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Capitolo IV: L’esercizio dell’azione contabile ed il potere

4.2. La prospettazione della disponibilità dell’azione contabile

Per affrontare il tema in esame, dapprima si procederà a delineare le caratteristiche tradizionalmente attribuite all’azione contabile e, successivamente, si passerà all’esame di alcune ricostruzioni dottrinali secondo le quali sarebbero rinvenibili nelle innovazioni apportate dal codice i presupposti per parlare di una “disponibilità dell’azione contabile”.

Gli studiosi del processo contabile hanno da sempre considerato l’azione del pubblico ministero contabile “obbligatoria” ed “irretrattabile”, alla stessa stregua dell’azione penale.

Questa qualificazione dell’azione contabile veniva affermata malgrado il carattere di obbligatorietà dell’azione di danno non discendesse direttamente da una norma di legge, dal momento che l’art. 112 Cost. si riferisce espressamente soltanto all’azione penale.

Esso è stato ricavato in via ermeneutica dagli studiosi in considerazione “della particolare connotazione del pubblico ministero

contabile, in quanto organo preposto alla tutela dell’ordinamento giuridico che agisce in rappresentanza della legge”463.

Al carattere di obbligatorietà dell’azione conseguiva l’irretrattabilità della pretesa fatta valere con l’atto di citazione464.

L’obbligatorietà dell’azione contabile implicava, che a fronte di una

notitia damni specifica e concreta ed in presenza di elementi per poter

sostenere l’accusa in giudizio, il pubblico ministero contabile dovesse aprire l’istruttoria ed esercitare l’azione contabile.

Anche il fondamento del principio di irrinunciabilità, esattamente quello di obbligatorietà, era individuato nella natura dei poteri del pubblico ministero contabile e nell’indisponibilità degli interessi tutelati da tale organo.

463 S.NOTTOLA, Connessione della teoria del potere sindacatorio del giudice

contabile con le caratteristiche dell’azione di responsabilità, in Quaderni della Rivista della Corte dei conti, n. 1/1992, p. 203.

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Secondo altra parte della dottrina, tuttavia, l’azione era da ritenersi irrinunciabile in ragione del fatto che il pubblico ministero, non essendo titolare sul piano sostanziale della pretesa dedotta in giudizio, non aveva alcun potere dispositivo sulla stessa465.

Inoltre, si deve sottolineare che l’ irretrattabilità dell’azione non era scalfita dalla previsione dell’art. 12 del regolamento di procedura (R.D. 1038/1933), che ammetteva la rinuncia in qualunque stato della causa, in quanto ritenuta applicabile soltanto ai giudizi su istanza di parte e a quelli in materia pensionistica466.

L’obbligatorietà dell’azione di danno, per giunta, doveva intendersi connaturata al carattere di giurisdizione di diritto obiettivo e all’interesse generale oggetto di tutela, ponendo le premesse per un suo parallelismo con l’azione penale.

Nonostante l’azione di danno e l’azione penale presentassero delle similitudini, esse si differenziavano sotto alcuni rilevanti profili: tali differenze ponevano e pongono alcuni dubbi rispetto all’enunciato dogma dell’obbligatorietà dell’azione contabile.

In primo luogo, si deve ribadire che, a differenza dell’azione penale, nessuna norma prescrive l’obbligatorietà dell’azione contabile: l’art. 112 Cost. si riferisce espressamente soltanto alla prima.

In secondo luogo, in sede contabile manca e mancava un controllo giurisdizionale sull’actio damni, mentre invece il sindacato del g.i.p. sull’archiviazione costituisce “un momento di valutazione dell’utilità di

avviare un processo ed il giusto componimento dell’equilibrio tra l’interesse pubblico all’esercizio dell’azione penale e gli interessi individuali confliggenti”467.

Diversamente, nel caso dell’azione di responsabilità amministrativa, le determinazioni sull’esercizio dell’azione sono di esclusiva competenza del pubblico ministero contabile, il quale valuta in completa autonomia gli elementi acquisiti nel corso dell’istruttoria preprocessuale e attraverso le controdeduzioni, con un ampio margine di discrezionalità valutativa.

465 P. AVALLONE, S. TARULLO, Il giudizio di responsabilità amministrativo

contabile innanzi alla Corte dei conti, Padova, Cedam, 2002, p. 141.

