CONTROVERSO DI REVISIONE. IN CAUSA: CTU CONTRARIA MA SENTENZA FAVOREVOLE
V. CALABRETTA*, G. GRIECO**
* D.M. ILIVELLOS.M.R. TOSCANA
** AVVOCATOSEDEINAILDIPISTOIA
RIASSUNTO
Il contributo sottolinea la necessità di una attenta gestione del contenzioso medico legale attraverso l’utilizzo al meglio delle risorse e una metodologia di lavoro fondata sulla stretta integrazione fra le competenze professionali più direttamente coinvolte, dell’area medica e di quella legale. Nella fattispecie è stato possibile giustificare la revi-sione in melius operata su una rendita per ipoacusia da rumore, sulla scorta di motiva-zioni tecniche approntate con completezza ed efficacemente presentate, che hanno reso legittima la determinazione finale senza dover procedere a valutazioni ulteriori di even-tuali pregressi errori, comunque non dimostrabili come tali. E’ del tutto originale che le sentenze giudiziarie, sia in I che in II grado, hanno disatteso entrambe le volte le risul-tanze dei propri periti, facendo invece proprie le argomentazioni tecniche sostenute dall’INAIL e facendo proprio, fra l’altro, il principio già enunciato dalla Suprema Corte per il quale l’esistenza del diritto alla prestazione previdenziale prescinde dagli atti, meramente ricognitivi, con cui l’Ente attribuisce o nega la prestazione medesima.
La fattispecie riguarda un caso di ipoacusia riconosciuta come professionale nel 1985 e valutata sulla scorta di un originario esame audiometrico che, pur sollevando alcune perplessità sulla reale esistenza di una forma “pura” da rumore, non conteneva all’epoca del primo accertamento elementi sufficienti per escludere un indennizzo pieno.
L’assicurato, M.F. di anni di anni 64 all’epoca della prima visita di AP, era stato mura-tore artigiano e l’audiometria del 1985 evidenziava un tracciato di sordità percettiva compatibile con una forma da rumore per un deep sui 4000 hertz all’AU SN con risali-ta rapida sulle alte frequenza e lenrisali-ta sulle basse; mentre all’AU DS il tracciato manife-stava un doppio deep sui 500 hertz e sui 3000 hertz, lasciando al parere del lettore il giudizio sulla valutazione più opportuna del dato. Stante la comune prassi “previden-ziale - sociale” che vede l’INAIL favorevole all’assicurato nei casi dubbi e, soprattutto, la difficile interpretazione del tracciato, fu concessa una rendita del 25%, parametrata all’ipoacusia complessiva.
Nella revisione del 1989, vale a dire a tre anni dal pensionamento, il tracciato presentava altro aspetto assumendo, proprio all’AU SN, un profilo “a corda molle” che poteva sot-tendere una componente extralavoro. Ancora una volta però non si ritenne chiarito se e quanto una noxa extra professionale incidesse sulla morfologia del tracciato, dato che comunque, almeno all’AU DS, manteneva una deflessione sulle frequenze medio alte dissuadendo da una diversa interpretazione. La rendita veniva elevata al 28% secondo il primitivo metodo Motta coerentemente alla maggior perdita uditiva calcolata.
Alla revisione del 1995 il tracciato riproduceva una forma “pantonale” che a quel punto dissolveva qualsiasi perplessità precedente e certificava la presenza di una com-ponente extra professionale di cocleopatia degenerativa.
Nella tabella sottostante si riporta l’andamento delle perdite uditive nelle tre visite del 1985, 1989 e 1995; i tracciati derivati dimostravano l’evoluzione delle curve verso una chiara forma pantonale.
AU DS 250 500 1000 2000 3000 4000 6000 8000
1985 15 50 35 45 60 60 30 40
1989 20 45 40 50 55 55 45 50
1995 20 50 50 50 60 60 60 60
AU SN 250 500 1000 2000 3000 4000 6000 8000
1985 25 40 50 50 55 70 30 20
1989 20 40 55 55 50 50 40 35
1995 20 45 50 55 55 55 50 50
Il medico valutatore decideva di scorporare la quota non lavorativa al danno comples-sivo, pur attribuendo con giudizio di massima possibile obiettività il maggior danno alla parte professionale, e riduceva la rendita dal 28% al 20%. Tale provvedimento pro-vocava il ricorso giudiziario dell’assicurato, fondato su una denegata possibilità di miglioramento della patologia.
Sorto dunque il contenzioso giudiziario, l’Istituto ha fondato la sua difesa sottolineando la presenza di due componenti di danno (professionale e extraprofessionale) e la neces-sità di scorporare la quota extralavoro; altresì ha motivato la riduzione della rendita sostenendo che la corretta diagnosi medico legale era stata consentita dal confronto degli elementi acquisiti nel corso del tempo e, quindi, a distanza dalla prima valutazione.
