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Contesto geopolitico e geostrategico nel periodo post-bipolare

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3.2.1. Contesto geopolitico e geostrategico nel periodo post-bipolare

Dopo le tensioni per il ritardato ritiro delle truppe sovietiche al termine del secondo conflitto mondiale, i rapporti di Teheran con Mosca miglioravano con la più ampia la visione di Khrushchev, che considerava tutti i paesi dal Maghreb all’Iran come un’utile arena per incrementare il prestigio sovietico e limitare l’influenza statunitense, conferendo alla politica estera nella regione un carattere più aggressivo, alla ricerca di aree favorevoli all’espansione dell’influenza sovietica, aggirando la barriera territoriale rappresentata da Turchia ed Iran, paesi saldamente schierati col blocco occidentale, per inserirsi in regioni in cui erano presenti basi militari occidentali.324 La firma del Patto di Baghdad, il 24 febbraio 1955, da parte di Iran, Iraq, Turchia e Pakistan, sotto gli auspici della Gran Bretagna, aveva una chiara connotazione anti-sovietica, per cui l’URSS era costretta a concentrarsi sull’Egitto di Gamal Abdel Nasser, che vedeva nel patto di

Da: W Waheguru Pal Singh Sidhu, March 2001, op.cit., pp. 67-68; 324

basi militari USA in Marocco, Libia, Turchia, Pakistan e Golfo Persico; basi militari britanniche in Libia, Egitto, Sudan, Giordania ed Iraq. Da: Nizameddin T., 1999, op.cit., p.21

Baghdad una diretta sfida alle sue ambizioni di realizzare il proprio progetto panarabo. Dopo la crisi dei missili a Cuba, che evidenziava i limiti della potenza dell’URSS, e lo schieramento, nel 1962, di missili SLBM Polaris nel Mediterraneo e, più tardi, di missili Poseidon 325 nell’Oceano Indiano, l’URSS prendeva atto del successo strategico per gli USA, che erano in grado di colpire le città sovietiche con vettori imbarcati su sommergibili nucleari, praticamente invisibili all’attività di sorveglianza e rilevamento e, quindi, pressoché invulnerabili a qualsiasi attacco di sorpresa.

Contestualmente al ritiro, entro il 1962, dei missili balistici statunitensi a raggio intermedio IRBM schierati in Turchia, da Teheran lo Shah il 15 settembre 1962 comunicava a Mosca, che l’Iran non avrebbe consentito alcuna installazione di basi missilistiche americane sul proprio territorio. Nel 1963, in occasione della visita di Brezhnev a Teheran, l’URSS concedeva all’Iran un prestito di 38,9 milioni di dollari.326 La firma, nel 1972, di un trattato di amicizia e la successiva fornitura di importanti quantitativi di armamenti sovietici all’Iraq327 convinceva l’amministrazione Nixon a

325 i primi missili SLBM Polaris A-1 avevano una gittata massima di 2.200 km (1.200 nm); successivamente venivano introdotte le versioni Polaris-A2 (portata 2.800 km, 1.500 nm), Polaris-A3 (4.600 km, 2.500 nm) e il missili Poseidon (4.600 km, 2.500nm). La funzione counter-value di questi vettori dipendeva dalla limitata precisione consentita dal sistema di guida inerziale, e solo l’introduzione dei Trident-I C4 e Trident-II D5 – dotati di elevata precisione grazie al sistema di guida e navigazione inerziale e stellare – permetteva di attribuire al deterrente imbarcato funzioni counter-force. Le piattaforme di lancio dei Polaris erano inizialmente rappresentate dai 5 sottomarini nucleari lanciamissili (SSBN) della classe George Washington, con 16 missili ciascuno, che si avvicendavano nei pattugliamenti, effettuati in costante immersione, di durata anche superiore ai 60 giorni. I necessari collegamenti erano effettuati ad appuntamenti periodici, senza emergere, utilizzando una serie di stazioni trasmittenti che trasmettevano con frequenze particolarmente basse, in grado di penetrare nell’acqua per qualche metro, in modo da essere captate dalle antenne del battello che si portava in prossimità della superficie marina. Da: Freedman L., 2003, op.cit., pp. 215-216, 228-229, 295-297, 335-336; Missilethreat.com, Ballistic Missiles of the World, op.cit.

