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Il modus illecito o impossibile Individuazione delle fattispecie e riflessi sulla volontà

Come per la condizione testamentaria, anche per l’onere, l’ordinamento contempla la possibilità che esso possa essere affetto da vizi e anomalie tali da incidere sul suo funzionamento e, quindi, sulla realizzazione degli interessi cui era stato preposto.

L’ illiceità del modus è testualmente regolata dall'art. 647 3 comma cod.. civ., che dispone un trattamento differenziato secondo che esso abbia o non abbia costituito l'unico motivo determinante della disposizione, dandosi la duplice possibilità di veder operare ora il principio del vitiatur et vitiat, ora quello del vitiatur sed non vitiat116.

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GIORGIANNI, Il « modus » testamentario, cit., p. 904 ss e p. 917 ss.; COSTANZA, L’onere nelle

disposizioni testamentarie, cit., p. 175; CARNEVALI, voce Modo, cit., p. 693; MARINI, Il modus come elemento accidentale del negozio gratuito, cit., p. 273 ss.; GARDANI CONTURSI LISI, Delle disposizioni condizionali, a termine e modali, cit., p. 313 ss.; CAPOZZI, Successioni e donazioni, I, cit., p. 496 ss.; LUPO, Il modus testamentario, in Riv. dir. civ., 1977, II, p. 627 ss.;

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Per i conflitti relativi ad acquisti mobiliari, restano ovviamente valide le regole generali di cui agli artt. 1153 e ss. cod. civ.

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Dalla possibilità di considerare non apposto l’onere impossibile o illecito che non abbia costituito il solo motivo determinante della disposizione, i fautori del carattere autonomo del modo traggono argomento a sostegno della propria tesi (cfr. LUPO, Il modus testamentario, cit., p. 655; GARUTTI Il « modus »

testamentario, cit., p. 94 ss.), nonostante la citata regola di cui all'art. 647 cod. civ. coincida con la disciplina

prevista dall'art. 634 cod. civ. in tema di condizioni impossibili o illecite; il cui carattere accessorio non è revocato in dubbio (l’analitica descrizione della condizione quale « coelemento accidentale » della fattispecie si deve a FALZEA La condizione e gli elementi dell'atto giuridico. Milano, 1941).

L’accertamento dell'illiceità del modus opera secondo le regole generali, dovendosi perciò verificare se le prestazioni da esso contemplate siano in contrasto con norme imperative, con i principi di ordine pubblico e con il buon costume117.

Il modus, può invero concepirsi anche come in frode alla legge, laddove la prestazione sia imposta all’obbligato al fine di eludere una norma imperativa relativa ai rapporti con il terzo beneficiario: in questo caso l’onerato assume il ruolo di persona interposta e la sorte della disposizione modale seguirà la regola di cui all'art. 647 3 comma cod. civ., dovendosi valutare l’effettiva incidenza dello scopo fraudolento rispetto alla relativa attribuzione e se esso abbia o meno costituito il suo unico motivo determinante.

L’illiceità del modo può distinguersi in oggettiva e soggettiva. Appartengono alla prima categoria quelle ipotesi in cui il peso dedotto in capo all’obbligato si traduca nell’obbligo di tenere un comportamento obbiettivamente contra legem, come accade, per esempio, quando sia richiesto di commettere un reato o di realizzare attività lesive di beni e interessi legalmente protetti. Ricadono, invece, nel secondo raggruppamento, i casi in cui la prestazione indicata sia oggettivamente lecita, ma venga richiesta dal de cuius per raggiungere un fine illecito tale da rendere soggettivamente censurabile l’impiego dello strumento modale.

Ci si avvede, allora, al pari di quanto accade con l’impiego del meccanismo condizionale, come anche in simili circostanze, lo strumento testamentario può divenire mezzo atto a invadere, in maniera più o meno penetrante, la sfera patrimoniale oltre che personale del soggetto obbligato, fino a poter influire, in un modo più o meno indiretto, pena la possibile risoluzione del lascito, su valutazioni e scelte altrimenti assunte in modo del tutto autonomo e personale118.

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L'accertamento se il modus illecito apposto ad una disposizione testamentaria ne ha costituito o meno il solo motivo determinante, ai fini della pronunzia di nullità della disposizione stessa (ex art. 647, terzo comma, cod. civ.), involge, al pari di ogni altra indagine relativa all'interpretazione del testamento, una questione di mero fatto, non deducibile per la prima volta in sede di legittimità. Così Cass. 16 aprile 1984, n. 2455.

118 In merito all’incidenza sulla libertà dispositiva si veda Cass. 8 febbraio 1986 n. 802: l'onere per gli eredi, in caso di vendita di uno specifico bene compreso nella massa ereditaria di trasferire lo stesso a un determinato soggetto indicato dal testatore, non contrasta con i principi dell'ordine pubblico, nè con alcuna norma di legge riguardante i poteri di disposizione del testatore, nè in ispecie con il divieto pattizio di alienazione a norma dell'art. 1379 cod. civ., e comporta la costituzione in favore del designato, di un diritto di prelazione azionabile - in caso d'inosservanza - a termini dell'art. 648 cod. civ..

