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L’(ab)uso procedimentale e il ruolo dell’intento escludente

PARTECIPAZIONE PROCEDIMENTALE E ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE

4. L’(ab)uso procedimentale e il ruolo dell’intento escludente

Nel primo capitolo è stato osservato che, secondo costante giurisprudenza delle Corti UE, “la nozione di sfruttamento abusivo è una nozione oggettiva”287. Ne conseguirebbe l’irrilevanza dell’intento escludente, ai fini dell’applicazione dell’articolo 102 TFUE. È stato però subito precisato che l’effettiva portata della qualificazione dell’abuso quale nozione oggettiva deve essere relativizzata, poiché “[a] closer look reveals that intent matters more broadly than this and consequently, the concept of abuse might be as “objective” as the ECJ’s statement suggests: there are cases across different types of abusive conduct in which intent of the dominant undertaking is found to be relevant” 288.

287 Cfr., per tutte, sentenza Corte di giustizia, 13 febbraio 1979, 85/76,

Hoffmann-La Roche, § 91.

288 v. P. AKMAN, The role of intent in EU case law on abuse of dominance, European Law review, 2014, p. 316. La stessa Autrice evidenzia inoltre che “the

ECJ indeed stated that the anti-competitive intent of the dominant undertaking was one of the fact that may be taken into account to establish the existence of abuse”, il

che porterebbe a rilevare che “there appears to be a trend that involves using intent

as part of the general test for abuse regardless of the type of practice”. Si ricorda

altresì che la giurisprudenza è costante nel ritenere, ad esempio, che con riferimento alla fattispecie di abuso per prezzi predatori, stabiliti sopra i costi variabili medi, ma sotto i costi totali, l’intento anticoncorrenziale dell’impresa dominante è considerato

Le fattispecie di (ab)uso di procedimenti amministrativi da parte delle imprese in posizione dominante rappresentano uno dei più chiari esempi, in cui l’intento escludente costituisce parte integrante della fattispecie abusiva289. La ragione è pienamente comprensibile se si considera che oggetto di queste fattispecie è il (quantomeno, apparente) esercizio di facoltà e prerogative riconosciute dall’ordinamento anche all’impresa dominante290. In quest’ottica, “resta piuttosto necessaria, a integrare l’illecito anticoncorrenziale, la presenza di un intento escludente, da accertare indiziariamente come un quid pluris che si aggiunge alla sommatoria di comportamenti altrimenti leciti”291, poiché “l’intento rappresenta il collante di una strategia anti-concorrenziale ed evidenzia la consapevolezza dell’impresa di violare la norma”292. Paradossalmente, però, l’intento

elemento costitutivo dell’illecito, sicché il suo accertamento risulta dirimente nella valutazione della condotta. Secondo quanto affermato in Corte UE sent. 3.7.1991, C-62/86, AKZO, “prezzi inferiori alla media dei costi totali […] ma superiori alla

media dei costi variabili, sono da considerare illeciti allorché sono fissati nell’ambito di un disegno inteso ad eliminare un concorrente” (§ 72). Nello stesso

senso, cfr. sentenza Corte di giustizia, 2 aprile 2009, C-202/07 P, France Télécom, § 109, e del 14 novembre1996, C-333/94 P, Tetra Pak, § 41.

289 Come è stato già dimostrato con riferimento al caso AstraZeneca, “the

General Court found … that intention “constitutes a relevant factor which may, should the case arise, be taken into consideration by the Commission”.In fact, in every precedent, the qualification of behaviour as abusive resulted from strong evidence that public procedures or regulations were used with a clear exclusionary intent.In AstraZeneca, the Commission did not consider the misuse of the patent system or the deregistration of the market authorisation for certain drugs to be abusive by themselves” (cfr. F. DE BURE, EU Competition Law, cit., p. 671).

290 È significativo ribadire che anche per un esponente della Scuola di Chicago come BORK “liability will usually attach only if the parties attempting to use

government for their own ends have a specific intent which would render their behaviour unlawful had they chosen other means of accomplishing their ends. When the sanctions invoked against such persons arise from the antitrust laws, there must be an intent to suppress competition by the destruction or harassment of business rivals” (cfr., The Antitrust Paradox, cit., p. 357).

291 v. sentenza Consiglio di Stato, Sez. VI, dell’8 aprile 2014, n. 1673 (Coop

Estense).

