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Poco dopo il rovesciamento dello Shah e l’affermazione della rivoluzione komehinista, l’Iran veniva attaccato dalle truppe irachene del presidente Saddam Hussein.

Le complesse e molteplici ragioni del conflitto includevano motivi di natura etnico-territoriale e religiosa, come la questione della provincia iraniana del Khuzestan (ricca di petrolio ed abitata prevalentemente da non-persiani). Sulla questione degli accessi al Golfo Persico, l’Iraq contestava quanto concordato dai due paesi con gli accordi di Algeri, che nel 1975 aveva regolato il comune utilizzo dell’importante area dello Shatt al-Arab.

Inoltre, esisteva una crescente diffidenza irachena nei confronti della nuova leadership insediatasi a Teheran, guidata dell’Ayatollah Ruhollah Khomeini, che nel 1979 aveva rovesciato lo Shah Mohammad Reza Pahlavi per instaurare un governo islamico sciita. Infine, la soluzione militare rappresentava un mezzo attraverso il quale il leader iracheno Saddam Hussein aspirava ad ottenere la supremazia nella regione del Golfo. A tale scopo, Baghdad intendeva sfruttare la debolezza di Teheran che, dopo l’avvicendamento di regime, era stata privata dell'appoggio degli Stati Uniti, principale fornitore di armamenti sofisticati, concessi sulla base dei rapporti ‘privilegiati’ esistenti fra Washington e lo Shah.

Anche Mosca considerava con diffidenza la nuova leadership khomeinista, accentuando l'isolamento e la conseguente debolezza della collocazione internazionale iraniana.63 Dopo una serie di scontri di confine e di incidenti, fra i quali l'esecuzione della massima autorità religiosa sciita in Iraq, l'Ayatollah Muhammad Baquir al-Sadr, il 22 settembre

63 un indizio significativo della importanza attribuita dagli USA ai rapporti con Teheran, che intratteneva buoni rapporti anche con Mosca, può essere trovato, fra l'altro, dalla quantità e qualità delle forniture militari (l’Iran era l’unico alleato cui era stato fornito il sofisticato aereo F-14 Tomcat) e dal supporto statunitense allo sviluppo della ricerca nucleare iraniana. Da: Cordesman H. A., After the Storm: The Changing Military

Balance in the Middle East, Westview Press, Boulder (Colo.), 1993, pp. 421-422;

Peters J., Iran's Threat Perceptions and Arms Control Policies ,in: “The Nonproliferation Review”, Fall 1998, p. 50, accessibile alla pagina Web: http://cns.miis.edu/pubs/npr/vol06/61/jone61.pdf (04/02/2008)

1980 truppe di Saddam Hussein invadevano il territorio iraniano nell’area dello Shatt al-Arab.

I successi locali degli iracheni erano anche dovuti alla superiorità dei loro equipaggiamento e al migliore addestramento ed inquadramento dei reparti impegnati. Il conflitto proseguiva, con alterne vicende e col coinvolgimento di un crescente numero di militari di entrambe le parti. L’Iraq era in grado di mantenere una costante superiorità tecnica, fruendo di un flusso ininterrotto di forniture militari provenienti dai paesi occidentali e dall’URSS. D’altra parte, l’Iran era costretto a ricorrere a forniture militari attraverso canali secondari, potendo contare solo sull’elevato grado di motivazione dei numerosi volontari, presenti sia nelle unità regolari sia nelle formazioni paramilitari. La graduale escalation del conflitto registrava, nel 1982, il primo uso di gas, impiegato dalle truppe irachene sotto forma di lacrimogeni, non letali. Al fine di superare l'impasse delle operazioni militari di un conflitto che assumeva i lineamenti di una guerra d'attrito, a partire dalla metà del 1982 l’Iraq conduceva attacchi con l'impiego di gas letali, approfittando della apparente “indifferenza” della comunità internazionale dinanzi ad una palese violazione della Convenzione Internazionale sulle Armi Chimiche.64

Nell’ottobre 1987, il primo attacco iraniano ad una petroliera che trasportava greggio proveniente dall’Iraq, via Kuwait, provocava la rappresaglia statunitense, che distruggeva una piattaforma petrolifera iraniana. All’innalzamento del livello di tensione fra i due paesi contribuiva anche, nel luglio 1988, la morte dei circa 300 passeggeri di un aereo di linea iraniano, abbattuto da un missile partito dalla fregata statunitense USS Vincennes, in navigazione nel Golfo.

Nelle fasi iniziali del conflitto, gli iracheni usavano i missili balistici a corto raggio del tipo FROG-7, acquisiti dall’URSS, per colpire obiettivi iraniani a ridosso della linea di confine, soprattutto nelle aree di Dizful e di Ahwaz, ma senza peraltro conseguire particolari risultati.

A partire dal 1982, gli iracheni iniziavano ad impiegare missili SCUD-B (non modificati) contro le città iraniane prossime al confine, considerato che Teheran non era raggiungibile con questi vettori balistici.

Il periodo noto come “Guerra delle città” non rappresentava una fase distinta della guerra e viene definito in modo diverso da vari autori. Anche se esisteva notizia di

64 la comunità internazionale, da un lato temeva che dopo una eventuale vittoria dell’Iran, la rivoluzione komeinista si sarebbe potuta espandere nell’area del Golfo, con risultati difficilmente prevedibili, mentre,

precedenti attacchi a città, le incursioni aeree irachene del 1985 contro Teheran ed altre città iraniane rappresentavano un ulteriore e significativo innalzamento del livello del conflitto, nel quale veniva coinvolta una larga parte della popolazione civile.

