L'acquisizione da parte del CTU di dati e documenti che non si trovano nei fascicoli di parte può avere l'unica funzione d
3.1 Assenso-dissenso del giudice.
Secondo il consolidato principio, nel nostro ordinamento vige il principio del ‘iudex peritus peritorum’, ovvero il primato della valutazione giudiziale su quella peritale. In virtù di tale principio è consentito al giudice di merito valutare la complessiva attendibilità delle conclusioni peritali e, se del caso, disattendere le sottese argomentazioni tecniche laddove queste risultino intimamente contraddittorie.156 Ora, il giudice non è tenuto a motivare in maniera
particolareggiata l'adesione alle conclusioni del consulente tecnico, tranne qualora queste siano successive al deposito della relazione. Lo ha disposto il Tribunale di Napoli, con la recente sentenza n.9312 del 2015157 pronunciandosi sul ricorso presentato dagli eredi di un uomo
che aveva chiesto all'autorità giudiziaria il risarcimento dei danni a seguito di un sinistro. Il giudice inizialmente aveva rigettato la domanda ritenendo che le dinamiche dell'incidente non erano chiare, nonostante fosse stata disposta una C.T.U e si fossero assunte delle testimonianze. Per il Tribunale non è condivisibile l'assunto del Giudice di Pace, il quale ritiene che “le valutazione del C.T.U sono
156 Cass.civ., sez 1., 22 novembre 2010, n.23592 in Pluris, Wolters Kluwer 157 Cass civ, n.9312/2015 in Pluris, Wolters Kluwer
condivisibili, poiché sono del tutto adeguatamente motivate”. In
proposito si richiama l'orientamento della Suprema Corte158, secondo
cui “il giudice di merito che riconosce convincenti le conclusioni del
consulente tecnico non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni che lo inducono a fare propri gli argomenti dell'ausiliare se dall'indicazione della consulenza tecnica possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state rigettate, dato che in tal caso l'obbligo di motivazione è assolto con l'indicazione della fonte dell'apprezzamento espresso”.159
Il contenuto dell'obbligo di motivazione del giudice varia a seconda che aderisca o meno alle conclusioni del consulente tecnico. Per quanto riguarda le ipotesi di adesione alle conclusioni del C.T.U, il giudice non ha l'obbligo di motivare tale adesione. Tant'è che in una recente pronuncia della Corte di Cassazione160 si sancisce che con
tale adesione “il giudice del merito esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione della fonte del suo convincimento”, poiché lo stesso giudice “che riconosce convincenti le conclusioni del consulente tecnico non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni che lo inducono a fare propri gli argomenti dell’ausiliario”.161
Tuttavia, qualora le conclusioni del consulente tecnico siano contestate dalle parti è necessario distinguere. In questo caso, il giudice non può limitarsi a motivare dichiarando di “condividere le risultanze della consulenza”. Se le critiche mosse dalle parti sono piuttosto generiche e apodittiche, della serie “impugno e contesto”, il giudice non è tenuto a prenderle in considerazione. Se invece le parti abbiano posto delle contestazioni in maniera precisa e circostanziata, 158 Cass civ., n.14638/2004 in Pluris, Wolters Kluwer
159 Basta la motivazione sintetica per il giudice che si rimette alla C.T.U in www.studiocataldi.it
160 Cass.civ., sez 2., n.7266/2015 in Pluris, Wolters Kluwer 161 Cass civ., sez 3., 6 ottobre 2005 in Pluris, Wolters Kluwer
indicando quali dati il C.T.U abbia pretermesso, in quali errori è incorso, allora il giudice ha il dovere di confutare e prendere posizione in ordine ai rilievi opposti dalle parti, incorrendo nel vizio di insufficiente ed omessa motivazione qualora faccia proprie acriticamente le conclusioni del C.T.U.162 Altro caso, è quello in cui
le parti muovono rilievi (sempre che si tratti di rilievi precisi e circostanziati) all'operato del C.T.U dopo il deposito della relazione peritale. Qui, il giudice deve prendere in esame le argomentazioni critiche poste dalle parti e non può limitarsi a rigettarle in implicito. Infatti, se le osservazioni critiche sono formulate per la prima volta solo dopo il deposito della relazione, ad esse il consulente tecnico di ufficio non ha potuto ovviamente dare risposta.163
Per converso, nei casi in cui il giudice intenda disattendere a quelle che sono le dichiarazioni del C.T.U, senza dover disporre altra perizia, detta decisione può essere censurata in sede di legittimità ove la soluzione prescelta non risulti sufficientemente motivata. Lo ha ribadito la Suprema Corte con sentenza del 3 dicembre 2015, n. 24630.164
Quindi, se il giudice intende condividere le conclusioni peritali può motivare la propria decisione tramite il rinvio alle conclusioni stesse, nel caso in cui, invece, intenda discostarsi da queste ha l'obbligo di motivare la ragioni del proprio dissenso. Il contenuto dell'obbligo di motivazione varia a seconda del tipo di indagine che è stata compiuta dall'ausiliario. Nel caso in cui il giudice disattenda una rilevazione di tipo scientifico, il giudice deve addurre nozioni ed apprezzamenti tecnici contrapposti a quelli del C.T.U, per dimostrare l'inattendibilità di questi ultimi sul piano scientifico. Mentre, nel caso in cui il giudice intenda discostarsi non da una rilevazione oggettiva, ma dalla
162 I limiti del giudice e il rispetto dei principi di difesa e del contraddittorio, di P.Cattorini, in www.accademia-lancisiana.it
163 Il C.T.U “l'occhiale del giudice”, M.Rossetti, Milano, Giffrè, 2012, p.232 164 Cass civi., 3 dicembre 2015, n.24630 in Pluris, Wolters Kluwer
valutazione di fatti o dalla formulazione delle ipotesi contenute all'interno della relazione, conserva la facoltà di valutare le prove e formare il proprio convincimento.