292 Cfr. provv. AGCM, caso Pfizer, cit., § 220. v. però C. DESOGUS, Nuove

frontiere tra regolazione, proprietà intellettuale e tutela della concorrenza nel settore farmaceutico: le pratiche di brevettazione strategica, cit. la quale, “pur

assume rilevanza solo qualora è utilizzato contro l’impresa dominante, mentre la dimostrazione dell’intento dell’impresa in posizione dominante di avere voluto svolgere una concorrenza sui meriti non può di per sé escludere la fattispecie abusiva, proprio perché, come rilevato, l’abuso sarebbe una nozione oggettiva293.

La rilevanza dell’intento escludente ai fini della configurazione dell’illecito antitrust solleva due principali profili critici.

Il primo profilo riguarda la nozione dell’intento, ossia che cosa debba intendersi per intento escludente. La dottrina distingue tra intento oggettivo e intento soggettivo294. Nel primo caso, l’intento escludente si desumerebbe dall’analisi economica della razionalità del comportamento contestato: ossia, l’unica spiegazione razionale, dal punto di vista economico, per una condotta sarebbe solo l’eliminazione della concorrenza. Nel secondo caso invece, si fa riferimento allo stato soggettivo dell’impresa con riferimento alla natura e alle conseguenze del comportamento contestato. La

come elemento esclusivo in base al quale definire i contorni entro i quali il diritto della concorrenza può interferire con il sistema brevettuale, ritiene che la sua debolezza non si fondi tanto sul contrasto con l’oggettività del concetto di “abuso”, il cui accertamento, invece, può ben poggiare sull’elemento soggettivo della fattispecie, qualora le evidenze probatorie lo consentano o gli effetti sulla concorrenza non siano chiaramente definibili, quanto sul fatto che tale criterio presenta un limite intrinseco. L’indagine sull’intento anticoncorrenziale, infatti, non appare di facile compimento nel caso delle fattispecie di brevettazione strategica, proprio perché la richiesta di un brevetto contiene in nuce l’intento legittimo di ottenere un effetto escludente, sempre che ciò avvenga di norma in misura corrispondente alla fisiologica limitazione della concorrenza prevista dal legislatore” (p. 9).

293 v. sentenza della Corte di giustizia, 19 aprile 2012, causa C- 549/10P,

Tomra c. Commissione, pubblicata nella raccolta digitale. Al § 22 della sentenza la

Corte osserva che “l’esistenza di una volontà di esercitare una concorrenza basata sul merito, quand’anche accertata, non potrebbe dimostrare l’assenza di un abuso”. Secondo P.AKMAN, The role of intent, cit., “intent is used only against the

undertaking to prove or support a finding of abuse, but not for the undertaking to prove the lack of abuse, since the concept of abuse – being an objective concept – does not require the proof of intent. Is not clear how such a concept of abuse is “objective””(p. 10).

giurisprudenza, correttamente ad avviso di chi scrive295, adotta quest’ultima nozione di intento, il cui accertamento si desume, principalmente, dalla documentazione interna all’impresa oppure da altre circostanze del caso concreto296.

Il secondo profilo critico concerne lo standard probatorio circa la sussistenza dell’intento escludente. A tal riguardo, le autorità della concorrenza non si dovrebbero fermare alle mere affermazioni contenute nei vari documenti interni dell’impresa, bensì dovrebbero dimostrare l’esistenza di una strategia escludente, messa in atto dall’impresa in posizione dominante, selettivamente contro i suoi concorrenti297. La difficoltà maggiore consiste ovviamente nel distinguere tra concorrenza (anche aggressiva) sul merito e strategia escludente. Tale risultato si potrebbe raggiungere attraverso un’intensa e dettagliata analisi documentale, tale da non lasciare alcun dubbio sul

295 Il ricorso a una versione “oggettiva” dell’intento escludente rischia di confondersi con l’accertamento degli effetti della condotta. Cfr. R. NAZZINI, The

Foundations of European Union Competition Law, cit., secondo cui “a test which looks at the objective tendency of the conduct of a dominant firm to achieve a certain purpose or effect is not a test of intent. It is a test of effect” (p. 58).

296 Ciò sul presupposto che se si dimostra che il comportamento di un’impresa dominante “ha lo scopo di restringere la concorrenza, detto comportamento sarà

anche idoneo a produrre un effetto di tal genere” (cfr. sentenza Tribunale UE, 30

gennaio 2007, causa T-340/03, France Télécom, § 195. Nello stesso senso, sentenza Tribunale UE, 12 giungo 2014, causa T-286/09, Intel, § 203 e, a livello nazionale, Cons. Stato, Sez. VI, del, 8.4.2014 n. 1673, Coop Estense, secondo cui “se si

dimostra che lo scopo perseguito dal comportamento di un’impresa dominante è di restringere la concorrenza, un tale comportamento è di per sé pregiudizievole, in quanto può anche comportare tale effetto”.)

