LA DIAGNOSI DI ASMA BRONCHIALE PROFESSIONALE
ASMA PROFESSIONALE IMMUNOLOGICA: EZIOLOGIA E DIAGNOSI Gli agenti eziologici dell’asma professionale con meccanismo immunologico si
classifi-cano in:
1) sostanze ad alto peso molecolare;
2) sostanze a basso peso molecolare.
Le sostanze ad alto peso molecolare ed alcune sostanze a basso peso molecolare (es. sali di platino) inducono OA attraverso un meccanismo immunologico IgE-mediato.
Le sostanze a basso peso molecolare inducono OA attraverso un meccanismo immunolo-gico non noto ma responsabile di una infiammazione bronchiale molto simile a quella allergica IgE -mediata.
Sono state descritte oltre 360 sostanze responsabili di OA, e le liste sono facilmente reperibili in letteratura.
L’iter diagnostico di OA si fonda sui seguenti punti:
1) anamnesi e definizione del rischio professionale;
2) diagnosi di asma bronchiale;
3) conferma della relazione causale fra sintomi asmatici ed ambiente di lavoro (diagno-si di asma profes(diagno-sionale);
4) identificazione dell’agente causale professionale (diagnosi eziologica).
L’anamnesi è essenziale nel sospetto di OA ma da sola è insufficiente per la diagnosi di asma in generale e di OA in particolare. Di rilievo è la co-esistenza di sintomi di rinite, i rapporti temporali dei sintomi in relazione all’orario di lavoro (in particolare fine setti-mana, periodi di ferie), l’insorgenza dei sintomi dopo l’inizio di una nuova attività lavorativa, l’uso di sostanze mai usate in precedenza, l’insorgenza dei sintomi in rela-zione a specifiche operazioni.
La diagnosi di asma si basa sulla presenza di sintomi e di elementi funzionali caratteri-stici; questi ultimi sono rappresentati da:
1) ostruzione variabile nel test di funzione ventilatoria con broncoreversibilità FEV1
=> 12% basale e 200 ml.
ATTI - VI CONVEGNO NAZIONALE DI MEDICINA LEGALE PREVIDENZIALE
2) Iper-responsività bronchiale alla metacolina (IBA con PD20FEV1 = < 1600 mcg):
l’IBA nei pazienti con sintomi d’asma ed anamnesi suggestiva è in sostanza confer-mante la diagnosi di asma. L’allontanamento dalla esposizione professionale può rapidamente normalizzare il quadro funzionale. Ci sono segnalazioni di normale iper-responsività bronchiale alla metacolina in forme d’asma da isocianati.
3) Il monitoraggio giornaliero del picco di flusso espiratorio (PEF) documentante una variabilità intragiornaliera e intergiornaliera maggiore del 20% è indicativo di iper-responsività bronchiale e di asma in fase attiva. Per la diagnosi di asma comune in ambito clinico generale sono sufficienti 2 rilievi giornalieri eseguiti al mattino e sera.
La variabilità giornaliera del PEF viene usualmente calcolata dalla formula:
PEFmax-PEFmin /PEFmedio
La conferma della relazione fra sintomatologia asmatica ed esposizione professionale è documentata, oltre che dai dati clinici, da esami funzionali:
1) spirometrie sul luogo di lavoro
2) monitoraggio del PEF con modalità arresto e ripresa
3) misurazione seriale dell’IBA in associazione al monitoraggio del PEF
Il monitoraggio del PEF con modalità arresto - ripresa deve essere eseguito per periodi di tempo sufficiente a permettere l’esposizione nel periodo lavorativo e la remissione dell’asma nel periodo extralavorativo: il periodo consigliato in letteratura è di 4 settima-ne, delle quali 2 di astensione dal lavoro e 2 di esposizione professionale. Il lavoratore deve eseguire un minimo di 4 misurazioni giornaliere con strumento portatile. La dispo-nibilità odierna di misuratori elettronici dotati di memoria consente di controllare la col-laborazione del paziente e la qualità degli esami eseguiti. Idealmente il monitoraggio del PEF dovrebbe essere eseguito in assenza di terapia, nel caso di pazienti che assumono farmaci antiasmatici la terapia non dovrebbe essere modificata per tutto il periodo di osservazione. L’addestramento del paziente all’uso del misuratore del PEF ed alle regi-strazioni plurigiornaliere dei sintomi e dei farmaci usati al bisogno è un atto di rilevanza strategica nella buona riuscita dell’esame, d’altra parte durante l’esecuzione dell’esame è assolutamente consigliabile una attenta e continua supervisione del paziente.
Pur non essendoci unanime consenso sul ruolo di tests di broncostimolazione aspecifica con metacolina-istamina in associazione al monitoraggio del PEF, esiste una autorevo-le autorevo-letteratura che attribuisce a questo esame un ruolo di rilievo: un incremento dell’IBA di 3-4 volte in un test di broncostimolazione con metacolina-istamina eseguito alla fine di un periodo di 2 settimane di lavoro rispetto a quello eseguito alla fine di un periodo di 2 settimane lontano dal lavoro comporta la diagnosi di OA quando si accompagna ad un monitoraggio del PEF in arresto e ripresa compatibile con OA. Un monitoraggio del PEF suggestivo di OA ma con tests seriali di broncostimilazione aspecifica negativo è invece più suggestivo solo di asma comune peggiorata dal lavoro.