326 Da: Nizameddin T., 1999, op.cit., pp. 24-25, 222,

327 il positivo andamento delle relazioni di Mosca con l’Iraq di Saddam Hussein, culminava nell’aprile 1972 con la firma di un accordo di amicizia. Occorre osservare che la regione del Golfo stava aumentando la propria importanza come risultato del fattore petrolifero e della sua posizione geostrategica. Inoltre, diversamente dall’Egitto, l’Iraq era in grado di pagare con valuta pregiata o con petrolio, che Mosca rivendeva all’Occidente in cambio di dollari. Le forniture su larga scala di armamenti sovietici all’Iraq comprendevano, alla metà del 1971, 110 aerei da caccia MiG-21 e Su-27, oltre 20 elicotteri ed addestratori, 100-150 carri armati, circa 300 veicoli blindati per trasporto truppe e 500 pezzi e razzi di artiglieria. Dopo la firma dell’accordo del 1972, venivano forniti anche missili contraerei SAM-3, bombardieri a medio raggio Tu-22 (il primo e all’epoca l’unico caso di cessione di questo tipo di aereo al di fuori dell’URSS), missili superficie-superficie tipo SCUD dotati di testate convenzionali e caccia tipo MiG-23, all’epoca il modello sovietico più avanzato della categoria. Come pagamento, entro il 1973 l’URSS importava 4 milioni di tonnellate di greggio. Successivamente, l’Iraq continuava a fornire petrolio al prezzo di $3 al barile, che corrispondeva al costo corrente prima dello shock energetico del 1973. Greggio che l’URSS provvedeva a rivendeva all’Occidente ai prezzi maggiorati della crisi petrolifera degli anni ’70. Nell’ottobre 1976, l’URSS prometteva all’Iraq una fornitura di $300 milioni di armamenti, in massima parte carri armati T-62 ed ulteriori missili SCUD; seguiva, nel 1977, l’annuncio della fornitura di aerei da trasporto a lungo raggio Il-76, a cui si aggiungevano ulteriori aviogetti del tipo MiG-21 e MiG-23. Da: Smolansky O., Smolansky B.,

The URSS and Iraq: The Soviet Quest for Influence, International Institute for Strategic Studies (IISS),

fornire all’Iran – nel periodo 1972-78 - oltre 20 miliardi di dollari di armamenti, nei quali erano inclusi aviogetti molto avanzati, del tipo F-14 e F-15.328

Parallelamente crescevano le forniture statunitensi all’Arabia Saudita, passate dai 200 milioni del 1970 ai 4,2 miliardi di dollari del 1978, con un picco di 5,8 miliardi raggiunto nel 1976, cifre successivamente superate, sotto l’effetto della rivoluzione komheinista in Iran, incidendo significativamente sugli equilibri di potenza regionali.329 Nel 1979, alla vigilia dello scoppio della guerra con l’Iran, Baghdad riceveva da Mosca forniture militari da parte dell’URSS, della Cecoslovacchia e della Polonia che si aggiungevano ai 5.300 miliardi di dollari ricevuti nel periodo 1974-78, a fronte degli 874 miliardi del periodo 1964-73.330

Quando, nelle prime fasi della guerra Iran-Iraq, sembrava imminente la sconfitta di Teheran, la leadership sovietica ammorbidiva il proprio atteggiamento nei confronti dell’Iran, a spese dell’alleato tradizionale Iraq al quale, ad esempio, allo scoppio del conflitto venivano bloccate le consegne di materiale bellico già in navigazione.331 L’evoluzione della politica sovietica derivavano da valutazioni degli equilibri di potenza regionali e dal desiderio di non fornire pretesti per un riavvicinamento fra Teheran e Washington.332

328 da rilevare che l’Iran è l’unico alleato degli USA ad aver ricevuto il caccia imbarcato F-14. Da: Yodfat A.,

The Soviet Union and Revolutionary Iran, International Institute for Strategic Studies (IISS), London, 1991,

pp. 35-36; 329

nel 1981, ad esempio, veniva firmato un contratto da $8,5 miliardi per la fornitura all’Arabia saudita di un completo sistema di difesa aerea, comprendente anche aerei radar AWACS, caccia F-15 (completi di armamento) ed aviocisterne per il loro rifornimento in volo. Da: Sawyer L. H., Soviet Perception of the Oil

Factor in U.S. Foreign Policy: the Middle East – Gulf Region, Boulder, CO, 1983, pp. 96-98;

330

le forniture sovietiche del 1979 comprendevano elicotteri MI-8, moderni cacciabombardieri 23 e MiG-27, caccia-ricognitori MiG-25, artiglierie semoventi SP-73 e SP-74. Contestualmente aumentavano i consiglieri militari sovietici presenti in Iraq, che passavano gradualmente dai 1.500 del 1967 ai 5.000 elementi del 1990. Da: Nizameddin T., 1999, op.cit., pp. 198-200;

