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La State Action Doctrine nell’ordinamento statunitense

7. Il perseguimento di interessi pubblici e l’“immunità” dalla responsabilità antitrust: la State Action Doctrine responsabilità antitrust: la State Action Doctrine

7.1. La State Action Doctrine nell’ordinamento statunitense

A partire dalla sentenza Parker v Brown151 del 1943, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha elaborato un orientamento giurisprudenziale (detta anche State Action Doctrine) volto a stabilire i casi in cui il diritto antitrust federale non trova applicazione con riferimento alle misure anti-concorrenziali adottate dai singoli Stati. È opportuno precisare sin da subito che la State Action Doctrine opera come un’“immunità” dall’intervento antitrust, sia con riguardo alle misure di organi pubblici ed enti locali, sia con riguardo alle imprese private che attuano siffatte misure. L’immunità alle imprese private viene garantita in funzione della tutela della sovranità regolatoria in capo agli Stati152.

La State Action Doctrine si muove infatti su tre livelli di esenzione.

La protezione più intensa è garantita agli atti che sono espressione della sovranità (regolatoria) degli Stati. Si tratta, in particolare, degli atti espressione dell’esercizio del potere legislativo, di quelli atti adottati dalla alta giurisdizione statale quando agisce in funzione legislativa, ovvero (probabilmente anche) degli atti del

151 v. Parker v. Brown, 317 U.S. 341 (1943). Il caso riguardava la compatibilità di uno schema dello Stato della California volto a contingentare la produzione e la vendita di uvetta da parte degli agricoltori californiani.

152 La logica sottostante alla protezione garantita alle imprese è espressa chiaramente nella causa Southern Rate Conference v. United States, 471 U.S. 48 (1985), ed è la seguente: [a]lthough Parker involved an action against a state

official, the Court's reasoning extends to suits against private parties. The Parker decision was premised on the assumption that Congress, in enacting the Sherman Act, did not intend to compromise the States’ ability to regulate their domestic commerce. If Parker immunity were limited to the actions of public officials, this assumed congressional purpose would be frustrated, for a State would be unable to implement programs that restrain competition among private parties. A plaintiff could frustrate any such program merely by filing suit against the regulated private parties, rather than the state officials who implement the plan. We decline to reduce Parker's holding to a formalism that would stand for little more than the proposition that Porter Brown sued the wrong parties”.

Governatore153. Sin dalla sentenza Parker v. Brown, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha riconosciuto che questa tipologia di atti è per se immune dall’applicazione del diritto antitrust154. La giurisprudenza successiva ha tuttavia chiarito che la State Action Immunity deve essere interpretata restrittivamente (“state-action immunity is disfavored”)155.

All’opposta estremità dell’immunità garantita sotto la State Action Doctrine rientrano i casi in cui l’intervento pubblico ritenuto restrittivo della concorrenza richiede il coinvolgimento di comitati di regolazione o di soggetti privati. In questo ambito, le condizioni per la concessione dell’“immunità” dal diritto antitrust sono più stringenti. Infatti, nella sentenza Midcal156 la Corte Suprema ha sottoposto il riconoscimento dell’esenzione dal diritto antitrust al previo adempimento di due condizioni (di seguito, il Midcal test).

Secondo il Midcal test, nel caso di coinvolgimento diretto di privati nell’attuazione di scelte regolatorie (o di delega a privati di poteri regolatori su un determinato mercato) si è in presenza di un intervento statale (pubblico) solo nei casi in cui: (i) le restrizioni contestate sono chiaramente articolate e affermativamente espresse

153 v. E. ELHAUGE, The Scope of Antitrust Process, in Harvard Law Review, 1991, “[a]n anticompetitive restraint is deemed a direct act of the state sovereignty,

and thus per se immune from antitrust scrutiny, if it represents the act of the state legislature, the highest state court acting legislatively, or (probably) the governor”

(p. 673).

154 Secondo la Corte suprema degli Stati Uniti: “We find nothing in the language of the Sherman Act or in its history which suggests that its purpose was to restrain a state or its officers or agents from activities directed by its legislature. In a dual system of government in which, under the Constitution, the states are sovereign save only as Congress may constitutionally subtract from their authority, an unexpressed purpose to nullify a state's control over its officers and agents is not lightly to be attributed to Congress”, sentenza, Parker v. Brown, supra cit..

155 v. FTC v. Ticor Title Ins. Co., 504 U. S. 621 (1992).

156 v. California Retail Liquor Dealers Association v. Midcal Aluminium, Inc 445 U.S. 97 (1980).

come politiche statali (criterio autorizzatorio)157; e (ii) lo Stato attivamente supervisiona l’attuazione delle politiche in questione (criterio della supervisione pubblica)158.

