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La prima fattispecie abusiva: informazioni oggettivamente ingannevoli, idonee a indurre in errore le autorità ingannevoli, idonee a indurre in errore le autorità

PARTECIPAZIONE PROCEDIMENTALE E ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE

2. Casistica europea e nazionale

2.1. Il caso AstraZeneca

2.1.1. La prima fattispecie abusiva: informazioni oggettivamente ingannevoli, idonee a indurre in errore le autorità ingannevoli, idonee a indurre in errore le autorità

brevettuali

La prima condotta abusiva contestata ad AstraZeneca consisteva nell’avere fornito informazioni oggettivamente ingannevoli alle autorità brevettuali, nell’ambito di procedimenti volti all’ottenimento di certificati di protezione supplementare (“CPS”)212 per il medicinale Losec213. La normativa, vigente all’epoca dei fatti214, prevedeva che, in alcuni Stati membri, il CPS si potesse ottenere solo qualora la prima autorizzazione di immissione al commercio (“AIC”) fosse stata rilasciata successivamente al gennaio 1988. Secondo la tesi accusatoria della Commissione, sostanzialmente avallata dai giudici UE215, le società del gruppo AstraZeneca – nell’ambito dei procedimenti di richiesta del CPS – hanno posto in essere una procedures? AstraZeneca, in Common Market Law Review, 2014, pp. 281-294; B.

BATCHELOR - M. HEARLY, CJUE AstraZeneca Judgment: Groping Towards a

Test for Patent Office Dealings, European Competition Law Review, 2013,

pp.171-173; M. COLANGELO, Concorrenza e proprieta’ intellettuale nel settore

farmaceutico in Europa dopo il caso Astrazeneca, in Giurisprudenza commerciale,

2013, p. 585.

212 Il certificato di protezione supplementare garantisce un’estensione della copertura brevettuale, per un periodo massimo di 5 anni a partire dalla prima autorizzazione al commercio, e trova la sua giustificazione nella compensazione in forma di proroga della tutela brevettuale per il tempo trascorso tra la domanda di brevetto e il rilascio della prima autorizzazione di immissione in commercio del farmaco. Per dirla con la Corte di giustizia “l’istituzione di detto certificato è motivata in particolare dalla considerazione che il periodo che trascorre dal deposito di una domanda di brevetto per un nuovo medicinale e il rilascio dell’AIC di quest’ultimo riduce la protezione effettiva conferita dal brevetto a una durata insufficiente ad ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca“, sentenza

AstraZeneca, cit., (§ 8).

213 Il medicinale in questione, che rappresenta un c.d. blockbuster per il gruppo AZ, agisce principalmente contro le patologie gastrointestinali.

214 v. art. 19 del Regolamento UE n. 1768/92, ora sostituito dal Regolamento UE n. 469/2009.

215 Per quanto riguarda la fattispecie abusiva in questione, i giudici europei hanno annullato la decisione della Commissione solo con riferimento alla durata della condotta abusiva, che la Commissione aveva fatto risalire dalla data della comunicazione delle informazioni ingannevoli ai consulenti brevettuali in Belgio e Lussemburgo. I giudici UE hanno ritenuto invece che la decorrenza della durata della fattispecie abusiva dovesse coincidere con la presentazione delle domande alle autorità brevettuali dei suddetti paesi.

complessa strategia abusiva, che tramite l’utilizzo di informazioni ingannevoli, era volta a trarre in inganno le autorità brevettuali e quelle giudiziarie, celando a esse che la data della prima AIC per il farmaco Losec fosse anteriore al gennaio 1988216.

Il gruppo AstraZeneca ha invece indicato nelle istruzioni inviate ai propri consulenti brevettuali e nelle domande depositate presso gli uffici brevettuali, il “marzo 1988” come data di prima immissione al commercio per il farmaco Losec. Questa data non si riferiva a quella del rilascio della prima AIC, bensì alla (diversa) data in cui le autorità di uno Stato membro (Lussemburgo) avrebbero217 approvato i prezzi per la commercializzazione del farmaco Losec. Per giustificare la sua scelta di indicare la data del “marzo 1988, quale data della prima AIC, il gruppo AZ ha, a posteriori, sviluppato un’interpretazione alternativa della normativa rilevante. Secondo questa interpretazione, il requisito della data della prima AIC non poteva non riferirsi alla data di pubblicazione dei prezzi di commercializzazione del farmaco, quest’ultimo adempimento ritenuto dal gruppo AstraZeneca quale conditio sine qua non per l’effettiva immissione in commercio del farmaco. La Commissione ha tuttavia stigmatizzato il fatto che il gruppo AZ non aveva svelato alle autorità brevettuali che le proprie domande si fondassero sulla suddetta interpretazione alternativa della normativa settoriale218. Al contrario, le domande brevettuali erano state redatte in maniera tale da poter indurre le autorità brevettuali a ritenere che il generico riferimento alla data “marzo 1988” si riferisse

216 La prima autorizzazione di immissione al commercio nell’allora Comunità era stata adottata in Francia in data 15 aprile 1987.