331

uno dei maggiori dilemmi di Gorbachev nel 1985 era quello del supporto fornito ad Iran e Iraq, che da cinque anni si confrontavano in una guerra sanguinosa. L’Unione Sovietica esitava sino al febbraio 1986, quando si verificava uno sfondamento iraniano che minacciava la città di Bassora, non molto distante dal Kuwait. Mosca forniva all’Iraq la necessaria assistenza militare, ma temporeggiava sull’idea – sostenuta dalla maggioranza dei paesi arabi – di imporre un embargo all’Iran, col quale , nel febbraio 1986, erano in corso contatti per incrementare le relazioni bilaterali nel settore commerciale. Per i responsabili statunitensi, la posizione bivalente di Mosca tendeva a contrastare la posizione americana nella regione e nascondeva l’ambizione ad emergere, al termine della guerra fra Iran e Iran, quale maggiore potenza extra-regionale nell’area. Mosca osservava con analoga diffidenza il ruolo svolto dagli USA nella regione, soprattutto dopo che lo scandalo Iran-Contras aveva rivelato l’esistenza di fornitura americane di armi a Teheran.

Da: Nizameddin T., 1999, op.cit., p. 59;

332 per questo, nonostante il persistere di un atteggiamento di Teheran ugualmente ostile nei confronti di entrambe le superpotenze e dei comunisti iraniani, nel 1986 si registrava un miglioramento delle relazioni con l’URSS, caratterizzate dalla ripresa delle vendite di gas iraniano e dal ritorno dei tecnici sovietici precedentemente espulsi. Un aspetto negativo dei rapporti fra Russia ed Iran era rappresentato dalla lentezza iraniana nei pagamenti. Alla fine di giugno 1985, il debito dell’Iran nei confronti della “Rosvooruzhenie

(Russian Arms) State Company” era pari a 582 milioni di dollari, mentre c’erano lamentele russe sulla qualità

L’intercettazione da parte iraniana di una nave sovietica al largo del Kuwait aggiungeva una nuova dimensione alle relazioni fra Mosca e Teheran, ma senza aggravarle. Dall’inizio del 1986 l’URSS iniziava, in forma non ufficiale, a far viaggiare le proprie navi sotto scorta militare.333 Il ritiro dell’Armata Rossa dall’Afghanistan, completato nel febbraio 1988, forniva l’occasione per un ulteriore, significativo progresso delle relazioni fra i due paesi.334

In passato, l’Iran ha avuto una lunga tradizione di “equilibrio negativo”, con riferimento alla politica estera, che era basata sulla rivalità fra gli interessi russi e britannici del XIX ed agli inizi del XX secolo.

Tale impostazione veniva ripresa nell’era di Khomeini, e veniva efficacemente sintetizzata nello slogan “Neither East nor West”, che caratterizzava la politica estera del paese.

Nel periodo post-sovietico degli anni ‘90, l’Iran era logorato dagli otto anni di guerra con l’Iraq ed isolato a livelli internazionale, mentre la Russia era particolarmente debole.335 Entrambi i paesi condividevano le preoccupazioni per la stabilità in Asia Centrale e nel Caucaso, oltre ai timori suscitati dall’espansionismo statunitense che era evidente in Europa e nel Medio Oriente. Nonostante le pessimistiche previsioni di molti analisti, i quali giudicavano inevitabile il conflitto fra i due Stati a causa della rivalità nelle Repubbliche centro-asiatiche, sembra che sia avvenuto il contrario e che la cooperazione rappresenti la caratteristica principale delle relazioni fra i due paesi.336

333 l’iniziativa, fra l’altro, rientrava nella visione – ribadita alla fine della guerra – di Shevardnadze, convinto sostenitore della necessità di rompere il monopolio statunitense nelle missioni di

peace-keepin/peace-enforcing, aprendole alla partecipazione di unità militari sovietiche e di altri paesi neutrali e non-allineati.

