• Non ci sono risultati.

La rilevanza del provvedimento amministrativo nei confronti del diritto antitrust confronti del diritto antitrust

PARTECIPAZIONE PROCEDIMENTALE E ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE

6. Il provvedimento amministrativo e il diritto antitrust

6.1. La rilevanza del provvedimento amministrativo nei confronti del diritto antitrust confronti del diritto antitrust

La tesi del Consiglio di Stato non può condividersi, specialmente quando oggetto dell’applicazione del diritto antitrust sono condotte espressione dell’esercizio di prerogative procedimentali. Anche a volere assumere che esista nella realtà ordinamentale la categoria degli “atti economici”, e prescindendo dal significato che in concreto il Consiglio di Stato abbia voluto dare a siffatto concetto, le condotte partecipative sono inserite in un procedimento amministrativo, che si conclude con un provvedimento autoritativo, il quale, in assenza di profili di nullità o di accertata invalidità, modifica l’ordinamento.

È stato, a tal riguardo, affermato che “il provvedimento amministrativo non è il foglio di carta sul quale risulta (normalmente) scritto e la cui intangibilità formale rappresenti un valore o abbia un qualche significato: esso invece vive nelle innovazioni e negli effetti che traduce nel mondo giuridico, è una realtà che si situa nelle modulazioni delle relazioni intersoggettive e organizzatorie”338.

Proprio per questa sua capacità di modificare l’ordinamento, sembra difficile sostenere che il provvedimento amministrativo, in cui confluiscono anche gli apporti dell’impresa dominante nell’ambito del procedimento, non abbia alcuna rilevanza ai fini dell’accertamento antitrust.

Si pone quindi il problema di sondare la rilevanza, ai fini dell’applicazione del diritto antitrust, del provvedimento amministrativo adottato a conclusione del procedimento in cui ha partecipato anche l’impresa in posizione dominante. L’oggetto dell’indagine è quello di verificare se gli accertamenti contenuti nel

338 v. R. VILLATA, “Disapplicazione” dei provvedimenti amministrativi e

provvedimento amministrativo possano avere rilevanza nell’ambito del diritto antitrust, fungendo da limite per quest’ultimo, nel senso che di essi se ne debba tenere conto nell’ambito dell’applicazione del diritto antitrust, così che quest’ultimo non può spingersi a controllare il corretto esercizio di un potere amministrativo affidato ad altra amministrazione pubblica.

6.2. Il provvedimento amministrativo e il diritto antitrust: l’articolo 21-bis della l. n. 287/1990

Nei termini appena descritti, la questione della rilevanza del provvedimento amministrativo diviene questione di resistenza nei confronti dell’ingerenza dell’antitrust. Sotto questa prospettiva si tratta quindi di comprendere quale sia la capacità del provvedimento amministrativo di condizionare l’applicazione del diritto antitrust, ossia di incidere sulla configurazione dei medesimi fatti ai fini dell’applicazione del diritto antitrust.

Nell’analizzare una tale problematica non si può ignorare l’esistenza nell’ordinamento di una espressa disposizione normativa che, procedimentalizzando l’interazione tra l’antitrust e il provvedimento amministrativo, appare disegnare allo stesso tempo i limiti dell’intervento del primo rispetto alle valutazioni contenute nel secondo.

Si fa riferimento all’art. 35 del Decreto Salva Italia, che ha modificato la Legge n. 287/90, introducendovi l’art. 21-bis339.

339 L’Autorità, ha definito tale istituto come uno “strumento di portata reattiva” nei confronti delle pubbliche amministrazioni (Relazione annuale sull’attività svolta del 31.3.2012, p. 21; cfr. segnalazione 9.2.2010, AS659, Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per la concorrenza e il mercato). La disposizione in questione così recita: “1. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato è legittimata ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato. 2. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, se ritiene che una pubblica amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, emette, entro sessanta giorni, un parere motivato, nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate. Se la pubblica amministrazione non si conforma nei

6.2.1. La disciplina prevista dall’articolo 21-bis l. n. 287/1990

Il primo comma dell’art. 21-bis legittima l’Autorità ad agire in giudizio contro (i) “gli atti amministrativi generali” e (ii) “i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica”, che essa ritiene lesivi della concorrenza. Il potere impugnativo può essere però legittimamente esercitato solo se preceduto dall’espletamento di una fase precontenziosa, avviata con l’amministrazione che ha adottato l’atto, conformemente a quanto previsto dal secondo comma del medesimo articolo340. Quest’ultima disposizione, prescrive che l’Autorità, qualora ritenga che un atto amministrativo sia lesivo della concorrenza, trasmette all’amministrazione che ha adottato l’atto, entro sessanta giorni341, un parere motivato e può poi agire in giudizio solo se l’amministrazione destinataria del parere, nei sessanta giorni successivi al suo ricevimento, non abbia dato seguito alle indicazioni dell’Autorità342.

