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2.3. A TTUALE R UOLO G EOPOLITICO DEI S ISTEMI S PAZIALI

2.3.2. Attività spaziali e proliferazione balistica

Uno degli aspetti più evidenti delle attività spaziali risiede nella costante difficoltà di distinguere, in modo preciso ed inequivocabile, fra attività militari ed attività civili. Nella quasi totalità dei casi, non è possibile andare oltre la definizione di una ‘prevalente natura’ civile o militare delle attività spaziali, dal momento che le applicazioni sono caratterizzate da una marcata contiguità, che consente un elevato grado di osmosi degli assetti originalmente destinati ad impieghi civili o militari.205 202

Da: Valori G. E., 2006, op.cit., pp. 5-7, 9 203

Da: Dolman C.Everett, Astropolitik, Classical Geopolitics in the Space Age, Frank Cass Publishers, Portland (Oregon), 2002, p. 8; Lambeth S. B., Air Power, Space Power and Geography, in: Gray S. C., Sloan G. (eds.), Geopolitics Geography and Strategy, Frank Cass Publishers, London-Portland, 1999 (reprinted 2003), p. 67-78

204 Da: Rumsfeld H. D., Report of the Commission to Assess United States National Security Space Management

and Organization, Washington DC, 2001

205 questa condizione è ricorrente nel caso dei satelliti per telecomunicazioni, sui quali spesso convivono senza problemi flussi destinati alle comunicazioni e canali destinati ad usi militari. Oppure si possono proporre casi come quello della rete di comunicazioni satellitari francese SYRACUSE. Due satelliti militari di questo sistema sono connessi alla rete satellitare civile di France Telecom. Da: Valori G. E., 2006, op.cit., p. 44 La validità del concetto di intercambiabilità degli assetti è stata dimostrata anche in senso contrario. Nel corso della guerra del Golfo del 1991, nonostante il riposizionamento di due satelliti militari per telecomunicazioni della rete DSCS (Defense Satellite Communication System), le forze statunitensi dovettero

La marcata natura duale del settore spaziale deriva, in parte, dal fatto che lo sviluppo iniziale è stato motivato da esigenze squisitamente politiche e strategiche, alle quali solo in un momento successivo si sono aggiunte esigenze scientifiche e tecnologiche di natura prevalentemente civile. Esigenze scientifiche che erano già state, in larga parte ed in termini pragmatici, affrontate in precedenza, considerando i requisiti basilari richiesti dall’esplorazione spaziale. La particolare severità dell’ambiente spaziale impone, infatti, costanti ed attenti approfondimenti multidisciplinari, che mobilitano l’intera gamma delle conoscenze umane, dall’elettronica alla psicologia, dalla tecnologia dei materiali alle radiazioni cosmiche, dalla chimica dei propellenti alla biologia molecolare.

Ciò premesso, appare comprensibile l’elevato grado di intercambiabilità delle applicazioni della tecnologia spaziale, che rende estremamente arduo procedere ad una netta attribuzione ad uso militare o civile di conoscenze, tecnologie, materiali e procedure impiegate nel settore, in cui predomina il concetto del ‘dual-use’, cioè di risorse conoscitive e tecnologiche che trovano utile impiego in applicazioni civili, militari e/o di intelligence.

A questo concetto non si sottraggono nemmeno le strutture organizzative, spesso costituite e, almeno inizialmente, alimentate con risorse umane e materiali provenienti da comparti militari, con i quali continuano necessariamente a mantenere stretti legami. Un esempio emblematico è rappresentato dalla NASA, fin dall’inizio costituita come agenzia civile, nettamente separata dalle attività spaziali militari, ma autorizzata dallo Space Act del 1958 ad interagire con la Difesa e l’intelligence, a supporto della sicurezza nazionale statunitense. Interazione che non era solo legata, ad esempio, al reclutamento degli astronauti, ma anche alla necessità di concorrere al conseguimento degli obiettivi geopolitici e geostrategici individuati dalla leadership politica. Il programma Apollo, con obiettivo lo sbarco del primo uomo sulla luna, era stato voluto dal presidente Kennedy, il quale, come detto, aveva fatto della parità strategica e del superamento del “gap missilistico” uno degli argomenti centrali della propria campagna elettorale.206

fronteggiare l’eccesso di esigenze acquisendo capacità aggiuntive dal mercato commerciale delle comunicazioni satellitari. Analogamente, i satelliti commerciali per telerilevamento ottico, tipo Landsat (americano) e SPOT (francese), dotati di sensori con adeguato grado di risoluzione, furono utilizzati per l’acquisizione addizionale di dati, utilizzati per la formazione di prodotti IMINT non classificati e per la pianificazione di missioni. Da: Lambeth S. B., Air Power, Space Power and Geography, in: Gray S. C., Sloan G. (eds.), Geopolitics Geography and Strategy, Frank Cass Publishers, London-Portland, 1999 (reprinted 2003), p. 74-75