466 Ibidem. Si ricorda che in questi giudizi il Pubblico ministero contabile assume il ruolo di interventore e concludente nell’interesse della legge. In questo senso anche G.SCICHILONE, Il pubblico ministero e le parti private in G.SCOCA (a

cura di), La responsabilità amministrativa e il suo processo, Padova, Cedam, 1999, p. 343.

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Da quanto evidenziato, emerge che il carattere obbligatorio dell’azione contabile non fosse del tutto pacifico nemmeno in un’epoca anteriore alla codificazione, allorquando poteva, come del resto nell’attuale quadro di disciplina, poteva parlarsi di un’ azione “doverosa”, ma non “obbligatoria”, non potendo intendere l’“obbligatorietà” come un sinonimo di officiosità o esclusività dell’azione.

Un tema strettamente connesso a quello dell’obbligatorietà dell’azione contabile è anche quello della “giusta azione” intesa come “azione disponibile” (v. supra § 1.3).

In questa prospettiva, secondo la dottrina, l’interesse pubblico perseguito dall’azione contabile non poteva essere considerato in senso penalistico come “uno ius persequendi a tutti i costi”468, in quanto la natura

della responsabilità è compensativa, non sanzionatoria.

Non era ragionevole che il pubblico ministero contabile dovesse indefettibilmente intraprendere l’attività investigativa ed esercitare l’azione contabile, senza prima valutare l’effettiva possibilità di conseguire un congruo risarcimento in sede giudiziale.

Questa notazione trova una qualche conferma nella disciplina delle spese contemplata dal previgente processo contabile.

L’art. 3 co. 2 bis della l. 639/96 assicurava, infatti, al dipendente prosciolto all’esito del giudizio di responsabilità amministrativa, la possibilità di chiedere il rimborso spese all’amministrazione di appartenenza.

Non appariva pertanto ragionevole ritenere che il pubblico ministero contabile dovesse necessariamente intraprendere l’azione o avviare l’istruttoria a fronte di un danno esiguo e “di dubbia perseguibilità”, stanti le ricadute negative del rimborso delle spese giudiziali sul bilancio dell’ente danneggiato.

Non poteva essere quindi negata al procuratore contabile una qualche disponibilità dell’azione risarcitoria quando questi si fosse trovato “di fronte

all’alternativa obbligata di emettere l’atto di citazione o di archiviare”469.

Con l’introduzione del codice, secondo parte della dottrina, sarebbe caduto “il mito dell’obbligatorietà e dell’irretrattabilità” dell’azione pubblica di danno470.

468 P.SANTORO, Prolegomeni al giusto processo contabile, in Riv. Corte conti n. 2/2002, p. 307.

469 Ivi, p. 308.

470 P. SANTORO, Il codice di giustizia contabile ed il giusto processo, in www.contabilitàpubblica.it, p. 11.

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Il carattere disponibile all’azione contabile è stato desunto dalla nuova disciplina dell’archiviazione(art. 69 c.g.c.) e della rinuncia agli atti del processo (art. 110 c.g.c.).

La prima disposizione stabilisce che il pubblico ministero contabile debba adottare un provvedimento di archiviazione quando la notitia damni risulti infondata, quando non vi siano elementi a sostenere in giudizio la contestazione ed, infine, quando l’azione amministrativa si sia conformata ad un parere reso dalle sezioni regionali471.

Un secondo riferimento normativo è individuato nell’art. 110, 2 co. c.g.c. “riconduce a sistema la pretesa indisponibilità dell’azione”, dal momento che dispone che il pubblico ministero, previa accettazione delle parti, possa rinunciare motivatamente agli atti del processo472.

L’art. 110, 2 co. è una norma inserita all’interno della parte dedicata al rito ordinario: essa dunque è valevole per tutti i giudizi e non più soltanto per il giudizi ad istanza di parte ed il contenzioso pensionistico.

Altra parte della dottrina assume una posizione meno netta in ordine al venir meno dell’obbligatorietà ed irretrattabilità dell’azione contabile.

A suffragare tale tesi viene fornita una differente interpretazione delle menzionate disposizioni, basata su una diversa concezione della rinuncia all’azione contabile.

