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IN ATTESA DELLA PRONUNCIA DELLA CONSULTA IN MERITO ALLA NUOVA NORMA SULLA RINNOVAZIONE ISTRUTTORIA: LA

6 LA RINNOVAZIONE DELL’ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE ANTE RIFORMA ORLANDO

3.3 IN ATTESA DELLA PRONUNCIA DELLA CONSULTA IN MERITO ALLA NUOVA NORMA SULLA RINNOVAZIONE ISTRUTTORIA: LA

CORTE DI APPELLO DI TRENTO SOLLEVA QUESTIONE DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE

Sembra impossibile giungere ad un punto definitivo che dia stabilità alle coordinate della rinnovazione in appello, se si osserva il susseguirsi di eventi che, ogni volta, rimescolano le carte. In dottrina, come precedentemente indicato, si nutriva la convinzione, nell’attesa dell’intervento delle Sezioni Unite, che quest’ultimo sarebbe stato risolutivo, anche grazie all’operato del Legislatore, non equivoco nel disegnare i confini dell’obbligo di riassunzione. Ma forse potremmo parlare di una falsa speranza, visto che, proprio alla vigilia dell’udienza della Corte fissata per il 21.12.2017532, in giurisprudenza veniva messa in discussione l’attività

riformatrice. Il riferimento è a quanto effettuato dalla Sezione penale della Corte di appello di Trento, che con ordinanza del 20 dicembre 2017 ha sollevato questione di legittimità costituzione: secondo l’ottica della Corte trentina, l’articolo 603 c.p.p. violerebbe la Carta Costituzionale agli articoli 111 e 117 Cost. Nello specifico, sotto accusa sarebbe l’interpretazione che, nella sentenza Patalano533, viene data dell’articolo in discussione: dalle

Sezioni Unite è emerso che la disciplina del 603 c.p.p. deve applicarsi anche nelle ipotesi in cui nel processo di primo grado non si tenga alcuna istruzione dibattimentale, perché il giudizio sia definito allo stato degli atti. Emblematico è il caso del rito abbreviato non condizionato.

E’ possibile ricostruire il percorso mentale della Corte d’Appello, ricorrendo alle motivazioni dell’ordinanza in riferimento alla rilevanza e non manifesta infondatezza della questione.

Partendo dalle pronunce principe sul tema sia della giurisprudenza nazionale che europea534, la Corte trentina riscontra che, in tali decisioni,

532 Cass penale, Sez Unite, 21.12.2017, n 41219, Troise

533 Cass Penale, Sez Unite, 19.1.2017, n18620, Patalano, RV269786

534 Cass penale, Sez Un., 28.04.2016, Dasgupta, n27620, RV 267486, Corte EDU, III sez, 5.07.2011, Dan c. Moldavia e Corte EDU, I sez, 29.06.2017, Lorefice c. Italia

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l’obbligo della rinnovazione è stato ricondotto al dettato dell’art. 6 §3 lettera d) della Convenzione EDU. In questo articolo si celebra il diritto dell’imputato di esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico. Un diritto a cui, secondo l’opinione della Corte territoriale, l’imputato può rinunciare, id est disponibile, come effettivamente avviene quando la stessa parte formula richiesta di definizione del procedimento allo stato degli atti: ovvero in casi di rito abbreviato non condizionato. Non troverebbe ragion d’essere, in seconde cure, l’obbligo di sottoporre ad esame i testimoni in contraddittorio, nel momento in cui, per espressa volontà delle parti, ciò non si è verificato in primo grado535. Si tratta di un’impostazione che non trova conferma nel

più recente dictum sul tema536. Secondo la più attuale tesi invero, non

sussisterebbe una lesione del diritto costituzionale di difesa: cio può essere sostenuto se si tiene conto che, anche in primo grado, la scelta del rito speciale non impedisce al giudice di procedere all’attività d’ufficio, integrando il materiale istruttorio da parte del Giudice dell’abbreviato, se necessario per la decisione. Per cui, l’ultimo intervento, promuovendo un abbreviato come “tendenzialmente” a prova contratta e riconoscendo ampi poteri integrativi per il giudice che non può decidere allo stato degli atti, contraddice la Corte d’Appello trentina e avvalora la tesi Patalano.

