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La fine del confronto bipolare ha comportato una nuova configurazione delle relazioni di potenza a livello globale, modificando la definizione ed i parametri geostrategici dell’area tradizionalmente definita come Medio Oriente o Regione mediorientale.123 Al riguardo, non esiste una definizione univoca della delimitazione politica e geografica del Medio Oriente, che assume diversa connotazione e significato nel linguaggio di geografi, politici, storici e burocrati.

L’introduzione della distinzione fra ‘Vicino Oriente’ ed ‘Estremo Oriente’ è riconducibile allo sviluppo dell’espansionismo occidentale verso Est, rendendo utile l’inserimento del ‘Medio Oriente’.

Secondo Bernard Lewis, il termine ‘Medio Oriente’ è stato inizialmente usato da Mahan, per indicare l’area compresa fra l’Arabia e l’India, di significativa rilevanza ai fini della strategia navale, in particolare per la presenza del Golfo Persico. Da allora, il

123 il termine ‘regione’, col correlato aggettivo ‘regionale’, è un termine arbitrario, normalmente utilizzato per indicare aree geografiche di estensione variabile – in funzione del tipo e dell’ampiezza dell’analisi che si intende effettuare – che si presentano omogenee dal punto di vista fisico o culturale. Sotto il profilo strategico, la ‘regione’ è una porzione di territorio che può avere anche estensione subcontinentale ed è frequentemente associata al concetto di ‘teatro’ (‘di guerra’ od ‘operativo’) o, in qualche caso, di ‘scacchiere’. Questi ultimi termini stanno ad indicare una parte di un continente, con i connessi spazi aerei e marittimi, la cui delimitazione è definita a livello strategico e nella quale operano forze militari che perseguono obiettivi strategici (non necessariamente mediante attività di combattimento). Sino alla fine della guerra fredda, il ‘teatro’ era definito anche in funzione del livello delle forze che vi operavano. Nel contesto geopolitico e geostrategico dell’era post-bipolare , i concetti di ‘regione’ e ‘teatro’ hanno assunto una connotazione ancora più indeterminata, in conseguenza del crescente rilievo assunto dagli aspetti non militari dei conflitti (guerra economica, operazioni psicologiche, guerra delle informazioni, operazioni speciali, attività di intelligence, etc.) e della contrazione spazio-temporale, conseguente allo sviluppo dei sistemi di trasporto ed alla diffusione capillare dei sistemi di comunicazione, funzionanti in ‘near-real-time’.

Al riguardo, si veda: Collins M. J., 1998, op.cit., pp. 5-7, 311-312, 402-403;

UK Ministry of Defense (MOD), United Kingdom Glossary of Joint and Multinational Terms and

Definitions, JWP 0-01.1, Edition 3, UK MOD, London, February 2001

British Army, Generic Enemy Handbook, (Mobile Forces – Part 1- operational Art and Tactical Doctrine), D/DGD&D/18/34/48, 1997, p. G-22; in: “The British Army Electronic Battle Box”, Edition 5, September 2001 (documenti in formato elettronico);

termine è stato talora utilizzato anche come sinonimo di ‘Vicino Oriente’, da intendersi compreso fra l’Africa settentrionale all’India, ma senza includere quest’ultima.124

La Nuova Enciclopedia Britannica introduce una articolata distinzione, secondo la quale il ‘Vicino Oriente’ coincide con l’area più vicina all’Europa, che si estende dal Marocco al Golfo Persico; il ‘Medio Oriente’ dal Golfo all’Asia sudorientale ed il ‘Lontano Oriente’, che comprende le regioni che si affacciano sul Pacifico.125

Secondo il dizionario geografico britannico Websters, il Medio Oriente comprende i paesi dell’Asia sud-occidentale e dell’Africa nord-orientale, includendo Afghanistan, Pakistan, India e Burma.126

La definizione utilizzata dal Dipartimento di Stato americano include il Nord Africa, il Levante e i paesi del Golfo, ma non la Turchia, in quanto membro della NATO.127 L’approfondimento delle problematiche legate alla deterrenza missilistica possiede una spiccata connotazione geopolitica e geostrategica e, pertanto, in questa sede la definizione di Grande Medio Oriente fornita dal dizionario Websters risulta funzionale allo studio delle principali situazioni conflittuali che interessano l’area compresa fra l’Africa settentrionale ed il subcontinente indiano.

