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Onere testamentario e condizione Aspetti differenziali

Il confronto tra l’onere e la condizione coinvolge ed interessa diversi aspetti ed è pertanto sviluppato su più fronti. Esso non si estende a tutti i tipi di condizione, ma esclusivamente a

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GIORGIANNI, Il modus testamentario, cit., p. 393-394; COSTANZO, Problemi dell’onere testamentario, in Riv. dir. civ., 1978, p. 310;; CRISCUOLI, Le obbligazioni testamentarie, cit., p. 15 ss.; TRIOLA, Il testamento, cit., p. 258 ss; BONILINI, Il concetto, in BONILINI - BASINI, I legati, in Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato diretto da P. Perlingieri, Napoli, 2003, p. 23; BONILINI, Dei legati (Artt. 649-673), in Cod. civ. Comm., fondato e già diretto P Schlesinger e continuato da F.D. Busnelli, Milano, 2006, II ed., p. 33; MARINI, Il modus come elemento accidentale del negozio, cit. p. 159 ss.; CIRILLO, Disposizioni condizionali

e modali, cit., p. 1085; BRUNO, L’inadempimento del legato modale e la legittimazione ad agire per il rispetto dell’onere, nota a Cass. 18 marzo 1999, n. 2487, in Giust. civ., 2000 p. 3315.

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CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., p. 492. Il legato è il mezzo tipico per beneficiare un soggetto mediante disposizioni mortis causa, poco importando se il vantaggio si realizza recta via (legato reale) ovvero per intermediazione dell’onerato (legato obbligatorio). In entrambe le ipotesi, infatti, l’onorato diventa attributario di un diritto, reale o di credito, alla morte del testatore; ciò è sufficiente per l’esistenza dei connotati tipici del legato.

quella potestativa visto che solo in questa, come nell’onere, il contenuto è dato dal comportamento del soggetto.

Relativamente alla struttura, è facile notare come, per coloro che aderiscono alla tesi del

modus quale negozio autonomo, benché collegato a quello principale, la differenza rispetto

alla condizione si giustifichi per la natura accidentale di quest’ultima.

Quanto all’impatto sull’efficacia del negozio, dottrina e giurisprudenza non mancano di segnalare come i due elementi reagiscano diversamente. La condizione, infatti, agendo sugli effetti tipici del negozio li rende incerti; al contrario, il modus non interviene su di essi per modificarli, bensì per aggiungerne di ulteriori, realizzando così una restrizione dei primi solo in senso economico87.

Occorre, tuttavia, mantenere distinta la condizione sospensiva da quella risolutiva.

La prima, invero, atteso il suo effetto sospensivo, impedisce al negozio principale di esplicare la sua efficacia, ma nessun vincolo determina in capo alle parti; il modus, invece, non sospende l’efficacia dello stesso ma crea un vincolo di natura obbligatoria tra le parti88. Anche in presenza di una condizione risolutiva potestativa, il soggetto non è tenuto ad alcun adempimento coincidendo, semmai, l’esecuzione del comportamento dedotto in condizione, con l’interesse a che il negozio non diventi inefficace. Ove, poi, tale comportamento non venga mantenuto, la condizione risolutiva opera automaticamente, mentre la stessa cosa non può dirsi in caso di inadempimento del modo, atteso che qui non si risolvono gli effetti della liberalità e, se è stata prevista la risoluzione, sarà comunque necessaria la pronunzia dell'autorità giudiziaria, come risulta dagli artt. 648, 2° comma e 793, 4° comma.

La condizione, infine, è dotata di un’efficacia retroattiva reale, in grado di rendere opponibile, anche nei confronti dei terzi, le conseguenze dell’avveramento o inavveramento della stessa, mentre l'inadempimento del modus, semprechè sia prevista la risoluzione, non può avere che retroattività obbligatoria come accade per ogni risoluzione per inadempimento.

Particolare rilievo assume, infine, l’aspetto interpretativo inteso come indagine volta a evidenziare il reale valore attribuito dallo stipulante agli elementi introdotti nel negozio. In tal senso, può affermarsi che la condizione rivesta sempre valore determinante giacchè al suo avveramento si riallaccia indubbiamente (quando previsto) un effetto risolutivo sul negozio; il modo, al contrario, pur potendo, non riveste necessariamente il ruolo di motivo

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SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, p. 186; CARNEVALI, voce Modo, cit., p. 689; COSTANZO, voce Modo. cit.. p. 3.

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Cass. 13 giugno 1950 n. 1498 in Giur. Compl. Cass. civ. 1950, III, 1058 con nota di NATOLI, In tema di

modo condizionale; Cass. 11 giugno 1975, n. 2306, in Giur. it., 1976, I, 1, 1968. In dottrina: MARINI, Il modus come elemento accidentale del negozio, cit., p. 319 ss. il quale mostra, tuttavia, alcune perplessità.

unico e determinante della volontà negoziale come si ricava dagli artt. 647, 3° comma e 794 cod. civ.

Ove, però, l’impiego di questo criterio non restituisca risultati soddisfacenti, potrà soccorrere l’art. 1371 cod. civ., in ragione del quale il negozio gratuito deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato cosicché i casi dubbi vadano risolti nel senso di riconoscere una condizione che, come visto, non dà luogo ad obbligazioni, a differenza del modo, e costituisce, quindi, l'interpretazione più favorevole al beneficiario, il quale, rispetto alla clausola da interpretare, è l'unico soggetto obbligato89.

Quanto detto, comunque, non impedisce di cogliere come condizione e modo condividano l’attitudine a veicolare i motivi individuali nell’ambito del negozio concreto pur dovendo specificarsi come il modus si presenti maggiormente autonomo nei confronti del negozio principale di quanto non accada per la condizione; a differenza di quest’ultima, infatti, il suo carattere è quello di una disposizione accessoria che si affianca ma non si compenetra nella relativa disposizione mortis causa, cioè non forma con essa una volontà unica.

Da ciò discende che la disciplina di cui all’art. 647, 3° comma, cod. civ., ove si afferma il principio per cui l’onere impossibile o illecito si considera tamquam non esset, a meno che non abbia costituito l'unico motivo della disposizione, appare, in ragione della maggior autonomia del modo, più coerente e comprensibile rispetto a quanto avviene, in materia di condizione, per l’art. 634 cod. civ. e per la regola sabiniana ivi contemplata, atteso che, in quest’ultimo caso, la parziale sopravvivenza della disposizione testamentaria può concepirsi solo al costo di una vistosa deroga al principio di inscindibilità della volontà condizionata.

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