206 nel discorso The First Man on the Moon del 1960, il presidente John F. Kennedy aveva annunciato la volontà di perseguire con ancora maggiore energia gli obiettivi di politica spaziale individuati dalla precedente amministrazione Eisenhower e definiti nello Space Act del 1958. Da: Valori G. E., 2006, op.cit., pp. 12, 15

Gli USA sono lo Stato che più di tutti ha saputo avvantaggiarsi, in termini economici e produttivi, delle tecnologie derivanti dai cospicui investimenti effettuati nel campo della ricerca spaziale. Grazie anche alla particolare struttura dei grandi complessi industriali presenti nel tessuto economico e produttivo americano e dei loro rapporti con la ricerca scientifica, il processo di spin-off del settore spaziale statunitense ha contribuito significativamente a consolidare la superiorità economica e tecnologica del Paese.207

In merito alla vendita di vettori missilistici, non esistano precedenti di vendita sistemi a lunga gittata, tipo ICBM, rendendo difficile quantificare un prezzo di cessione, anche solo a livello indicativo. Invece, per i missili di Teatro (TBM), è stato riportato che il Brasile si aspettava di ottenere oltre US$ 10 milioni per ogni missile Condor-II, la cui portata di 1.000 Km , mentre la Cina ha incassato 20 milioni di dollari per ciascuno dei missili CSS-2 da 2.200 km di gittata venduto all’Arabia Saudita.

Secondo studi condotti negli USA, ogni missile intercontinentale avanzato ad elevate prestazioni tipo Peacekeeper è costato al bilancio della difesa 65 milioni di dollari. A 50 milioni di dollari per missile, un Paese che voglia costruire un arsenale di 40 vettori ICBM deve investire 2 miliardi di dollari. Se si compara con i circa 200 milioni di dollari che l’Iraq ha pagato per la costruzione dell’impianto di produzione dei suoi missili Saad-16, appare chiaro che, al di là di oggettive difficoltà tecnologiche, le economie di molti paesi non sono in grado di supportare contemporaneamente programmi per acquisire capacità nucleari e di produzione di ICBM.

Per costruire un ICBM, paesi come l’Iran, l’Iraq, la Siria e la Libia debbono acquisire all’estero determinate tecnologie, senza manifestare apertamente la loro destinazione d’uso. Questi paesi possono produrre o importare acciaio con caratteristiche equivalenti a quelle dei materiali impiegati sui primi Minutemen-II statunitensi. Se invece vogliono costruire l’involucro di un motore in materiale composito, allora sono costretti ad importare i necessari macchinari di avvolgimento fibre, in alternativa, da USA, Russia, Francia, Germania, Gran Bretagna o Sud Africa. La Cina è in grado di fornire macchinari basati sul reverse-engineering di prodotti basati sulla tecnologia sovietica e, in parte, occidentale.

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le tecnologie collaterali al progetto Apollo generavano una sequenza di applicazioni in rapporto di 3:1, cioè per ogni tecnologia espressamente sviluppata per le esigenze del progetto spaziale, derivavano tre applicazioni tecnologiche utilizzate nelle normali applicazioni ad elevata diffusione. L’introduzione di una nuova generazione di tecniche di progettazione e sperimentazione applicata ai sistemi spaziali, dovrebbe migliorare tale rapporto, portandolo ad almeno 5:1, secondo quanto previsto dalla NASA e dagli analisti finanziari delle banche d’affari internazionali interessate al settore. Da: Valori G. E., 2006, op.cit., p. 95

Oltre che i tradizionali centri di produzione di propellente solido in Francia, Svezia, Norvegia, Germania e Stati Uniti, molti paesi europei con industrie operanti per il comparto della difesa, come la Repubblica Ceca, hanno determinate capacità in questo settore.