Lungo il perimetro della regione sono presenti importanti barriere terrestri e marittime, come il deserto del Sahara, le montagne del Caucaso (che si sviluppano per oltre 1.100 km), le catene montuose dell’Elburz (con numerose cime superiori ai 4.000 m) e dell’Hindo Kush (con vette superiori ai 6.000 m), con le collegate catene del Koh-i-Baba, vicina a Kabul, e del Karakorum. L’Hindo Kush, insieme alla contigua catena dell’Himalaya, costituisce la spina dorsale del subcontinente indiano, rappresentando altresì un importante elemento di separazione fisica rispetto all’Asia centrale.

In queste formidabili barriere naturali, una serie di passaggi sono stati utilizzati sin dall’antichità per i traffici commerciali, per i movimenti migratori e per le operazioni militari. Alcuni di questi valichi sono particolarmente noti per la loro importanza, come i passi Mamison e Daryl, nel Caucaso, il Giurduni Suddurrah Pass fra Caucaso ed

124 Da: Lewis B., The Shaping of the Modern Middle East, Oxford University Press, Oxford, 1994, pp. 3-22 125 Da: AA.VV., New Encyclopedia Britannica - Micropedia, vol. 8, 15th ed., Encyclopedia Britannica, 1992, p.

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126 “…[Middle East defined as] an extensive region comprising the countries of Southwest Asia and Northeast

Africa; term formerly included Afghanistan, Pakistan, India, and Burma…”. Da: AA.VV., Websters New Geographical Dictionary, G & Merriam Company, 1972, p. 760

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alla vigilia del secondo conflitto mondiale, per le operazioni terrestri, il Pentagono aveva individuato tre distinte ‘aree di responsabilità’ (AOR), strategicamente indipendenti corrispondenti rispettivamente alla AOR del Pacifico, dell’Europa e dell’Atlantico e del Medio e Lontano Oriente. Quest’ultima includeva il

Elburz, il Kyber Pass e altri nel gruppo dell’Hindo Kush. Il Mediterraneo ed i comunicante Mar Nero rappresentano un buon tratto della delimitazione settentrionale del Grande Medio Oriente, presentando alcuni punti di obbligato passaggio in corrispondenza di Gibilterra, dei Dardanelli (meno di 1,5 km di ampiezza) e del Bosforo (ampio meno di 1 km). Dal Mediterraneo è possibile raggiungere la periferia meridionale dell’area attraverso il Canale di Suez, controllato dall’Egitto. Suez è solo una parte delle comunicazioni marittime di rilevanza strategica attorno alla penisola del Sinai (territorio egiziano), che comprendono le rotte con andamento meridiano del Mar Rosso e le diramazioni verso il golfo di Aqaba, al quale si accede attraverso lo Stretto di Tiran. Le località di Heilath ed Aqaba hanno un rilevante ruolo economico e militare, rispettivamente, per Israele e per la Giordania, e rappresentano il terminale di importanti flussi commerciali provenienti dal quadrante meridionale.

Alla estremità meridionale del Mar Rosso, un altro punto di significativa importanza geostrategica è costituito da Bab el Mandeb, lo stretto passaggio che porta al Golfo di Aden, al centro delle attenzioni sovietiche ed americane durante la guerra fredda. Con andamento quasi parallelo al Mar Rosso, da cui è separato dalla penisola arabica, il Golfo Persico costituisce, per certi versi, il confine orientale del mondo arabo. La notevole rilevanza delle rotte marittime connesse con l’esportazione dei prodotti petroliferi estratti nella regione è accentuata dalla limitata ampiezza e profondità dell’accesso meridionale, rappresentato dallo Stretto di Hormuz, in corrispondenza del quale è relativamente semplice ostacolare il regolare flusso di navigazione.

