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Critica alla sentenza Coop Estense: il Consiglio di Stato ignora la (tendenza all’) unità dell’ordinamento giuridico

PARTECIPAZIONE PROCEDIMENTALE E ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE

7. Esercizio di prerogative procedimentali e abuso di posizione dominante

7.2. Esercizio di prerogative procedimentali e diritto antitrust nella sentenza Coop Estense: dalla complementarietà alla

7.2.1. Critica alla sentenza Coop Estense: il Consiglio di Stato ignora la (tendenza all’) unità dell’ordinamento giuridico

La posizione assunta del Consiglio di Stato non è condivisibile per diverse ragioni.

In primo luogo, nel caso Coop Estense erano in gioco non delle mere facoltà riconosciute dalla normativa settoriale, bensì delle prerogative partecipative procedimentali, che trovano il proprio fondamento e protezione, sia nella Costituzione363, sia nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea364. A differenza del caso AstraZeneca, non vi è quindi alcuna ragione, nemmeno di gerarchia delle fonti, per concedere una primazia aprioristica all’applicazione del diritto antitrust rispetto all’esercizio di prerogative procedimentali. Ciò a maggior ragione, se si considera che il caso Coop Estense concerneva l’applicazione dell’articolo 3 della l. n. 287/1990 e non quella dell’articolo 102 TFUE.

363 A tal proposito è stato osservato che “il fondamento costituzionale del principio partecipativo va rinvenuto nell’art. 3, co. 2. Cost. Esso implica il coinvolgimento sostanziale di tutti i cittadini ai fini del miglioramento dell’organizzazione economica, politica e sociale del Paese, attraverso l’esercizio degli istituti fondamentali della democrazia rappresentativa e partecipativa diretta, quali, ad esempio l’esercizio dell’esercizio di voto e la facoltà di indire e votare un referendum popolare. Il principio di partecipazione trova applicazione sia nei confronti della funzione legislativa sia in relazione a quella giurisdizionale, ma nella funzione amministrativa rinviene il suo campo di elezione”. Tra le forme di partecipazione amministrativa va annoverato l’intervento del privato nel procedimento amministrativo, che rinviene il proprio fondamento costituzionale, oltre che nel ricordato art. 3 cost., nell’art. 97, co. 1, cost. e in particolare, nel principio di imparzialità dell’azione amministrativa” (A. SANDULLI, Il

Procedimento, in Trattato di diritto amministrativo (a cura di S. CASSESE), Milano,

2003, Vol.II, p. 1077.)

364 Si vedano, in particolare, l’articolo 41 della Carta, che tutela il diritto ad una buona amministrazione, nonché l’articolo 44 della Carta che tutela il diritto di petizione al Parlamento UE. Peraltro la stessa della Corte di giustizia, “da lungo tempo, qualifica [il principio del contraddittorio (che altro non è che una declinazione del principio partecipativo)], come <<principio di diritto amministrativo ammesso in tutti gli Stati membri della Comunità e che risponde alle esigenze della giustizia e della sana amministrazione” (v. M. CLARICH, Manuale, cit., p. 153).

In secondo luogo, sostenere l’irrilevanza della qualificazione, dal punto di vista del diritto amministrativo, del comportamento contestato a Coop Estense, significa non risolvere la vera problematica posta dalla realtà ordinamentale: ossia, che lo stesso comportamento costituisce una facoltà giuridica secondo un plesso ordinamentale, mentre è sanzionato da altro settore dell’ordinamento. In quest’ottica, “il fenomeno per cui ciò che è lecito dal punto di vista dell’uno ordinamento, può al contempo non esserlo dal punto di vista dell’altro”, rappresenta il problema da risolvere e non la risposta.

E la soluzione non può essere il ricorso alla, non meglio spiegata, “relatività degli ordinamenti di settore”. La ragione di ciò è data dal fatto che la suddetta relatività cozza con il principio supremo dell’ordinamento giuridico, che è quella della sua unità e coerenza365 (o se si preferisce la sua tendenza all’unità e coerenza366).

Per ordinamento giuridico nel caso di specie si deve intendere quello statale, nella concezione di “gruppo organizzato ed effettivamente produttore di norme proprie”367. Sotto questo aspetto, la posizione assunta dal Consiglio di Stato è fallace per due motivi.

365 cfr. F. MODUGNO, Ordinamento giuridico (dottrine), voce, Enc. dir., p. 704.