In aggiunta, il Pakistan è in grado di produrre piccoli motori a propellente solido, utilizzabili come strap-on booster. Anche il Sud Africa possiede capacità di produzione di propellente solido e, a richiesta, è in grado di esportare piccoli motori a propellente solido.

paesi proliferanti che desiderano adottare propellenti liquidi per i loro vettori a lungo raggio - e non vogliono applicare il concetto “strap-ons“ - debbono approvvigionare turbopompe ad alta pressione, resistenti agli agenti corrosivi, prodotte principalmente in Germania, Svezia, Stati Uniti, Francia e Russia. L’iniezione del propellente in camera di combustione mediante la pressione di gas provenienti da bombole o da generatori a combustibile solido rappresentano soluzioni praticabili solo su missili di dimensioni (e gittate) modeste.

I ‘pacchetti’ hardware e software necessari per i sistemi di guida e controllo, che richiedono tempi di reazione dell’ordine del millisecondo o inferiori, determinano la precisione del missile alle massime distanze. Ogni nazione industrializzata produce componenti o complessivi che, se appropriatamente costruiti, possono trovare utile applicazione nella costruzione di unità di misura inerziale. Oltre che negli USA, questi prodotti sono disponibili in Belgio, Germania, Francia, Olanda, Svezia, Norvegia, Finlandia, Austria, Repubblica Ceca, Ungheria, Russia, Italia, Cina, Corea del Nord, Corea del Sud, Taiwan, Australia, Nuova Zelanda, Egitto e India.

In generale, una unità di controllo e guida che utilizzi computer digitali e sia congrua per un vettore a più stadi non può essere costruita cannibalizzando parti di vecchi sistemi di guida analogici.

Nel caso si desideri un elevato grado di precisione, è necessario prevedere che la testata bellica sia montata su una piattaforma di rientro (RV) dotata di capacità di manovra. Una possibile soluzione è rappresentata dall’utilizzo, in alternativa, di piccoli motori a propellente liquido, generatori di spinta a gas freddo o di numerosi, piccoli motori a propellente solido.

L’azione di questi motori deve essere assistita da una piccola unità di guida, controllo e navigazione, che rimane unita alla piattaforma sino a quando le testate non sono rilasciate. In questa fase della traiettoria, molti missili a maggiore portata sfruttano

ricevitori GPS, opportunamente modificati per operare ad altezze e a velocità particolarmente elevate.

Dal momento che le tecnologie GPS rappresentano attualmente un patrimonio condiviso a livello globale, rimane praticabile – anche se non provata – l’ipotesi che un paese proliferante possa approvvigionare sistemi consentiti dalle restrizioni alle esportazioni e procedere alla loro modifica, per renderli idonei ad impieghi missilistici. 208

Al momento, sette paesi - USA, Russia, Cina, Francia, Giappone, India e Israele – possiedono veicoli di lancio spaziale, dimostrando una generale capacità di produrre missili balistici ICBM, con gittate superiori ai 5.500 km, e di sviluppare sistemi di lancio per l’immissione in orbita di sonde e satelliti spaziali.

L’esperienza di Israele ha dimostrato il chiaro legame fra un programma di lancio spaziale e un sistema missilistico militare: il vettore Shavit, utilizzato per la messa in orbita del primo satellite israeliano, è sostanzialmente una compia ingrandita del missile Jericho II. Benché non abbia lanciato alcun veicolo spaziale, l’Ucraina ha prodotto un vasto assortimento di sistemi di lancio, incluso l’unico ICBM pesate, l’SS-18. Il programma di sviluppo di una sonda spaziale condotto dal Brasile ha molteplici punti in comune con i programmi ICBM e il Pakistan ha sviluppato la sua prima generazione di razzi con caratteristiche che evidenziano l’obiettivo di arrivare a produrre un ICBM. Sotto le pressioni politico-diplomatiche statunitensi, nel 1993 Taiwan ha abbandonato il proprio programma di lanci spaziali, anche se mantiene residue conoscenze e capacità costruttive. La Corea del Sud e l’Indonesia, che in passato aspiravano ad acquisire capacità ICBM, hanno abbandonato i loro programmi in seguito alla pressione e alle misure economiche degli USA.