Da: Nizameddin T., 1999, op.cit., p. 62;

334 Dennis Ross, specialista in questioni mediorientali, ha sintetizzato efficacemente la prospettiva di Mosca: “first, the Soviets saw Iran – twice as big as Iraq, with over three times its population – as the most important

country in the region. It was the country that bordered the Soviet Union and physically separated it from the Gulf. […] Second, the risk the Soviets took in backing Islamic Iran was probably seen as minimal compared to the costs of seeing the United States re-emerege in Iran. […] Third, in case they were wrong, they assumed they would in time be able to recoup their position with a victorious Iraq.[…]”,. Riportato da:

Nizameddin T., 1999, op.cit., pp. 222-226, 335

a partire dal 1991, la politica estera della Russia iniziava a considerare gli interessi nazionali come una cornice legittima ed indispensabile per condurre la politica estera. Il mondo bipolare della contrapposizione ideologica era finito, sostituito da uno basato su ragioni di priorità ed interessi. Il M.O. era una regione dotata di elevato valore geostrategico ed economico, all’interno del quale la Russia attribuiva diversi livelli di priorità ai paesi dell’area. In testa si collocavano la Turchia, l’Iran e l’Iraq, seguiti in seconda linea da Siria, Israele ed Arabia Saudita. Meno importanti erano considerati la Palestinian National Authority (PNA), il Libano e la Giordania. Con il cambio di campo dell’Egitto di Sadat, l’URSS si era semplicemente limitata ad ignorare il Cairo, contribuendo significativamente all’isolamento dell’Egitto all’interno del mondo arabo. Da: Nizameddin T., 1999, op.cit., p. 254

336 già agli inizi degli anni’90, il presidente iraniano Rafsanjani si adoperava per il rapido riavvicinamento fra Iran e Russia, con la conseguenza che gli Stati Uniti iniziavano a mostrare crescente inquietudine per questo sviluppo. Russia ed Iran adottavano particolari cautele per evitare di muovere critiche alle azioni della controparte in una ampia gamma di tematiche internazionali, che spaziavano dalla guerra in Bosnia agli eventi nel Golfo. Sicuramente esemplificativo di tale atteggiamento, il basso livello adottato nella

In questo quadro di progressivo miglioramento dei rapporti fra Mosca e Teheran si colloca la questione dei programmi nucleari e missilistici iraniani, nei confronti dei quali Mosca, pur salvaguardando i propri interessi nazionali, adottava iniziative equilibrate e prudenti, dimostrando minore rigidità. Probabilmente anche per questo, Mosca è parsa più consapevole delle percezioni della minaccia da parte di Teheran, con cui manteneva sempre aperti canali di colloquio diretto e stringeva una serie di accordi commerciali e di supporto tecnologico, con reciproci benefici.337

Per contro, la rottura dei rapporti diplomatici e commerciali con gli USA, nel 1979, veniva seguita da decenni di sanzioni internazionali e di embarghi, che impedivano l’importazione di prodotti tecnologici e di materie prime essenziali per l’industria chimica, meccanica ed elettronica. Nonostante pesanti limitazioni, Teheran riusciva a sopravvivere ad otto anni di guerra contro un aggressore che usava armi chimiche338 e missilistiche e che era costantemente rifornito di ingenti quantitativi di armamenti particolarmente sofisticati, in larga parte provenienti dall’Occidente e finanziati dai paesi del Golfo.

Le successive vicende belliche del Golfo del 1990-91 contribuivano, fra l’altro, al peggioramento delle relazioni con Washington, che si aggravavano in conseguenza di vari episodi di confronto diretto.339

pubblicazione di notizie circa una importante vendita di armamenti pesanti al Kuwait (veicoli da combattimento per la fanteria tipo BMP), che la stampa iraniana commentò osservando come un contratto da 800 milioni di dollari fosse importante per l’economia russa. Da: Nizameddin T., 1999, op.cit., p. 233; 337 uno dei punti più controversi del positivo sviluppo delle relazioni russo-iraniane, era rappresentato

dall’annuncio, nel 1994, che entro il 1999 l’impianto nucleare di Bushehr sarebbe stato ultimato da tecnici russi, dopo che la Germania – che aveva completato l’85% dei lavori – si era rifiutata di ultimare quanto previsto dal contratto, cedendo alle pesanti pressioni politico-diplomatiche esercitate da Washington.

Da: Nizameddin T., 1999, op.cit., p. 95,

338 nel corso dei combattimenti della guerra 1980-88, truppe irachene usavano per la prima volta gas lacrimogeni nel 1982, ma a partire dalla metà del 1983 contro le truppe iraniane venivano impiegati vari tipi di agenti chimici letali. Le risposte dell’Iran erano molto limitate a quanto consentito dai modesti quantitativi di munizionamento chimico catturati al nemico. L’impiego di armi chimiche costituiva una aperta violazione del Protocollo di Ginevra del 1925, sottoscritto dall’Iraq, della normativa internazionale, ma la reazione internazionale era distratta e molto attenuata. Questo accentuava la percezione iraniana di una diffusa ostilità della comunità internazionale, soprattutto da parte dei paesi del Golfo e delle maggiori potenze, che non esercitavano alcuna pressione su Baghdad, in quanto temevano gli effetti di una vittoria del regime teocratico iraniano. Da: Ali Javid, Chemical Weapons and the Iran-Iraq War. A Case Study in Noncompliance, in: “Nonproliferation Review”, Spring 2001, p. 45-52;