Per quanto riguarda la natura del parere, Autorevole dottrina ha ritenuto che essa sia formalmente di un parere, mentre sostanzialmente si tratterebbe di una diffida, la cui inottemperanza da parte dell’amministrazione sarebbe sanzionabile con l’impugnazione dell’atto amministrativo ritenuto lesivo della concorrenza343. Questa

sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l’Autorità può presentare, tramite l’Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni. […]”.

340 Cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2246/2014.

341 Secondo il Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1171/2015, il termine inizia a decorrere “solo dal ricevimento da parte dell'A.G.C.M. di una specifica comunicazione (di qualsiasi provenienza) recante gli elementi rilevanti dell'atto che del parere dovrebbe formare oggetto, giacché soltanto a partire da tale momento essa sarebbe nella reale condizione di esercitare la propria competenza”.

342 Il comma terzo della disposizione in questione prescrive che “ai giudizi instaurati ai sensi del comma 1 si applica la disciplina di cui al Libro IV, Titolo V, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.

343 V. M. CLARICH, I poteri di impugnativa dell’Agcm ai sensi del nuovo art.

21-bis l. 287/90, Relazione al Convegno tenutosi presso l’AGCM, il 27 marzo 2013,

su “Evoluzione del ruolo e delle competenze dell’autorità antitrust”. Secondo l’Autore, il parere ex art. 21-bis, “al di là del nomen “edulcorato” utilizzato dal legislatore forse per rispetto formale delle prerogative delle pubbliche

interpretazione, che sembrerebbe seguita nella prassi applicativa dell’Autorità344, avrebbe come conseguenza la diretta impugnabilità del parere-diffida da parte delle amministrazioni che hanno adottato l’atto amministrativo ritenuto lesivo della concorrenza345. Alla base di questa costruzione normativa sembra esserci l’idea che l’articolo 21-bis l. n. 287/1990 riconosca alla concorrenza “implicitamente un rango più elevato rispetto ad altri interessi pubblici”346.

Se ci si muove però dalla prospettiva che, (come si è visto nel corso del Capitolo I del presente contributo) sono le stesse norme in materia di concorrenza ad ammettere un loro bilanciamento con altri

amministrazioni al cui genus appartiene in realtà anche l’Autorità, ha natura sostanziale di un atto di diffida. Esso sembra infatti equiparabile alle diffide, con fissazione di un termine per l’eliminazione dell’infrazione, che l’Autorità può indirizzare ai soggetti privati nei casi di violazione delle disposizioni in materia di intese restrittive della concorrenza e di abuso di posizione dominante (art. 15 della legge n. 287/1990). In entrambi i casi sorge in capo al destinatario un obbligo di conformazione. Cambiano soltanto le conseguenze dell’inottemperanza che consistono nel primo caso nel potere di proporre un ricorso innanzi al giudice amministrativo, nel secondo caso nel potere di irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10% del fatturato”.

344 Da un’analisi dei casi riportati nelle Relazioni Annuali sull’attività svolta dall’AGCM negli anni 2013 e 2014, emerge l’Autorità abbia esercitato il potere impugnativo in tutti i casi in cui le autorità amministrative non abbiano dato seguito al parere, confermando invece la legittimità dei provvedimenti amministrativi adottati.

345 V. M. CLARICH, op.cit., secondo cui “il parere-diffida, in quanto determina un obbligo di conformazione in capo all’ente destinatario che va a incidere sul potere di autotutela rendendo vincolato l’annullamento d’ufficio anche in presenza di ragioni di interesse pubblico che suggerirebbero la conservazione della sua efficacia, è suscettibile di intaccare la sfera giuridica dell’ente e potrebbe dunque costituire un provvedimento immediatamente impugnabile da quest’ultimo”. Contra, R. GIOVAGNOLI, Atti amministrativi e tutela della concorrenza. Il potere

di legittimazione a ricorrere dell’AGCM nell’art. 21-bis legge n. 287/1990, in

www.giustamm.it, secondo cui “il parere non è un atto immediatamente lesivo, essendo ancora meramente eventuale la circostanza che l’Amministrazione si conformi ad esso, modificando o ritirando il provvedimento contestato. L’Amministrazione potrebbe, infatti, ignorare il parere lasciando in piedi l’atto contestato e questo esito esclude ogni concreta lesività del parere (semmai, gli eventuali terzi interessati alla conservazione dell’atto potranno intervenire ad opponendum nel giudizio di annullamento iniziato dall’AGCM). Se, invece, l’Amministrazione segue il parere modificando l’atto, il ricorso potrà indirizzarsi contro l’atto modificato (o contro l’atto con cui si dispone l’annullamento del precedente), eventualmente impugnando congiuntamente il parere dell’AGCM”.

