• Non ci sono risultati.

6 LA RINNOVAZIONE DELL’ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE ANTE RIFORMA ORLANDO

2.4 LA SENTENZA LOREFICE C ITALIA

Lo studio delle pronunce della Corte europea non può che concludersi con la decisione Lorefice c. Italia286287, sia in quanto trattasi di una sentenza

282 A. Macchia, Le novità dell’appello: rinnovazione dell’appello, concordato sui motivi, op cit, pag 10

283 A. Macchia, ibidem

284 Corte EDU, 27.04.2017, Asatryan c. Armenia

285 Commento a Asatryan c. Armenia, in Processo penale e giustizia, http://www.processopenaleegiustizia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2045: corte-edu-27-aprile-2017-asatryan-c-armenia&catid=155&Itemid=214

286 Corte EDU, I sez, 29.06.2017, Lorefice c. Italia

287Il caso: nel gennaio del 2009 il Tribunale di Sciacca assolveva il ricorrente per fatti che, secondo l’accusa, integravano le fattispecie di estorsione, detenzione di materie esplodenti, furto tentato e favoreggiamento personale. Il Tribunale riteneva, nel valutare il compendio probatorio, decisive le

98

direttamente riferita all’ordinamento domestico sia in relazione agli effetti spiegati: ovvero la condanna unanime rivolta all’Italia per l’accertata violazione dell’articolo 6 par.1 Cedu. Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte, il principio dell’equo processo risulta leso per difetto di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale nel giudizio penale di appello288. In particolare,

secondo quanto accertato dalla Corte di Strasburgo, il ricorrente è stato condannato per la prima volta in appello a seguito della rivalutazione in

malam partem del medesimo compendio probatorio che aveva condotto

all'assoluzione in primo grado, senza previa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. Questa situazione ha avuto origine dalla convinzione della Suprema Corte di non ritenere che al caso Lorefice potessero essere applicati i principi affermati in Dan c. Moldavia, adducendo che la riforma della sentenza d’appello fosse derivata non dalla differente valutazione della credibilità o meno di un testimone, ma da una lettura logicamente orientata degli elementi di prova travisati dal giudice di prime cure289.

Perciò, per mezzo di quest’ultima pronuncia, è stato confermato l’orientamento che risulta ormai consolidato da una lunga serie di precedenti290: la valutazione di affidabilità delle fonti di prova uniche o

determinanti per la decisione giurisdizionale sulla colpevolezza o l’innocenza dell’accusato non può essere puntualmente svolta mediante la sola rilettura del verbale precedente. In linea di principio per giungere al

dichiarazioni incriminanti rese dai testi. Per il giudice a quo esse risultavano poco credibili, non supportate da elementi ulteriori e addirittura false.

La Corte di Appello di Palermo, a seguito di ricorso presentato dalla Procura e dalla parte civile, con sentenza del febbraio 2012, condannava il ricorrente. Alla base di tale pronuncia, il Giudice d’Appello aveva posto una rivalutazione delle dichiarazioni rese dai testi, giungendo a ritenere che essi fossero invece credibili e che dimostrassero senza alcun dubbio la colpevolezza dell’imputato. La Corte era così giunta a tale conclusione senza nuova escussione.

288 S. Filippi, Aspettando la Grande Chambre: uno sguardo alla sentenza Lorefice c. Italia e alla giurisprudenza precedente in materia di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello nel processo penale, in Diritti comparati,

http://www.diritticomparati.it/aspettando-la-grande-chambre-uno-sguardo-alla-sentenza- lorefice-c-italia-e-alla-giurisprudenza-precedente-materia-di-rinnovazione-dellistruttoria- dibattimentale-appello-nel-processo-p/

289 S. Filippi, Aspettando la Grande Chambre: uno sguardo d’insieme alla sentenza Lorefice c. Italia e alla giurisprudenza precedente in materia di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello nel processo penale, op cit

99

ribaltamento di una sentenza di proscioglimento occorre procedere alla rinnovazione dell’attività istruttoria, consentendo al giudice dell’impugnazione di “cogliere dal vivo il contegno del testimone”291.