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il Kuwait, che era uno dei principali finanziatori di Baghdad, otteneva i propri introiti dalle attività petrolifere. Nel corso dell’offensiva iraniana del 1982, gli USA e l’Europa avevano supportato l’Iraq, che rischiava di soccombere. In particolare, il Kuwait aveva ottenuto di far navigare le proprie petroliere sotto bandiera statunitense, al fine di migliorare la sicurezza delle proprie esportazioni di greggio, accentuando il risentimento iraniano nei confronti del comportamento non equidistante tenuto dall’Occidente. L’attacco iraniano ad una petroliera, avvenuto nell’ottobre 1987, provocava la reazione militare americana, che distruggeva una piattaforma petrolifera off-shore, che veniva utilizzata come punto di appoggio per attività militari iraniane. Nel 1987, una fregata USA in navigazione nel Golfo urtava una mina navale, cui la marina USA rispondeva attaccando installazioni militari iraniane, danneggiando ed affondando varie navi, fra le quali anche una fregata. Nel giugno 1988, la fregata statunitense USS Vincennes abbatteva per errore un

Nel 1995, il presidente Clinton chiariva di voler limitare l’influenza dell’Iran, imponendo un blocco degli scambi commerciali e chiamando gli altri paesi ad adottare le stesse misure. Washington vedeva nell’Iran un fattore di destabilizzazione nel Golfo e nel resto del M.O., soprattutto a causa del supporto fornito ad Hezbollah in Libano e dell’aiuto finanziario offerto ai gruppi militanti di orientamento sciita operanti in un arco di paesi che andavano dall’Algeria all’Afghanistan. Inoltre, la cooperazione iraniana con la Russia in campo economico e nucleare veniva percepita da Washington come un fattore che abilitava Teheran a sottrarsi agli sforzi internazionali volti a costringere il regime islamico a desistere dalle sue iniziative al di fuori dai confini iraniani.

Mosca reagiva vivacemente alle posizioni di Washington facendo notare, in primo luogo, che gli Stati Uniti continuavano a sfruttare i lucrativi mercati del Golfo, senza mostrare alcun disagio per lo scarso rispetto dei diritti umani e l’assenza di democrazia in quei paesi.

Per questo, Mosca riteneva che gli USA, dal momento che si mostravano inclini a sorvolare su questi temi per ragioni di profitto economico, avevano poco titolo a criticare la cooperazione economica fra Russia e Iran.

In secondo luogo, i leader russi facevano notare che la Russia non aveva alcun interesse oggettivo ad avere davanti alla porta di casa piccoli ed imprevedibili governi dotati di armi nucleari e missilistiche.340

aereo di linea iraniano, provocando la morte di circa 300 passeggeri civili. Da: Baylis et al, 2007, op.cit., pp. 5-6; Cordesman H. A., Iran’s Evolving Military Forces, Center for Strategic and International Studies (CSIS), Washington DC, July 2004, p. 2; accessibile alla pagina Web: http://www.csis.org/burke (30.09.2008).

Le relazioni iraniano-statunitensi venivano ulteriormente complicate dallo scandalo Iran-Contra, reso noto nel novembre 2006, che vedeva la vendita segreta all’Iran di armi in cambio della liberazione di ostaggi americani catturati da estremisti libanesi filo-iraniani. Le armi, di scarso valore negli equilibri generali del conflitto in atto nel Golfo trasferite anche con l’aiuto israeliano, venivano pagate con fondi destinati a finanziare le attività dei Contra, un gruppo centroamericano che contrastava il governo filosovietico del Nicaragua. Da: Baylis et al, 2007, op.cit., p. 6

340 in una intervista giornalistica alla Nezavisimaia Gareta (pubblicata a pag. 5 dell’edizione del 30 dicembre 1997), l’allora ministro degli esteri russo Evgenii Primakov criticava nuovamente Washington per l’accusa, rivolta alla Russia, di supportare tecnologicamente il programma missilistico iraniano. Il ministro faceva notare che solo poche settimane prima membri del Russian Security Service avevano arrestato ed espulso degli agenti iraniani, i quali avevano cercato di acquisire illegalmente e contrabbandare componenti per progetti militari. In quella circostanza, Primakov chiese all’intervistatore “ Why should we arm a neighboring