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Il contenuto della clausola arbitrale testamentaria

La scelta dell’effettivo tenore da imprimere alla clausola arbitrale testamentaria reca con sé più di una delicata questione.

Preminente è la precisazione che, attenendo, simile volontà, a vertenze giudiziarie fra successori, non possa che presupporre l’esistenza, al tempo di apertura della successione, di almeno due chiamati che abbiamo accettato la delazione o, se legatari, non l’abbiano rigettata. In tal caso, essi assumeranno i diritti e obblighi scaturenti dalla stipula di una convenzione arbitrale.

L’esistenza delle previsioni di cui agli artt. 809 ss. c.p.c., consente di integrare una lacunosa previsione del testatore che, ad esempio, nulla precisi riguardo al numero degli arbitri, ai criteri per la loro nomina o sostituzione375. Ciò rende possibile limitare il contenuto della clausola alla sola, elementare, indicazione di voler rimettere le liti successorie alla decisione di arbitri.

Rilievo strategico assume l’individuazione delle persone degli arbitri e occorre chiedersi se a ciò possa provvedere lo stesso de cuius. Invero, sembra deporre a favore di simile conclusione il fatto che la considerazione delle loro qualità ed attributi può, verosimilmente,

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Riguardo al numero e al modo di nomina degli arbitri, l’art. art. 809 c.p.c ult. co. stabilisce che in caso di indicazione di un numero pari di arbitri, l'ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto, è nominato dal presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810. Qualora manchi l'indicazione del numero degli arbitri e le parti non si accordino al riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810. In tema di nomina degli arbitri, l’art. 810 c.p.c. prevede che quando a norma del compromesso o della clausola compromissoria, gli arbitri debbono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con atto notificato a mezzo d'ufficiale giudiziario, può rendere noto all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l'invito, deve notificare, nei venti giorni successivi, le generalità dell'arbitro o degli arbitri da essa nominati. In mancanza, la parte che ha fatto l'invito può chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato tale sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è stato stipulato il compromesso o il contratto al quale si riferisce la clausola compromissoria oppure, se tale luogo è all'estero, al presidente del tribunale di Roma. Il presidente, sentita, quando occorre, l'altra parte, provvede con ordinanza non impugnabile. La stessa disposizione si applica se la nomina di uno o più arbitri sia dal compromesso o dalla clausola compromissoria demandata all'autorità giudiziaria o se, essendo demandata a un terzo, questi non vi abbia provveduto.

La sostituzione degli arbitri è, invece, disciplina dall’art. 811 c.p.c. ove si legge che quando per qualsiasi motivo vengono a mancare tutti o alcuni degli arbitri nominati, si provvede alla loro sostituzione secondo quanto è stabilito per la loro nomina nel compromesso o nella clausola compromissoria. Se la parte a cui spetta o il terzo non vi provvede o se il compromesso o la clausola compromissoria nulla dispongono al riguardo, si applicano le disposizioni dell'articolo precedente.

contribuire a spingere verso la rinunzia alla giurisdizione ordinaria e ciò è senz’altro vero anche in caso di predisposizione testamentaria della clausola, dove a muovere il testatore potrebbe essere proprio l’aspirazione a mettere le future controversie nelle mani di persone particolarmente stimate ed apprezzate, capaci, in quanto tali, di attuare pienamente le virtuose potenzialità del metodo arbitrale.

La designazione dell'arbitro, tuttavia, direttamente inserita nella scheda testamentaria, rappresenta, secondo parte della dottrina, una forma abusiva di esercizio dell’autonomia testamentaria, potendo, questa, giungere ad imporre l'obbligazione di compromettere in arbitri, dovendo poi lasciare ai successori, eventualmente coinvolti in una lite, di eleggere liberamente i propri giudici privati376. Tale libertà assurgerebbe, invero, a condizione irrinunziabile, senza la quale il compromesso resterebbe privato di un elemento essenziale così da costringere, in mancanza della scelta, a ricorrere all'autorità giudiziaria377.

