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La posizione dominante: l’accertamento per indici sintomatici

3. La posizione dominante: il potere come libertà da controllare e conformare

3.1. La posizione dominante: l’accertamento per indici sintomatici

La considerazione della dominanza quale status giuridico che comporta obblighi conformativi in capo all’impresa, può spiegare sia

convenienti. L’aggiustamento delle forze del mercato sarebbe pertanto automatico”, v. FRIGNANI, op. cit., p. 179.

61 Si noti che le opinioni di chi scrive non sono poi così lontane dalle posizioni di quella illustre dottrina che ha autorevolmente sostenuto che “le leggi anti-monopolistiche servono a proteggere o ristabilire le condizioni della concorrenza, ossia di quel metodo che, scelto dalla decisione politica, non è alterabile e sovvertibile dal potere privato”, v. N. IRTI, op. cit., p 137. In tale ottica, il diritto antitrust “may not be so much about any particular policy – for example the

promotion of consumer welfare or the protection of the weak – but about who actually should make the decision about the way in which business should be conducted”… “Competition law is then really a matter of who makes important

commercial decisions: the markets itself, or the competition authorities which control firms’ behaviour” (enfasi e sottolineatura aggiunte), v. WHISH, op. cit., p. 22, che riporta le posizioni di AMATO, Il potere, op cit.

l’assenza di una sua definizione nei Trattati, sia l’ampiezza della definizione fornita dalla giurisprudenza dell’Unione62.

L’accertamento in concreto della posizione dominante è così effettuato caso per caso, alla luce “della concomitanza di più fattori che, presi isolatamente, non sarebbero necessariamente decisivi”63.

Fatti salvi i casi in cui una determinata impresa opera in un regime di monopolio legale64, la verifica dell’esistenza di una posizione dominante non deve essere fatta in astratto, bensì deve effettuarsi all’interno di un mercato determinato rilevante, ossia dell’“ambito nel quale le imprese sono in concorrenza tra loro”65. È

62 v. M. LIBERTINI, op.cit., p. 278, secondo cui “[i]l peso dell’ispirazione ideologica originaria – e quindi del riferimento alla nozione di potere come fenomeno sociale – spiega tuttavia, probabilmente, perché la fattispecie della “posizione dominante” non sia stata ritenuta bisognosa di più precisa definizione in un testo legislativo, né nel Trattato, né nella normazione secondaria”. L’illustre Autore ritiene però che tale ispirazione ideologica sia oggi superata “a favore di una impostazione tendente a valorizzare l’analisi economica degli effetti dei comportamenti di mercato dell’impresa dominante”. Ad avviso di chi scrive, siffatta posizione non sembra tenere pienamente conto della recente giurisprudenza del Consiglio di Stato e, in generale, della giurisprudenza della Corte di giustizia.

63 v. sentenza della Corte di giustizia, United Brands, cit., punto 66.

64 Di norma la giurisprudenza tende a ritenere che la situazione di un monopolio legale implichi la detenzione di una posizione dominante, ai sensi dell’articolo 102 TFUE. Cfr., ex multis, sentenza della Corte di giustizia, 23 aprile 1991, caso C-41/90, Hoefner, punto 28; 18 giugno 1991, caso C-260/89, ERT punto 31; 10 dicembre 1991, caso C-179/90, Merci Convenzionali Porto di Genova, punto 14; 19 maggio 1993, C-320/91, Corbeau, punto 9. Non si può tuttavia escludere che in alcuni casi un’analisi sul mercato rilevante sarebbe necessaria per stabilire se, nonostante la presenza di una situazione di monopolio legale, l’impresa in questione detenga o meno una posizione dominante.

65 v. Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato

rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza,

GUUE, C/372 97/5. Il mercato rilevante si compone del mercato del prodotto rilevante e mercato geografico rilevante. Il mercato del prodotto rilevante “comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell'uso al quale sono destinati” (Comunicazione, punto 7). Il mercato geografico rilevante comprende “l'area nella quale le imprese in causa forniscono o acquistano prodotti o servizi, nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue perché in queste ultime le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse” (Comunicazione, punto 8). Sulla storia della definizione del mercato rilevante v. G. J. WERDEN, The History of Antitrust Market Delineation, in Marquette Law Review, 1992, n.1, pp. 123-215.

opportuno rammentare che la definizione del mercato rilevante è un’operazione spesso complessa e tecnica, ma non per questo neutra. Infatti, la posizione di forza di un’impresa può cambiare a seconda dei confini che si vogliono dare al mercato rilevante.