Tale pronuncia non si limita tuttavia a confermare un orientamento giurisprudenziale consolidato. Vi sono in tal senso degli aspetti della predetta sentenza meritevoli di analisi. Tra questi la collocazione temporale: la condanna europea è avvenuta contestualmente alla riforma Orlando, che, per mezzo dell’inserimento nell’innovativo comma 3bis all’articolo 603 c.p.p., sembra finalmente allinearsi al dictum europeo in materia di

overturning in appello di sentenze di proscioglimento. E’ da sottolineare che,

per quanto la volontà del Legislatore interno di allinearsi alle direttive di Strasburgo sia effettivamente tangibile, il recepimento contestuale di autorevoli indirizzi espressi dalla Corte di cassazione ha generato un quadro in cui l’ambito applicativo della rinnovazione obbligatoria appare attualmente ancora poco prevedibile292.Questa incertezza deriva dal fatto

che, stando alla lettera della disposizione del nuovo comma 3bis art. 603 c.p.p., non risulta agevolmente circoscrivibile il suo ambito di applicazione, lasciando così aperte questioni ermeneutiche di rilievo. Nonostante le incertezze applicative formulate dalla disposizione, è nondimeno possibile individuare un nucleo di diritto pacifico: con l’introduzione del nuovo comma, l’appello è sempre più incline ad assumere la morfologia del giudizio di primo grado, compiendo un netto distacco dall’intento riformativo del 1988, rivolto invece a concepire il giudizio di secondo grado come controllo sulla prima decisone e non come gravame293. Da tale angolo visuale, dalla

sentenza Lorefice è recepibile un monito a sondare gli indirizzi espressi

291 F. Zacchè, Il diritto al confronto nella giurisprudenza europea, in A. Gaito e D. Chinnici, Regole europee e processo penale, Wolters Kluwer Cedam, 2016, p. 223.

292 L. Pressacco, OSSERVATORIO SOVRANAZIONALE CONSIGLIO D’EUROPA E CEDU: Una censura ampiamente annunciata: la Corte di Strasburgo condanna l’Italia per il ribaltamento in appello dell’assoluzione senza rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, in Diritto penale contemporaneo,https://www.penalecontemporaneo.it/pdf-viewer/?file=%2Fpdf-

fascicoli%2FDPC_7-8_2017.pdf#page=260 , pag 260

293293 S. Filippi, Aspettando la Grande Chambre: uno sguardo d’insieme alla sentenza Lorefice c. Italia e alla giurisprudenza precedente in materia di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello nel processo penale, op cit

100

dalla Corte europea in subiecta materia, senza coltivare la facile illusione per cui il contrasto con l’ordinamento convenzionale dovrebbe ormai considerarsi un’ipotesi del tutto anacronistica294.

Un ulteriore punto, connesso al primo, riguarda sempre il momento in cui l’ordinamento italiano si allinea all’orientamento europeo consolidato in materia di overturning, in quanto ciò avviene proprio contestualmente alla messa in discussione del proprio dictum da parte della Corte europea. Se, infatti, come abbiamo visto in precedenza, già la sentenza Dan c. Moldavia era portatrice di un principio da lungo tempo espresso dalla giurisprudenza dei diritti dell’uomo, le seguenti pronunce295 non facevano altro che

supportarne il credo. Mentre, in un breve arco temporale rispetto alla sentenza Lorefice c. Italia, la Corte si esprime anche nei casi Kashlev c. Estonia296 e Chiper c. Romania297, che condividono una posizione meno

garantistica per il diritto di difesa dell’imputato, discordante rispetto alle precedenti. Perciò visto il derivante clima di incertezza, che i recenti interventi hanno generato, sembrerebbe auspicabile attendere un intervento della Gran Camera, al fine di chiarire se la globale rivalutazione del patrimonio conoscitivo giudiziale, la formulazione di una motivazione rafforzata da parte del giudice dell’impugnazione e la rinuncia dell’imputato ad escutere nuovamente i testimoni siano da considerarsi garanzie procedurali sufficienti ad impedire un arbitrario od irragionevole apprezzamento delle prove da parte del giudice di secondo cure298. Ci si

riferisce a quelle garanzie che, di contro, lo Stato italiano, con la sentenza in analisi, ritiene invece idonee a supportare un “procès équitable”299.

294 L. Pressacco, OSSERVATORIO SOVRANAZIONALE CONSIGLIO D’EUROPA E CEDU: Una censura ampiamente annunciata: la Corte di Strasburgo condanna l’Italia per il ribaltamento in appello dell’assoluzione senza rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, op cit, pag 260

295 In linea con Dan c. Moldavia, possono citarsi tra le varie: Hanu c. Romania, Manolochi c. Romania, Fleuras c. Romania

296 Corte EDU, sez. II, 26.04 2016, Kashlev c. Estonia 297 Corte EDU, sez. IV, 27.06.2017, Chiper c. Romania 298 L. Pressacco, op cit, pag 260