Il giudice nel motivare il proprio dissenso deve indicare in maniera “convincente ed adeguata” quali sono le ragioni. Significa che il giudice che si discosti dalle conclusioni del CTU deve far emergere l’errore logico compiuto da quest’ultimo, indicandone il vizio metodologico e fornendo, per contro, i dati dai quali abbia tratto il proprio diverso convincimento. Emerge quindi con evidenza il limite di questo principio in quanto il giudice, nella maggior parte dei casi, non avrà le cognizioni sufficienti per contrapporre argomentazioni scientifiche altrettanto solide per contrastare le ragioni del CTU. In questo caso, quindi, è opportuno che il giudice provveda innanzitutto a chiedere chiarimenti al consulente oppure a rinnovare le indagini.
4. Rinnovazione C.T.U.
L'art 196 c.p.c è la disposizione che regola la rinnovazione della consulenza tecnica. Stabilisce che:”Il giudice ha sempre la facoltà di
disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente.”
La rinnovazione delle indagini costituisce esercizio di un potere officioso ed insindacabile del giudice di merito, esercitato anche in assenza di qualsiasi istanza di parte ed incensurabile in sede di legittimità.165 Questa facoltà del giudice di rinnovare la C.T.U non
può tradursi in una scelta arbitraria. Così, se la consulenza risulta lacunosa o erronea, non potrebbe il giudice non disporre la rinnovazione e poi rigettare la domanda per difetto di prova. La scelta appare vincolata, ovvero: o il giudice ritiene che, nonostante
l'erroneità della consulenza tecnica, siano comunque presenti tutti gli elementi per rigettare o accogliere nel merito la domanda ovvero dovrà disporre la rinnovazione delle indagini. Allo stesso modo, se una delle parti muove delle censure alla C.T.U eseguita in primo grado, chiedendo che sia rinnovata, il giudice di appello può disattendere questa richiesta, senza confutare con valide argomentazioni le ragioni addotte dalle parti a fondamento della stessa, dimostrando nel contempo che il materiale probatorio già acquisito è sufficiente alla decisione della controversia.166
Anche se la legge non dispone niente al riguardo, è possibile che la indagini siano rinnovate anche più di due volte, sebbene si tratti di un'eventualità non frequente. Mentre i motivi che sovente spingono il giudice a disporre una rinnovazione sono due: la nullità verificatasi nel corso delle indagini oppure la loro insufficienza.
Leggendo la disposizione in esame, è possibile dedurre che la rinnovazione delle indagini può essere affidata allo stesso consulente già nominato, infatti mentre per la sostituzione si richiede la presenza di “gravi motivi”, per la rinnovazione non è posto alcun vincolo. Può anche accadere che la stessa sia disposta in appello e che il secondo C.T.U nominato disponga in modo antitetico rispetto alla prima consulenza effettuata. In questa situazione si verifica un contrasto della giurisprudenza di merito al contenuto della motivazione che il giudice di appello deve adottare per aderire alle conclusioni della consulenza disposta per seconda. Stando ad un primo orientamento, il giudice di appello potrà limitarsi a richiamare le conclusioni del secondo consulente167. Mentre, stando ad un secondo orientamento,
quando il giudice di appello ritenga di aderire alle conclusioni del consulente tecnico da lui nominato, piuttosto che al consulente di primo grado, deve i le ragioni per le quali ha ritenuto quelle del
166 Cass civ., sez 27 aprile 2001, n. 9379 in Pluris, Wolters Kluwer 167 Cass civ., sez lav., 4 dicembre 2001, n.15318
primo consulente poco convincenti.168
5. La sostituzione
Così come la nomina, anche la sostituzione del consulente è un atto discrezionale e quindi, se immune da vizi logici, è incensurabile in Cassazione. L'art 196 c.p.c dispone che la sostituzione può verificarsi qualora vi sia la sussistenza di “gravi motivi”. Quali sono?
Possono costituire gravi ragioni a sostegno di un provvedimento di sostituzione: il prolungato ritardo nel deposito dell'elaborato peritale, la grave negligenza nello svolgimento delle operazioni; la insufficienza delle risposte fornite ai quesiti posti dal giudice; l'incapacità scientifica di svolgere l'incarico; la insufficienza degli accertamenti eseguiti.
Una volta disposta la sostituzione, tutti gli atti compiuti diventano privi di efficacia processuale. Qualora, però, il giudice intendesse revocare la sostituzione, ex art 177 c.p.c, ha luogo una completa reintegrazione del consulente originario nelle funzioni a lui conferite, con conseguente piena validità ed efficacia di tutti gli atti da questi compiuti, anche se successivi all'ordinanza di sostituzione. 169