157 In particolare, la restrizione contestata deve essere “clearly articulated and

affirmatively expressed as state policy”.

158 Ossia, “the policy must be actively supervised by the State itself”. Per spirito di completezza, si evidenzia che vi è una certa confusione nella giurisprudenza della Corte suprema circa la relazione tra la State Action Doctrine e la (diversa) Pre-emption Doctrine. Secondo quest’ultima, il diritto antitrust federale comporta, sotto certe condizioni, la disapplicazione delle leggi degli Stati membri (o delle ordinanze delle municipalities). L’antitrust preemption doctrine, è una specificazione della più generale Federal Law Pre-emption Doctrine, secondo cui “a

federal law may preempt a state statute where (1) the Congress expressly precludes the application of state law; (2) federal law “occupies the field” and leaves no room for states to supplement; or (3) a direct conflict exists between federal and state law such that it is impossible to comply with both”. (v. M. MC DONALD, Antitrust Immunity Up in Smoke: Preemption, State Action, and the Master Settlement Agreement”, in Columbia Law Review, p. 97, [2013]).

Nel campo dell’antitrust, la preemption doctrine è stata chiaramente espressa nella sentenza Rice, in cui la Corte Suprema ha ritenuto che “a state statute,

when considered in the abstract, may be condemned under the antitrust laws only if it mandates or authorizes conduct that necessarily constitutes a violation of the antitrust laws in all cases, or if it places pressure on a private party to violate the antitrust laws”. In altri termini, la disapplicazione (preemption) avviene nei casi in

cui la normativa statale impone una restrizione per se del diritto della concorrenza (hard core o naked restrictions) e solo quando tale restrizione risulta immediatamente (facial) dalla legge in tutte le sue applicazioni. Se invece le restrizioni si concretizzano solo in determinate ipotesi applicative della norma, la dottrina della preemption non si applica. Come anticipato, risulta ancora problematica la intersezione tra la preemption e la State Action Doctrine e, in particolare, non vi è chiarezza su criteri per stabilire l’applicazione di una piuttosto che dell’altra. A tal proposito, la dottrina sostiene che la Corte abbia applicato un criterio di sequenzialità tra le due dottrine, per cui una legge statale potenzialmente disapplicabile secondo la preemption doctrine si potrebbe ritenere ancora valida nel caso in cui rientrasse nel campo di applicazione della State Action Immunity. Nel caso in cui invece una determinata norma passa indenne il vaglio della preemption

doctrine non ci sarebbe bisogno di esaminare la compatibilità della norma alla luce

della State Action Doctrine. Tale interpretazione sembra essere quella adottata dalla Corte suprema nella sentenza Fisher, secondo cui “legislation that would otherwise

be pre-empted under Rice may nonetheless survive if it is found to be state action immune from antitrust scrutiny under Parker v. Brown. . . . [W]e cannot say that the Ordinance is facially inconsistent with the federal anti- trust laws. We therefore need not address whether, even if the controls were to mandate § 1 violations, they would be exempt under the state-action doctrine from antitrust scrutiny”. Sotto un

diverso profilo, Areeda e Hovenkamp sembrano distinguere tra “facial challenges to

a statute on the one hand and challenges to particular applications of a statute on the other. Most cases applying state action involve challenges to the particular application of a statute. Such challenges charge a government subdivision or private party with a violation of the antitrust laws; they typically take the non-preempted

Per quanto riguarda il criterio autorizzatorio, è stato chiarito che

non è necessario che il comportamento delle imprese sia stato imposto dallo Stato, essendo invece sufficiente appunto una misura

autorizzatoria da parte di quest’ultimo159. Una generica autorizzazione ad agire non è tuttavia ritenuta sufficiente a soddisfare il criterio in questione160. Secondo la Corte suprema la restrizione per la quale si chiede l’immunità deve essere una conseguenza “prevedibile” della norma161. In quest’ottica “the State must have affirmatively contemplated the displacement of competition such that the challenged anticompetitive effects can be attributed to the “state itself,”, ossia “the displacement of competition was the inherent, logical, or ordinary result of the exercise of authority delegated by the state legislature”162.

validity of the governing statute for granted and instead argue that the behavior arising under the statute fails the Midcal two-pronged test. In contrast, courts bring up preemption when a plaintiff challenges the statute itself, for example, when there is no private violation, when an injunction is sought to prevent enforcement of the statute, or when the statute is attacked “on its face” regardless of any specific antitrust violations” (cit passim in Mcdonald, Preemption, supra cit.).

159 v. W.H.PAGE e J.E.LOPATKA, State Action and the Meaning of

Agreement Under the Sherman Act: An Approach to Hybrid Restraints, in Yale

Journal of Regulation, 2003, secondo i quali “immunity does not require that the

State compel the actions of the private party; a permissive policy is enough” (p.

