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Il caso AstraZeneca: un giusto equilibrio tra l’esercizio di prerogative procedimentali e la tutela della concorrenza prerogative procedimentali e la tutela della concorrenza

PARTECIPAZIONE PROCEDIMENTALE E ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE

2. Casistica europea e nazionale

2.1. Il caso AstraZeneca

2.1.3. Il caso AstraZeneca: un giusto equilibrio tra l’esercizio di prerogative procedimentali e la tutela della concorrenza prerogative procedimentali e la tutela della concorrenza

La posizione tenuta dalle istituzioni UE nell’ambito del caso AstraZeneca rappresenta un giusto bilanciamento tra l’esercizio di prerogative procedimentali e la tutela della concorrenza (tramite la sanzione dell’abuso di posizione dominante).

Da un lato, l’apparente conformità alla normativa settoriale non esclude di per sé l’applicazione del diritto antitrust229. Dall’altro lato, ai fini dell’applicazione del diritto antitrust è necessario dimostrare l’esistenza di un elemento qualificante, diverso dal (e aggiuntivo al) mero esercizio di prerogative riconosciute dall’ordinamento, che sia capace di porre in un’ottica di disvalore condotte che (quantomeno in apparenza) sono lecite e protette dall’ordinamento.

La Commissione e i giudici UE hanno così individuato un (fragile) punto di equilibrio tra l’applicazione del diritto antitrust e l’esercizio di prerogative procedimentali. I tratti distintivi di tale operato si evincono in diversi passaggi delle motivazioni delle decisioni delle istituzioni europee che si sono pronunciate sulla vicenda. La Commissione e i giudici UE sono stati molto cauti e attenti nel delineare lo spazio d’intervento del diritto antitrust.

Il filo conduttore delle motivazioni delle istituzioni UE, comune a entrambe le fattispecie abusive, e che nella specie non si è censurato l’esercizio in sé della prerogativa.

Oggetto della prima fattispecie abusiva è stato infatti l’utilizzo di informazioni oggettivamente ingannevoli, idonee a indurre in inganno l’autorità pubblica e volte a ottenere un indebito vantaggio: ossia, comportamenti contrari agli obblighi di trasparenza, correttezza e buona fede. Non a caso la Corte di giustizia ha precisato che non

229 Sembra che vada letta in questo senso la tesi della Commissione, ripresa dal Tribunale e confermata dalla Corte di giustizia, secondo cui “l’illegittimità di un comportamento abusivo alla luce dell’art. [102 TFUE] non ha alcuna relazione con la sua conformità o meno rispetto ad altre norme giuridiche”, anche perché “gli abusi di posizione dominante consistono, nella maggioranza dei casi, in comportamenti peraltro legittimi alla luce di branche del diritto diverse dal diritto della concorrenza” (v. sentenza del Tribunale, supra cit., p. 677.). Non sembra altresì fuori luogo evidenziare che tale valutazione sia anche frutto del diverso rango normativo delle disposizioni in gioco: da un lato, la prerogative in questione era concessa da una norma di fonte primaria, che non può essere interpretata in modo da comportare una sostanziale disapplicazione della norma di rango superiore, qual è l’art. 102 TFUE.

“ogni domanda di brevetto fatta da una [impresa dominante], respinta in quanto non rispondente ai criteri di brevettabilità, determini automaticamente l’insorgere di una responsabilità ai sensi dell’articolo [102 TFUE]”230. La sola contrarietà del comportamento dell’impresa dominante alla disciplina di settore non è quindi sufficiente ai fini della responsabilità antitrust, poiché “la valutazione della natura ingannevole di dichiarazioni fornite alle autorità pubbliche per ottenere in modo indebito diritti esclusivi dev’essere effettuata in concreto e può variare a seconda delle circostanze specifiche di ciascun caso”231.

Considerazioni simili a quelle relative alla prima fattispecie abusiva, si possono effettuare anche con riguardo alla seconda fattispecie abusiva. Oggetto di quest’ultima è stato infatti l’esercizio di una prerogativa “unicamente in modo da impedire o da rendere più difficile l’ingresso di concorrenti sul mercato” (enfasi aggiunta)232. In altri termini, è stato ritenuto illegittima quella modalità di esercizio di una prerogativa, il cui unico scopo fosse quello di ottenere un risultato, non giustificato da motivi di salute pubblica, contrario all’ordinamento e, in particolare, al divieto di cui all’articolo 102 TFUE. L’intero impianto accusatorio infatti tende a dimostrare che la decisione di AstraZeneca non era dovuta a motivi di protezione dei propri interessi legittimi233, né era supportata da giustificazioni

230 v. sentenza Corte di giustizia, supra cit., §. 99.

231 Ibid.

232 v. sentenza Tribunale supra cit., §. 817.

233 I giudici UE hanno infatti evidenziato innanzitutto la circostanza che al momento della revoca delle autorizzazioni, AstraZeneca non avesse più un diritto esclusivo sui propri studi, avendo quindi sfruttato tutto il tempo necessario, secondo il legislatore, a recuperare gli investimenti effettuati. In secondo luogo, la revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio non era necessaria per l’introduzione di una nuova linea del farmaco Losec.

oggettive234. A ciò si aggiunga che, secondo le risultanze istruttorie, la revoca delle autorizzazioni non rappresentava un comportamento conforme alla prassi commerciale235 e aveva come effetto quello di garantire l’esclusività dei dati e degli studi farmacologici per un periodo superiore a quello consentito dalla normativa rilevante.

