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Numerosi paesi sono ufficialmente indicati come possessori di missili balistici, e metà di essi risulta concentrata in Asia e nel Medio Oriente.

Circa trenta di questi Stati possiedono o stanno sviluppando missili che rientrano nei parametri fissati dal MTCR, ossia sono in grado di trasportare testate pesanti 500 kg a distanze superiori ai 300 km.105

Sono quattordici i paesi extraeuropei che producono missili balistici: Argentina, China, Egitto, India, Iran, Iraq (sino al 2003), Israele, Corea del Nord, Pakistan, Corea del Sud, Siria, Taiwan, Ucraina, e Sud Africa che ha interrotto la produzione missilistica. In aggiunta a queste potenze regionali, spesso indicate come paesi ‘proliferanti’, molti Stati occidentali e dell’Est europeo possiedono missili.106

In ogni caso, come osserva Aaron Karp, ricercatore alla Old Dominion University di Norfolk, la proliferazione missilistica non è nata nella mente di dittatori capricciosi o dalle aspirazioni di potenze regionali, ma è stata avviata dalle maggiori potenze mondiali.107 Nella Germania del 1945, Gran Bretagna, Francia, Unione Sovietica e Stati Uniti approfittavano del bottino di guerra tecnologico del regime sconfitto per dare impulso ai loro sino ad allora modesti programmi missilistici. Anche la Cina avviava il proprio programma missilistico partendo da una V-2 modificata, fornita dall’URSS. Senza il contributo della tecnologia tedesca, il ritmo di sviluppo del settore missilistico sarebbe stato significativamente più lento e, forse, avrebbe seguito percorsi diversi.

104

Da: Simpson J., March 2001, op.cit., pp. 1-4; 105

i paesi che hanno aderito al Missile Technology Control Regime (MTCR) hanno concordato di estendere le restrizioni ai trasferimenti di conoscenze, tecnologie, componenti e materiali ai missili che possono trasportare ad 300 km testate di 500 kg, peso corrispondente a quello stimato di una testata nucleare non sofisticata. Oltre agli Stati Uniti, hanno in servizio missili che rientrano nei parametri del MTCR i seguenti paesi: Afghanistan, Algeria, Arabia Saudita, Armenia, Bielorussia, Bulgaria, China, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia, Gran Bretagna, India, Iran, Israele, Nord Corea, Pakistan, Romania, Russia, Slovakia, Siria, Ucraine, Vietnam e Yemen. In aggiunta, Sud Corea e Taiwan hanno in avanzato stato di sviluppo missili con raggio superiore ai 300 km or more.

Da: Feickert A., Missile Survey: Ballistic and Cruise Missiles of Selected Foreign Countries, Congressional Research Service (CRS)-The Library of Congress, Washington DC, July 26, 2005, pp. 5; accessibile alla pagina Web: http://www.fas.org/sgp/crs/ oppure http://www.crs.org. (02.10.2006)

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Da: Feickert A., July 26, 2005, op.cit., pp. 5-6; 107

Nella percezione comune, la proliferazione missilistica è iniziata alla fine degli anni ’50, quando Egitto ed Israele avviavano propri programmi utilizzando i residui dell’eredità nazista. L’Egitto attingeva direttamente alla fonte, ingaggiando alcuni ingegneri che avevano partecipato ai programmi nazisti, mentre Israele sceglieva un approccio indiretto, fruendo del supporto della Francia, che a sua volta aveva sviluppato i propri programmi avvalendosi di veterani di Peenemünde.

In questo senso, la ‘proliferazione di seconda generazione’ iniziava nel Medio Oriente, così come nel periodo post-bipolare le tematiche della proliferazione missilistica venivano alimentate dagli eventi mediorientali. Fra i più rilevanti, il programma israeliano Jericho degli anni ’60, l’afflusso nella regione di missili SCUD all’epoca della guerra del 1973 (guerra dello Yom-Kippur), seguito dal cruciale (e fallito) tentativo israeliano di acquisire dagli USA missili balistici tipo Pershing, i nascenti programmi missilistici di Libia ed Iraq alla fine degli anni ’70, il nuovo afflusso massiccio di SCUD che andava ad alimentare la “guerra delle città” del 1988-89, l’annuncio del vettore balistico iracheno Condor-2, alla fine degli anni ‘80.