Per ulteriori spunti, cfr. Cass. 3 febbraio 1978 n. 511, Giust. civ., 1978, I, p. 627: la disposizione del fondatore di un ente di assistenza e di beneficenza, con cui si stabilisce l'onere di assunzione di un determinato lavoratore è lecita, in quanto non incide sul potere dell'ente di disciplinare mediante regolamenti i rapporti con i propri dipendenti. Cass. 23 maggio 1986, n. 3467, Giur. it., 1988, I, 116, con nota di CHIEFFI: qualora il testatore faccia carico ad un erede, a titolo di onere modale apposto alla disposizione in suo favore, di rilasciare ad una determinata data il fondo rustico che egli conduca in forza di un contratto agrario, in quanto assegnato ad altro erede, l'assoggettamento di detto rapporto agrario a regime vincolistico con scadenza posteriore all'indicata data, vale ad escludere che l'erede medesimo, ancorchè abbia accettato l'eredità, sia tenuto all'adempimento di

Orbene in simile contesto, la norma di cui all’art. 647 3 comma cod. civ., stabilendo che l’onere impossibile o illecito si considera non apposto, salvo rendere nulla la disposizione ove ne abbia costituito il solo motivo determinante, rappresenta un utile strumento, predisposto dall’ordinamento, per effettuare il dovuto controllo sul corretto esercizio dell’autonomia testamentaria evitando che il testatore possa vedersi libero di esercitare un’autorità privata di fatto troppo ampia rispetto ai margini riconosciutigli dal sistema. Tale disciplina, invero, appare, in ragione della maggior autonomia del modo, più coerente e plausibile rispetto a quanto avviene, in materia di condizione, con la regola sabiniana disposta nell’art. 634 cod. civ., atteso che, in quest’ultimo caso, la parziale sopravvivenza della disposizione testamentaria reca con sè una rilevante deroga al principio di inscindibilità della volontà condizionata.

L'art. 647 cod. civ. si riferisce altresì al caso di impossibilità di eseguire il modus, dettando la medesima regola stabilita per l'illiceità. Si tratta di un'impossibilità incolpevole, in presenza della quale nessun addebito può muoversi all'onerato come avviene per l’ipotesi del caso fortuito o del fatto del terzo.

Come noto, l’impossibilità può intendersi in senso naturalistico quale irrealizzabilità fisica o in rerum natura, da tener opportunamente distinta dalla mera difficoltà di adempimento. Più dubbia, invece, appare la possibilità di collocare nel concetto di impossibilità anche quella di tipo giuridico, ossia dipendente da un fatto vietato dalla legge, atteso che, in simili ipotesi, essa tende a coincidere col divieto di una volontà testamentaria illecita119.

Resta certo, tuttavia, come risulta dall’opinione largamente seguita in dottrina e giurisprudenza, che l'impossibilità contemplata dall'art. 647 3 comma cod. civ. sia solo quella originaria, coeva alla redazione della scheda testamentaria, ponendosi perciò la questione di accertare le conseguenze giuridiche che discendono da una impossibilità successiva e sopravvenuta di adempiere l'obbligazione modale. Occorre, in altri termini, valutare se in tale ipotesi la disposizione testamentaria, pur privata dell'elemento modale, sia in grado di sopravvivere oppure se sia destinata a risolversi o a invalidare l'intera disposizione.

quell'onere, atteso che il carattere imperativo delle norme sulla proroga dei contratti agrari rende inoperante l'onere stesso, perché contra legem, e che inoltre una rinuncia da parte del conduttore alla proroga non può essere di per sé ravvisata nell'accettazione dell'eredità, perché sottoposta dalle suddette norme a particolari modalità e garanzie; Cass. 6 marzo 1992 n. 2708.

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I concetti di impossibilita dell'oggetto del contratto (art 1418 cod civ.) e di impossibilita dell'onere apposto ad una disposizione testamentaria (art 647, terzo comma, cod civ.) sono uniformi: la impossibilita è causa invalidante quando sia, al tempo stesso, assoluta, materiale, obiettiva ed attuale (esistente all'epoca della apertura della successione, qualora riguardi l'onere suddetto). Non integra l'ipotesi dell'impossibilita dell'onere apposto ad una disposizione testamentaria la circostanza che le rendite del patrimonio ereditario non siano sufficienti per sostenere il peso economico dell'onere stesso. Cass. 10 ottobre 1976, n. 4145

A ben vedere, nessuna utilità potrebbe discendere dalla risoluzione giacché il tipico effetto ad essa ricollegabile, del trasferimento dell'onere in capo ad un nuovo soggetto, non gioverebbe alla soluzione del problema attesa la maturata ineseguibilità della prestazione che tale resterebbe anche a seguito della sostituzione del soggetto obbligato; più congrua appare, in ragione dell’inaddebitabilità all'onerato dell'impossibilità all’adempimento, la soluzione di mantenere in vita la disposizione pur se epurata dell'elemento modale120, giungendo così ad applicarsi il principio di cui all’art. 1256 cod. civ. Tale conclusione, però, se da un lato si rivela pienamente coerente con la tesi della accessorietà del modus e risulta indirettamente confermata dal disposto di cui all'art. 673 cod.civ., dettato nell’affine materia dei legati, ove è prevista la liberazione dell'onerato quando la prestazione diventi impossibile per causa a lui non imputabile, incontra, dall’altro, un certo scetticismo in chi nota come essa rischi di essere ben poco rispettosa della volontà del disponente nel caso in cui il modus abbia costituito l'unico motivo determinante dell'attribuzione121.

Sotto questo aspetto, allora, appare più giustificato e prudente non discostarsi dalla soluzione indicata nell’art. 647 3 comma cod. civ. con la conseguenza di dover sempre lasciar spazio ad un’attenta e lucida attività ermeneutica tesa a far emergere il reale ruolo assunto, di volta in volta, dal congegno modale nell’intera disposizione mortis causa.

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MARINI, Il modus come elemento accidentale del negozio gratuito, cit., p. 284-285. 121

Sezione II LA CONDIZIONE

SOMMARIO: 1. La condizione testamentaria. Generalità. – 2. (segue).Caratteri e classificazioni

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