276). v. Southern Rate Conference v. United States, supra cit., in cui esplicitamente si ritiene che “the Midcal test should be used to determine whether the private rate

bureaus’ collective ratemaking activities are protected under the federal antitrust laws. Moreover, the actions of a private party can be attributed to a "clearly articulated state policy, within the meaning of the Midcal test's first prong, even in the absence of compulsion”.

160 v. la recente sentenza della Corte suprema, FTC v. Phoebe Putney Health System, 568 U.S _ (2013), secondo cui “simple permission to play in a market”

does not “foreseeably entail permission to roughhouse in that market unlawfully.” Kay Elec. Cooperative v. Newkirk, 647 F. 3d 1039, 1043 (CA10 2011). When a State grants some entity general power to act, whether it is a private corporation or a public entity like the Authority, it does so against the backdrop of federal antitrust law”.

161 Ibid. “state-action immunity applies if the anticompetitive effect was the “foreseeable result” of what the State authorized”.

162 Ibid. In altri termini “the State must have foreseen and implicitly endorsed the anticompetitive effects as consistent with its policy goals”.

Per quanto riguarda invece il criterio della supervisione pubblica sull’operato dei privati, la Corte suprema ha da sempre sostenuto che tale condizione fosse soddisfatta solo qualora le autorità pubbliche avessero un potere effettivo di revisione e controllo delle misure adottate dai privati163.

In modo analogo alla giurisprudenza UE, la ratio del Midcal test e, soprattutto, della seconda condizione ivi stabilita, è quella di evitare che decisioni regolatorie siano messe nelle mani di attori privati con forti interessi sul settore economico da regolare. In tal senso, la Corte suprema ha recentemente ritenuto che la seconda condizione del test in questione serve a fornire una “realistic assurance that a nonsovereign actor’s anticompetitive conduct promotes state policy, rather than merely the party’s individual interests”164. La tesi adottata dalla Corte suprema sembra essere quella suggerita dal Prof. Elhauge nel suo fortunato saggio sull’antitrust process. Secondo l’illustre Autore, la State Action Doctrine si spiegherebbe con il divieto di affidare poteri regolatori di un determinato mercato, inclusi quello di restringere la concorrenza, a soggetti che hanno dei propri interessi su tale mercato (financially interested parties)165. In altri termini, la

163 v. la recentissima sentenza della Corte suprema nel caso North Carolina

State Board of Dental Examiners v. FTC, 574 U.S. _ (2015), in cui si evidenzia che

l’autorità pubblica deve “review the substance of the anticompetitive decision, not

merely the procedures followed to produce it, see Patrick, 486 U. S., at 102–103; the supervisor must have the power to veto or modify particular decisions to ensure they accord with state policy, see ibid.; and the “mere potential for state supervision is not an adequate substitute for a decision by the State,” Ticor, supra, at 638. Further, the state supervisor may not itself be an active market participant. In general, however, the adequacy of supervision otherwise will depend on all the circumstances of a case”.

164 Ibid.

165 v. E. ELHAUGE, The Scope of Antitrust Process, op. cit. Alla base di tale costruzione vi sarebbe la diffidenza (distrust) dei senatori che hanno adottato lo Sherman Act nella perseguibilità di interessi pubblici da parte di financially

interested parties. Tale diffidenza sarebbe basata sul giudizio (empirico) dei membri

del Congresso secondo cui “the parties who personally profit from restraining trade

giustificazione dell’intervento del diritto antitrust nei casi in cui si delega, a soggetti attivamente interessati, il potere di restringere la concorrenza in un determinato mercato risiede nella presunzione che essi avranno tutto l’interesse a utilizzare un siffatto potere per favorire la soddisfazione di propri interessi, a discapito di quello pubblico.

Una chiara conferma in tal senso si ha nella giurisprudenza relativa al livello intermedio di “immunità” riconosciuto dalla State Action Doctrine, ossia quello concernente le misure adottate da autorità sub-governative o da enti locali, ad esempio, dalle municipalities. Proprio con riferimento a queste ultime, la Corte suprema ha stabilito che, ai fini del riconoscimento dell’antitrust immunity in capo alle municipalities, fosse necessario dimostrare la sola sussistenza del criterio autorizzatorio, di sui al Midcal test, e non anche quello relativo all’attiva supervisione pubblica. Ciò in quanto, nel caso degli enti locali, a differenza dei soggetti privati, il rischio di conflitto tra interessi privati e pubblici è molto minore, ossia si ritiene probabile che l’ente locale perseguirà l’interesse pubblico166.

7.2. Il perseguimento di interessi pubblici e l’“immunità” dalla

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