Anche se gli sviluppi in altre parti del mondo (America Latina, Asia nordorientale e meridionale non possono essere ignorati, per la maggioranza degli analisti e dei decisori politici la proliferazione missilistica era sinonimo di Medio Oriente. Attualmente, è la Corea del Nord l’attore che, insieme all’Iran, domina tutti i settori della proliferazione missilistica mondiale. Nonostante questo e nonostante la ripresa delle sperimentazioni nucleari e missilistiche nel subcontinente indiano, le problematiche mediorientali rimangono connotate dal persistente pessimismo degli analisti. 108

Come sottolineato da Seth Carus, membro della Commissione Rumsfeld del 1998, il contesto mediorientale ha equilibri particolarmente delicati, caratterizzati da assenza di progressi politici e, quindi, di situazioni favorevoli per avviare forme di cooperazione, ad esempio in previsione di riduzioni bilanciate degli armamenti presenti nella regione. Questo aspetto caratterizza anche la situazione odierna, nella quale la maggiore fonte di violenza non si identifica nei governi locali, ma in movimenti che godono di largo supporto popolare, nonché dalle tendenze secessioniste e settarie.109

Il 16 aprile 1987, Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna ed Italia concordavano il Missile Technology Control Regime (MTCR), associazione informale fra governi occidentali avviata con lo scopo di contrastare la proliferazione

missilistica e dei velivoli non pilotati (UAV). Attraverso il controllo dei trasferimenti di tecnologie “dedicate” e dual-use utilizzabili in questo settore si voleva dare una risposta alle crescenti inquietudini in materia di proliferazione missilistica.110

Il MTCR non si configurava come un trattato formale, ma solo come un accordo informale, che si concretizzava nella condivisione di linee guida da applicare al trasferimento di missili e tecnologie correlate, completo di una lista dei componenti e sistemi sottoposti a controllo.111 La premessa concettuale del regime missilistico risiedeva nella convinzione che le restrizioni imposte alle forniture estere di componenti critiche erano in grado di rallentare e rendere più costosi i programmi di sviluppo. Pressioni internazionali e decisioni di politica interna contribuivano alla cancellazione dei programmi missilistici di Argentina, Brasile, Egitto, Iraq, Sud Africa, Polonia, Ungheria e delle ex Repubbliche Sovietiche.

Gli strumenti operativi del MTCR erano individuati in regimi di controllo dei trasferimenti di conoscenze, tecnologie, equipaggiamenti e prodotti utili per la realizzazione di sistemi missilistici e velivoli senza pilota (UAV). Una serie di indicazioni e raccomandazioni finalizzate al controllo delle esportazioni erano strutturate in modo da ostacolare e rallentare i programmi missilistici degli Stati proliferanti.

Nel tentativo di risolvere le oggettive difficoltà di disciplinare la materia, nel corso dell'incontro di Helsinkidell'ottobre 2000, i paesi aderenti al MTCR hanno concordato una bozza di procedura antiproliferazione, denominata ‘International Code of Conduct Against Ballistic Missile Proliferation’, che lasciava in ogni caso irrisolte molteplici questioni.112

Innanzi tutto, il citato dilemma della distinzione fra missili ‘offensivi’ e ‘difensivi’, cui si affiancava il problema degli strumenti necessari per implementare la norma, considerando la libertà d’azione mantenuta da alcuni paesi partecipanti al MTCR, che non intendono assoggettarsi alle restrizioni previste dal codice o, da diversa prospettiva, 109 Da: Carus W. S., Israeli Ballistic missile Developments, in: Report of the Commission to Assess the Ballistic Missile Threat to the Unites states (the Rumsfeld Commission Report), Appendix III, Unclassified Working Papers, July 15, 1998, pp.87-94

110 Da: Fetter S., Ballistic Missiles and Weapons of Mass Destruction: What Is the Threat? What Should Be

Done?, in: ”International Security”, Vol. 16, No. 1, 1991, pp. 6-8;

111 le dinamiche della proliferazione missilistica sono ulteriormente complicate dai timori di possibili trasferimenti di conoscenze, tecnologie ed equipaggiamenti russi, motivati da difficoltà economiche o da particolari situazioni interne, cui si affianca una forte domanda proveniente da paesi emergenti. A titolo esemplificativo, esistevano serie preoccupazioni per il possibile trasferimento a paesi terzi di lanciatori mobili (TEL) del sistema intercontinentale (mobile) SS-25 ‘Topol‘, che Mosca avrebbe tentato di commercializzare come sistema destinato ai lanciatori spaziali di uso civile. Da: Anselmo J. C., US Faces

hanno interpretazioni dissonanti rispetto a quelle statunitensi dell’applicazione di alcune norme.

