Responsabilità e compens
2. La responsabilità civile
L'art 64, secondo comma c.p.c, sancisce che “ogni caso” il consulente è tenuto a risarcire i danni provocati alle parti a causa della propria condotta .199 Si tratta di una norma oggettivamente
superflua, poiché in sua assenza la responsabilità del C.T.U non sarebbe stata contestabile, nel caso di illecito aquilano, ex art 2043 c.c.200
Non si può omettere di considerare la pluralità di casi cui è chiamato ad intervenire il C.T.U e di conseguenza l'estesa area di responsabilità civile in generale. Il tutto può essere considerato come un riflesso della volontà di ricevere una tutela risarcitoria per la lesione di qualsiasi posizione giuridica soggettiva, per qualunque pregiudizio, fino al punto di constatare la «mutazione genetica della
figura del professionista, un tempo genius loci ottocentesco, oggi ambita preda risarcitoria».201
Nonostante ciò il tema in oggetto è stato trascurato fino a qualche anno fa, vista la scarsità di pronunce, tanto che alcuni hanno parlato di una dimenticanza degli avvocati.
Nel collocare il tema in uno scenario più ampio vi è poi da tenere in considerazione anche il profilo della responsabilità dello Stato per eccessiva durata dei processi, per violazione cioè dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà
198 La responsabilità disciplinare del CTU in www.geometra.info 199 G.Caputo, La responsabilità civile del CTU, in www.georoma.it
Risarcisce i danni a causa della propria condotta regolata dall'art 64 c.p.c e dagli art 1218, 1176, 2043, ss c.c
200 M.Rossetti, La figura e l'attività del CTU nel processo civile, Milano, Giuffrè, 2003, p.30
fondamentali (CEDU9 ). Il riferimento è quindi anche alla l. 24 maggio 2001, n. 89 (c.d. legge Pinto), ed al grande numero di casi in cui il Ministero della Giustizia è condannato al risarcimento dei danni per eccessiva durata dei processi. E’ stata infatti in diverse sedi sottolineata l’incidenza, sulla durata del processo, dei fattori in qualche modo legati all’area della consulenza. Per esempio, il Dossier nazionale sui consulenti tecnici d’ufficio10, individua nella c.t.u. uno dei fattori di maggiore rilevanza per i tempi del processo. Tra gli esempi citati ricordiamo il mancato deposito della c.t.u. nel termine assegnato, la sostituzione del consulente, l’eccessivo ricorso alle proroghe. Ovviamente, le ipotesi di responsabilità non sono di certo circoscritte al solo rallentamento del processo. Vi è infatti tutto l’ampio ventaglio di casi in cui il consulente, che è anche pubblico ufficiale12, può incorrere in una condotta colposa, o dolosa, nello svolgimento delle operazioni peritali, vista la grande complessità delle attività che gli sono devolute e delle elevate competenze che gli sono richieste per adempiere in modo diligente ai suoi doveri13. Da ultimo si deve evidenziare anche la maggiore consapevolezza maturata negli ultimi anni circa i limiti e le insidie insite nell’apporto del sapere scientifico e tecnico al processo, civile o penale che sia, e quindi alla decisione del giudice. Il riferimento è alla «generale fallibilità e mancanza di certezza della scienza; la naturale tendenza all’errore nella prassi scientifica (…) il superamento della ingenua visione positivista ancorata al dogma della dicotomia fatti-valori e la acquisita consapevolezza della non neutralità della scienza rispetto ai valori». L’insieme di questi fattori potrebbe nel prossimo futuro rendere il tema della responsabilità civile del consulente d’ufficio di maggiore attualitàPer quanto riguarda questa forma di responsabilità, avente natura extracontrattuale, è necessario esaminare tre aspetti: il grado della colpa che renda possibile la formazione di un giudizio di
responsabilità; valutare se alla consulenza tecnica è applicabile la limitazione di responsabilità di cui all'art 2236 c.c; infine, individuare i possibili danni risarcibili.202
2.1 Il grado della colpa
L'art 64 c.p.c così come analizzato dà adito a diverse interpretazioni circa la necessità di individuare una colpa grave al fine di ravvisare una responsabilità civile del C.T.U. Stando ad un primo orientamento, il consulente tecnico risponderebbe solo per dolo o colpa grave. Quindi sarebbe esonerato da responsabilità qualora avesse agito con colpa lieve e ciò a prescindere dalla maggiore o minore complessità dell'incarico. A fronte di ciò, l'attività del C.T.U si assimilerebbe a quella del giudice, il quale a sua volta, in base alla L. 13 aprile 1988, n.117, risponde, oltre che per denegata giustizia, anche per dolo e colpa grave.203 In questi casi, il grado di complessità
dell'incarico, con limitazione di responsabilità ex art 2236 c.c, perde dunque di rilievo.204
Secondo l'altro orientamento, invece, il consulente è da considerare responsabile anche nei casi in cui abbia agito con colpa lieve, ma in questi casi la sua responsabilità sarebbe esclusa nelle ipotesi di incaichi di particolare complessità, ai sensi dell'art 2236 c.c.