L’interpretazione dei dati del monitoraggio del PEF con modalità arresto - ripresa può essere eseguito in due modi:
1) esame statistico dei dati 2) analisi visuale dei grafici
L’esame visuale dei grafici eseguita da un lettore esperto è ritenuto a tutt’oggi il metodo più soddisfacente per l’interpretazione del test. Sono d’altronde facilmente disponibili
programmi informatici in grado di elaborare rapidamente le analisi statistiche dei dati grezzi, con sensibilità del 75% e specificità fino al 94%. E’ evidente che il monitoraggio del PEF comporta falsi negativi per cui i valori stabili di PEF nel periodo di rilievo non escludono la presenza di una lieve labilità delle vie aeree.
I metodi utilizzabili per la diagnosi di OA immunologica sono diversi a seconda del meccanismo in gioco: nelle forme con meccanismo immunopatologico IgE-mediato è possibile ricorrere ai prick tests e al RAST specifico, nelle forme da sostanze a basso peso molecolare con meccanismi non IgE-mediati la diagnosi certa eziologica si ha solo in genere solo con il TBS.
I test allergologici in vivo sono eseguibili con prodotti di commercio o con tecnica prick-by-prick nel caso di sostanze ad alto peso molecolare (> 5000 d) e per alcune a basso peso molecolare (< 1000 d). La determinazione delle IgE specifiche sieriche (RAST) rappresenta una alternativa ai tests cutanei. Il RAST ha una minore sensibilità rispetto al test cutaneo. La presenza di IgE specifiche in una piccola quota di alcune forme di OA da sostanze a basso peso molecolare (isocianati, resine epossidiche) sem-bra più interpretarsi come fenomeno d’accompagnamento che di tipo patogenetico.
Nei casi di asma professionale da sostanze a basso peso molecolare in cui il meccani-smo patogenetico non è IgE mediato l’esame direttamente in grado di evidenziare una sensibilizzazione è il test di broncostimolazione specifica. (TBS). Consiste nell’esposi-zione in ambiente controllato a concentrazioni note e progressive dell’agente sospetta-to, misurando parametri funzionali ventilatori (FEV1) prima e dopo l’esposizione. Il test è eseguibile solo in ambiente specialistico, richiede tecnologia sofisticata, è indagi-noso e potendo indurre severe risposte asmatiche immediate, ritardate, bifasiche neces-sita di lunghi tempi di monitoraggio: è pertanto possibile la sua esecuzione solo in ambito di ricovero. Esistono precise controindicazioni assolute (FEV1 < 10% teorico o
< 2l, infarto miocardico recente, accidente cerebrovascolare recente, aneurisma arterio-so, incapacità del paziente ad imparare le procedure e comprendere le implicazioni del test) e relative (ostruzione delle vie aeree inducibili dalle manovre ventilatorie forzate, infezione recente delle vie aeree, riacutizzazione asmatica, ipertensione arteriosa non controllata, gravidanza, epilessia in terapia farmacologica).
Il protocollo esecutivo comprende che in giorni diversi vengano verificati:
1) il livello basale di responsività bronchiale aspecifica alla metacolina;
2) la valutazione della stabilità della funzione respiratoria mediante somministrazione di sostanza inerte di controllo e successivo monitoraggio della funzione ventilatoria nelle successive 24 ore (test di controllo);
3) test di broncostimolazione specifica con la sostanza sospettata;
4) la valutazione della responsività bronchiale aspecifica con metacolina dopo il test di broncostimolo specifico nei casi risultati negativi, da eseguirsi dopo 24-32 ore. Se si verifica un significativo incremento di responsività il test di broncostimolazione spe-cifica va ripetuto aumentando tempi e/o livelli espositivi.
Nel caso si debbano testare più sostanze sospette, dopo una risposta positiva ad un test di broncostimolazione specifica è consigliabile attendere almeno una settimana prima di procedere alla esecuzione di un test successivo.
Il test di broncostimolazione specifica ha falsi negativi e falsi positivi.
Le cause di falsa positività sono:
1) errata scelta delle sostanze da usare come stimolo;
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2) esposizione troppo breve o a concentrazioni troppo basse;
3) inadeguata tecnica di somministrazione;
4) assunzione di farmaci antiasmatici;
5) perdita temporanea della responsività specifica per un lungo intervallo di tempo tra-scorso dall’ultima esposizione professionale.
I falsi positivi sono legati essenzialmente a inadeguata tecnica di esecuzione del test.
Il test di broncostimolazione specifica, Gold standard diagnostico nell’OA, è di per sé in grado di fornire contemporaneamente non solo la dimostrazione dell’avvenuta sensi-bilizzazione ad un agente professionale ma anche la correlazione fra esposizione lavo-rativa e insorgenza dei sintomi. Il suo posizionamento nell’algoritmo diagnostico dell’OA è in corso di rivalutazione e probabilmente, sulla base della sua complessità, non facile accessibilità, non rara pericolosità, è destinato a diventare sempre più un esame con indicazioni particolari e limitate (12).