Parallelamente, esistono attori della comunità internazionale che percepiscono queste iniziative come manifestazioni di protezionismo tecnologico, poste in atto da parte di un limitato numero di paesi con l’intento di difendere le proprie posizioni di predominio tecnologico in un settore di elevata importanza, anche per quanto si riferisce all'uso civile dello spazio.113

Da varie parti viene osservato che uno dei principali problemi del MTCR risiede nel fatto che, mentre si propone come regime internazionale basato sui principi della non-proliferazione missilistica, in realtà esso continua mantenere le caratteristiche di regime di stretto controllo delle esportazioni di materiali e tecnologie avanzate. Pertanto, per essere efficace richiede una precisa identificazione degli Stati acquirenti ai quali deve essere applicato, identificazione che spesso non è condivisa dai paesi aderenti al MTCR, in quanto motivati da diversi interessi e priorità sul piano politico e strategico e commerciale.

Un altro problema centrale del MTCR è dal limitato numero di paesi aderenti – peraltro in possesso di sistemi missilistici, ai quali non sono disposti a rinunciare – che vorrebbero prevenire l'acquisizione di sistemi balistici da parte di altri soggetti internazionali, senza peraltro offrire alcuna forma di compensazione o di attrattiva. In assenza di un ‘stick and carrot approach’, il problema è esacerbato dalla stretta contiguità delle tecnologie dei missili ICBM con quelle utilizzate nei vettori per lancio di satelliti (SLV), fatto che, fra l’altro, rende impossibile escludere potenziali usi militari dei SLV. Il segmento spaziale presenta, fra l’altro, importanti implicazioni finanziarie, non esattamente quantificabili ma sicuramente consistenti, dal momento che il valore stimato, per un arco decennale, delle commesse per il solo lancio di satelliti civili raggiunge cifre medie di poco inferiori ai 100 miliardi di dollari.

Oltre a concentrarsi esclusivamente sui trasferimenti di tecnologie e non prevedere, al pari di altri regimi, divieti alle attività di ricerca sui sistemi proibiti, alcuni osservatori individuano un ulteriore elemento di debolezza del MTCR nell'emergere del citato programma di difesa antimissile americano, denominato National Missile Defense (NMD) e motivato, almeno sul piano teorico, dalla minaccia missilistica proveniente da 112 Da: Simpson J., March 2001, op. cit., pp. 3

113 Da: Cirincione J. (ed.), A New Non-Proliferation Strategy, Carnegie Endowment report for “International Conference on Nuclear Technology and Sustainable Development Center for Strategic Research of the Expediency Council”, Teheran, March 5-6, 2005, accessibile alla pagina Web: http://www.ProliferationNews.org. (30.10.2008)

quelli che vengono definiti ‘states of concern’. Anche se le dichiarazioni ufficiali degli esponenti politici parlano di difesa del territorio statunitense, esiste una diffusa sensazione che l’iniziativa USA punti a sottrarre il territorio statunitense a possibili rappresaglie missilistiche, al fine di poter proseguire la politica degli interventi militari convenzionali nei vari ambiti regionali.

In questo senso vengono, ad esempio, interpretate le dichiarazioni dell'ex Segretario alla Difesa Aspin, il quale all’epoca della Guerra del Golfo dichiarava che il possesso di armi nucleari da parte dell’Iraq avrebbe costituito un significativo deterrente nei confronti dell’intervento degli USA e dei suoi alleati. Osservazione condivisa, con diversa prospettiva, dal generale indiano Sundarji, quando dichiarava il proprio sostegno della decisione del governo di Nuova Delhi di riprendere i test nucleari e missilistici, anche per fini di deterrenza nei confronti di possibili tentazioni di ingerenza esterna negli affari regionali del subcontinente indiano.114 Occorre inoltre considerare che il progetto statunitense NMD si è sviluppato come una iniziativa unilaterale, nella quale gli USA non hanno ricercato il coinvolgimento di altri partner, amplificando col loro comportamento unilaterale la percezione che il programma sia in larga misura funzionale al mantenimento di aspirazioni egemomiche. 115

Percezioni che non sono state rimosse dagli orientamenti manifestati dalla nuova amministrazione Obama, che nella primavera 2009 ha sostanzialmente confermato il programma NMD, anche se – pressata dalla Russia che, fra l’altro, minacciava lo schieramento di missili balistici nella enclave di Kaliningrad – introducendo modifiche tecniche nello schieramento di sistemi antimissile in Europa.116

