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Deterrenza nucleare e missilistica nell’era post-bipolare

2.2. Meccanismi della Deterrenza

2.2.4. Deterrenza nucleare e missilistica nell’era post-bipolare

Dopo la fine della guerra fredda, le superpotenze iniziavano la graduale dismissione e smantellamento di parte dei loro arsenali missilistici, ma altri attori intensificavano gli sforzi per dotarsi di armi missilistiche. Mentre la proliferazione e le opzioni del progresso tecnologico continuavano ad innalzare il profilo di utilità dei vettori balistici in ambito regionale, molti attori internazionali si interrogavano sul modo e sulla misura in cui il fenomeno poteva incidere sulla stabilità o instabilità dei futuri equilibri di potenza globali. Alcuni osservatori individuavano un trend di sostanziale incremento dei regionalismi, in parte riconducibile al disimpegno delle maggiori potenze che in alcune aree consentiva l’emergere di animosità latenti, ed in altre determinava la percezione di vuoti di potere tali da incentivare i più robusti attori locali a competere per il predominio regionale. In questo secondo caso, la proliferazione missilistica offriva capacità potenziali di determinare danni ingenti a grande distanza, svincolati dai rischi degli equipaggi di volo e delle complessità e costi delle infrastrutture terrestri richieste dai tradizionali mezzi del potere aereo. Inoltre, la capacità missilistica si poteva esprimere in tempi estremamente contratti, con preavvisi ridotti e scarsa vulnerabilità nei confronti delle difese aeree.182 Nella prospettiva dei paesi che intendevano dotarsi di missili balistici e da crociera183 non si poteva escludere anche una forte aspirazione

181 perplessità alimentate anche da quella che è chiamata ‘dottrina Bush’, elaborata all’indomani degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 ad obiettivi sul territorio statunitense. Nella nuova visione geostrategica americana, le opzioni militari prevedono l’impiego della triade nucleare combinata con l’uso di strumenti convenzionali, operanti nell’ambito di un sistema organizzativo e di supporto realizzato da infrastrutture, a carattere prevalentemente spaziale ed in grado di assicurare sia un ragionevole preavviso sulla provenienza e natura delle minacce emergenti, sia un quadro di interconnessione ed integrazione molto spinta in fase di impiego degli strumenti militari. Da: Valori G. E., 2006, op.cit., pp. 67-70

182 Da: Clarke R.S. (Squadron Leader), The Regional Emergence of Strategic Missiles: A Force of Rooks for a

Black King, APSC Paper N. 55, Air Power Studies Centre, RAAF Base, Fairbairn (Australia), 1997;

consultabile alla pagina Web: http://www.fas.org/irp/threat/missile/index.html (26.06.2009)

183 nel prosieguo, per ‘missili balistici’ si intendono vettori che seguono una traiettoria balistica, prevalentemente esoatmosferica. Normalmente lanciati da piattaforme terrestri, in alcuni casi da sottomarini, sono generalmente guidati solo faase propulsa, all’inizio del volo, per proseguire sino all’obiettivo seguendo una traiettoria determinata dalle leggi fisiche della gravitazione. Questo introduce una elevata imprecisione intrinseca del sistema d’arma, ma la velocità di arrivo supersonica conferisce significativi vantaggi operativi, vanificando ogni misura di difesa in questa fase. Sofisticati sistemi di guida terminale possono offrire gradi di accuratezza inferiori ai 50 metro di CEP (errore circolare probabile), ma al momento i sistemi d’arma dei paesi proliferanti possiedono CEP dell’ordine dei 1.000 m, come nel caso dei sistemi del tipo SCUD-B. Invece, i missili di crociera, correntemente indicati anche come cruise, lanciati dalla superficie (o da

alla autosufficienza in termini di sicurezza nazionale, motivata con la sostanziale inaffidabilità nella risoluzione dei conflitti locali ripetutamente dimostrata dalla comunità internazionale e dalle maggiori potenze mondiali. I sistemi missilistici venivano preferiti perché relativamente semplici ed economici, in grado di conferire prestigio e di rappresentare un valido deterrente regionale