297 In questo senso sono condivisibili la valutazioni svolte dalla Commissione, al § 20 degli Orientamenti sull’applicazione dell’articolo 102, in cui si legge che “di norma la Commissione interverrà ai sensi dell'articolo 82 se, sulla base di prove circostanziate e convincenti, è probabile che il presunto comportamento abusivo determini una preclusione anticoncorrenziale. Ai fini di una siffatta valutazione, la Commissione considera generalmente rilevanti i seguenti fattori: […] prove dirette di una strategia di esclusione. Tra queste vi sono documenti interni che contengono prove dirette di una strategia volta ad escludere i concorrenti, quale un piano particolareggiato di adottare un determinato comportamento per escludere un rivale, per impedire l'ingresso o prevenire l’emergere di un mercato, o le prove di minacce concrete di un'azione volta all’esclusione. Tali prove dirette possono essere utili per interpretare il comportamento dell'impresa dominante”.

fatto che l’unico scopo del comportamento adottato dall’impresa dominante fosse quello di escludere i concorrenti298. Allo stesso tempo, le autorità della concorrenza dovrebbero verificare l’esistenza di plausibili probabilità di attuazione della strategia escludente desumibile dalle prove documentali299. Solo in questo modo si può infatti evitare di sanzionare le fattispecie di abuso potenziale, che sono da ritenersi estranee all’ambito di applicazione dell’articolo 102 TFUE300.

298 Cfr., R. O’DONOGHUE e J. PADILLA, The Law and Economics of

Article 102 TFEU, cit., p. 281, “it is important that courts and competition authorities should distinguish as clearly as possible, between statements that may be consistent with legitimate competition and statements that are only or mainly consistent with exclusionary conduct. The latter might be described as specific intent, which courts and triers of fact often deal with in other areas of law. … The most useful purpose of intent evidence therefore is that it helps a court or competition authority to understand the likely effects of the dominant firm’s conduct, and thus to interpret facts and to predict consequences” (enfasi aggiunta).

299 Nella stessa direzione anche, R. O’DONOGHUE e J. PADILLA, ibid., secondo cui “unless there is specific intent evidence that speaks for itself, and is not

dependent upon any supervening act(s), it is important that evidence of intent should be cross-checked against whether the intent posited has some objective degree of capability” (p. 282).

300 Per abuso potenziale si intende la fattispecie in qui l’impresa in posizione dominante manifesta internamente l’intento di intraprendere una condotta abusiva, ma poi non la attua, ossia non si pongono in essere comportamenti al di fuori della sfera interna dell’impresa in posizione dominante. Cfr. TAR Lazio sent. 13.12.2001 n. 11321, Telecom Italia, § 11 (“L’intento o anche un autonomo progetto di abusare

della propria posizione dominante non rilevano se l’impresa non vi abbia dato seguito con comportamenti di attuazione sul mercato”). Un ulteriore esempio di

abuso potenziale si trova nel caso AstraZeneca laddove i giudici UE hanno annullato la decisione della Commissione nella parte in cui faceva decorrere l’inizio della prima condotta abusiva dal momento in cui il gruppo AZ aveva contattato i propri consulenti brevettuali. Secondo i giudici UE in tal caso i comportamenti in questione dovevano considerarsi irrilevanti, poiché erano tutti effettuati alla sfera interna dell’impresa. Anche con riferimento alla seconda fattispecie abusiva è stato osservato che “the EU Courts attached little or no weight to contemporaneous

advice for two AstraZeneca in-house counsel expressing optimism as to adverse effects on parallel imports as a results of deregistration. The Court instead required that the Commission demonstrate some objective likelihood in this regard, which it found the Commission had not examined in any great detail. It further held that any doubt in this regard should be resolved in favour of AstraZeneca given that the Commission bears the burden of proof. On this basis, the Court annulled the decision insofar as it was alleged that AstraZeneca’s deregistration had prevented parallel trade in Denmark and Norway” (R. O’DONOGHUE e J. PADILLA, The Law cit. ibid.).

5. La discrezionalità amministrativa e l’applicazione

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