114 il governo di New Delhi, pur non considerando una minaccia nucleare proveniente dagli Stati Uniti, ritiene possibile una ingerenza statunitense nella regione, ad esempio cedendo a pressioni pakistane motivate dal contenzioso nel Kashmir. Al di là delle dichiarazioni concilianti, proprie della retorica politica indiana, sembra non essere stata dimenticata l’iniziativa del presidente Nixon che, nel 1971, inviava nel Golfo del Bengala la portaerei Enterprise, applicando una ‘politica delle cannoniere’ propria dell’era coloniale. Oltre a preoccupare ed irritare la leadership indiana, l’iniziativa americana avrebbe costituito uno degli elementi determinanti nella decisione indiana di dotarsi di armi nucleari. Da: Tellis J. A., 2001, op.cit., pp. 30-32 115

l’osservazione è riportata da Mark Smith, ricercatore del Centro di Sudi Internazionali dell'università di Southampton, il quale contestualmente osserva che la prospettiva statunitense definisce ‘rogue states’ e ‘states of concern’ quegli Stati che “…perseguono inaccettabili ambizioni regionali, mentre usano la

minaccia di attacchi missilistici come deterrente contro gli Stati Uniti. In breve, un ‘rogue state’ è quello che è stato anche definito uno Stato ‘moderno’, usando i metodi tradizionali della politica previsti dal trattato di Westfalia per affermare se stesso di fronte agli altri Stati…”. Da: Smith M., March 2001, op.cit., pp. 27;

116 in particolare, la nuova opzione prevederebbe uno schieramento su unità navali della classe Aegis, bloccando lo schieramento delle componenti terrestri, peraltro già avviato in Polonia e nella Repubblica Ceka, sulla base di precedenti accordi intergovernativi su base bilaterale (al di fuori dei canali NATO).

Ulteriori elementi relativi varie opzioni considerate per lo schieramento in Europa di componenti del progetto NMD possono essere ricavati da: Bennet M., Eveker K., (e altri), Option for Deploying Missile Defenses in

Europe, Congress of the United States-Congressional Budget Office (CBO Pub. N° 3055), Washington DC,

La posizione europea sulla questione è improntata ad un apparente disinteresse e ad un malcelato scetticismo, riconducibile alle controverse esperienze del passato in tema di ‘euromissili’ e di programmi tecnologicamente avanzati, come quello della SDI, l’iniziativa di difesa antimissile lanciata negli anni ’80 dal presidente Reagan.117

Come accennato, persistono molteplici dubbi sulla reale fattibilità tecnologica ed efficacia dell’attuale progetto USA, mentre non manca chi ha evidenziato importanti vulnerabilità del sistema NMD statunitense nella sua attuale configurazione, vulnerabilità che potrebbero essere facilmente sfruttate adottando le tecniche del confronto asimmetrico.118

Nel contrasto alla proliferazione missilistica119, il successo degli sforzi statunitensi è decisamente incerto, come dimostrano le alterne vicende del Missile Technology Control Regime (MTCR). Il MTCR è apparentemente privo sia di strumenti di verifica sia di strumenti coercitivi per imporre l’applicazione delle linee guida, le quali sono adottate dagli Stati che aderiscono come politica nazionali e, pertanto, sono responsabili dell’applicazione delle restrizioni nel proprio ambito nazionale.

Discutibile anche l’efficacia delle varie misure di embargo, incapaci di frenare la ‘proliferazione secondaria’, attuata da Stati che solo recentemente sono entrati in possesso di capacità produttive nel settore delle WMD e dei vettori missilistici.