Nella CTU di I grado il consulente d’ufficio, dott. P.C., affermava che a suo avviso nel corso degli anni i tracciati erano stati costantemente atipici, ma non tanto da escludere una ipoacusia compatibile col rumore, e sulla tesi sostenuta dall’INAIL relativa alla modifica dei profili negli anni, si esprimeva nei seguenti termini “può avere una certa validità ma non una sicura validità”. Confermava che il danno andava riconosciuto per intero al rumore e calcolato sulla audiometria del 1989 (28%), epoca successiva al pen-sionamento.
Seguivano note controperitali nelle quali il sanitario INAIL faceva emergere i dubbi posti dal CTU medesimo nel suo elaborato e richiedeva allo stesso di indicare con pre-cisione se a suo parere il tracciato del 1989, quello su cui aveva formulato il giudizio, meritava o no una attribuibilità esclusiva al rumore.
Il CTU, nelle risposte ai chiarimenti, affermava che non solo la curva del 1989 manca-va di una perfetta tipicità, ma bensì anche tutte le altre precedenti e seguenti, quindi andava applicato il principio “In dubio pro misero”; si rammaricava poi di dover deci-dere su giudizi espressi negli anni passati; infine ripeteva, come già in prima stesura, di dover ammettere una ipoacusia esclusivamente professionale “non avendo raggiunto la certezza che cause extra lavoro abbiano interagito con lo specifico rischio rumore nel determinare l’ipoacusia del M.”.
La CML segnalava all’Avvocatura l’esigenza di sensibilizzare il Giudice affinché non
aderisse acriticamente alle risultanze della CTU, accordando la possibilità di ulteriori controdeduzioni sanitarie INAIL nelle quali si sottolineava come il CTU si era attarda-to a formulare considerazioni critiche sul percorso valutativo INAIL, restando invece nel vago rispetto al proprio convincimento sul caso in questione.
Nella discussione di udienza veniva evidenziata la necessità di attribuire la massima rilevanza alla ricerca dell’oggettiva e reale situazione.
Con Sentenza n. 565/97 della Pretura di Pistoia, Giudice dott. F.A., si perveniva a una prima sorprendente e favorevole conclusione.
Il giudice di merito infatti, pur apprezzando la verifica ampia e approfondita del CTU, riteneva non del tutto condivisibili le relative argomentazioni e i chiarimenti forniti dallo stesso alle note critiche INAIL fondate principalmente sulla evidenza di una quota extra rumore. Così il Pretore si esprimeva in Sentenza in merito al parere del CTU: “Tale giudizio, nonostante si palesi certamente argomentato e non frettoloso, risponde peraltro esplicitamente alla logica - evidenziata nella relazione peritale - del principio cosiddetto “in dubio pro misero”, che può solo in estrema ipotesi supportare la decisione giudiziaria. Sotto questo punto di vista, invece, appaiono al pretore, che motivatamente si discosta dal giudizio del consulente d’ufficio, più pregnanti le conclu-sioni e le considerazioni esposte dal consulente di parte convenuta”. A tal proposito il Giudice concordava con la tesi INAIL rispetto al fatto che le successive audiometrie non erano fra loro sovrapponibili e, in aggiunta, rilevava che lo stesso CTU non aveva escluso la possibilità di una degenerazione organica della coclea da cause extra rumore.
Seguiva il rigetto della domanda di impugnativa della revisione.
A questo punto controparte ricorreva in Appello dolendosi che il Giudice avesse basa-to il proprio convincimenbasa-to sulle conclusioni del CTP INAIL e che si fosse avventurabasa-to ad interpretare elementi scientifici come i tracciati audiometrici senza aver richiesto lumi al proprio CTU.
Seguivano nuovamente note sanitarie INAIL per la per la memoria difensiva nelle quali, fra l’altro, veniva replicato al ricorso in Appello affermando come il Pretore si era limitato esclusivamente a leggere gli elementi tecnici presenti in atti e forniti dall’Istituto senza ricorrere ad alcuna velleitaria interpretazione soggettiva.
Il nominato CTU d’Appello, dott. M.P., fondava la sua valutazione esclusivamente sull’esame audiometrico del 1989, in quanto eseguito a poca distanza di tempo dal pen-sionamento del M.F.
In merito a quel tracciato così il CTU si esprimeva: “L’esame, come ha fatto rilevare il precedente CTU dott. C., non presenta le caratteristiche tipiche dell’ipoacusia da rumore ma è con essa compatibile”.