217 Le risultanze istruttorie hanno poi dimostrato che nemmeno tale informazione fosse corretta.

218 Peraltro, l’interpretazione avanzata dal gruppo AstraZeneca della nozione di autorizzazione all’immissione al commercio, di cui all’art. 19 del Regolamento n. 1768/92, è stata ritenuta infondata dalla Corte di giustizia con la sentenza, 11 dicembre 2003, causa C-127/00, Hassle AB c. Ratiophatm GmbH, in Racc. I-14781.

al momento (formale) del rilascio della prima AIC. A ciò si aggiunga che, pur essendo consapevole della circostanza che nemmeno la data “marzo 1988” fosse corretta, il gruppo AZ ha continuato a difendere la propria tesi dinnanzi alle autorità brevettuali e ai giudici nazionali. Le società del gruppo AstraZeneca non hanno infine mai contattato le autorità brevettuali per rettificare i certificati di protezione, “anche se , da un lato, i suoi documenti interni indica[va]no che [essa] era consapevole del loro errato fondamento e in particolare dell’erroneità della data della prima AIC e, dall’altro, il consulente in materia [brevettuale] olandese glielo aveva espressamente suggerito”219.

Secondo la Commissione e i giudici UE, i comportamenti appena riassunti facevano parte di una strategia unitaria, avente lo scopo di: (i) ottenere una protezione brevettuale nei Paesi in cui tale protezione non le sarebbe spettata220 e/o (ii) una protezione più lunga di quella che le sarebbe spettata negli altri Paesi europei221.

Con riferimento alla fattispecie abusiva in questione è importante rilevare che, sia la Commissione europea, sia i giudici UE, hanno enfatizzato la circostanza che i comportamenti sanzionati fossero volti a ottenere (e in alcuni casi, hanno ottenuto) dei vantaggi che il gruppo AZ non avrebbe avuto diritto di ottenere. Ciò non significa ovviamente che l’impresa dominante non possa legittimamente rivendicare un proprio diritto, “secondo un’interpretazione giuridicamente difendibile”. Il punto cruciale, secondo i giudici UE, è invece che l’impresa dominante non può “servirsi di qualsiasi mezzo utile a [fare valere il suo diritto e la sua

219 v. sentenza della Corte di giustizia, AstraZeneca, cit. p. 88.

220 È il caso della Germania, Danimarca e Norvegia, nei quali, come già osservato supra, la protezione supplementare si poteva ottenere solo nei casi in cui la prima autorizzazione di immissione al commercio nell’allora Comunità fosse non anteriore al gennaio 1988.

221 La protezione sarebbe stata invece maggiore nei seguenti Stati: Regno Unito, Belgio e Paesi Bassi.

interpretazione giuridica], ricorrendo addirittura a dichiarazioni fortemente ingannevoli volte a indurre in errore le autorità pubbliche”222. Questi ultimi comportamenti sono da ritenersi infatti manifestamente “contrari alla nozione di concorrenza basata sui meriti e alla responsabilità particolare che incombe [sull’impresa dominante] di non compromettere, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva e non falsata nell’ambito dell’Unione”.

All’impresa in posizione dominante è imposto quindi un chiaro dovere di rispettare gli obblighi di trasparenza e leale collaborazione nell’ambito del procedimento amministrativo223. Tale obbligo persiste sia durante lo svolgimento del procedimento, sia dopo la sua conclusione. In merito al primo profilo, l’impresa dominante deve quindi fornire all’amministrazione “tutte le informazioni rilevanti e, in particolare, [tutte quelle informazioni necessarie per consentire a esse] di decidere, in piena coscienza di causa”. Con riguardo invece al secondo profilo, i giudici UE ribadiscono che “qualora l’impresa in posizione dominante si veda rilasciare un diritto esclusivo irregolare in seguito a un errore da essa commesso nella comunicazione con le autorità pubbliche [grava su di essa il dovere] di informare le autorità pubbliche per consentire loro di correggere tali irregolarità”224. Si tratta quindi di un dovere di soccorso in capo all’impresa in posizione dominante, ovvero di un dovere di “candour to correct

222 v. sentenza, Corte di giustizia, supra cit., p. 98.

223 Si noti che gli stessi obblighi di leale collaborazione sussistono anche nei confronti delle imprese non dominanti. Quelle che cambiano, tuttavia, in questo ultimo caso sono, sia la fonte di questi obblighi, sia la sanzione prevista nelle ipotesi della loro violazione. Con riferimento alle imprese che non detengono una posizione dominante, gli obblighi di leale collaborazione procedimentale deriverebbero ovviamente da fonti diverse dall’articolo 102 TFUE e la sanzione per la loro violazione, se prevista dalle norme che prescrivono questi obblighi, sarà di conseguenza diversa da quella antitrust.

representations made earlier that the dominant firm considers may no longer be correct”225.

2.1.2. La seconda fattispecie abusiva: la revoca delle autorizzazioni

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