202M.Rossetti, Il CTU “l'occhiale del giudice”, Milano, Giuffrè, 2012, p.61 203 L. 13 aprile 1988, n.117 in Pluris, Wolters Kluwer
L’art. 2 della l. 117 del 1988, dopo aver precisato che non può dare luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto o delle prove, fa un elenco di casi di colpa grave: e) grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile f) l’affermazione determinata da negligenza inescusabile di un fatto la cui esistenza è
incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento g) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento h) l’emissione di un
provvedimento concernente la libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.
204 La responsabilità civile del CTU ex art 64 c.p.c: problemi e prospettive in www.ilforomalatestiano.it
Questo secondo orientamento va ad avvalorare il significato letterale dell'art 64 c.p.c, il quale sancisce che “in ogni caso” il C.T.U è tenuto a risarcire i danni provocati alle parti. Secondo alcuni è da preferire questa seconda impostazione che permette di configurare un'ipotesi di responsabilità civile anche nei casi in cui il consulente tecnico abbia agito con colpa lieve. Secondo altri, invece nessuno dei due orientamenti pare preferibile e soddisfacente. Innanzitutto perché sostenere che il C.T.U sia esonerato da responsabilità qualora agisca con colpa lieve significa sminuire il dettato normativo; dall'altro non è condivisibile l'impostazione volta a limitare le ipotesi di responsabilità del consulente tecnico ai soli casi in cui si presenti la colpa grave. In quest'ultimo caso, la circostanza che la contravvenzione del secondo comma dell'art 64 c.p.c esiga la colpa grave non può avere alcun effetto sulla responsabilità civile, soprattutto a fronte della lettura del terzo comma dell'art 64 c.p.c Dall'altro non pare condivisibile l'impostazione secondo la quale l'attività del C.T.U è assimilabile a quella del magistrato. Tale parificazione oltre ad essere priva di qualsiasi base testuale, sembra dimenticare che le limitazioni di responsabilità del giudice nei confronti dei terzi sono poste dall'ordinamento a tutela dell'indipendenza e dell'autonomia della funzione svolta dal magistrato.
2.2 L'applicazione dell'articolo 2236 c.c.
Un secondo aspetto decisivo del tema oggetto di indagine riguarda la collocazione della ipotetica responsabilità del perito d’ufficio, nell’alveo della responsabilità contrattuale o aquiliana. Parte della dottrina e tutta la giurisprudenza ricostruiscono la fattispecie in termini di responsabilità extracontrattuale22, atteso che il rapporto
che lega il C.T.U alle parti del processo non ha nulla a che fare con quello che lega le parti di un contratto. Il C.T.U riceve il proprio incarico non dalle parti, ma unicamente dal giudice. Solo il giudice è creditore della prestazione professionale del C.T.U. Dalla mancanza di rapporto contrattuale si ritiene debba discendere anche l’impossibilità di applicare la limitazione di responsabilità prevista dall’art. 2236 c.c. per il contratto di prestazione d’opera professionale. Altra dottrina ritiene invece applicabile la c.d. responsabilità “da contatto sociale”, ovvero quell’orientamento giurisprudenziale che cerca di estendere i principi codicistici dettati in materia contrattuale anche a rapporti che, pur non avendo tale fonte genetica, tuttavia hanno un contenuto del tutto analogo a quello contrattuale. Questa è l’ipotesi che merita maggior credito, risultando invece agevolmente superabili le obiezioni sollevate in senso contrario a tale ricostruzione.
2.3 I danni risarcibili
Arrivati sin qui, resta da chiedersi quale sia la misura dei danni risarcibili da parte del C.T.U per effetto della propria condotta. I pregiudizi che dovrà risarcire il consulente tecnico incorso in errore professionale e responsabilità civile sono i seguenti: il ritardo con cui è stata accolta la propria domanda, a seguito della necessità di rinnovare la consulenza tecnica; conseguenze negative derivanti dall'accoglimento dell'altrui domanda, fondato su una consulenza infedele o erronea; nelle spese sostenute per l'adozione di provvedimenti ritenuti indifferibili da una consulenza erronea (ad esempio, la messa in sicurezza di un fabbricato); nella spese sostenute per dimostrare, ad esempio attraverso altre indagini peritali, l'erroneità della consulenza tecnica d'ufficio.
Ovviamente spetterà alla parte che lamenta il pregiudizio a chiedere il risarcimento. Invece, competente a decidere del risarcimento sarà il giudice competente per valore e territorio.
E' da escludere, tuttavia, che il consulente tecnico, il quale abbia ritardato la definizione del giudizio col proprio operato, possa esser chiamato a rispondere del danno da irragionevole durata del processo, ai sensi della L.24 marzo 2001 n.89205, la C.D Legge Pinto.
La responsabilità per la irragionevole durata del processo è una responsabilità dello Stato, derivante dalla violazione del diritto ad un processo celere. Questa forma di responsabilità dello Stato non è esclusa dal fatto che il il ritardo sia dipeso dalla condotta renitente del consulente tecnico o dalla complessità delle indagini, perché anche di fronte a queste situazione è sempre il giudice, organo dello Stato, ad adottare i provvedimenti più idonei a contenre tale ritardo.206