Gli attacchi iracheni ai centri urbani registravano una fase particolarmente intensa agli inizi del 1988, quando Teheran e Qom venivano ripetutamente colpite da numerosi missili iracheni tipo SCUD-B, modificati per aumentarne la portata e denominati Al-Hussein.65

Secondo Anthony Cordesman, esperto di questioni missilistiche del Center for Strategic and International Studies di Washington, fra la fine di febbraio e la metà di aprile 1988, l’Iraq lanciava oltre 160 missili contro le città iraniane, utilizzando i vettori balistici come armi psicologiche nei confronti delle popolazioni civili. Alla fine della guerra, l’Iraq aveva lanciato un migliaio di missili, prevalentemente contro obiettivi civili iraniani.66

L’iniziale risposta iraniana era affidata prevalentemente all’impiego di materiali catturati (analogamente a quanto attuato per il munizionamento chimico), successivamente integrata da forniture estere, come nel caso dei missili SCUD utilizzati dall’Iran verso la fine del conflitto.67 Il diffuso timore delle popolazioni urbane si rifletteva anche sul morale delle truppe iraniane al fronte, consentendo alla controparte irachena di ottenere importanti conquiste territoriali e di catturare ingenti quantitativi di equipaggiamenti militari, difficilmente rimpiazzabili da parte iraniana. Questi insuccessi sul campo, il perdurante isolamento internazionale e, soprattutto, il timore di un possibile impiego di testate chimiche o biologiche nei missili lanciati contro le città convincevano Teheran ad accettare il cessate il fuoco, firmato il 20 agosto 1988.

La vittoria dell’Iraq non era priva di conseguenze, dal momento che il Paese era gravato da un consistente debito estero, contratto per esigenze belliche. L’esposizione debitoria d’altra parte, le vicende belliche non stimolavano aumenti del prezzo del greggio. Da: Kemp G., Harkavy R. E., 1997, op. cit., pp. 60-61;

65

Teheran è ad oltre 500 km dal confine con l’Irak, distanza superiore alla portata normale degli SCUD-B, pari a meno di 300 km. A questa distanza, il missile, dotato di una testata bellica di 997 kg, ha un errore circolare probabile (CEP) pari a circa 3 km. Col supporto di vari paesi (Cina, Egitto, Francia, Germania e, probabilmente, URSS), i tecnici iracheni modificavano i vettori SCUD, arrivando a collaudare nel 1987 un missile, denominato Al-Hussein, in grado di trasportare una testata più leggera ad una distanza di circa 640 km, con un CEP di 2-3 km alla massima gittata. Da: Kemp G., Harkavy R. E., 1997, op. cit., p. 272;

66 Da: Cordesman H. A., 1993, op.cit., p. 485; 67

i primi lanci iraniani venivano effettuati nel marzo 1985, utilizzando alcuni vettori probabilmente ceduti dalla Libia. Nel periodo 1985-87 venivano impiegati circa 40 missili SCUD-B, con portata di circa 300 km ed una testata bellica di 798 kg, mentre altri 77 venivano lanciati successivamente. I rapporti di distanza consentivano di lanciare dal territorio iraniano direttamente contro Baghdad, posta a minore distanza dalla linea di confine rispetto a Teheran.

era particolarmente rilevante nei confronti dell'Arabia Saudita e del Kuwait, paesi che avevano peraltro beneficiato degli sforzi militari di Baghdad, i quali avevano contribuito al ridimensionato dell'influenza regionale di Teheran.

Il rifiuto di cancellare o dilazionare il debito rappresentava una delle ragioni principali che, nel 1990, motivavano la decisione irachena di invadere il Kuwait.68

Nella percezione iraniana, le vicende della guerra con l'Iraq dimostravano il dubbio funzionamento delle norme internazionali per il controllo degli armamenti.

Saddam Hussein, infatti, aveva continuato a fruire dell'appoggio di molti paesi, anche mentre sviluppava ed utilizzava sul campo una serie di capacità non convenzionali ed armi di distruzione di massa (WMD), in aperta violazione di accordi e trattati internazionali sottoscritti dall'Iraq.

Anche se la percezione iraniana non è condivisa dall'occidente, e soprattutto dagli Stati Uniti, essa contribuisce a spiegare la determinazione del governo di Teheran di acquisire autonome capacità in campo missilistico ed, eventualmente, nucleare, dal momento che l'esperienza bellica ha accentuato nei vertici politici e militari iraniani la sensazione dell'isolamento ed una profonda sfiducia nella capacità antiproliferazione della comunità internazionale. A questo si accompagna la consapevolezza dei gravi rischi geostrategici connessi con ipotesi di attacchi condotti con armi chimiche (o nucleari), soprattutto se rivolti contro i residenti nei maggiori centri urbani iraniani, nei quali si concentra circa il 67% della popolazione.69

La guerra fra Iran ed Iraq veniva caratterizzata anche da intrecci apparentemente inspiegabili, riconducibili a temporanee convergenze di interessi geostrategici. Un caso emblematico è quello noto come lo ‘scandalo Iran-contras’, il complesso intreccio di attività e di transazioni internazionali gestito dall’intelligence USA, che, in cambio del rilascio di ostaggi statunitensi catturati da un gruppo libanese, nel 1985 portava a Teheran, via Israele, forniture americane di armi – compresi missili contraerei avanzati tipo IHawak.70

68 Da: Baylis et al, Conflict Without Victory: The Iran-Iraq War, in: AA.VV., “Strategy in the Contemporary World”, Oxford University Press, Oxford, 2007Oxford University Press, Oxford, 2007;

69 Da: Peters J., Fall 1998, op.cit., pp. 51-52; 70

Da: Bone B.J., Jr. (editor), Guide to National Security Policies and Strategy, U.S. Army War College, July 2004, pp. 138, 195; Baylis et al, 2007, op.cit., pp. 6-7; Cordesman H. A., September 11, 2006, op.cit., p. 6;