117 scetticismo che va oltre gli aspetti teorici e di fattibilità tecnologica, per interessarsi degli aspetti pratici della ripartizione delle commesse. In passato, il cancelliere Kohl aveva vincolato l’appoggio tedesco alla SDI ad una serie di condizioni, che includevano una schietta collaborazione e lo scambio delle tecnologie, l’esclusione di ogni scambio tecnologico a senso unico e la pari capacità di intervento sull’intero progetto. Tuttavia, le norme restrittive statunitensi in materia di trasferimenti di tecnologie e conoscenze sensibili, nonché le misure protezionistiche che regolano l’assegnazione delle commesse (favorevoli alle ditte USA e alle loro filiali estere) vanificavano gli accordi sottoscritti dai due capi di governo. Fra l’ottobre 1985 ed il dicembre 1988 (fine del mandato Reagan), il valore totale dei contratti assegnati alle ditte non-USA è stato di 323,25 milioni di dollari, di cui 62,31 milioni a ditte tedesche e 55,8 milioni a ditte britanniche. Questi dati confermano la natura illusoria di aspettative in termini di ritorni finanziari e di know-how dalle cooperazioni tecnologiche con gli USA, né sono presenti indizi di modifiche. Secondo vari autori, il protezionismo tecnologico statunitense è una variante dell’unilateralismo che spesso prevale nella politica di sicurezza degli USA, condizionata dall’azione lobbistica del complesso industiale/tecnologico, come anche quello militare-ideologico statunitensi. Influenza che, in passato, ha spesso trasformato iniziative comuni avviate in ambito NATO sulla base della “transatlantic partnership” in reali “transatlantic tragedy”. Così è stato, ad esempio, per il programma MEADS (Medium extended Air Defense System), avviato da Stati Uniti, Germania ed Italia, che non si concludeva positivamente (nel 2002) soprattutto per l’azione ostruzionista del Congresso USA e del Dipartimento della Difesa, volti a tutelare in modo particolarmente rigido l’indiscussa supremazia tecnologica statunitense e gli interessi delle ditte americane. Da: Kubbig W. Bernard , Regional Perspectives:

Europa, in: Potter C. W., Simpson J. (editors), International Perspectives on Missile Proliferation and Defenses, (Occasional Paper No. 5), MIIS-Center for Nonproliferation Studies, Monterey, March 2001, pp.

44-46; accessibile alla pagina Web: http://cns.miis.edu/ (03.10.2002)

118 una sintetica analisi delle vulnerabilità del sistema NDM, vds.: Moltz C. J., March 2001, op.cit., pp. 39-41; 119 una panoramica delle varie iniziative in tema di controproliferazione missilistica è offerto da: Nikitin M.B.,

Rauf T., Rissanen J., Inventory of International Nonproliferation Organizations and Regimes, Center for Nonproliferation Studies-Monterey Institute of International Studies, August 2000, accessibile alla pagina Web: http://www.un.org/ (23.09.2003)

Nel quadro delle iniziative internazionali per contrastare la proliferazione120 si è inserito, nel 1985, l’Australia Group, associazione informale di 30 Stati che si adopera per contenere la diffusione delle armi NBC attraverso uno stretto controllo sulle esportazioni di materiali, tecnologie e precursori impiegabili nella produzione di WMD e dei relativi vettori, in particolare di quelli missilistici.121

Ancora non chiaro l’effetto sulla proliferazione del International Code of Conduct Against Ballistic Missile Proliferation (ICOC), costituito il 25 novembre 2002 a l’Aia. Il ICOC focalizza la propria attenzione sul lato della domanda, e punta ad implementare misure di confidence building per controllare il trasferimento di conoscenze e tecnologie missilistiche. Inoltre, punta alla notifica preventiva dei test di lancio di missili balistici. Contrariamente alla natura informale del MTCR, il ICOC punta ad istituire una organizzazione formale responsabile della raccolta di tutte le informazioni pertinenti, di sviluppare le misure di confidence building e di formalizzare i meccanismi di controllo.122

120 fra i regimi internazionali stabiliti con finalità anti-proliferazione si ricordano i Protocolli di Ginevra del 1925 contro le CW e BW, la Convenzione BW del 1975 (BWC), la Convenzione CW del 1993 (CWC), il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (NPT), il Regime di Controllo delle Tecnologie Missilistiche (MTCR). Nel 1985 è stato costituito l’Australia Group, in origine formato per contrastare la proliferazione CW e BW e successivamente ampliato per includere anche il settore delle applicazioni nucleari.

121 si tratta, in sostanza, di una estensione di quanto già attuato dagli USA a livello nazionale, dove hanno elaborato e tengono aggiornata una dettagliata lista in cui sono elencati tutti i prodotti suscettibili, direttamente o indirettamente, di apportare benefici ai programmi di ricerca di WMD e dei relativi vettori. Per dettagli, si veda: Department of Defense, The Militarily Critical Technologies List-Part II: Weapons of

Mass Destruction Technologies, Office of the Under Secretary of Defense for acquisition and Technology,

Washington DC, February 1998; 122

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2.1. CARATTERISTICHE GEOGRAFICO-STRATEGICHE DELLO SCENARIO MEDIORIENTALE