L’esistenza della specifica disciplina contenuta negli artt. 810-815 c.p.c. relativa alla nomina, sostituzione, accettazione e ricusazione degli arbitri, impedirebbe poi di accogliere la positiva ricostruzione di altra dottrina378 tesa ad ammettere tale diretta designazione sulla base di una sua valutazione in termini di mandatum post mortem exequendum, figura considerata valida

per la sua compatibilità col divieto dei patti successsori (non avendo ad oggetto attribuzioni patrimoniali a terzi) e capace di un’efficacia post mortem perhè il potere è conferito anche nell'interesse del mandatario o di terzi e, perciò, rientrante nella previsione dell'art. 1723 2° cod. civ.

In realtà è possibile rilevare come sia proprio una disposizione di legge, quale l’art. 810 ult. co. c.p.c., a contemplare espressamente la possibilità di una nomina da parte di terzi e ad autorizzare, pertanto, il riferimento anche ad un’indicazione di fonte testamentaria.

In senso negativo va invece risolto il quesito inerente la possibilità di investire del ruolo di arbitro colui che già assuma quello di esecutore testamentario379. La conclusione trae partito dagli artt. 703 e 704 cod. civ. in virtù dei quali all’esecutore compete il potere di agire in giudizio onde ottenere l'esatta esecuzione del testamento oltre che l’obbligo di partecipare alle liti promosse contro l'erede durante il periodo della sua gestione. Apparirebbe, pertanto,

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CUGUSI, La clausola arbitrale nel testamento, cit., p. 427 ss.; PARDINI, La clausola arbitrale

testamentaria, cit., p. 116 ss.

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CUGUSI, op. cit., p. 429. 378

CANDIAN, La funzione sanzionatoria nel testamento, cit. , p. 187. 379

incongruo nominare giudice chi, per la stessa lite, vanti un autonomo diritto di azione, pur se strumentale alla tutela di un interesse non personale380.

Nella stessa direzione ci si orienta ragionando sulla circostanza che se il legislatore si è specificamente preoccupato di conferire all’esecutore la rappresentanza processuale (art. 704 cc.) e la facoltà di divisione (art. 706 cc), ma nulla ha disposto riguardo alla facoltà di arbitramento, è da pensare che ciò non rientrasse nei suoi intenti.

Critico, altresì, è capire se la clausola arbitrale testamentaria possa in sé contemplare anche la tipologia di arbitrato da imporre ai successori: quella rituale o quella irrituale. Parte della dottrina lo esclude relativamente all’arbitrato rituale sostenendo come la disciplina di cui agli artt. 806-831 c.p.c e la natura propria di questa figura debbano dirsi incompatibili con l’inserzione nel negozio di ultima volontà. Infatti, il carattere tipicamente pubblicistico della procedura sollecita degli adempimenti indicati dalla legge che non potrebbero attuarsi in un contesto come quello testamentario381.

Posizione più aperta è quella di chi, pur rilevando come tale istituto sia sottoposto alle regole inderogabili stabilite dall'ordinamento per i giudizi e disciplinato, per alcuni profili, in modo differente dall'arbitrato rituale - attesa l’insuscettibilità di una omologa giudiziale e la diversità dei mezzi di impugnazione - non ritiene, tuttavia, che ciò basti a negare una derivazione testamentaria dell’arbitrato. Contro tale ricostruzione non varrebbe invocare la tesi che ravvisa nel lodo irrituale un’indole contrattuale, inconciliabile col divieto dei patti successori o col principio di personalità, in quanto, tale caratteristica apparterrebbe solo ad alcuni atti del procedimento e, precisamente, a quelli con cui le parti, in fase di avvio, si accordano per incaricare gli arbitri della lite. Gli ulteriori comportamenti, invece, rientrerebbero in una logica di contrapposizione e non più di convergenza382.