299 S. Filippi, Aspettando la Grande Chambre: uno sguardo d’insieme alla sentenza Lorefice c. Italia e alla giurisprudenza precedente in materia di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello nel processo penale, op cit

101

3 IL PERCORSO RICETTIVO DEI PRINCIPI EUROPEI

NELL’ORDINAMENTO ITALIANO PRIMA DELL’AVVENTO DI DAN C. MOLDAVIA

L’ordinamento nazionale non si è mostrato da subito recettivo ed immediatamente pronto ad accogliere le ricadute delle pronunce della giurisprudenza europea in materia di overturning. Tuttavia, quantunque non del tutto reattivo, l’ordinamento domestico ha uniformato la normativa nazionale agli standards strasburghesi. Ebbene, tale percorso di conformazione prende le mosse proprio dalla sentenza Dan c. Moldavia, nonostante, come detto, essa non fosse altro che la portavoce di un più risalente e radicato orientamento giurisprudenziale. Il recepimento dei principi di diritto enucleati dalla giurisprudenza sovranazionale ha condotto ad una improvvisa attenzione dei giudici nazionale per tali valori, con conseguente formazione di un dialogo fra corti fautore di una

“riperimetrazione dei confini della rinnovazione probatoria nel giudizio di appello”300.

Le innovative pronunce nazionali hanno così svolto il ruolo di correttivo della “disarmonia strutturale”301 di un rito connotato da un primo grado di giudizio

in cui alla previsione di una nullità assoluta qualora la sentenza non sia emessa dagli stessi giudici che hanno assistito alla formazione della prova, si associava un secondo grado di giudizio in cui l’applicazione dei canoni accusatori è prevista solo eccezionalmente302. Ne consegue che la piena

applicazione nel processo di prime cure dei principi dell’oralità, dell’immediatezza e del contradditorio risulta incompatibile con un possibile ribaltamento fondato su una rivalutazione meramente cartolare.

Ciò posto, venendo ad una analisi storico-sistematica dei possibili rimedi introdotti al fine di limitare il capovolgimento di decisioni di primo grado, va

300 A. Fiaschi, la rinnovazione della prova dichiarativa in appello per riformare la condanna di

primo grado, in diritto penale e processo, 7/2015, pag 868

301 S. Tesoriero, La rinnovazione della prova dichiarativa in appello alla luce della CEDU, op cit,

pag 246

102

osservato che tale studio può essere suddiviso in due distinte fasi segnate dalla c.d. Legge Pecorella303 che, precludendo l’appellabilità delle sentenze

di proscioglimento per il PM, aveva cercato di introdurre una più accentuata tutela per l’imputato, in seguito vanificata dalla declaratoria di incostituzionalità.

Ebbene, la prima fase è segnata dalla non ancora avvenuta codificazione del principio della condanna ‘‘al di la` di ogni ragionevole dubbio’’. Preme tuttavia sottolineare che il principio in questione risultava consolidato nella prassi. Sempre connotante la fase ante riforma è il sindacato sul vizio di motivazione in Cassazione, che presenta il limite testuale del ‘‘provvedimento impugnato’’.

La seconda fase si connota invece per la positivizzazione del principio del ragionevole dubbio, valore che ha trovato riconoscimento nell’articolo 533 c.p.p.. Altro snodo caratterizzante l’attuale volto del processo penale è stata la pronuncia della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità della disposizione che precludeva al P.M. di impugnare la sentenza di proscioglimento304. Diverso è anche il perimetro del sindacato del vizio di

motivazione in Cassazione, non solo esperibile sulla base del testo del provvedimento impugnato ma anche su ‘‘altri atti del processo

specificamente indicati nei motivi di gravame’’305.

Tra le pronunce della giurisprudenza di legittimità celebrative del primo periodo è possibile citare le sentenze Contrada306, Andreotti307 e infine

Mannino308.

In queste decisioni lo sforzo di limitare il possibile overturning si è concentrato sul terreno del rafforzamento dell’obbligo motivazionale della prima sentenza di condanna in appello e della valorizzazione del canone

303 Legge 20.2.2006 n 46

304 Corte cost., 6.02. 2006, n. 26 e Corte cost., 4.04 2007, n. 85 305 V. Aiuti, L’art 603 c.p.p. dopo Dan c. Moldavia, op cit, pag 1002 306 Cass. penale, IISez., 3.04.2003, n.15756, in C.E.D. Cass., n. 225564 307 Cass. penale, Sez. un., 30.10.2003, n. 45276, in Cass. pen., 2004 308 Cass. penale, Sez. un., 12.07.2005, n. 33748, in Corr. Merito,2006

103

del ragionevole dubbio309. Infatti nelle succitate sentenze emerge uno standard decisorio della motivazione in appello affidato a più o meno

rigorose articolazioni del criterio del dubbio ragionevole. Tuttavia si manifesta una spinosa problematica, riguardante l’ipotesi in cui una motivazione logicamente ineccepibile si basi su informazioni che non risultano dagli atti del processo o, ignorando certe fonti di prova, dia fatalmente per accertati fatti non corrispondenti al vero. E ciò prestava a maggior ragione il fianco a critiche in un ordinamento in cui, come già ricordato, il sindacato di legittimità era limitato al testo del provvedimento impugnato, di tal che non era consentito rilevare questo tipo di vizi310.