In ogni caso, una volta definito il mercato rilevante, si procede di norma a esaminare la posizione dell’impresa indagata, facendo ricorso alle sue quote di mercato66 e/o al divario esistente tra queste ultime e quelle dei suoi principali concorrenti67.

66 Le quote di mercato possono essere determinate sia in termini di valore (esprimendo, quindi, la parte del fatturato totale del mercato imputabile all’impresa sotto indagine) che in termini di volume (in questo caso l’analisi si focalizza invece sulle unità vendute). Secondo costante giurisprudenza si ha una presunzione di dominanza quando un’impresa detiene una quota di mercato pari o superiore a 50% (Cfr., sentenza della Corte di giustizia, 3 luglio 1991, causa C-62/86, Akzo, secondo cui: “quote molto alte costituiscono di per sé, e salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante. Tale è il caso di una quota di mercato del 50%”. Si noti altresì che secondo gli Orientamenti “è improbabile che l'impresa goda di una posizione dominante se la sua quota di mercato è inferiore al 40 % sul mercato rilevante”. Tuttavia, “possono esistere […] casi specifici al di sotto di tale soglia in cui i concorrenti non sono in grado di limitare in modo effettivo il comportamento di un'impresa dominante, ad esempio quando devono affrontare gravi limitazioni di capacità. Anche casi di questo genere meritano l'attenzione della Commissione” (ibid.). In situazioni invece tra il 40% e il 50%, aumenterà il peso degli altri indici sintomatici. Si noti infine che l’analisi sulle quote di mercato non deve essere statica, bensì deve considerare la stabilità temporale delle suddette quote. Tuttavia, la stabilità temporale delle quote non va intesa in maniera rigida, sicché nemmeno la riduzione nel tempo delle quote di mercato può di per sé escludere l’esistenza di una posizione dominante qualora esse continuano a rimanere su livelli rilevanti (Cfr. sentenza del Tribunale UE, 8 ottobre, 1996, causa T-24/93

Compagnie Maritime Belge c. Commissione, punto 77).

67 v. sentenza del Tribunale UE, 17 dicembre 2003, causa T-219/99, British

Airways c. Commissione, secondo cui: “deve tenersi conto del valore altamente significativo costituito dal possesso, da parte dell'impresa interessata, di rilevanti quote di mercato nonché dal rapporto tra le quote di mercato possedute dall'impresa interessata e dai suoi concorrenti diretti (v. la sentenza Hoffmann-La Roche c.

Commissione, cit. supra al punto 182, punti 39 e 48), tanto più ove si consideri che i

concorrenti diretti detengono quote di mercato marginali (v., in tal senso, la sentenza della Corte 14 febbraio 1978, causa 27/76, United Brands c. Commissione, Racc. pag. 207, punto 111)” (punto. 210). Nella specie “non solo le quote di mercato possedute dalla BA nelle vendite complessive di biglietti aerei contabilizzate dal BSPUK devono essere considerate molto rilevanti, bensì esse costituiscono invariabilmente un multiplo delle quote di mercato di ognuna delle cinque principali compagnie concorrenti della BA operanti sul mercato britannico dei servizi di agenzia di viaggi aerei” (punto 211). Il che ha condotto il Tribunale a confermare

L’analisi delle quote di mercato fornisce solo una parziale visuale sulla situazione concorrenziale, poiché essa dice poco sul processo concorrenziale e, soprattutto, sulla reale pressione esercitata dai concorrenti attuali e/o potenziali sull’impresa dominante68.