Altri analisti, erano di diversa opinione ed individuavano analogie con precedenti periodi storici, come dopo il Congresso di Vienna del 1815 o dopo la pace di Parigi del 1919. In questa prospettiva, veniva introdotta l’ipotesi di un graduale ritorno di nuove forme di multipolarismo, con una stretta componente di politica di sicurezza e di competizione per gli equilibri di potenza. Altri, infine, propendevano per l’affermazione di un sistema unipolare, incentrato sugli USA come unica superpotenza mondiale, rigettando la tesi di declino della potenza statunitense avanzata da Paul Kennedy nel suo libro “La crescita e la caduta delle grandi potenze” e successivamente ripresa dal altri autori.184

In ogni caso, a partire dagli anni '90, la fine del confronto bipolare poneva una serie di nuove questioni strategiche, prima soffocate dalla predominanza della componente nucleare, ed imponeva la ridefinizione di dottrine strategiche idonee a garantire la stabilità del quadro internazionale, considerando i mutamenti intervenuti in seguito alla dissoluzione del blocco orientale.

Numerosi questi si ponevano, ad esempio, sul futuro ruolo del deterrente nucleare, sulle capacità della deterrenza asimmetrica, relativa al bilanciamento fra differenti tipi di armi, e sulla possibile comparsa di attori internazionali ‘undeterrable’, nei confronti dei quali i tradizionali meccanismi della deterrenza risultavano privi di efficacia.185

sommergibili) volano - come gli aerei convenzionali - con modalità aerodinamiche, generalmente a quote relativamente basse. La propulsione è di norma presente in tutte le fasi del volo, incluso il tratto terminale. La precisione dei moderni missili di crociera può arrivare a meno di 6 m di CEP (come nel caso dello statunitense TLAM tipo ‘Tomahawk’), ma nei sistemi in sviluppo nei paesi proliferanti è più realistico un CEP intorno ai 100 m. Da: Carus, W.S., Cruise Missile Proliferation in the 1990s, (The Washington Papers 159), Center for Strategic and International Studies, Washington DC, 1992, pp. 3-13

184

si veda, fra altri: Kennedy P., Aufstieg und Fall der groβen Mächte: Ökonomischer Wandel und militärischer

Konflikt von 1500 bis 2000, S. Fischer Verlag, Frankfurt a. M., 1989, pp. 774-787 (titolo originale: The Rise and Fall of the Great Powers: Economic Changes and Military Coflicts from 1500 to 2000, Random House,

1987) e Kupchan A. C., The End of American Era (U.S. Foreign Policy and the Geopolitics of 21st Century),

Alfred A. Knopf, New York, 2003.

Le maggiori critiche alla tesi di Paul Kennedy venivano motivate con la preminenza commerciale e marittima statunitense, basata sul potere economico e tecnologico. Potere esteso anche al comparto militare, soprattutto dopo l’avvio di una serie di programmi ad elevato contenuto tecnologico, previsti nell’ambito di processi evolutivi della organizzazione e della strategia statunitensi, che vanno a configurare quella che viene correntemente definita come Revolution in Military Affairs (RMA)

185 alcuni analisti avanzavano la proposta di costituire una ‘memoria istituzionale e collettiva’, concernente la teoria e la pratica della prevenzione delle crisi nucleari, sviluppate durante la Guerra Fredda. Questo processo veniva denominato “nuclear learning”, ma i dubbi sulla sua applicabilità negli odierni scenari deriva dal fatto

Come accennato, la tradizionale teoria della deterrenza poggiava su un certo numero di assunti, che includono le nozioni di stabilità e razionalità, di credibilità delle minacce, di appropriate capacità, di efficaci comunicazioni delle minacce, e di unicità delle caratteristiche degli armamenti nucleari. La teoria della deterrenza definiva la stabilità strategica in modo semplice e al fine dichiarato – e condiviso dagli attori interessati – di evitare guerre nucleari.

Nel corso della guerra fredda, il comune interesse al mantenimento della stabilità strategica contribuiva alla definizione di strumenti per la gestione delle crisi. Allo stesso tempo, favoriva l'allargamento dell'area di stabilità attraverso la formazione di alleanze e di garanzie di sicurezza, nonché mediante negoziati sul controllo globale degli armamenti ed attraverso trattati per la riduzione degli arsenali.

