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La natura discrezionale del provvedimento.

Nel documento La consulenza tecnica nel processo civile (pagine 69-72)

Profili processual

1. La nomina con la L.69/

1.1 La natura discrezionale del provvedimento.

Essendo nella disponibilità del giudice e rientrando nella sua discrezionalità la scelta di disporla o meno, può essere applicata in qualsiasi momento del giudizio di primo grado.

Oggi competente a disporre la nomina è il giudice che procede, quindi il giudice di pace , il giudice monocratico nei procedimenti di competenza del tribunale in composizione monocratica ( art 281 bis c.p.c) ed il giudice istruttore nei procedimenti di competenza del tribunale in composizione collegiale (art 175 e 188 c.p.c). In appello, invece, la competenza a disporla spetta: negli appelli proposti dinanzi al tribunale, al giudice monocratico (art 350, primo comma, c.p.c); negli appelli dinanzi alla corte d'appello, al collegio (350, primo comma, c.p.c). 79

Qualunque sia il soggetto volto alla nomina del consulente tecnico, tuttavia, stando a quanto sancito all'interno dell'art 61 c.p.c, al giudice viene lasciata un'ampia discrezionalità nello scegliere se

77 F.Fava, Il perito e il consulente tecnico d'ufficio o CTP in www.fabriziofava.com

78 G.Spano, A.Tedeschi, Il consulente tecnico forense dei CTU , CTP, perito e arbitro, 2012, Giuffrè

avvalersi o meno dell'ausilio dell'esperto. Il tutto trova conferma in una sentenza della Corte di Cassazione, del 9 maggio del 2002, n.664180, in cui si dispone che rientra nei poteri discrezionali del

giudice di merito la valutazione dell'opportunità di disporre consulenze tecniche, valutazione che esula dal controllo di legittimità. Si tratta di una discrezionalità tecnica ampia, ma non di mero arbitrio. Significa che il giudice non può accogliere o rigettare

quomodolibet l'istanza con cui chiede che venga disposta la c.t.u, ma

deve sempre dare conto delle ragioni che suggeriscono, sconsigliano o impediscono di ricorrervi. La Suprema Corte ha poi ulteriormente circoscritto l'ambito di tale discrezionalità, stabilendo che in alcuni il giudice ha un vero e proprio obbligo di avvalersi dell'esperto e solitamente questo si verifica quando la consulenza costituisce l'unico mezzo disponibile per provare il fatto costitutivo della propria pretesa o della propria eccezione. Tuttavia il ricorso alla consulenza tecnica può risultare irrilevante in due ipotesi: il primo caso si ha quando il giudice decide di risolvere da solo le questioni a lui sottoposte (Cass civ., sez III, 27 ottobre 2004, n.20184)81. In tal caso

il giudice può rivolgersi alla scienza privata desumibile implicitamente dall'art 115, comma primo, c.p.c, il quale impedisce al giudice di acquisire la conoscenza di fatti obiettivi al di fuori del processo, ma non gli impedisce di acquisire autonomamente la conoscenza di regole, principi o formule delle arti o delle scienze da utilizzare poi nel processo.82 Inoltre, l'art 115, secondo comma c.p.c

vieta al giudice di porre a fondamento della decisione nozioni di fatto che non rientrino nella comune esperienza. Ma tale divieto riguarda solo i c.d “fatti semplici” e non le leges artis della chimica o della meccanica ad esempio. 83 Laddove il giudice decida di non avvalersi

80 Cass.civ., 9 maggio 2002, n.6641 in Pluris, Wolters Kluwer 81 Cass.civ., sez 3, 27 ottobre 2004, n.20184 in Pluris, Wolters Kluwer 82 U.Scotto, La consulenza tecnica nel processo civile, 2013, Giuffrè 83 Cass.civ., sez I, 15 luglio 1963 n.1922

dell'ausilio di un esperto, dovrà comunque decidere la causa dando conto di avere affrontato e risolto le questioni tecniche a lui sottoposte. 84

L'altra ipotesi in cui è superfluo l'intervento dell'esperto è il caso in cui la parte, la quale richiede la consulenza, non abbia dimostrato almeno il fumus dell'esistenza dei fatti che intende sottoporre al parere del c.t.u.85 Ed è proprio su quest'ultimo punto che è necessario

aprire una parentesi. Sappiamo che la consulenza non è un mezzo di prova, ma solo uno strumento, posto nella disponibilità del giudice, cui fare ricorso quando si ritiene necessario valutare, sotto il profilo tecnico e scientifico, elementi oggettivi già acquisiti al processo. Di conseguenza, non si può far ricorso solo al fine di esonerare le parti dall'onere probatorio. Anzi, la parte dovrà allegare e documentare almeno la verosimiglianza dei fatti addotti a fondamento della propria pretesa, affinché il giudice disponga una c.t.u. Per fare un esempio, colui che allega di aver subito delle lesioni guarite con postumi permanenti, se intende sollecitare il giudice al fine di nominare un consulente, non può limitarsi alla mera allegazione in fatto, ma avrà l'onere di provare e documentare un minimo di storia clinica, da cui desumere il fumus dell'esistenza delle lesioni. Altrimenti, la loro mancanza, precluderebbe l'esistenza del fatto primario da porre a fondamento della C.T.U. Al fine di una maggiore comprensione, riporto un altro esempio.86 Può accadere che il

prossimo congiunto di persona deceduta a seguito di una fatto illecito chieda un giudizio di risarcimento del danno biologico (di solito di natura psichica) causato dal lutto.87 Però è non raro che la storia

Cass.civ., sez II, 11 aprile 1964 n.842 Cass.civ., sez II, 20 luglio 1976, n.2874

84 Cass.civ., sez.lav., 29 settembre 2000, n.12910

85 C.Querini, S.Falaschi, La consulenza tecnica in materia di mobbing, 2006, Utet giuridica

86 G.M.Innocenti, La formulazione del giudizio estimativo per il CTU, Giuffrè 87 E.Secchi, La CTU nel processo civile. Percorsi giurisprudenziali, 2011, Giuffrè

clinica del preteso malato sia carente: mancanza di prescrizioni di farmaci, assenza di visite specialistiche o di referti di servizi di igiene mentale. L'unico documento prodotto è spesso una mera relazione di parte, predisposta in prossimità della data del ricorso, ma realizzata molto tempo dopo l'infortunio. In questi casi, Rossetti ritiene che il giudice dovrebbe rigettare la consulenza tecnica richiesta per valutare l'esistenza di lesioni, in quanto è inverosimile con nozioni di comune esperienza che una persona affetta da disturbi mentali non senta l'esigenza di volersi curare, ma avverta invece l'esigenza di sottoporsi ad una perizia medico-legale di parte, in prossimità del giudizio.88 È

di questo avviso anche la Suprema Corte che in una sentenza del 5 luglio del 2007 n.1521989 ha ritenuta giusta la scelta del giudice di

merito di non disporre la c.t.u grafologica, in un caso in cui uno dei litiganti invocava la nullità del contratto assumendo che il testo di esso era stato abusivamente riempito in bianco dall'altra parte, ma non aveva fornito nessun elemento probatorio da cui desumere il riempimento del documento firmato in bianco.90

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