Seguivano naturalmente le note sanitarie controperitali nelle quali, oltre alla sintesi sto-rica del caso, si esponevano nuovamente gli elementi tecnici per i quali non poteva con-dividersi nella fattispecie un giudizio di ipoacusia esclusivamente da rumore; si chiama-va a chiarimenti il CTU e, per favorire un giudizio obiettivo sulla fondata ipotesi di una ipoacusia a origine mista, venivano diligentemente allegati in copia numerosi stralci di testi di medicina del lavoro e medicina legale in cui erano esemplificate morfologia ed evoluzione dei tracciati relativi alla ipoacusia da rumore nella sua forma pura.
Il Collegio giudicante, accogliendo la tesi difensiva INAIL secondo cui il Giudice dove-va dove-valutare tutte le risultanze in atti, aderendo a quella (anche se di parte) più convin-cente, senza aderire acriticamente a quanto dedotto dal CTU, si pronunciava definiti-vamente con la Sentenza del Tribunale di Pistoia dell’11 aprile 2000, anche questa volta in senso favorevole all’INAIL ed in contrario avviso rispetto al perito nominato, come già accaduto in I grado.
ATTI - VI CONVEGNO NAZIONALE DI MEDICINA LEGALE PREVIDENZIALE
Questa volta i giudici si soffermavano con riflessioni critiche, peraltro molto istruttive ai nostri fini, sull’operato sia del primo che del secondo CTU.
Riguardo al primo, per la parte in cui aveva ritenuto ingiustificata la diversa valutazio-ne operata dai sanitari INAIL valutazio-nel corso del tempo, i giudici, non addentrandosi sulla correttezza o meno del procedimento revisionale, si limitavano a chiarire che la decisio-ne giudiziaria deve limitarsi a stabilire la fondatezza o meno, in tutti i suoi aspetti, della pretesa dell’assicurato.
Più precisamente, così i Giudici d’Appello si esprimevano: “Se si considera, infatti, che l’attività con cui l’Ente previdenziale concede (o nega) una prestazione, non ha carattere costitutivo del diritto dell’assicurato, ma è meramente ricognitiva di un diritto che sorge direttamente dalla legge ed esiste, o non esiste, a prescindere da un atto di attribuzione o diniego della prestazione medesima (sul punto cfr. già Cass. a SS. UU. 6479/88), allora ne deriva che oggetto del giudizio altro non è che la esisten-za del diritto alla prestazione previdenziale, sul quale l’attività dell’Istituto erogatore non può incidere, con ogni conseguenza in ordine alla distribuzione tra le parti dell’onere della prova circa la effettiva sussistenza del diritto vantato, che grava evi-dentemente sul ricorrente”.
Riguardo ad entrambi, per la parte in cui viene ammessa la totale professionalità dell’ipoacusia pur in presenza di tracciati atipici ma non contraddittori con la sordità da rumore, la sentenza d’Appello ribadiva i rilievi mossi dal primo Giudice affermando che: “ … le conclusioni in termini di non contraddizione e, in definitiva, di dubbio sulla presenza di un concausa extra lavorativa della patologia del M., impediscono, al con-trario di quanto affermato dal CTU … di ritenere fondata la domanda del ricorrente
… In considerazione di quanto precede e della presenza di evidenti indici rilevatori di cause patogene estranee a quella lavorativa, evidenziati da entrambi i consulenti d’uffi-cio e già adeguatamente rilevata nella sentenza impugnata, non può ritenersi raggiunta la prova della esclusiva origine professionale dell’ipoacusia lamentata dal ricorrente.
Ne consegue il rigetto dell’appello ….”.
Da quanto esposto ci sembra che la fattispecie risulti paradigmatica di come una accu-rata sinergia fra area medica e area legale, che ha visto il medico impegnato in ben cin-que pareri forniti e l’avvocato impegnato a sostenerne in udienza la rilevanza proces-suale, ha consentito di difendere la determinazione dell’Istituto con motivazioni ade-guate accolte dai Giudici di ben due gradi di giudizio, pure in antitesi al parere espresso dai propri consulenti.
In via più generale possiamo dire che l’Ente deve affidare il proprio ruolo di tutela sociale degli invalidi alla preparazione dei propri operatori che devono decidere con scienza e coscienza nell’ottica di un diritto garantito dalla legge e da rispettare nella massima obiettività.
E’ comprensibile come l’assenza di certezze biologiche lascia spazio, in campo medico legale, al un possibile contraddittorio che può anche sfociare in un contenzioso fisiolo-gico; in tale eventualità l’Ente deve intervenire con competenza e omogeneità. Il caso riportato, al di là delle valutazioni di merito che non volevano essere oggetto delle nostre riflessioni, è esemplificativo nei risultati raggiunti di come nell’attività istituzio-nale quotidiana sia necessaria l’integrazione diretta tra professionisti e medici, quali parti depositarie delle specifiche competenze tecniche e operative per aggredire e gestire il contenzioso nel modo più efficiente per l’Istituto.