Secondo a quest’ultimo indirizzo ermeneutico, potrebbe parlarsi di una vera e propria rinuncia all’azione soltanto a fronte di un atto dispositivo che determini l’estinzione della pretesa risarcitoria anche sul piano sostanziale, condizione che non si verifica in caso di archiviazione del fascicolo istruttorio o chiusura in rito del processo.

Si deve notare, infatti, che il provvedimento di archiviazione, in quanto provvedimento non giurisdizionale, non ha valore di giudicato. Da esso non deriverebbe un vincolo formale per il pubblico ministero, in quanto lascia

471 A questo proposito, si può richiamare quanto affermato dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 88/1991: in base a questa pronuncia, l’obbligatorietà dell’azione penale non implicherebbe una consequenzialità automatica fra notizia di reato e processo, in quanto il principio di ragionevolezza impone che il giudizio non debba avere inizio laddove palesemente superfluo.

472 Ibidem. La Corte dei conti, nell’esercizio della funzione referente sullo schema di decreto legislativo, aveva proposto di modificare la norma, attribuendo il potere di rinuncia al solo titolare dell’ufficio e prevedendo la forma scritta. Tale aspetto è sintomatico della tradizione avversione da parte della magistratura contabile all’operatività indiscriminata della rinuncia agli atti del giudizio. Il codice non recepisce quest’impostazione, prevedendo un’applicabilità generalizzata del regime della rinuncia agli atti del giudizio. W.BERRUTI, Commento all’art. 110 c.g.c,. in

A.GRIBAUDO (a cura di), Il codice della giustizia contabile commentato articolo per articolo, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2017, pp. 412-413.

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aperta la possibilità di una riapertura dell’istruttoria, in presenza di fatti nuovi e diversi successivi al provvedimento di archiviazione (art. 70 c.g.c.).

Dalla possibilità di una riapertura dell’istruttoria, si può evincere come l’archiviazione del procedimento non sia idonea ad estinguere la pretesa risarcitoria.

Tale provvedimento non assume dunque i caratteri di una vera e propria rinuncia all’azione, prospettabile soltanto a fronte dell’estinzione della pretesa risarcitoria sul piano sostanziale473.

Ad una conclusione non diversa si dovrebbe pervenire con riguardo all’art. 110 c.g.c, che prevede che il pubblico ministero possa rinunciare agli atti del processo.

La rinuncia agli atti, infatti, è cosa ben distinta dalla rinuncia all’azione: i due atti dispositivi hanno effetti ben diversi sulla pretesa risarcitoria dedotta in giudizio474.

Nel caso della rinuncia all’azione, infatti, l’attore riconosce l’infondatezza della sua domanda: a ciò consegue l’estinzione sul piano sostanziale del credito dedotto in giudizio, con effetti equivalenti a quelli di una sentenza di merito.

Nel caso della rinuncia agli atti, invece, si avrebbe una chiusura in rito del processo, senza alcun effetto estintivo sulla pretesa risarcitoria dedotta in giudizio: nulla impedirebbe al pubblico ministero un nuovo esercizio dell’azione contabile475.

Alla luce della delineata distinzione, l’art. 110 c.g.c. non prevede quindi la possibilità di rinunciare l’azione, ma soltanto la possibilità di rinuncia agli atti del processo, la quale ha effetti soltanto sul processo e non sulla pretesa sostanziale dedotta in giudizio.

Deve essere rilevato, tuttavia, che anche la rinuncia agli atti è comunque un atto dispositivo, che implica il venir meno degli effetti della domanda, fra cui l’interruzione (e, nel caso del processo contabile, sospensione) della prescrizione.

473 M.OREFICE, L’azione contabile, in E.F.SCHLITZER,C.MIRABELLI (a cura di), Trattato sulla nuova configurazione della giustizia contabile, Napoli, Editoriale Scientifica, 2018, pp. 615-616.

474 C.CHIARENZA,P.EVANGELISTA, Il giudizio di responsabilità innanzi alla

Corte dei conti, in V. TENORE (a cura di), La nuova Corte dei conti: responsabilità, pensioni, controlli, Milano, Giuffré, 2018, p. 705 ed anche M. OREFICE, L’azione contabile in Trattato sulla nuova configurazione della giustizia contabile, Napoli,

Editoriale Scientifica, 2018, p. 613.

