3 LA LEGGE PECORELLA E LE SUCCESSIVE SENTENZE DELLA CORTE COSTITUZIONALE
5.3 LIMITI ALLA COGNIZIONE E DIVIETO DI REFORMATIO IN PEIUS La definizione di appello può ricondurre al concetto di gravame: infatti se in
astratto è potenzialmente in grado di attribuire al giudice superiore l’intera causa, in concreto la cognizione del giudice ad quem è limitata ai punti indicati dai motivi di impugnazione presentati dalla parte, secondo il noto principio del “tantum devolutum quantum appellatum”141. Questa regola emerge dal dettato dell’art. 597 c.p.p., dove si recita: “l’appello attribuisce al
giudice di secondo grado la cognizione del procedimento, limitatamente ai punti della decisione ai quali i motivi proposti si riferiscono”. Ne consegue
139 Cass. penale, Sez. Un., 30.10.2003, Andreotti, n. 45276, in Cass. pen., 2004
140 A.A. Marandola, La riforma Orlando si completa: approvato il decreto legislativo sulle impugnazioni,https://www.penalecontemporaneo.it/pdf-viewer/?file=%2Fpdf-
fascicoli%2FDPC_10_2017.pdf#page=260 , pag 263
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che i punti impugnati e non già i motivi segnano i limiti alla devoluzione, in quanto, nel momento in cui gli stessi non sono menzionati nei motivi proposti, acquisiscono forza di giudicato. Pertanto il giudice di seconde cure, nel monitorare l’operato del magistrato di primo grado sul punto impugnato, non sarà vincolato a quanto prospettato dall’appellante nei motivi142. Al quadro descritto fanno eccezione alcune ipotesi previste dall’art
597 c.p.p., come al 5 comma: con la sentenza di appello possono essere applicate anche d’ufficio la sospensione condizionale della pena, la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, una o più circostanze attenuanti e può essere effettuato anche il giudizio di comparazione. Inoltre il giudice d’appello può d’ufficio rilevare la nullità assoluta, dichiarare l’esistenza di un difetto di giurisdizione o incompetenza per materia e pronunciarsi sulla presenza di una causa di non punibilità. La cognizione del giudice è condizionata dalla parte impugnante: nel caso questi sia il PM avverso sentenze di condanna, il giudice dell’impugnazione potrà dare una definizione giuridica più grave al fatto (nei limiti di competenza del giudice di primo grado), mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici, applicare misure di sicurezza e adottare qualsiasi atto consentito dalla legge. Se invece si tratta di una sentenza di proscioglimento, il magistrato pòtrà pronunciare condanna ed emettere i provvedimenti di cui sopra o prosciogliere per una causa diversa da quanto previsto dal giudice a quo. Nel caso confermi il provvedimento, potrà modificare, applicare o escludere pene accessorie e misure di sicurezza.
Qualora la parte appellante sia l’imputato, ne deriva per il giudice una limitazione ai potere altrimenti attribuiti: non potrà applicare una pena più grave, tanto per specie che per quantità, disporre una nuova o più grave misura di sicurezza, prosciogliere con una formula meno favorevole all’imputato, né revocare benefici, salvo che, limitatamente al quantum
devolutum, possa dare al fatto una definizione giuridica più grave ,avendo
come limiti il massimo di competenza del giudice di primo grado.
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In queste limitazioni emerge l’effetto del divieto di reformatio in peius operante per l’appello presentato dall’imputato. Nelle facoltà del giudice di secondo grado rientra la possibilità di applicare pene accessorie obbligatorie, mentre non è certa la possibilità di aggravare le statuizioni civili in assenza della parte civile. Qualora sia accolto l’appello dell’imputato relativamente a circostanze, reati concorrenti anche se legati dal vincolo della continuazione, è imposto un vincolo contenutistico alla pronuncia: il provvedimento dallo stesso formulato dovrà avere un automatico effetto riduttivo della pena complessiva prevista in primo grado. E’ altresì previsto in ipotesi di accoglimento dell’appello dell’imputato, che comporti l’esclusione di un’aggravante o di un reato concorrente, che la pena alla base del calcolo non possa essere superiore a quella determinata nella sentenza del giudice di primo grado143.
Come per l’appello incidentale, anche per il divieto di riforma peggiorativa si è valutata la possibilità di un’estensione oltre i confini del giudizio di secondo grado. Infatti in dottrina, vi sono sostenitori del suddetto principio come regola generale, valevole per ogni impugnazione, purché compatibile con la struttura del mezzo144. Dal collegamento tra l’istituto e l’interesse ad
impugnare ne deriverebbe l’impossibilità di circoscrivere il divieto all’appello delle sentenze di primo grado145. Mentre la giustificazione alla natura
eccezionale del divieto, presente solamente in appello, risiede nel riconoscerne una ratio di “pressante esigenza politico-processuale in funzione di interessi dell’individuo”. Analogamente, la collocazione sistematica tra le disposizioni regolanti l’appello, non già le impugnazioni generali, darebbe enfasi alla visione confinata del divieto146.
Per quanto attiene poi ai capi civili è previsto un regime sui generis, relativo all’immediata esecutività della sentenza d’appello, salvo che quest’ultima
143 Vedi: Cass. penale, Sez. Un. 27.09.2005, n40910, William Morales, RV232066
144 Vedi: G. Bellavista, appello (dir. Proc. Pen.) ed II, Giuffrè Milano,1958, pag 771 o A. De Marsico, Il divieto della “reformatio in pejus” come principio generale nel sistema delle impugnazioni, in Riv. giur. circ. e trasp., 1963, pag585 e ss
145Vedi: O. Vannini-G. Cocciardi, Manuale di diritto processuale penale italiano, Giuffrè, Milano, 1979, pag 376
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sia sospesa dalla Corte di cassazione con provvedimento interinale. Sempre in merito ai capi civili, è oggetto di discussione se il divieto di
reformatio in peius riguardi anche gli stessi. La tesi favorevole all’estensione
di tale principio fa leva sul fatto che la decisione del giudice di appello, rivolta a condannare l’imputato al pagamento di una somma a titolo di provvisionale non richiesta esplicitamente e implicitamente rigettata in primo grado, in assenza di impugnazione da parte di PM o parte civile, non potrebbe che essere illegittima; così come non potrebbe essere considera legittima qualora disponesse un aumento dell’importo della medesima concessa in primo grado.
6 LA RINNOVAZIONE DELL’ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE ANTE