Nella tradizionale teoria della deterrenza, la razionalità dell'azione dei vari attori rivestiva un ruolo di particolare rilevanza, come pure la credibilità delle minacce agli occhi dell'avversario, sia dal punto di vista della volontà politica di concretizzarle in caso di necessità, sia in relazione alla idoneità ad attuarle, disponendo di capacità concrete ed adeguate alle esigenze. La problematica delle comunicazioni efficaci investivano gli aspetti relativi sia alla predisposizione degli opportuni canali di comunicazione, sia alla adeguatezza del linguaggio utilizzato.

Secondo Darryl Howlett, ricercatore presso l'università inglese di Southampton, il dibattito sulla proliferazione missilistica e sui programmi di difesa antimissile deve riconsiderare la teoria della deterrenza tradizionale alla luce delle differenti relazioni internazionali di deterrenza che si possono riscontrare. Egli individua tre tipi principali di relazioni, che costituiscono il quadro di riferimento in cui si collocano i differenti casi presenti sulla scena internazionale. Le relazioni di deterrenza consolidate (established relations) sono saldamente strutturate (a livello formale ed informale) e sono stabilite fra due Stati o blocchi di Stati, i cui rapporti sono facilitati anche dalla comune esperienza maturata affrontando e risolvendo le varie crisi dei rapporti bilaterali, allo scopo di mantenere la stabilità strategica. Nelle relazioni semi-consolidate (semi-established relations) le misure per regolare la competizione e la comune interpretazione delle condizioni necessarie per mantenere la stabilità sono allo stadio iniziale, mentre sono state stabilite solo una parte delle procedure, che necessitano di che si riferisce ad una esperienza di competizione marcatamente bipolare, prevalentemente basata sui rapporti di potenza e sulle relazioni fra due attori egemoni, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Da: Hovlett D., New

Concepts of Deterrence, in: Potter C. W., Simpson J. (editors), International Perspectives on Missile Proliferation and Defenses, (Occasional Paper No. 5), MIIS-Center for Nonproliferation Studies, Monterey,

essere integrate da norme pratiche e di essere interpretate in modo univoco. Nelle relazioni non-consolidate (non-established relations), esistono le diverse capacità che possono costituire le basi per la deterrenza, ma manca qualsiasi interazione o procedura (anche informale) per una condivisa interpretazione del concetto di stabilità strategica. Anche l'aspetto della razionalità degli attori considerati dalla strategia della deterrenza, è stato oggetto di recenti dibattiti, che hanno evidenziato, fra l'altro, due problematiche emergenti.

La prima, rileva che sin ad oggi è stata considerata una razionalità ‘occidentale’ – supportata dalla teoria dei giochi o dall'analisi costo/efficacia – che si richiama ad una visione utilitaristica, la quale potrebbe non essere appropriata in altri contesti culturali. La seconda problematica riguarda le caratteristiche delle armi nucleari, che indurrebbero alla prudenza, indipendentemente dal contesto culturale, e che per questo confermerebbero il concetto di razionalità, basato sulla valutazione del costo/efficacia. Queste diverse prospettive vengono considerate nel quadro del dibattito sui motivi per i quali, dopo le due bombe dell’estate 1945, le armi atomiche non sono state mai usate, fatto che ha contribuito alla formazione di una sorta di ‘tabù nucleare’.

Secondo John Simpson, dell'Università di Southampton, non esisterebbero, al momento, nemmeno consolidati strumenti intellettuali o meccanismi in grado, nell'attuale contesto di frammentazione internazionale, di aiutare nella definizione del significato della stabilità strategica, se non la possibilità di “…combinare le capacità minime richieste per garantire un limitato numero di armi di distruzione di massa con una condizione di mutua vulnerabilità…”.186