interessi pubblici, si dovrebbe ritenere invece che la finalità dell’articolo 21-bis sia quella di contribuire ad accrescere l’attenzione delle pubbliche amministrazione nei confronti dell’impatto che le loro decisioni hanno sulla concorrenza e sul mercato, ossia quella di inserire l’interesse alla tutela della concorrenza tra gli interessi che la pubblica amministrazione debba tenere in conto al momento dell’adozione di un provvedimento amministrativo347.

In quest’ottica, la fase pre-contenziosa e, in particolare, il parere motivato dell’AGCM ha (o meglio dovrebbe avere) la funzione di fare emergere le criticità del provvedimento dal punto di vista della concorrenza, avviando in tal senso un vero e proprio dialogo tra le due amministrazioni. Il che implica intendere la fase pre-contenziosa, non come strumento che mira esclusivamente alla conformazione dell’amministrazione che ha adottato l’atto al parere espresso dall’Autorità, bensì come modulo di collaborazione tra le due amministrazioni. E se così è, tale modulo potrebbe concludersi anche proprio con un ripensamento da parte della stessa Autorità, dettato, ad esempio, dalla necessità di ammettere in un determinato caso il bilanciamento della tutela della concorrenza con il perseguimento di altri interessi pubblici.

Questa interpretazione sembra essere confermata anche dal fatto che, scaduto il termine di sessanta giorni per adeguarsi ai dettami del parere motivato, l’Autorità non ha l’obbligo, bensì la mera facoltà, di agire in giudizio, entro i successivi trenta giorni, contro l’amministrazione che ha adottato l’atto amministrativo in questione348. In altri termini, la disposizione sembra ammettere la

347 Tale interpretazione è confortata anche dal fatto che la nuova disposizione è stata inserita nella rubrica relativa alla promozione della concorrenza.

348 Una posizione vicina a quanto scritto nel testo sembra essere stata adottata anche dal Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2246/2014, secondo cui “la funzione di detto parere motivato è duplice: sollecitare la p.a. a rivedere le proprie determinazioni e a

possibilità che l’Autorità possa ritenersi soddisfatta dalle spiegazioni e dalle motivazioni dell’amministrazione sollecitata, rispetto alla legittimità della determinazione oggetto del parere.

Da un punto di vista sostanziale, l’applicazione dell’art. 21-bis della l. n. 287/90 non deve intendersi circoscritta alle sole norme di tutela della concorrenza in senso stretto, ossia quelle antitrust e in materia di aiuti di Stato349, bensì ritenersi applicabile in tutte quelle occasioni in cui i provvedimenti amministrativi incidono sulla struttura concorrenziale del mercato, ad esempio, discriminando tra diversi operatori, ovvero rifiutando il rilascio di autorizzazioni a potenziali nuovi entranti350. Come dimostra anche la prassi applicativa

conformarsi agli indirizzi dell’Autorità, mediante uno speciale esercizio del potere di autotutela giustificato dalla particolare rilevanza dell'interesse pubblico in gioco, in tal modo auspicando che la tutela di quest'ultimo sia assicurata innanzitutto all'interno della stessa p.a. e restando il ricorso all’Autorità giudiziaria amministrativa "extrema ratio", non essendo l'Autorità dotata di poteri coercitivi nei confronti dell’amministrazione pubblica; d'altro canto, la fase precontenziosa e il relativo parere, in coerenza con i principi comunitari, sono stati ragionevolmente concepiti anche come significativo strumento di deflazione del contenzioso, potendo ammettersi che il legislatore guardi con disfavore le situazioni in cui due soggetti pubblici si rivolgano direttamente ed esclusivamente al giudice per la tutela di un interesse pubblico”.

349 Almeno in un caso la violazione oggetto di esame da parte dell’Autorità ha riguardato la normativa UE in materia di aiuti di Stato (segnalazione 9.8.2012, AS977, Decreto del Ministero del lavoro di fissazione delle tariffe di facchinaggio

nella provincia di Cremona).

