’inattuabilità dell’evento andrebbe ad erodere, fino ad eliminarlo, uno dei requisiti essenziali del testamento e, in genere, del negozio giuridico, qual è la volontà, comportando dell’evento è impedita dall’ordine naturale delle cose; a fianco ad essa la giurisprudenza parlò di una impossibilità giuridica ove l’evento si fosse posto in contrasto con l’ordine pubblico. Tale distinzione però non fu recepita e difatti non ve n'è traccia nella compilazione di Giustiniano nella quale l’impossibilità continuò ad essere indicata come un impedimento naturale. Contrari all’assimilazione dell’impossibilità giuridica col concetto di illiceità: Giu AZZARITI, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, p. 524, che porta ad esempio la condizione di contrarre matrimonio con la propria figlia; W. D’AVANZO, Delle successioni, Firenze, 1941, p. 719 che ravvisa l’impossibilità giuridica quando la norma impedisca la realizzazione dell’evento, distinguendola dalla illiceità che riguarderebbe le ipotesi in cui il comportamento previsto violi la legge, ma non possa essere impedito; M.C. TATARANO, Il testamento, cit., p. 309; PUGLIATTI, Testamento epistolare e

volontà testamentaria, in Temi, p. 525; FERRARA, Teoria del negozio illecito nel diritto civile italiano, Milano,

1914, p. 12. 147

AZZARITI, Le successioni e le donazioni, cit., p. 524; PUGLIATTI, Dell’istituzione di erede e di legati, Firenze, Comm. cod. civ. dir. da D'Amelio - Finzi - Barbera, 1941, p. 438, ritengono che l’impossibilità dell’evento vada rapportata solo al tempo di apertura della successione e non anche a quello di redazione del testamento di talchè l’art. 634 cod. civ. potrebbe operare anche quando l’evento sia divenuto impossibile solo a seguito della stesura delle disposizioni di ultima volontà. Contra Cass. 2002 n. 5871 secondo la quale non può parlarsi di impossibilità originaria quando l’evento risulti possibile al momento di preparazione della scheda, ma non più al tempo della morte del suo autore perché, in tal caso, dovrà parlarsi di mancanza della condizione originariamente possibile.

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BARASSI, La successione, cit., p. 351; BARBERO, Contributo alla teoria della condizione, Napoli, 1982, p. 52; PUGLIATTI, Dell’istituzione di erede e di legati, cit. p. 526; TRABUCCHI, Il valore attuale della regola

così la completa nullità della disposizione. Si è osservato, infatti, che, mentre una volontà espressa in subordine ad un evento illecito, ma possibile, si atteggerebbe pur sempre come volontà responsabile e consapevole, un volere subordinato ad un evento impossibile, al contrario, sarebbe privo del requisito della serietà. A ciò, però, si è aggiunto che l’effetto invalidante della disposizione, qui, sarebbe prodotto non solo dal semplice elemento oggettivo della impossibilità, ma anche dall’elemento soggettivo della conoscenza, da parte del testatore, di tale impossibilità, occorrendo che questi non ignori lo stato di fatto che si ponga da impedimendo al verificarsi dell’evento. In tali casi il volere espresso dal de cuius non è considerato idoneo a supportare una reale disposizione mortis causa scorgendosi uno stretto collegamento tra impossibilità della condizione e mancanza di una seria volontà. In chiave critica, tuttavia, è possibile notare come l’accoglimento di tale ultima prospettiva finisca per dar vita a contraddizioni sistematiche. Riconoscendo, infatti, nella condizione impossibile sempre una causa di esclusione della volontà testamentaria e quindi di nullità dell’intera disposizione, si arriverebbe a infirmare il dettato degli artt. 634 cod. civ., che espressamente si riferisce alle condizioni impossibili, e 1354 cod. civ., che non prevede la nullità per il caso di condizione risolutiva impossibile. In particolare si finirebbe per circoscrivere la regola sabiniana alle sole ipotesi in cui il disponente ignori l’impossibilità di avveramento della condicio, circostanza questa che richiederebbe uno sforzo interpretativo particolarmente gravoso teso a decifrare il reale atteggiamento psicologico del testatore in sede di impiego del meccanismo condizionale, senza escludere che una siffatta indagine possa divenire punto di emersione di altri vizi del volere testamentario quali, ad esempio, la mancanza della capacità di intendere e volere.

Preclusioni all’efficacia della disposizione conseguono, altresì, nel caso in cui l’evento o il comportamento posto in condizione siano di per sé possibili nella loro realizzazione, ma non sia altrettanto possibile l’accertamento del loro verificarsi e ciò, vuoi perché tale verifica sfugga allo strumentario delle conoscenze umane, vuoi perché il fatto appartenga alla sfera intima dell’individuo e riguardi scelte etiche, spirituali o politiche, come tali, collocate all’interno di processi mutevoli e insondabili149, vuoi, infine, perché l’accertamento sia impedito da ragioni di carattere temporale quali la mancata fissazione di un termine per l’avveramento.

La soluzione dell’inefficacia della disposizione viene dedotta, secondo alcuni, dal fatto che l’incertezza dovrebbe interessare soltanto l’avvenimento condizionante e non anche i criteri

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per verificarne il prodursi, atteso che, in caso contrario, l’incontrollabilità del suo avveramento si tradurrebbe in una situazione di definitiva certezza (nel senso di lasciare per sempre incerto quell’evento), rimuovendo così quella situazione di dubbio richiesta in ogni meccanismo condizionale. In simili circostanze, allora, lungi dal riconoscersi la presenza di una vera condizione in grado di assegnare rilevanza giuridica ai sottesi interessi del testator, si individuano soltanto delle mere raccomandazioni o esortazioni.

7. Le condizioni illecite. Rilevanza della potestatività e mutevolezza del concetto in relazione

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