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Uno sguardo al passato: i tempi e le preclusion

Nel documento La consulenza tecnica nel processo civile (pagine 72-76)

Profili processual

1. La nomina con la L.69/

1.2 Uno sguardo al passato: i tempi e le preclusion

E' necessario aggiungere qualche precisazione per quanto riguarda i processi iniziati prima del 30 aprile del 1995, quindi sottratti alle riforme introdotte dalla legge 395/90, e i processi iniziati prima del primo marzo del 2006, quindi sottratti alle riforme introdotte dal d.l. 35/2005.

Nei procedimenti iniziati prima del 30 aprile del 1995, soggetti al vecchissimo di rito, l'ordinanza di nomina del c.t.u poteva essere disposta sia prima sia dopo l'assunzione e l'ammissione della prova,

88 M.Rossetti, Il CTU “l'occhiale del giudice”, Milano, Giuffrè, 2012 89 Cass.civ, 5 luglio 2007, n.15219 in Pluris, Wolters Kluwer

spesso anche all'esito dell'udienza di prima comparizione.

Per converso, nei procedimenti iniziati dopo il 30 aprile del 1995, l'introduzione delle scansioni e preclusioni dell'art 180, 183 e 184 c.p.c aveva fatto sorgere dei dubbi circa il momento in cui disporre la consulenza tecnica. Ci si è chiesti se l'ordinanza ex art 61 c.p.c potesse essere pronunciata all'esito dell'udienza di prima comparizione, prevista dall'art 180, secondo comma, vecchio testo c.p.c. Tale possibilità è stata negata dalla dottrina, che ha osservato che nelle udienze del secondo comma dell'art 180 c.p.c possono essere compiute solo attività ben precise, indicate dalla legge: verifica del contraddittorio, fissazione al convenuto del termine per sollevare le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio. Quindi in questa fase non può avvenire la nomina del consulente. Di diverso avviso è un'altra impostazione dottrinale, la quale muove dal rilievo secondo cui il c.t.u ha il compito di assistere il giudice e non necessariamente quello di raccogliere le fonti di prova. Ci possono essere dei casi in cui, ad esempio, il giudice necessita dell'ausilio del c.t.u fin dalla prima udienza di comparizione: nel caso in cui gli atti o i documenti di parte facciano riferimento a questioni tecniche e con un lessico tecnico, per la esatta comprensione del quale il giudice non potrebbe affidarsi solo ed esclusivamente alle proprie conoscenze. Tale soluzione risulta preferibile.

Il vecchio testo dell'art 180 c.p.c disponde:”Art. 180. (Udienza di

prima comparizione e forma della trattazione) All'udienza fissata per la prima comparizione delle parti il giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall'articolo 102, secondo comme, dall'articolo 164, dall'articolo 167, dall'articolo 182 e dall'articolo 291, primo comma. La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale. Se richiesto, il giudice istruttore può

autorizzare comunicazioni di comparse a norma dell'ultimo comma dell'articolo 170. In ogni caso fissa a data successiva la prima udienza di trattazione, assegnando al convenuto un termine perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza per proporre le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. Della trattazione della causa si redige processo verbale, nel quale si inseriscono le conclusioni delle parti e i provvedimenti che il giudice pronuncia in udienza". Nel secondo comma, il

riferimento “in ogni caso” deve rinviare ad altra udienza, ha fatto sì che si delineassero due opzioni ermeneutiche: una letterale, secondo la quale non si può far altro che rinviare la causa; l'altra più attenta alla ratio, secondo la quale l'art 180, secondo comma, c.p.c non impedisce esiti alternativi. Si è inoltre osservato che l'interpretazione letterale contrasta sia con le finalità perseguite dal legislatore con la novella del 1990 353/1990), quelle di accelerare e semplificare, sia con il nuovo ruolo di impulso, coordinamento e controllo riconosciuto al giudice istruttore.

Più semplice è stabilire se l'ordinanza ex art 61 c.p.c possa esser pronunciata successivamente al maturare delle preclusioni in tema di prova, ex art 183, sesto comma, c.p.c, ovvero prima della riforma del 2005. E' possibile rilevare che non sussiste, per il giudice, nessun impedimento circa la nomina del ct.u dopo aver ammesso le prove o dopo averle raccolte. Infatti, la consulenza tecnica è un mezzo istruttorio nella disponibilità del giudice, per il quale non opera la preclusione dell'art 183, comma 6, nuovo testo c.p.c. La cassazione con una pronuncia del 21 aprile del 2010 n.9461 ha disposto che la nomina del consulente tecnico rientra tra i poteri discrezionali del giudice, il quale può provvedervi senza alcuna richiesta delle parti, quindi laddove la richiesta venga presentata dalla parte non costituirà una richiesta istruttoria, ma solo una sollecitazione nei confronti del

giudice affinché, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda. La conclusione è che tale richiesta non può mai considerarsi tardiva, anche se formulata in sede di precisazione delle conclusioni, né generica, perchè è sempre il giudice che, munito dei suoi poteri, delimita l'ambito di indagine del c.t.u.

Per contro, un problema ancora irrisolto è la possibilità per le parti di dedurre nuovi mezzi di prova dopo la scadenza dei termini di cui all'art 183, sesto comma, c.p.c, al fine di confutare le conclusioni cui è pervenuto l'esperto. Stando ad un primo orientamento, una volta maturata la preclusione istruttoria, fatta salva la rimessione in termini dell'art 153 c.p.c, non è consentito alle parti di dedurre nuove prove per “vincere” il risultato della c.t.u., poiché quest'ultima non costituisce un mezzo di prova. Essa, infatti, sfugge al disposto del 183, ottavo comma, nuovo testo c.p.c “Nel caso in cui vengano

disposti d'ufficio mezzi di prova con l'ordinanza di cui al settimo comma, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice con la medesima ordinanza, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi nonché depositare memoria di replica nell'ulteriore termine perentorio parimenti assegnato dal giudice, che si riserva di provvedere ai sensi del settimo comma.”

Secondo un altro orientamento, invece, è necessario distinguere la c.t.u deducente e percipiente. Nel primo caso, il consulente si limita a valutare fatti oggettivi, già acquisiti al materiale istruttorio. Qui le parti non potrebbero richiedere nuove prove, dopo l'ammissione della consulenza tecnica, poiché il c.t.u si è limitato a valutare le prove, senza aggiungerne altre. Invece, nel caso della c.t.u percipiente, la consulenza può avere ad oggetto l'accertamento di fatto non altrimenti dimostrabili, quindi qui è possibile acquisire ulteriore materiale. Quest'ultimo orientamento è stato condiviso dalla Corte di

Cassazione, con una pronuncia del 9 febbraio del 1999 n. 1100, ove ha disposto che quando il c.t.u provvede direttamente ad acquisire la prova di fatti oggettivi, non dimostrati precedentemente dalle parti, il controllo della consulenza viene soddisfatto a posteriori, permettendo alle parti di dimostrare la sussistenza di elementi di fatto che tolgono rilievo a quelli dimostrati dal c.t.u.

Infine, la c.t.u può essere disposta anche nel giudizio di rinvio, ma in questo caso può solo limitarsi a valutare gli elementi già acquisiti, senza acquisirne di nuovi.

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