La sentenza Contrada è emblematica dell’orientamento giurisprudenziale allora prevalente circa l’obbligo di motivazione in appello, nonostante il caso in questione non abbia propriamente a che fare con le dinamiche che ci interessano: infatti non tratta di un caso di condanna ma di proscioglimento in secondo grado. Dalla medesima si legge invero che la motivazione deve esprimere la ‘‘dimostrazione dell’incompletezza o della non correttezza

ovvero dell’incoerenza delle relative argomentazioni [della sentenza di primo grado] con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente dimostrazione che, sovrapponendosi in toto a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. Ne consegue che il giudice di appello, allorché prospetti ipotesi ricostruttive del fatto alternative a quelle ritenute dal giudice di prima istanza, non può` limitarsi a formulare una mera possibilità, come esercitazione astratta del ragionamento disancorata dalla realtà processuale, ma riferirsi a concreti elementi processualmente acquisiti, posti a fondamento di un iter logico che conduca, senza affermazioni apodittiche, a soluzioni divergenti da quelle prospettate da altro giudice di merito’’. Dal dictum della Suprema Corte è

possibile intravedere la finalità di prevenire la formulazione di vizi che allora

309 A. Fiaschi, la rinnovazione della prova dichiarativa in appello per riformare la condanna di primo

grado, in diritto penale e processo, 7/2015, pag 869

104

si ritenevano incensurabili in Cassazione, presentando “un metodo

argomentativo ricalcato sui passi di una falsificazione scientifica: dalle prove acquisite, tramite le ipotesi formulate, ai fatti accertati”311.

Riguardo invece all’intervento della Corte di legittimità sul caso Andreotti, va osservato che si tratta di una pronuncia che presenta un’innovativa analisi. Essa infatti evidenzia con originalità il contrasto tra il modello accusatorio e un appello dal carattere inquisitorio, che consente il ribaltamento del ‘‘costrutto logico della decisione di proscioglimento

dell’imputato, all’esito di una mera rilettura delle carte del processo e di un contraddittorio dibattimentale ex actis’’. Ciò che però ha reso celebre la

suddetta pronuncia è l’escamotage elaborato per far in modo che la Corte di legittimità potesse avere sindacato nel caso in cui il giudice di secondo grado, avendo tralasciato le richieste di prova a discarico, concentrasse l’accertamento sulle sole fonti d’accusa, dando quindi per esistenti fatti non avvenuti. La Corte di Cassazione, sulla base di una diversa lettura dell’allora vigente art. 606, 1º comma, lett. e), c.p.p., ha legittimato il controllo sul ‘‘travisamento del fatto per omessa valutazione di una prova contraria

decisiva’’, con riguardo alle sole ipotesi di condanna in appello,

denunciandone la forma di motivazione lacunosa per un difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Da tale angolo visuale quindi la Corte nomofilattica, su impulso di parte, avrebbe dovuto comparare le diversità tra la sentenza di condanna in appello, la sentenza di assoluzione in primo grado e le memorie o gli atti con cui la difesa eventualmente avesse contrastato l’impugnazione del P.M. prospettando ‘‘al giudice d’appello l’avvenuta acquisizione dibattimentale di

altre e diverse prove, favorevoli e nel contempo decisive, pretermesse dal giudice di primo grado nell’economia di quel giudizio, oltre quelle apprezzate ed utilizzate per fondare la decisione assolutoria’’. Ricorrendo

ad una estensione degli oneri di allegazione, il sindacato di legittimità

105

sarebbe stato così in grado di censurare la più rilevante tra le mancanze motivazionali, senza che questo portasse a sconfinare nel merito312.