Quanto sin qui osservato, è poi avvalorato dalla rilevanza riconosciuta dalla Commissione e dai giudici UE al ruolo dell’intento escludente nell’ambito della configurazione dell’illecito236. Secondo il Tribunale, “l’intenzione di ricorrere a prassi estranee alla concorrenza basata sui meriti [non è in ogni caso irrilevante e] può essere presa in considerazione per concludere nel senso che l’impresa interessata ha commesso un abuso di posizione dominante, anche se tale conclusione dovrebbe basarsi, in primo luogo, sull’accertamento oggettivo di una materiale attuazione del comportamento abusivo”237. Proprio con

234 Sul profilo delle giustificazioni oggettive invece, la tesi di AstraZeneca circa la necessità della revoca delle AIC al fine di evitare i penetranti obblighi di farmacovigilanza, è stata considerata contraddittoria, (poiché le autorizzazioni non erano state revocate in altri Stati membri con pesanti obblighi di farmacovigilanza), prima ancora che inammissibile, perché sollevata per la prima volta dinnanzi al Tribunale.

235 V. § 820 della Decisione.

236 Sul ruolo dell’intento nel divieto di abuso di posizione dominante si tratterà più nel dettaglio al § 4 infra.

237 v. sentenza del Tribunale, AstraZeneca, § 359. Si noti però che il Tribunale ha altresì ritenuto che “dal carattere oggettivo della nozione di abuso … emerge che la natura delle dichiarazioni comunicate alle autorità pubbliche dev’essere valutata sulla base di elementi oggettivi e che la dimostrazione della natura volontaria del comportamento e della malafede dell’impresa in posizione dominante non è necessaria per individuare un abuso di posizione dominante” (§ 356). A tal ultimo proposito, si noti però che è stato correttamente osservato che “while both EU

Courts held that proof of deliberate intent or fraud was not required for an abuse, their findings leaves the reader in no doubts that their view was that AstraZeneca had not acted in good faith and had intentionally concealed information that it knew would have been materially adverse to its interests had it been disclosed” (v.

O’DONOGHUE AND PADILLA, The Law and Economics of Article 102 TFEU, cit., p. 665). Secondo J. FAULL e A. NIKPAY, The EU Law of Competition, Oxford, 2014, “the Court of Justice clarified that intentionally misleading a

regulatory authority was abusive but that innocent misrepresentations would not be unless the undertaking failed to rectify the mistake once it was appreciated” (p.

riferimento a condotte (apparentemente) conformi a una prerogativa riconosciuta dall’ordinamento, l’intento escludente, ove provato, assume, insieme agli altri fattori menzionati sopra, particolare importanza in quanto di elemento che qualifica di disvalore le suddette condotte238. Come sarà specificato altrove, la prova dell’intento nel caso AstraZeneca lungi da rappresentare un mero processo alle intenzioni, si basava su schiaccianti prove documentali volte a dimostrare l’inserimento delle condotte contestate nell’ambito di una deliberata strategia a costituire barriere “tecniche e regolamentari volte a ritardare l’ingresso sul mercato dei prodotti generici”239.

La cautela delle istituzioni UE nell’applicare il diritto antitrust a comportamenti inerenti all’esercizio di prerogative processuali, si evince anche da un ultimo elemento, anch’esso comune a entrambe le fattispecie abusive. Si tratta della valorizzazione dell’assenza di discrezionalità in capo alle autorità brevettuali, coinvolte nei fatti di causa. Dal caso emerge in maniera chiara quindi che, ai fini della qualificazione delle condotte del gruppo AstraZeneca come fattispecie d’illecito antitrust, ha assunto particolare rilevanza sia “il margine di valutazione limitato delle autorità pubbliche”, sia “l’assenza di un obbligo ad esse incombente di verificare l’esattezza o la veridicità delle informazioni” fornite dall’impresa in posizione dominante240. Sul tema si tornerà ampiamente altrove. È qui sufficiente rilevare che l’esistenza o meno dei suddetti poteri discrezionali in capo all’amministrazione incide, sia sull’idoneità delle informazioni a indurre in inganno le autorità brevettuali, sia sul piano

238 Sicché, sembrerebbe che il test dell’abuso di posizione dominante “is not

purely objective, but rather one that takes subjective intent into account without requiring proof of intent to mislead” (ibid.).

239 v. sentenza del Tribunale, AstraZeneca, §. 803.

dell’imputabilità degli effetti anticoncorrenziali del provvedimento amministrativo.

Tirando le somme, si può quindi concludere evidenziando che, alla luce del caso AstraZeneca, i comportamenti tenuti dall’impresa dominante nell’ambito di un procedimento amministrativo/regolatorio possono porsi in contrasto con l’articolo 102 TFUE quando: (i) si inseriscono nell’ambito di una comprovata strategia escludente; (ii) l’amministrazione responsabile del procedimento ha una limitata discrezionalità sull’esito di quest’ultimo rispetto all’istanza di parte; e (iii) tali comportamenti non sono oggettivamente giustificati, ovvero si pongono in contrasto con i principi di trasparenza, leale collaborazione e correttezza nei confronti dell’amministrazione procedente241.

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