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ASMA PROFESSIONALE: GLI ALGORITMI DIAGNOSTICI

LA DIAGNOSI DI ASMA BRONCHIALE PROFESSIONALE

ASMA PROFESSIONALE: GLI ALGORITMI DIAGNOSTICI

Un A.C.C.P. Consensus Statement del 1995 (8) definiva l’OA con la presenza dei seguenti criteri:

1) presenza certa di asma

2) esordio dell’asma dopo l’ingresso nella lavorazione a rischio 3) correlazione dei sintomi asmatici all’attività professionale 4) almeno una delle seguenti condizioni:

- modificazione del FEV1 o del PEF lavoro-correlate;

- modificazioni nella reattività bronchiale aspecifica lavoro-correlata;

- positività del test di broncostimolazione specifica;

- sviluppo di asma con una chiara associazione con una esposizione ad agente irri-tante sul luogo del lavoro.

Le linee guida della Canadian Thoracic Society del 1998 (9) raccomandano un algorit-mo diagnostico rappresentato da:

1) presenza certa di asma documentata con esame funzionale rappresentato da spiro-metria con broncoreversibilità oppure da test di broncostimolazione aspecifica con metacolina positivo nei casi con spirometria normale;

2) test obiettivi che mettano in relazione l’asma con il lavoro:

- prick tests o RAST specifico nel caso di sostanze ad alto peso molecolare (e per sali di platino e lattice);

- misurazione del PEF in periodi lavorativi ed extralavorativi di sufficiente durata (test arresto-ripresa);

- variazione significativa della responsività alla metacolina in periodo lavorativo ed extralavorativo;

- test di broncostimolazione specifico.

Il gruppo di lavoro canadese non ritiene necessario l’esecuzione del test di broncosti-molazione specifico in tutti i pazienti, in particolare se il monitoraggio del PEF e la variazione di responsività bronchiale aspecifica sono conclusivi: questo in relazione al costo del TBS, alla sua complessità al time-consuming, alla sua non facile accessibilità.

Il memorandum della Società Italiana di Allergologia ed Immunologia Clinica (SIAIC) pubblicato nel 2000 (3) delinea un algoritmo diagnostico differenziato per le sostanze ad alto peso molecolare e per quelle a basso peso molecolare:

1) Sostanze ad alto peso molecolare: la diagnosi di certezza di OA è formulabile nei casi in cui esiste un’asma bronchiale lavoro-correlata documentata con il monitorag-gio del PEF in modalità arresto-ripresa in associazione ad una sensibilizzazione ad un allergene professionale documentata da prick tests o RAST; non è in questo caso necessaria l’esecuzione del test di broncostimolazione specifica.

2) Sostanze a basso peso molecolare: nell’algoritmo diagnostico la diagnosi di asma è formulabile nei casi nei quali il sospetto clinico rafforzato da esami funzionali di base (spirometria, test di broncostimolazione con metacolina, monitoraggio del PEF) è confermato definitivamente dall’esecuzione del test di broncostimolazione specifica. In queste condizioni il TBS è l’unico esame in grado di formulare una dia-gnosi eziologica di certezza (con queste sostanze, non essendo possibile in generale l’esecuzione di test allergici, il monitoraggio del PEF in modalità arresto -ripresa può consentire la diagnosi di asma professionale ma non la diagnosi eziologica che può essere solo presuntiva su base clinica).

La monografia della European Respiratory Society sulle pneumopatie professionali (10) delinea un algoritmo diagnostico per l’OA in cui il peso del monitoraggio del PEF è analogo a quello del test di broncostimolazione specifico consentendo di porre dia-gnosi di OA anche in assenza del challenge specifico.

Le recentissime linee guida della British Occupational Health Research Fondation (11) confermano che l’OA può essere usualmente diagnosticata senza il ricorso al test di broncostimolazione specifica.

Un recentissimo stato dell’arte sull’OA (12) a cura di ricercatori italiani delinea un riposizionamento dell’uso del test di broncostimolazione specifica che rimane indicato solo per casi particolari.

CONCLUSIONI

Nell’ambito dell’OA la correttezza diagnostica è strategica prima di tutto per un ade-guato management del paziente: nel caso di asma comune aggravata dal lavoro il paziente può non essere allontanato a condizione che si proceda alla ottimizzazione della terapia, evitando l’esposizione agli irritanti bronchiali con l’uso di DIP o con la prevenzione ambientale.

Nel caso di OA con meccanismo immunopatologico il management consigliato è l’abo-lizione di ogni esposizione alla sostanza sensibilizzante e questo spesso coincide con l’espulsione professionale del lavoratore.

La letteratura è concorde, a nostro parere, per la possibilità di formulare la diagnosi di OA anche in assenza del test di broncostimolazione specifico sulla base di:

1) anamnesi suggestiva per OA;

2) test allergologici in vivo o in vitro positivi per le sostanze sospette;

3) monitoraggio del PEF secondo modalità arresto-ripresa compatibile con OA;

4) rilievo seriale della responsività bronchiale alla metacolina nel periodo di esecuzione del test di monitoraggio del PEF documentante un incremento di IBA.

ATTI - VI CONVEGNO NAZIONALE DI MEDICINA LEGALE PREVIDENZIALE

In questo algoritmo diagnostico il test di monitoraggio del PEF secondo modalità arre-sto-ripresa ricopre il ruolo centrale.

L’esame è di basso costo (gli spirometri portatili con memoria sono oggi facilmente accessibili sul mercato) ma richiede l’intervento di personale esperto nella sua condu-zione ed interpretacondu-zione: in particolare nella pratica clinica risulta anche difficile pensa-re ad un test ben eseguito in assenza di una costante supervisione medica nel periodo di esecuzione, richiedendo di conseguenza la vicinanza fisica del lavoratore alla sede medi-ca di riferimento. D’altra parte il test è in potenza di facile accessibilità ed esecuzione su tutto il territorio nazionale, contrapponendosi in questo alle difficoltà che storicamente hanno gravato il test di broncoprovocazione specifico.

Il test di broncostimolazione specifico si va delineando sempre più in letteratura come un esame di nicchia (con indicazione in particolare per i casi in cui il lavoratore non è più professionalmente esposto o per i casi in cui persistono dubbi dopo l’esecuzione del test di monitoraggio del PEF); a nostro parere non è comunque proponibile l’esecuzione diretta di un TBS senza un preventivo test di monitoraggio del PEF in modalità arresto-ripresa.

E’ un dato di fatto che sul territorio nazionale c’è una diffusa difficoltà in ambito clini-co nella gestione della diagnosi di OA legato in gran parte ad immotivata sottostima della reale potenza diagnostica del test di monitoraggio del PEF. Attorno alla letteratu-ra degli ultimi 10 anni è tenuto in consideletteratu-razione expertise e facilities oggi disponibili in campo clinico sul territorio nazionale; è suggestivo pensare alla realistica possibilità di una capillare organizzazione territoriale di strutture diagnostiche per l’OA organizzata secondo livelli di complessità diagnostica, nell’ambito della quale la maggior parte delle forme di OA possano venire diagnosticate in sede periferica e solo un numero ristretto di casi debba essere avviato a centri di 2° livello per il TBS.

E’ nostra personale opinione che la conoscenza e diffusione di questi algoritmi diagno-stici in ambito di medicina legale può rappresentare un momento di stimolo e di traino del mondo clinico.

BIBLIOGRAFIA

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