Anche all’interno della regione sono presenti importanti ostacoli naturali, rappresentati da deserti, fiumi e catene montuose.

In particolare, in questa area non particolarmente ricca d’acqua, i fiumi, svolgono rilevanti funzioni economiche per i vari Stati attraversati. Molti analisti ritengono che, in futuro, lo sfruttamento delle acque del Nilo, del Giordano, del Tigri-Eufrate e di altri fiumi della ragione potranno rappresentare una delle più probabili cause di conflittualità locale, anche considerando le relazioni non collaborative esistenti fra gli Stati che controllano i vari tratti del percorso delle vie d’acqua.128

La morfologia del terreno e l’ampia varietà dei climi presenti nella regioni influenza in varia misura le attività militari.

Mediterraneo, il Mar Rosso, il Golfo Persico, l’Oceano Indiano e tutti i territori contigui, da Gibilterra a Singapore. Da: Collins M. J., 1998, op. cit., p. 308

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Nel caso di operazioni convenzionali, sia manovrate sia di logoramento, le condizioni meteorologiche influiscono, fra l’altro, sia sulle capacità di acquisizione degli obiettivi sia sull’efficacia del munizionamento guidato utilizzato dagli aerei e dalle armi controcarri, così come anche sulle caratteristiche di volo degli aerei e degli elicotteri, penalizzando le attività di combattimento e quelle di natura tecnica o logistica.

Emblematico, al riguardo, l’esito della tentata liberazione, nel 1980, degli ostaggi americani trattenuti dagli iraniani, fallito per una serie di incidenti – causati dal vento e dalle tempeste di sabbia – che coinvolgevano gli elicotteri USA impegnati nella missione.

Nel caso dei missili SCUD iracheni lanciati nel 1991 contro Arabia saudita ed Israele, gli analisti militari americani imputavano alla presenza di nuvole le difficoltà di individuazione dei lanciatori prima della partenza del vettore, nonostante il terreno aperto offrisse possibilità di occultamento veramente modeste.129

Le temperature estremamente basse o elevate influiscono sia sulle prestazioni del personale che dei mezzi. Nella guerra del giugno 1967, le elevate temperature del Sinai rendevano difficile l’impiego dei carri armati egiziani, di costruzione sovietica, sprovvisti di filtri antisabbia, con impianti di raffreddamento inadeguati e con angusti spazi per l’equipaggio.

In Afghanista, uno studio ha evidenziato le difficoltà dei Mujahideen di utilizzare i missili contraerei spalleggiabili Blowpipe, di costruzione britannica, che alle basse temperature manifestavano problemi di funzionamento.

Le condizioni climatiche e meteorologiche possono anche determinare la praticabilità del terreno ed interdire le operazioni in certe aree e/o in certi periodi stagionali. Nel caso dell’area paludosa dello Shatt al-Arab, nel periodo 1984-88 i reparti dei Pasdaran iraniani organizzavano le loro massicce offensive durante la stagione secca, quando il terreno era più consistente ed il superamento dei canali risultava più agevole.

In Afghanistan, i sovietici impiegavano vari reparti di forze speciali (Spetznaz) e unità da montagna, maggiormente idonee a condurre operazioni in un terreno prevalentemente montuoso. Parimenti, in alternativa agli aviogetti normalmente utilizzati per l’appoggio aereo alle unità terresti, i sovietici facevano largo ricorso agli elicotteri, ritenuti più adeguati al particolare contesto ambientale ed utilizzati anche per operazioni di ricognizione, individuazione e bombardamento degli obiettivi, nonostante la loro elevata vulnerabilità nei terreni montani. Le caratteristiche morfologiche

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rendevano evidente anche la scarsa utilità dei lanciarazzi multipli, presenti in largo numero nelle normali dotazioni organiche delle unità sovietiche.130

Analogamente, le dimensioni geografiche della regione condizionano le operazioni navali.