350 L’Autorità sembra interpretare il concetto di “atti distorsivi della

concorrenza” in senso lato, ricomprendendo non solo profili antitrust in senso

stretto (quali, ad esempio, la fissazione di prezzi minimi, come nella segnalazione 14.2.2012, AS913, Disposizioni in materia di autotrasporto), ma anche problematiche concorrenziali di più ampio respiro, quali disposizioni di un bando di gara idonee ad alterare il giusto confronto competitivo o a disincentivare la partecipazione alla stessa gara (segnalazione 18.1.2012 AS908, Cotral SpA -

Documentazione di gara relativa all’affidamento della fornitura di ricambi di carrozzeria originali - Manutenzione di autobus Fiat-Iveco-Irisbus), indebite e

ingiustificate restrizioni all’accesso e all’esercizio di attività economiche (segnalazione 14.2.2012, AS926, Regione Molise - Procedura ristretta per

l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale extraurbano), l’imposizione

di ingiustificati requisiti territoriali, finanziari e di anzianità operativa per l’accesso a taluni contributi regionali (segnalazione 14.3.2012, AS920, Regione Abruzzo -

Disposizioni di attuazione per la concessione dei contributi in conto interessi per integrazione dei fondi rischi), nonché regolamentazioni comunali suscettibili di

dell’Autorità, il contrasto di molte delle suddette fattispecie potrebbe rendere necessario utilizzare quale base legale la delicata disciplina dell’articolo 106 TFUE351.

Anche sul piano soggettivo, l’ampia formulazione normativa fa propendere per un’applicazione estesa della norma, che comprende tutti i provvedimenti amministrativi adottati dai soggetti riconducibili alla nozione di “pubblica amministrazione”, ivi incluse le altre autorità indipendenti352 e le partecipate pubbliche353.

21.12.2011, AS900, Comune di Lucca . Regolamento comunale sugli esercizi di

somministrazione di alimenti e bevande).

351 Cfr. ex multis, AS1138, Comune di Venezia-Autorizzazione al trasporto

turistico per via navigabile, 2014; AS1181, Regione Calabria -Determinazione dei tetti di spesa per le prestazioni di assistenza specialistica da privato, 2014.

352 v. R. PERNA, La concorrenza ed il mercato delle comunicazioni

elettroniche: possibili interferenze, in www.giustamm.it; S. LUCATTINI, Garante

della concorrenza e certezza economica: alla ricerca delle giustizie per i mercati, in

Diritto amministrativo, 2013, p. 511.

353 Nella segnalazione 23.1.2012, AS908, Cotral SpA - Documentazione di

gara relativa all’affidamento della fornitura di ricambi di carrozzeria originali - Manutenzione di autobus Fiat-Iveco-Irisbus, l’Autorità ha indirizzato un parere

motivato ex art. 21-bis della Legge n. 287/90 alla società Cotral S.p.A., i cui azionisti sono la Regione Lazio, la Provincia di Roma, la Provincia di Rieti, la Provincia di Viterbo e il Comune di Roma. Sembra quindi che, nell’identificazione delle “pubbliche amministrazioni” i cui atti possono formare oggetto di impugnazione ai sensi dell’art. 21-bis della Legge n. 287/90, si debba far riferimento alla definizione di cui all’art. 1(2) del d.lgs. n. 165/01, secondo cui, “[p]er

amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitarionazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”. È favorevole all’utilizzo di una nozione funzionale di

“pubblica amministrazione” anche Giovagnoli il quale vi fa rientrare “ogni soggetto,

ancorché formalmente privato, che, da un lato, eserciti funzioni amministrative e, dall’altro, è sottoposto, dal legislatore nazionale od europeo, ad obblighi finalizzati alla tutela della concorrenza e del mercato” (R. GIOVAGNOLI, cit.).

6.2.2. L’articolo 21-bis, l. n. 287/90, quale limite espresso all’intervento antitrust nei casi di esercizio del potere amministrativo

L’aspetto dell’articolo 21-bis della l. n. 287/90, che qui maggiormente concerne è quello relativo alla sua incidenza, seppure implicita e indiretta, sulla tematica della rilevanza del provvedimento amministrativo nell’ambito dei procedimenti sanzionatori antitrust avviati dall’Autorità354. A tal riguardo, si ritiene che con la previsione di una disposizione normativa quale l’articolo 21-bis, il legislatore abbia chiaramente optato per non riconoscere in capo all’Autorità un potere coercitivo, ovvero di sindacato diretto, nei confronti dei provvedimenti delle altre pubbliche amministrazioni ritenuti lesivi della concorrenza.