366 cfr. V.CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, 1, Padova, 1971, secondo cui “l’unità dell’ordinamento, in conclusione, non è un “dato” bell’e pronto, ma una conquista sempre rinnovantesi, un risultato da conseguire all’atto dell’applicazione del diritto, al quale si perviene, necessariamente, passando attraverso l’interpretazione: delle disposizioni da applicare, delle disposizioni prescriventi i modi di risoluzione delle antinomie, delle stesse disposizioni sull’interpretazione del diritto oggettivo e delle sue fonti” (p. 160).

367 Secondo la teoria istituzionale dell’ordinamento giuridico, “il diritto, prima di essere norma, prima di concernere un semplice rapporto o una serie di rapporti sociali, è organizzazione, struttura posizione della stessa società in cui si svolge e che esso costituisce come unità, come ente per sé stante. … Se così è, il concetto che ci sembra necessario e sufficiente per rendere in termini esatti quello di diritto, come ordinamento giuridico considerato complessivamente e unitariamente, è il concetto di istituzione. Ogni ordinamento giuridico è un’istituzione, e viceversa ogni istituzione è un ordinamento giuridico: l’equazione fra i due concetti è necessaria ed assoluta” (v. S. ROMANO, L’ordinamento giuridico, Firenze, 2° ed., 1946, p. 27). La costruzione istituzionalistica dell’ordinamento giuridico è stata criticata dagli

In primo luogo, il termine “ordinamenti di settore” è improprio perché, nel caso di specie, non di ordinamenti si deve parlare, bensì di ramo, plesso, branca di uno stesso ordinamento giuridico, appunto quello statale368. La teoria della “relatività dei valori giuridici”, alla quale sembra fare riferimento il Consiglio di Stato, è stata sviluppata come criterio correttivo al “concetto della pluralità degli ordinamenti giuridici”, cosa assai diversa dalla nozione di plessi normativi dello stesso ordinamento giuridico369.

In secondo luogo, proprio per via del principio di unità dell’ordinamento, la suddetta relatività dei plessi normativi non può mai significare tolleranza e arrendevolezza rispetto alle possibili contraddizioni o antinomie che la frenetica e divergente produzione normativa può sicuramente creare all’interno di un ordinamento giuridico. Sostenere il contrario significherebbe negare la stessa

appartenenti alla corrente normativa del diritto, in particolare per la mancata precisazione di cosa si intende per organizzazione/istituzione. N. BOBBIO, Norme

primarie e norme secondarie, in Studi per una teoria generale del diritto (a cura di T.

GRECO), Torino, 2012, osserva che “sospetto che il concetto di organizzazione, che pure ha una posizione chiave nella teoria istituzionale, sia rimasto indefinito perché non lo si poteva definire se non facendo ricorso alla nozione delle norme di secondo grado, di cui l’organizzazione è il risultato, Ciò che la teoria istituzionale chiama “organizzazione”, è l’effetto di una serie di attività di protezione e di creazione di norme, non più abbandonate al caso o all’evoluzione spontanea della società, ma a loro volta regolate da altre norme del sistema” (p. 169). La definizione di ordinamento giuridico riportata nel testo è quella tripartitica di M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, vol. 1, 3° ed., Milano, 1993, p. 97, secondo cui “le componenti primarie dell’ordinamento sono quindi la plurisoggettività (complesso dei componenti il gruppo), l’organizzazione e la normazione; tali componenti non sono dissociabili (possono essere isolate solo a fini teorici) al punto che ciascuna determina l’altra”.

368 Di questa promiscuità linguistica intorno alla parola ordinamento ne dà conto anche F. MANTOVANI, Esercizio del diritto (dir.pen.), voce, Enc. dir., p. 627, secondo cui “la locuzione “ordinamento giuridico” viene sovente usata per indicare un singolo ramo del diritto (ad es., ordinamento giuridico penale, civile)” (n. 5).

369 v. V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, Vol. I, 1970, Milano, p. 43, secondo cui per relatività dei valori giuridici si debba intendere la circostanza in cui “un medesimo fatto, uno stesso comportamento, possono ricadere nell’ambito di ordinamenti diversi ed essere da ciascuno di questi valutati in modi e con effetti diversi, ed anche contrastanti”.

essenza dell’ordinamento, che “come la parola esprime: [è] ordine, sistema regolatore coerente ed unitario, e non coacervo informe di norme tra loro contrastanti”370.

7.2.2. Critica alla sentenza Coop Estense: il principio di non

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