Gli armamenti missilistici svolgono un ruolo analogo a quello degli arsenali nucleari, a cui sono strettamente correlati. Nella percezione della minaccia, essi vengono normalmente associati all’impiego delle armi di distruzione di massa. Conseguentemente, lo schieramento di vettori balistici tende ad innalzare il livello di insicurezza all’interno del contesto regionale raggiungibile con i vettori balistici, effetto che non è riscontrabile con uguale intensità nel caso di altri tipi di armamenti. Le preoccupazioni sono in parte giustificate dai minimi tempi di preavviso disponibili in caso di attacco missilistico, stante l’elevata velocità ed i ridotti tempi di volo, che annullano praticamente ogni possibilità di difesa e rendono queste armi implicitamente idonee per l’effettuazione di attacchi di sorpresa.187

186 …combining the minimal capabilities required to guarantee a limited level of mass destruction with a

condition of mutual vulnerability…“. Da: Simpson J., March 2001, op.cit., pp. 2;

187

Al di fuori dei casi di rapporti di deterrenza consolidati, come quelli determinatisi fra le potenze nucleari, il concetto di ‘stabilità strategica’ è soggetto alla interpretazione soggettiva dei singoli attori internazionali e comprende una ampia gamma di significati, che possono includere fattori economici e politici, oltre a quelli strategici e militari. Fattori la cui incidenza può variare con il mutare della situazione regionale e del contesto internazionale.

Nel caso degli arsenali missilistici, la contrazione dei tempi di preavviso derivante dalla prossimità geografica può implicare il mantenimento di elevati stati di prontezza e la adozione di strategie di lancio-su-allarme (launch-on-warning) o di lancio-sotto-attacco (launch-under-attack). Condizioni che lasciano pochissimo spazio per rimediare ad eventuali errori.

Una ulteriore problematica deriva dalla ‘credibilità’ del deterrente nell'era post-bipolare. Se si accetta, infatti, l’ipotesi che la razionalità dei soggetti internazionali possa variare in rapporto allo specifico contesto culturale188, allora anche i livelli di confrontazione diretta possono essere concepiti in modo diverso. In questa prospettiva, la minaccia missilistica si presta a diverse interpretazioni, mentre le incertezze riguardo alle caratteristiche di precisione, di carico utile e di gittata possono complicare ulteriormente i rapporti di deterrenza, in particolare quelli semi-consolidati o non-consolidati, i quali costituiscono la norma negli attuali scenari di frammentazione del quadro internazionale.

Infine, negli attuali scenari di confronto asimmetrico, il tema del linguaggio e dei segnali scambiati fra le parti nelle relazioni di deterrenza costituisce una ulteriore criticità, poiché esistono elevate probabilità di interpretazioni dissonanti, derivanti da differenti condizionamenti culturali e suscettibili di ingenerare nella controparte conclusioni errate, innescando reazioni indesiderate e/o impreviste.189 Senza considerare che, nel caso di attori non-statuali, i canali di comunicazione, quando

188 sulla tematica generale dell’impatto culturale, si veda: Pagnini Maria Paola , Symbiosis and Clashes among

Cultures in an Approach between Geography and Anthropology, in: Claval Paul, Pagnini Maria Paola, Scaini

Maurizio (ed.), The Cultural Turn in Geography, University of Trieste-Gorizia Campus, IGU, 2003, pp. 10, 495-499;

189 la diversa concezione dei parametri strategici, collegata a differenti esperienze storiche e culturali, emerge nell’esame del pensiero militare nel mondo islamico, nel quale le concezioni classiche di quella realtà (collegate intimamente al pensiero politico e religioso) sono coniugate con le ‘formule tecniche’ elaborate nel mondo occidentale e concretizzate nei moderni strumenti bellici. Un esame dettagliato della materia è stato trattato da: Piacentini F.V., Il Pensiero Militare nel Mondo Mussulmano, Volume I, “Pensiero militare e Jihād”, CeMiSS-Rivista Militare, Roma, 1991; Ligios G., Il concetto giuridico-sciaraitico di conflitto armato

nella dottrina classica, in Piacentini F. V. (sotto la direzione di), Il Pensiero Militare nel Mondo Mussulmano, Volume II, “L’Islam fra dottrina e prassi”, CeMiSS-Rivista Militare, Roma, 1991

esistenti, non sono formalmente definiti e strutturati, rendendo problematico anche lo stabilimento di un valido contatto fra le parti direttamente coinvolte.