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E’ affermazione condivisa in dottrina e giurisprudenza, quella che riconosce nell’incarico dell’esecutore testamentario un ufficio di diritto privato. Cfr. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, cit., vol. III - Parte seconda, p. 282; GIANNATTASIO, Delle successioni. Successioni testamentarie, cit., p. 407 ss.; NATOLI, L'amministrazione dei beni ereditari, Milano, 1969 p. 340 ss.; TRIMARCHI, voce Esecutore

testamentario (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1966, vol. XV, p. 393; CAPOZZI, Successioni e donazioni,

cit., p597; MANCA, Degli esecutori testamentari, in Comm. cod. civ. diretto da D'Amelio e Finzi, Libro delle

successioni per causa di morte e donazioni, Firenze, 1941, p. 635; BIANCA, Diritto civile, 2, La famiglia. Le successioni, cit., p. 436. In giurisprudenza: Cass. 24 aprile 1965, n. 719, cit. e Cass. 16 marzo 1977, n. 1044;

CARAMAZZA, Delle successioni testamentarie, cit., p. 556. 381

CANDIAN, La funzione sanzionatoria nel testamento, cit. , p. 184. 382

FESTI, Testamento e devoluzione ad arbitri, cit., p. 821-822 il quale aggiunge come, ove al cd. arbitro irrituale venisse attribuito il potere di imporre ai successori in lite una transazione dal contenuto indefinito, la clausola testamentaria sarebbe nulla, implicando il deferimento ad una persona diversa dal testatore del potere di stabilire l'assetto successorio; il terzo, infatti, risolvebbe liti ereditarie mediante attribuzioni o rinunce determinate con assoluta libertà. Tale motivo di nullità ricavabile dagli artt. 631 e 632 si aggiungerebbe, peraltro, a quello, comune alla clausola compromissoria « transattiva », imperniato sulla violazione del principio generale di indisponibilità del futuro diritto di agire in giudizio

Merita, infine, soffermarsi sulla necessità di articolare il contenuto della clausola arbitrale in modo conforme a quanto disposto dall’art. 549 cod. civ. Tale norma, come noto, interdice al al testatore di erodere i diritti riservati dalla legge ai legittimari mediante l’imposizione di pesi o condizioni. L’espressione è valutata in termini ampi, ricomprensivi di ogni strumento idoneo a incidere riduttivamente sulla consistenza della posizione successoria di costoro e, dunque, non solo delle disposizioni condizionali o modali strettamente intese383.

Prudentemente, parte della dottrina, non ha dubbi nell’affermare come anche una simile clausola rappresenterebbe un peso non tollerabile ai sensi dell’art. 549 cod. civ. in grado di innescare l’operatività della relativa tutela384.

Diversamente conclude chi nega che la semplice previsione di una competenza arbitrale costituisca di per sé una forma di lesione dei diritti in commento 385. A ben vedere, infatti, l’effettiva incidenza di simile clausola sulle ragioni di tali successori, con riferimento ai possibili esiti della composizione arbitrale, non potrebbe mai dirsi lesiva atteso che, ove la lite venga correttamente risolta, la quota riservata rimarrà intatta, mentre quando ciò non accada, a causa di incongrua decisione, resterà sempre possibile impugnare il lodo in giudizio per violazione di norme inderogabili.

La clausola arbitrale, pertanto, non attenterebbe affatto al disposto dell’art. 549 cod. civ. rappresentando, semmai, un modo per assicurarne l’ossequio.

Quanto detto troverebbe conforto anche nel dato normativo consegnato all’art. 733 cpv. cod. civ. ove, consentendosi al testatore - pur con il limite della manifesta iniquità - il deferimento ad un arbitratore della composizione delle quote (compresa la legittima) e/o la stima dei beni rientranti nelle stesse386, sembrerebbe logicamente ammettersi anche il ricorso ad arbitri per risolvere controversie generate dalle determinazioni del testatore o dalla sua stima387.

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