Per tale ragione è anche importante analizzare l’esistenza o meno nel mercato di barriere all’entrata di concorrenti potenziali (o all’espansione dei concorrenti attuali)69. Tra le varie tipologie di barriere riconosciute nella prassi applicativa della Commissione e dei giudici dell’Unione si possono elencare: (i) le barriere di tipo giuridico o regolamentari; (ii) le economie di scala o di scopo; (iii) la dimensione, la potenza economica e l’integrazione verticale dell’impresa indagata; (iv) gli investimenti effettuati dall’impresa indagata (ivi incluse le risorse impiegate per il marketing o la pubblicità); (v) l’accesso a fattori di produzione o risorse (o input) essenziali, a diritti di proprietà intellettuale (inclusi marchi conosciuti e rinomati) e/o a tecnologie avanzate70.

l’accertamento della posizione dominante, nonostante nel 1998 BA detenesse una quota di mercato pari al 39.7%.

68 Secondo autorevole dottrina le ragioni dell’inadeguatezza di un’analisi basata solo sulle quote di mercato sono molteplici, tra cui: “first, even if the market

share figures are reliable, they provide little information about the competitive process without an understanding of the reasons for, and the pressures determining, the output and price decisions made by the firms in the market. Secondly […] market share figures do not show relative efficiencies and do not necessarily show that similar market shares can or will be sustained in the future. Thirdly, market share figures measure actual, not potential, competition, whereas the decisions that any firm makes may be influenced by potential competitors who have not yet entered the market but who would do so if a profitable opportunity were to raise. Fourthly, the market position of buyers may limit the ability of the allegedly dominant undertaking to act independently of their whishes” v. BELLAMY & CHILD, European Union Law of Competition, (a cura di., V. ROSE e D. BAILEY), Oxford, 2015, p. 764.

69 L’espressione “barriere all’entrata e all’espansione” è una locuzione per descrivere “the various difficulties which competing undertakings may face in

entering a market. These difficulties do not have to be absolute but must materially impede an actual or potential competitor from seeking to enter or expand its competing business to provide effective competition” (Ibid., p. 770).

70 v. gli Orientamenti, punto 17. Per un’analisi dettagliata delle diverse tipologie di barriere all’entrata si rinvia a F.E. GONZÀLEZ-DIAS - R. SNELDERS,

Deventer-Anche l’analisi sull’esistenza o meno delle barriere all’entrata (o all’espansione) presuppone una determinata scelta ideologica da parte dell’autorità della concorrenza.

Qualora, come nell’esperienza europea, si tenda a qualificare come barriere all’entrata anche elementi legati all’efficienza o agli investimenti dell’impresa indagata (quali, ad esempio, la potenza e dimensione economica, la superiorità tecnologica, le economie di scala o scopo o l’accesso a infrastrutture o capacità produttive) si adotta in realtà un approccio “interventista”, volto a sovvenzionare il pluralismo del mercato.

Secondo la tesi contrapposta invece, in tutti i casi appena elencati un concorrente altrettanto efficiente potrebbe, per definizione, replicare gli sforzi dell’impresa indagata: quindi gli elementi elencati non rappresenterebbero barriere all’entrata, l’impresa indagata non avrebbe potere di mercato e l’assoggettamento del comportamento dell’impresa al controllo dell’intervento pubblico non sarebbe giustificato71.

È opportuno osservare in conclusione di questa breve indagine che gli indici sintomatici appena esaminati non esauriscono la gamma dei fattori che possono essere utilizzati – anche in concorso con i summenzionati indici – ai fini dell’accertamento di una posizione dominante. Si pensi, ad esempio, (i) alla verifica dell’esistenza o meno di un forte potere negoziale dei fornitori e/o clienti, tale da influenzare

Leuven, 2013. V. altresì, R. O’DONOGHUE - A. J. PADILLA, The Law and

Economics of Article 102 TFEU, 2013, pp. 151-166.

71 Come sottolineato da V. KORAH, An Introductory op. cit., p. 20, “[m]any

economists, especially those associated with the University of Chicago, assert that there are only two kinds of entry barriers that exclude equally efficient firms: a minimum efficient scale of operation that is large in relation to the demand or its growth and government regulations of all kinds. One might add that the first suppliers of a product may have acquired resources for making it, and this would be an entry barrier if there were no other equally good resources for others acquire or produce. There are few firms in the world with mines from which platinum may be extracted. So, the few existing owners have some market power”.

la politica commerciale dell’impresa oggetto di indagine, oppure (ii) alla stessa condotta dell’impresa dominante che le è valsa la reputazione di impresa aggressiva.

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