Dal punto di vista trentino invece emerge un contrasto con l’articolo 111 Cost sotto tre profili. In primis, sarebbe lesivo del principio di ragionevole durata del processo. In casi come quello di giudizio abbreviato, in cui l’imputato decide, in un’ottica deflattiva e premiale, di rinunciare al dibattimento in primo grado, l’applicazione di una norma che impone attività istruttoria in appello estende notevolmente la durata del processo. E’ difficile credere che, per mezzo delle dinamiche descritte, non si registri la

535 Redazione Giurisprudenza Penale, La nuova norma sulla rinnovazione in appello della istruzione dibattimentale approda alla Consulta. La Corte di appello di Trento solleva questione di legittimità

costituzionale, in Giurisprudenza Penale, 16.01.2018,

http://www.giurisprudenzapenale.com/2018/01/16/la-nuova-norma-sulla-rinnovazione-appello- della-istruzione-dibattimentale-approda-alla-consulta-la-corte-appello-trento-solleva-questione- legittimita-costituzionale/

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violazione del secondo comma del succitato articolo. Anche questo punto non è avvalorato dalla successiva sentenza 537. Infatti quest’ultima,

respingendo la questione di legittimità costituzionale e non ravvisando un contrasto sotto il profilo della ragionevole durata, sostiene che “la ricerca

della verità da parte del giudice non può essere totalmente paralizzata da una strategia difensiva”538.

In secundis, riprendendo le motivazioni della Sezione penale trentina, l’esegesi delle Sezioni Unite539 sarebbe in contrasto anche con il 5 comma

del medesimo articolo: visto che il comma in questione attribuisce alla legge il compito di regolare i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato. Proprio in rispetto di quanto espresso dalla Costituzione, è la legge a regolare il giudizio abbreviato, prevedendo che la scelta del rito da parte dell’imputato abbia l’effetto di escludere l’attività istruttoria in ogni grado del processo. Perciò l’interpretazione emersa nel caso Patalano, sarebbe contestualmente lesiva della volontà dell’imputato, quanto del succitato principio costituzionale540.

Da ultimo, la Corte d’Appello ha rilevato che, con la criticata attività esegetica, sarebbe pregiudicato anche il principio di parità delle armi nel processo. La simmetria del giudizio abbreviato, da un angolo la rinuncia al contraddittorio, dall’altro la riduzione della pena come ricompensa, sarebbe compromesso ripristinando coattivamente il contraddittorio in appello. Allo stesso tempo la Corte lamenta anche il contrasto con l’art 117 Cost., consistente nella violazione di una norma europea, che si concretizza nelle ipotesi in cui la prova rinnovata consista nell’esame della persona offesa. Il riferimento è alla Direttiva 2012/29/UE541, che istituisce norme minime in

materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Più nel dettaglio, l’art. 20 della menzionata direttiva richiede che l’escussione della vittima avvenga il minor numero di volte possibile. Sempre in merito al rito

537 Corte di Appello di Palermo, 08.02.2018, Mannino, in Il sole 24 ore, 21.02.2018, n51 538 G. Negri, Limite al rinnovo delle Testimonianze, in Il Sole 24 ore, 21.02.2018, n51 539 Cass Penale, Sez Unite, 19.1.2017, n18620, Patalano, RV269786

540 Redazione Giurisprudenza Penale, op cit

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abbreviato quindi, imporre rinnovazione dell’esame della persona offesa, quando invece l’imputato aveva prestato il suo consenso alla rinuncia dell’oralità, appare un atto superfluo e non di certo in linea con le tutele richieste a livello sovranazionale. Con la conseguenza di non rispettare nemmeno il 1 comma dell’art 117 Cost..

4 LE RIFLESSIONI DOTTRINALI SULL’APPORTO DELLA C.D. RIFORMA ORLANDO IN MATERIA DI RINNOVAZIONE DELL’ISTRUTTORIA DIBATTIMENTALE

Uno degli aspetti che preoccupa maggiormente in dottrina è la configurazione dell’appello come “secondo-primo giudizio”542, derivato da

quella ventata di oralità e immediatezza prodotta dal nuovo 3 bis dell’articolo 603 c.p.p. e che rischia di congestionare l’attività della Corte di seconde cure. Questo sposta l’attenzione su un dibattito anche più generale e risalente nel tempo: è davvero necessario un secondo grado di giudizio? Tutt’ora convivono i sostenitori della devitalizzazione dell’istituto543, rivolti a screditarlo in quanto ormai anacronistico, con i supporters che ne richiedono l’irrobustimento, al fine di consentire la piena espansione in appello di principi e regole del giusto processo.

Si potrebbe allora citare l’espressione latina in media stat virtus: anche se non costituzionalmente previsto, sarebbe quindi da avvalorare il principio del doppio grado di giurisdizione, ma allo stesso tempo appare eccessivo parlare di “giusto processo d’appello” solo se esatta fotocopia di quanto avvenuto in primo grado o comunque solo se massima espressione del principio di immediatezza.