475 M.OREFICE, L’azione contabile in E.F.SCHLITZER,C.MIRABELLI (a cura di), Trattato sulla nuova configurazione della giustizia contabile, Napoli, Editoriale Scientifica, 2018, p. 616

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Nonostante il carattere “formale” della rinuncia, non si può fare a meno di rilevare un simile atto dispositivo potrebbe comunque facilitare l’estinzione del diritto di credito azionato in giudizio sul piano sostanziale.

Da quanto evidenziato, non risulterebbe corretto affermare che l’art. 110 c.g.c. contempli la possibilità di una “rinuncia all’azione” e, conseguentemente la disponibilità dell’actio damni: ad ogni modo, questa disposizione si configura come un’importante innovazione, per le indubbie ripercussioni che l’estinzione del processo può avere anche sul piano sostanziale.

In base a questa seconda impostazione, indubbiamente più problematica, non si può dunque pervenire a conclusioni definitive ed inoppugnabili in ordine alla disponibilità dell’azione contabile.

Resta il fatto che, laddove si aderisse alla tesi della disponibilità dell’azione contabile, la riforma del processo contabile avrebbe reso quest’ultima più vicina al modello astratto di giusta azione, in considerazione del fatto che la codificazione non ha risolto il problema del rimborso delle spese giudiziali476.

Con riferimento alla valutazione compiuta dal pubblico ministero in ordine alla fondatezza della pretesa in base all’art. 69 c.g.c., è stato sostenuto, infatti, che il codice avrebbe introdotto un “criterio prudenziale, volto alla

comparazione fra gli eventuali costi dell’azione ed il risarcimento eventualmente perseguibile”477.

La nuova normativa si porrebbe dunque nella prospettiva di prevenire un inutile e dispendioso avvio del processo, offrendo per la prima volta una soluzione anche alle menzionate aporie della disciplina delle spese processuali.

Sotto un diverso punto di vista, il codice permette di superare il meccanicismo dell’esercizio dell’azione contabile: un’azione “giusta” è quella avviata a fronte di un consistente supporto probatorio e coerente con le indicazioni della magistratura contabile attraverso i pareri resi nell’esercizio della funzione consultiva ex art. 7, co 7 l.131/2003478.

476 Sebbene, infatti, il d.lgs. 174/16 abbia specificato le ipotesi che danno titolo al rimborso spese, il codice grava tuttora l’amministrazione dell’obbligo di rimborsare le spese legali sostenute dal convenuto ingiustamente evocato in giudizio

477 P. SANTORO, Il codice di giustizia contabile ed il giusto processo, in wwe.contabilità-pubblica,2016, p.12, in tal senso anche AA. VV. Introduzione in A.CANALE,F.FRENI,M.SMIROLDO (a cura di), Il nuovo processo davanti alla Corte

dei conti, Milano, Giuffré, 2017, p. XXXIV.

478 A.MANZIONE, Il giusto processo in A.CANALE,F.FRENI,M.SMIROLDO (a cura di), Il nuovo processo davanti alla Corte dei conti. Commento sistematico al

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Laddove i contorni del fatto fossero incerti o l’elemento soggettivo si rivelasse insussistente, il criterio della giusta azione contabile imporrebbe, infatti, al procuratore di desistere dal suo esercizio.

Ad ogni modo, il processo di adeguamento dell’azione contabile alla giusta azione non può dirsi completo: manca ancora un controllo giurisdizionale sulla stessa, volto a prevenire un suo esercizio avventato.

In passato, infatti, è stato scritto che “il problema della giusta azione

non può essere lasciato alla solitudine del Procuratore agente ed al suo senso di giustizia ed equilibrio, perché un’azione eventualmente disinvolta, eclatante o temeraria, oltre a provocare di per sé un impatto opposto negli interessati e nell’opinione pubblica potrebbe provocare ed alimentare quella reazione di insofferenza che, in un lontano passato, ne ha messo in forse la permanenza”479.

Da quanto evidenziato sinora emerge, quindi, come una giusta azione non possa che imporre la presenza di un controllo giurisdizionale: un controllo che si rende necessario per la stessa sopravvivenza del sistema della responsabilità amministrativa.

4.3. La perdurante assenza dell’amministrazione ed il ruolo