In particolare, la regione presenta più scenari di “white water” che non di “blue water”, nel senso che anche se il coinvolgimento navale è stato talora consistente, come nel caso della guerra del Golfo del 1991, le operazioni di combattimento condotte sul mare hanno riguardato prevalentemente operazioni di proiezione di potenza a breve raggio ed attività di difesa costiera. In queste ultime, il profilo e la prevalenza di bassi fondali in prossimità delle coste, favoriva l’impiego di varie tipologie di mine navali, di unità veloci armate con missili e di missili utilizzati dalla difesa costiera.131

Alcune operazioni subacquee sono state registrate nel conflitto indo-pakistano del 1971, con l’affondamento di una fregata indiana da parte di un sottomarino pakistano, l’affondamento in porto di un sottomarino pakistano e varie operazioni speciali, condotte dal Pakistan con l’impiego di ‘sommergibili tascabili’ (midget-submarine) e mezzi d’assalto subacquei. In presenza di bassi fondali, comuni nell’area, l’efficienza delle operazioni antisommergibili sono pesantemente condizionate dalla anomala propagazione del suono negli strati d’acqua superficiali.

Pakistan, Iran ed Israele possiedono sottomarini molto silenziosi, particolarmente efficaci in questi particolari contesti operativi subacquei.

Anche la presenza di sottomarini iraniani, di stanza nel porto di Bandar Abbas, in prossimità dello stretto di Hormuz, ha alimentato negli ambienti navali statunitensi una serie di interrogativi sulle capacità iraniane di minacciare le grandi unità navali americane nel Golfo, aprendo una discussione sulle implicazioni operative di quella che è stata definita come “littoral warfare”. 132

Sotto il profilo degli accessi alla regione, il Medio Oriente ha rappresentato storicamente un crocevia fra imperi, dinastie, culture e armate, sia in pace che in guerra. Chi controllava le relative rotte commerciali del Medio Oriente – terrestri, fluviali e marittime – deteneva un grande potere ed era spesso in grado di accumulare ingenti

130 Da: Kemp G., Harkavy R. E., 1997, op.cit.,pp. 173-18.

Per una valutazione delle esperienze di combattimento sovietiche in Afghanistan, si veda: Grau W. Lester (editor), The Bear Went Over the Mountain: Soviet Combat Tactics in Afghanistan, National Defense University Press, Washington DC, Second Printing, August 1996; Hickmont Carly, Frank Andrzej, Lessons

learnt from the soviet Invasion of Afghanistan, (unclassified), HVR, 2006, fuori commercio;

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nell’ambito del conflitto con Iraq-Iran, durante la “guerra delle petroliere” (1984-88), i reparti dei Pasdaran iraniani hanno utilizzato questo tipo di armi, combinando vari procedimenti di guerriglia navale, focalizzando le loro attività operative in prossimità dello stretto di Hortmuz

fortune. Oggi il ruolo della regione come crocevia fra i continenti si è modificato e in qualche misura è diminuito, anche se forse non in modo permanente.

La regione conserva ancora considerevole importanza nel contesto dei trasporti mondiali, in quanto le nuove tecnologie ed i nuovi modelli commerciali hanno aperto itinerari alternativi. Enormi navi portacontainer, che percorrono la rotta fra Rotterdam a Tokyo, circumnavigano il Capo di Buona Speranza con costi pari o leggermente superiori a quelli delle rotte che utilizzano il Canale di Suez, mentre una alta percentuale delle moderne superpetroliere supera le dimensioni massime previste per l’utilizzo del Canale.133 Aerei a lungo raggio come il Boeing-747SP possono volare senza scalo (e senza rifornimenti intermedi) da Londra ai grandi hub dell’Asia sudorientale, sorvolando l’Est Europa e la Russia piuttosto che il Medio Oriente. Nondimeno, questi trend possono cambiare ancora. Uno sconvolgimento politico a Mosca potrebbe comportare la perdita dei corridoi aerei che attraversano la Russia, la costruzione di una buona rete stradale attraverso l’Europa e il Medio Oriente potrebbe favorire una espansione in progressione geometrica del traffico terrestre attraverso la regione. Dal 1996, i camion turchi che trasportano prodotti europei hanno viaggiato regolarmente su strada attraverso la Georgia e l’Arzeibagian, utilizzando traghetti per varcare il Mar Caspio. 134