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L'ordinanza di nomina

Nel documento La consulenza tecnica nel processo civile (pagine 76-79)

Profili processual

1. La nomina con la L.69/

1.3 L'ordinanza di nomina

Una volta stabilita la necessità di avvalersi del consulente è necessario ufficializzare tale nomina, mediante un'ordinanza. L'ordinanza ammissiva della c.t.u deve contenere: il nome e l'indirizzo del consulente prescelto; l'ordine in cancelleria di convocarlo ad una data udienza;91 la fissazione alle parti del termine

per la nomina dei consulenti di parte (art 201 c.p.c); la formulazione dei quesiti; la motivazione delle ragioni che giustificano la c.t.u. Può anche accadere che il giudice, dopo aver disposto la consulenza, riservi la nomina e la formulazione dei quesiti: in questo caso, l'ordinanza dovrà essere integrata con provvedimento entro cinque giorni (art 186 c.p.c). Una volta disposta, l'ordinanza dovrà essere comunicata nella cancelleria del giudice: con biglietto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario o nei tribunali dove si è disposto il processo civile telematico, per via telematica. 92

Tra gli elementi costitutivi l'ordinanza di nomina vi rientra anche la formulazione dei quesiti che risulta di primaria importanza per il

91 A.Brano, Metodologia della consulenza tecnica e perizia su scritture, 2003, Sulla rotta del sole editore

corretto svolgimento dell'incarico. Più il quesito è analitico, dettagliato e chiaro, ma soprattutto pertinente, minori saranno le questioni che potranno sorgere, durante le operazioni peritali, in riferimento all'ambito dell'indagine. Mentre se il quesito è più generico, sarà maggiore la possibilità dell'insorgere di dispute e contrasti, sia tra le parti che tra il c.t.u e i c.t.p. La formulazione del quesito è rimessa al giudice, il quale può sempre ascoltare i suggerimenti delle parti, ma non può lasciare loro il compito di formulare integralmente il quesito stesso. In alcuni uffici giudiziari, vi è la prassi di consentire alle parti, durante le operazioni, di porre al consulente “ulteriori quesiti che esse riterranno utili”. Tale prassi non può non essere censurata: in primo luogo, la consulenza non è nella disponibilità delle parti, inoltre, così facendo, la consulenza acquisterebbe un “assetto variabile” e risulta suscettibile di mutare durante lo svolgimento delle operazioni.

In alcuni uffici giudiziari, invece, si formulano dei quesiti standard, elaborati una volta per tutte. Il tutto è reso possibile purchè il giudice non dimentichi di valutare la compatibilità tra il quesito standard e la fattispecie. Al di là degli orientamenti diffusi all'interno dei vari e uffici giudiziari, è possibile individuare alcune linee comuni riguardanti i quesiti richiesti. Innanzitutto nel momento in cui il giudice formula il quesito, lo fa solo in riferimento a quei fatti per cui non basta il suo bagaglio culturale, ma necessita dell'ausilio dell'esperto. Inoltre, altro elemento condiviso in ogni quesito, è che quest'ultimo sia il più possibile circoscritto e dettagliato. Il modo migliore è quello di ottenere come risposta un “si” o un “no” da parte del consulente. Per esempio, se il committente conviene l'appaltatore circa l'esistenza dei vizi nell'opus da questi realizzato, la formulazione migliore del quesito è quella in cui si indicano i vizi a), b), c), ecc chiedendo l'accertamento della loro esistenza, anziché

rimettere al consulente l'indicazione dei vizi stessi. Un quesito i formulato in modo analitico presenta almeno due vantaggi: evita che il c.t.u incorra in dubbi interpretativi e fa sì che la consulenza abbia ad oggetto esclusivamente i fatti dedotti in giudizio dalle parti e ritenuti rilevanti per il giudice. Infine, il quesito rivolto al consulente non deve mai avere ad oggetto valutazioni giuridiche. Non si può, ad esempio, chiedere al consulente se Tizio sia il proprietario del terreno o se Caio ha causato la morte di Sempronio a causa dell'insuccesso dell'intervento. La proprietà, così come l'accertamento dei danni, sono nozioni giuridiche, il cui accertamento è di competenza del giudice e non può essere delegato al c.t.u.

L'ordinanza, al di là dei quesiti ivi contenuti, deve essere motivata. Ora, la motivazione del provvedimento che accoglie la c.t.u non pone molti problemi, al contrario della motivazione del provvedimento di rigetto. Nel caso in cui sia rigettata per superfluità, quest'ultima può essere dedotta indirettamente dal fatto stesso che nell sentenza si accolga o si rigetti la domanda sulla base di altre prove già raccolte. Se, invece, la consulenza è rigettata perchè dovrebbe avere ad oggetto fatti che è necessario provare e in questo caso il giudice deve stare attento non solo alla motivazione dell'ordinanza istruttoria, ma anche a quella della successiva sentenza. Sappiamo che la consulenza tecnica non è un mezzo di prova, ma può diventarlo nel caso in cui sia l'unico mezzo a disposizione del giudice per provare i fatti. In questo caso, quando il giudice ritiene di non dover disporre la c.t.u, ha l'onere di dimostrare, con adeguata motivazione: che gli elementi acquisiti sono sufficienti per poter decidere o di essere in grado di risolvere la questione da sola, senza l'ausilio dell'esperto.

L'obbligo di motivazione del provvedimento di rigetto si verifica anche quando l'istanza di parte abbia indicato in modo analitico le ragioni della necessarietà delle indagini tecniche al fine della

decisione. 93 Quindi si può dedurre che l'obbligo di motivazione

dell'istanza di rigetto può essere assolto, se non con il provvedimento, almeno con la sentenza conclusiva.

Ma la motivazione può anche essere implicita, purchè la si desuma dl contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio. 94 La motivazione risulta, inoltre, implicita anche

nel caso in cui il giudice, senza prendere posizione, rinvii la causa per la precisazione delle conclusioni.

L'ordinanza ammissiva non è reclamabile né impugnabile in alcun modo. Non è neanche ricorribile in Cassazione ex art 111 Cost.. Tale ricorso è ammissibile solo quando il provvedimento incida sui diritti soggettivi, abbia carattere decisorio e produca effetti di diritto sostanziale e processuale.

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