542 L. Luparia e H. Belluta, Ragionevole dubbio e etica del sistema: quando l’immediatezza non serve ?, op cit pag 92

543 M. Ceresa Gastaldo: La riforma dell’appello, tra malinteso garantismo e spinte deflative, op cit, pag 164

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È un luogo comune, un’ipotesi retorica mai dimostrata, sostenere che esista

una divergenza tra i canoni del processo accusatorio e la morfologia del secondo grado come giudizio critico544, ovvero nella veste di mezzo di

controllo ex actis della prima decisione, dove la rinnovazione istruttoria è un’eccezione rispetto alla generale regola della completezza dell’indagine istruttoria eseguita in primo grado. E’ proprio per assicurare aderenza ai canoni accusatori del contraddittorio, dell’oralità e dell’immediatezza connotanti il primo grado, che, di contro, il giudizio di secondo grado non deve rivolgersi alla ripetizione degli atti formanti il materiale probatorio, ma bensì alla critica della decisione impugnata, anche nei riguardi del rispetto delle regole dell’accertamento. Stimolato dell’impulso di parte, l’appello sviluppa una funzione di completamento e non di nemesi della fase che lo precede. Si potrebbe quindi concludere il ragionamento con una domanda, è del tutto indubbio che i rimedi presenti nella preesistente versione dell’articolo 603 c.p.p. non fossero già di per sé adeguati?

In tale novella potrebbe anche riconoscersi una svalutazione della motivazione: questo in quanto, per far emergere il ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato, è di per sé sufficiente l’esistenza di una prima sentenza assolutoria. Ciò rendendo del tutto priva di valore la logicità, completezza e capacità di convincimento propria della motivazione della stessa pronuncia. Potremmo perciò riconoscere il passaggio, da un sistema di sentenze ad uno di verdetti immotivati545.

Allo stesso tempo, pur a fronte di una simile doverosità della rinnovazione, ha destato perplessità la mancata puntualizzazione del rimedio esperibile nel caso di diniego di rinnovazione. Infatti, come visto, l’unica indicazione in materia era quella espressa dalla Cassazione nella sentenza Dasgupta546:

il diniego di rinnovazione è riconducibile ad un difetto di motivazione, perciò la parte potrà ricorrere in Cassazione a norma della lettera e) dell’articolo

544 M. Ceresa Gastaldo: La riforma dell’appello, tra malinteso garantismo e spinte deflative, op cit, pag 164

545 P. Perrone, Il nuovo 603.3 bis cpp: la rinnovazione obbligatoria dell’istruzione nell’appello in

pejus. Brevi osservazioni (critiche), op cit

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606 c.p.p.. Questa scelta interpretativa non sembra idonea a colmare il vuoto lasciato dal Legislatore: definire la violazione generata dal mancato rispetto del canone di giudizio “al di là di ogni ragionevole dubbio” di cui al 1 comma dell’art. 533 c.p.p., proprio non convince. Dal momento che il canone del ragionevole dubbio è identificabile come regola di giudizio e non come norma dal carattere epistemico, non sembra, il medesimo, invocabile in queste ipotesi. Si rammenta, poi, la mancanza di corrispondenza biunivoca tra diniego di riassunzione e vizio di motivazione: quest’ultimo potrebbe ugualmente non manifestarsi, così come emergere anche in caso di rinnovazione avvenuta. Nemmeno le diverse tesi che qualificano la violazione del 603 c.p.p. come error in iudicando o in procedendo risultano appaganti: invero nessuna norma sostanziale, o processuale dettata a pena

di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, viene violata dal giudice che fonda la propria decisione sugli atti, che sono e restano validi, del primo grado547. Si potrebbe allora pensare alla lettera d) sempre

dell’articolo 606 c.p.p.: ovvero ai casi di mancata assunzione della prova decisiva. In questo contesto, nonostante la similitudine, sarebbe d’ostacolo il riferimento, della succitata lettera, alle sole ipotesi di controprova richiesta dalla parte, nei casi previsti dall’art. 495 comma 2 c.p.p.. Quindi ci si rivolge ad uno snodo che difficilmente può essere risolto se non attendendo l’intervento chiarificatore del Legislatore, che, però, fino ad adesso, tarda ad arrivare.