L’ultima sentenza rappresentativa della prima fase di adattamento vissuta dall’ordinamento domestico è la pronuncia Mannino, rilevante per aver riassunto il diritto vivente sull’obbligo di motivazione in secondo grado. Il dovere di motivare, previsto dalla Costituzione e sanzionabile mediante ricorso per Cassazione, deve declinarsi in una confutazione dei più rilevanti

argomenti della motivazione di primo grado, di cui devono essere dimostrate l’incompletezza e l’incoerenza, e nell’esplicitazione delle linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio. Seppur l’onere di

confutazione e quello di motivazione non sono quindi concepiti come i più rilevanti, tuttavia, se considerati insieme, esprimono l’incipit di quella che attualmente viene definita “motivazione rafforzata’’. Il rispetto del percorso motivazionale richiesto dalla sentenza Mannino, attraverso la metodologia chiarita dalla sentenza Contrada, unito alla capacità della Cassazione di sindacare il travisamento del fatto nei limiti illustrati dalla sentenza Andreotti, saldavano la tenuta logica della condanna in appello alla possibilità giuridica per l’imputato di individuarne i più gravi scollamenti rispetto al processo313.

Arrivando alla seconda fase si registra un rapido disinteresse circa il sindacato di legittimità sulla motivazione, ormai adeguatamente disciplinato dal codice di rito, viste le innovazioni introdotte dalla legge 46 del 2006. L’attenzione giurisprudenziale si focalizza perciò sull’apparente incompatibilità delle condanne per la prima volta in appello col criterio dell’al di là di ogni ragionevole dubbio.

Si tratta di un percorso notevolmente segnato dall’intervento della Corte costituzionale, nel dichiarare incostituzionale la previsione di inappellabilità dei proscioglimenti da parte del P.M.314, in quanto produttiva di una

“dissimmetria radicale” nella posizione delle parti processuali, non

312 V. Aiuti, L’art 603 c.p.p dopo Dan c. Moldavia, op cit, pag 1003 313 V. Aiuti, op vit, pag 1003

314Si allude a: Corte cost, n26/2007.Per mezzo di tale sentenza la Consulta ha dichiarato

l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della novella legislativa nella parte in cui, sostituendo l’art 593 c.p.p., esclude che il p.m. possa appellare contro le sentenze di proscioglimento

106

giustificata da ragioni di adeguatezza e proporzionalità315. La logica che la

Corte costituzionale non riteneva condivisibile riguardava quella di agire, una volta riscontrato un deficit di garanzia di una parte, sottraendo i poteri della controparte, quando, al fine di bilanciare le facoltà delle parti del processo, appare più opportuno ricercare positive soluzione che possano escludere il difetto316. La Consulta si è altresì confrontata con i dubbi

sistematici sollevati dalle Sezioni Unite nel citato caso Andreotti, disconoscendone le principali argomentazioni. Ciò posto, la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi su una questione sistematica di così significativo rilievo, ha chiarito che il ragionevole dubbio non si pone in contraddizione strutturale con il ribaltamento del proscioglimento, poiché ‘‘la

previsione di un secondo grado di giurisdizione di merito trova la sua giustificazione proprio nell’opportunità di una verifica piena della correttezza delle valutazioni del giudice di primo grado, che non avrebbe senso dunque presupporre esatte, equivalendo ciò` a negare la ragione stessa dell’istituto dell’appello’’; nè il rapporto ‘‘solo ‘‘mediato’’ che il giudice d’appello ha con le prove’’ consente di preferire istituzionalmente il proscioglimento in primo

grado alla successiva condanna, visto che il problema tende a riproporsi anche in ipotesi in cui una condanna possa essere modificata in pejus. Espressiva di questo secondo orientamento è altresì una sentenza della Suprema Corte317 che, richiamando e completando una giurisprudenza in

via di affermazione318, dispone che “ se per la riforma di una decisione assolutoria, non è sufficiente una diversa valutazione caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, ma occorre che la sentenza d’appello abbia una forza persuasiva superiore,

315 V. Marchese, La reformatio in peius della sentenza di assoluzione tra vincoli europei e diritto

ad un equo processo, in Archivio penale 2013 n3,

file:///C:/Users/sara/AppData/Local/Temp/8.Questioni.Marchese.Appello.Equo-processo.pdf pag 3

316 Corte cost, n26/2007: “Il rimedio ad eventuali deficit delle garanzie che assistono una parte

processuale va rinvenuto in soluzioni che escludono quel difetto e non già in una eliminazione di poteri della parte contrapposta che generi un radicale squilibrio nelle rispettive posizioni”

317 Cass. penale, III sez, 27.09.2012, n42007, in Cass pen ,2013

318 Cass. penale, VI sez, 3.11.2011, n40159 in C.E.D. Cass, n251066; Cass penale, IV sez, 26.10.2011,