Per questa ragione, il legislatore ha procedimentalizzato il dialogo tra l’Autorità e le altre amministrazioni pubbliche, demandando invece al giudice amministrativo il potere di statuire sulla compatibilità del provvedimento amministrativo con la concorrenza. Spetta quindi solo al giudice amministrativo effettuare, nell’ambito del processo amministrativo instaurato dall’eventuale ricorso proposto dall’Autorità, il bilanciamento tra l’interesse alla

354 Si tratta di un aspetto non affrontato espressamente in dottrina, la quale si è principalmente concentrata sulla qualificazione processuale dello strumento in questione. A tal riguardo, sono stati sollevati dubbi circa l’inquadramento da dare a questa previsione. Una parte della dottrina ha ritenuto che si tratti di un’ipotesi di giurisdizione di diritto oggettivo e, per tale ragione, problematica alla luce dell’articolo 103 della Costituzione (F. CINTIOLI, Osservazioni sul ricorso

giurisdizionale dell’Autorità della concorrenza e del mercato (art. 21-bis della

Legge n. 287/90), disponibile sul sito www.giustamm.it); M.A. SANDULLI,

Introduzione a un dibattito sul nuovo potere di legittimazione al ricorso dell’Autorità nell’art. 21-bis della Legge n. 287/1990, disponibile sul sito

www.federalismi.it). Per altra parte della dottrina, la legittimazione dell’Autorità ai sensi dell’articolo 21-bis l.n. 287/1990 sarebbe simile a quella normalmente riconosciuta agli enti esponenziali di interessi diffusi (v. R. GIOVAGNOLI, cit). Sul tema si ritengono risolutivo di ogni dubbio le osservazioni di M. CLARICH, op. cit., secondo cui “riconoscere una impostazione squisitamente soggettiva del processo amministrativo, non significa ritenere indispensabile sempre e necessariamente la presenza di una situazione giuridica soggettiva di tipo sostanziale correlata al processo instaurato”.

tutela della concorrenza e gli altri interessi pubblici posti a fondamento del provvedimento amministrativo che si ritiene lesivo della concorrenza.

Ne consegue che, secondo un’interpretazione logica e sistematica dei poteri attribuiti all’Autorità, quest’ultima non può avere nell’ambito dei procedimenti antitrust, un potere di sindacato sul provvedimento amministrativo che a essa è stato escluso per via dell’adozione dell’articolo 21-bis della l.n. 287/1990. Ciò implica che, qualora nell’ambito di un procedimento sanzionatorio, l’Autorità si dovesse trovare dinnanzi a restrizioni concorrenziali prodotte da un provvedimento amministrativo, essa non potrebbe prescindere dagli accertamenti ivi contenuti e, in particolare, non potrebbe sostituire questi ultimi con le proprie valutazioni che, a sua detta, sarebbero rispettose del diritto della concorrenza. Ed è proprio in ciò, che si esplica la rilevanza/resistenza del provvedimento amministrativo nell’ambito dell’accertamento antitrust.

Dal punto di vista pratico, quanto qui sostenuto confermerebbe, sotto una diversa prospettiva, la correttezza delle conclusioni in cui è giunto il TAR Lazio nei casi Coop Estense e Arenaways355.

Nella sentenza Coop estense è bene inteso infatti che il sindacato dell’Autorità nei confronti dell’atto amministrativo è un sindacato di rilevanza, ossia l’Autorità ha l’obbligo di confutare in maniera rigorosa l’irrilevanza del provvedimento amministrativo, ai fini dell’applicazione del diritto antitrust al caso concreto, ma non può spingersi a sindacarne il merito, in quanto, quest’ultimo, è riservato agli “organi ordinariamente deputati a esprimere avvisi sulla

355 Si noti però che in entrambi i casi, l’interpretazione dell’articolo 21-bis qui sostenuta opererebbe solo come una conferma ex post, perché al momento dell’adozione dei provvedimenti amministrativi rilevanti ai fini delle istruttorie in questione, l’articolo 21-bis della l. n. 287/90 non era ancora entrato in vigore.

perseguibilità delle iniziative urbanistico-edilizie dei privati, altrettanto ordinariamente vengono ponderatamente seguiti dagli organi decisionali competenti a esprimersi in via definitiva sulle iniziative stesse”.

In maniera analoga, l’interpretazione qui proposta supporta altresì le conclusioni in cui è giunto il TAR Lazio nel caso Arenaways, laddove il giudice ha censurato l’operato dell’Autorità per avere essa sostituito la valutazione effettuata dal regolatore, e posta alla base del provvedimento amministrativo limitativo della concorrenza, con una propria valutazione alternativa. Come è stato già osservato supra, un simile potere è precluso all’Autorità e spetta solo al giudice

Outline

Documenti correlati