L’innovativa disciplina della rinnovazione mette in luce anche riflessioni collegate alla fisionomia dei motivi d’appello. Questo come conseguenza del rinvio dal tono generico, operato appunto dall’inedito 3 bis del 603 c.p.p., alle censure “attinenti alla valutazione della prova dichiarativa”548: l’utilizzo

di una formula così ampia, dà impulso al pensiero che la rinnovazione divenga doverosa ogni qual volta che l’accusa fondi la propria doglianza su questioni valutative di prove a natura dichiarativa, senza che il peso alle stesse attribuito dal giudice a quo, nel corso del suo percorso decisorio,

547 M. Ceresa Gastaldo: La riforma dell’appello, tra malinteso garantismo e spinte deflative, op cit, pag 167

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possa avere alcun rilievo. Se, per quanto attiene ai casi previsti dal 1 e 2 comma, è previsto un vaglia di ammissibilità specifico per la prova scoperta o sorta post primo grado e per quella già conosciuta, un parallelismo con l’innovativo 3 bis non può essere compiuto: in questo caso infatti si può parlare di una rinnovazione istruttoria minor e dequalificata negli standards di ammissioni549. La mancata richiesta del carattere della decisività, porta

alla convinzione che la riassunzione potrebbe anche essere dovuto per ogni singola dichiarazione: o quantomeno, in ottica di previsione, appare molto complesso che si possa realizzare il recupero del presupposto della decisività in sede interpretativa550. Perciò potrebbe quindi essere sufficiente

la contestuale presenza di pertinenza e rilevanza551. Oppure potrebbe

essere fatta salva la possibilità di concepire il termine decisività della prova non più sotto il profilo oggettivo, di decisività rispetto all’esito del giudizio e della sua assoluta necessità (rimesso al giudizio, motivato ma discrezionale, della Corte d’Appello) ma sotto quello soggettivo, per effetto della richiesta della parte pubblica, che, nella sua impostazione e prospettazione, ritenga tale prova decisiva e che ne contesti la valutazione data nella sentenza impugnata552553. Si può ipotizzare che la scelta di non

predisporre un vaglio di ammissibilità fondato sulla decisività della rinnovazione, sia stata fatta per evitare le incertezze che da una valutazione di tale carattere si sarebbero certamente create: con il conseguente incremento dei confini di discrezionalità dell’organo giudicante554. Per

quanto di nobile intendo, siffatta scelta rischia di compromettere la rinnovazione e più in generale l’appello: infatti quest’ultimo si tingerebbe di

549 R. Dainelli, Overturning in appello – Obbligatorietà della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale e limiti del contraddittorio nella formazione della prova, op cit

550 A. Macchia, Le novità dell’appello: rinnovazione dell’appello, concordato dei motivi, in penale contemporaneo, op cit, pag 13

551 R. Dainelli, Overturning in appello – Obbligatorietà della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale e limiti del contraddittorio nella formazione della prova, ibidem

552 R. Dainelli, op cit,

553 Un principio condiviso anche da: Corte di appello di Palermo, 08.02.2018, Mannino. Per i giudici di merito palermitani la rinnovazione si impone in relazione a prove “la cui valutazione abbia

condotto il primo giudicante alla pronuncia assolutoria e che, nella logica dell’impugnante, risulti decisiva per il ribaltamento della pronuncia assolutoria”.

554 G. Duculi, La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello dopo la riforma Orlando. Verso un “secondo-primo” giudizio di merito, op cit, pag 10

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inutilità ogni volta che la nuova istruzione probatoria si riveli non necessaria555. Dal testo del nuovo comma così formulato, ne deriva una

rinnovazione potenzialmente generale e incondizionata. Questo dà vita così ad un quadro controtendenza rispetto al recente orientamento delle Sezioni Unite556, inteso a irrobustire il controllo sulla specificità dei motivi di appello,

e soprattutto rispetto allo stesso Legislatore, che si rinnega con una scelta del tutto opposta, id est riformare l’art. 581 c.p.p. in chiave restrittiva. Al fine di evitare tale contrapposizione, si potrebbe concludere che, pure in caso di appello avverso la sentenza di proscioglimento, il pubblico ministero sarà sempre obbligato all’osservanza dei requisiti di specificità richiesti, censurando puntualmente gli errori commessi dal giudice a quo nel valutare della prova dichiarativa, e motivando in modo esaustivo le proprie richieste, comprese quelle istruttorie, al giudice di seconde cure557.

Connesso al punto esaminato, stante l’assenza di specifiche nella norma, è il quesito se la riassunzione debba investire l’interezza delle fonti di prova o se esclusivamente la dichiarazione sottoposta a nuova valutazione ad opera del giudice di secondo grado. Non si tratta di una scelta senza rilevanti conseguenze. Optando per la prima soluzione, l’appello assumerebbe completamente la fisionomia di nuovo giudizio di merito, ogni volta che l’accusa impugni avverso un proscioglimento: ne conseguirebbe un notevole impatto sotto il profilo della coerenza e della tenuta stessa del sistema, degradando a mera “ipotesi” l’interezza del procedimento di prime cure558. Condividendo la seconda posizione, il pericolo di un “secondo primo giudizio”559 sarebbe scongiurato in ipotesi in cui la riassunzione sia prevista

per la sola dichiarazione censurata dal pubblico ministero e, nel caso sia necessari un’ulteriore attività istruttoria, a seguito della citata riassunzione,

555 V. Aiuti, La Corte europea dei diritti dell’uomo e il libero convincimento del giudice di appello, in Cass Pen 2014, pag 3963 ss

556 Cass. Penale, Sez Unite,27.10.2016, Galtelli

557 G. Duculi, La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello dopo la riforma Orlando. Verso un “secondo-primo” giudizio di merito, op cit, pag 10

558 A. Macchia, Le novità dell’appello: rinnovazione dell’appello, concordato dei motivi, in penale contemporaneo, op cit, pag 13

559 L. Luparia e H. Belluta, Ragionevole dubbio e etica del sistema: quando l’immediatezza non serve ?, op cit pag 92

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potrebbe venire in soccorso la disciplina del 3 comma dell’articolo 603 c.p.p..

Un altro aspetto criticato della novella, è la mancanza di specifiche in merito alle sentenze assolutorie impugnate dalla sola parte civile. Il legislatore non ha afferrato lo spunto fornito dalla Sezioni Unite560: quest’ultime avevano

esteso tali dinamiche anche al caso di riforma di proscioglimento, ai fini delle statuizioni civili, su appello della parte civile561. All’interprete competerà il

raffronto tra casi che vedono pm e parte civile entrambi appellanti e casi in cui appellante è solo la parte civile. Questo problema viene, tra l’altro, analizzato in dottrina562, anticipando che, per irragionevolezza, potrebbe

condurre a questione di legittimità costituzione. Sottolineando come, in questo caso, vi sia assoluta linearità tra dottrina e giurisprudenza, l’Autore tra l’altro condivide proprio quelle motivazioni, in merito al giudizio abbreviato, che spingeranno la Corte d’Appello di Trento a rimettere alla Consulta. Lamentando l’inevitabile congestione di un sistema che già è fortemente rallentato dall’appello, invoca per così dire ante litteram, il rispetto della ragionevole durata del processo. Anche se, merita sottolinearlo, ci sono Autori in Dottrina563 che non ritengono che le modifiche

apportate dal comma 58 dell’articolo 1564 della c.d. Legge Orlando si

applichino automaticamente anche alle trame del giudizio abbreviato: il solo rinvio rintracciabile nel 4 comma dell’articolo 443 c.p.p. alle forme camerali del 599 c.p.p. non sarebbe idoneo a convincere che i nuovi casi di rinnovazione trovino sede anche nell’abbreviato, stante anche l’eterodossia rispetto a tale rito.

560 Cass penale, Sez Un., 28.04.2016, Dasgupta, n27620, RV 267486

561 E. Lorenzetto, L’appello nell’età della restaurazione, in Giur. It.,2017, 10, op cit

562 P. Perrone, Il nuovo 603.3 bis cpp: la rinnovazione obbligatoria dell’istruzione nell’appello in

pejus. Brevi osservazioni (critiche), op cit

563 A. Macchia, Le novità dell’appello: rinnovazione dell’appello, concordato dei motivi, in penale contemporaneo, op cit, pag 13

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L’intervento di riforma565 è stato descritto, in dottrina, come eccessivo, ma

allo stesso tempo anche circoscritto566: ciò in quanto da un lato il Legislatore

ha forgiato il suo operato su principi europei in realtà interpretati oltre le stesse intenzioni della Corte Edu, dall’altro forse, per certi aspetti, ci si aspettava che osasse di più.

Sotto il primo profilo il Legislatore giustificava l’infusione di immediatezza in appello apportata dalla riforma, facendo leva sulla celebrazione europea del principio, non tenendo conto che in quella sede erano emerse anche delle possibili deroghe: infatti l’incondizionato obbligo di rinnovare non può essere colto da una Corte, quale quella dei diritti dell’uomo, che ha, in certi casi, ritenuto bastevole in casi di mancata rinnovazione, l’esperimento di una motivazione rafforzata da parte del giudice567. Se per lungo tempo

l’ordinamento italiano non ha riposto attenzione alla tutela di oralità e immediatezza in appello, nonostante le indicazioni giunte da giudici sovranazionali, perché, improvvisamente, sposare un atteggiamento ancora più garantista di chi, già da decenni, si interroga sul tema?