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Capitolo IV: L’esercizio dell’azione contabile ed il potere

4.3. La perdurante assenza dell’amministrazione ed il ruolo rivestito

amministrativa

Nonostante le numerose innovazioni introdotte dal codice nella prospettiva dell’ampliamento delle garanzie difensive dei soggetti che prendano parte al giudizio di responsabilità, va rilevato, tuttavia, che il nuovo corpo normativo contempli tuttora un marginale – e probabilmente non sufficiente- coinvolgimento dell’amministrazione danneggiata.

A questo riguardo, si deve evidenziare che l’elaborazione dell’art. 52 c.g.c. (avente ad oggetto l’obbligo di denuncia del danno erariale v. supra § 2.3.4) ha suscitato un fervido dibattito fra gli estensori del codice sul ruolo dell’ente danneggiato all’interno del giudizio di responsabilità amministrativa.

Alcuni membri della commissione, infatti, ritenendo insufficiente il mero “obbligo di denuncia”, avevano proposto di riconoscere all’amministrazione un “ruolo proattivo”480, e cioè la legittimazione ad agire

nel giudizio di danno.

479 P. SANTORO, L’illecito contabile e la responsabilità amministrativa, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2011, p. 735.

480 M.CLARICH,F.P.LUISO,A.TRAVI, Prime osservazioni sul recente codice

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In base a questa proposta, l’iniziativa del procuratore sarebbe stata possibile soltanto in caso di inerzia dell’ente danneggiato e nei casi in cui l’azione dell’amministrazione fosse risultata “problematica o inadeguata”481.

Ciò avrebbe permesso all’amministrazione di avviare autonomamente il giudizio di responsabilità, coerentemente con la titolarità sul piano sostanziale della pretesa risarcitoria dedotta in giudizio.

In base a tale prospettazione, sarebbe quindi venuto meno quello che, in passato la dottrina ha definito “il principio cardine del giudizio di

responsabilità amministrativa”482, e cioè la legittimazione esclusiva del

pubblico ministero contabile all’azione di danno.

La maggioranza della Commissione ha poi respinto questa alternativa, adducendo la motivazione che l’introduzione una simile sarebbe stata censurabile sul piano dell’eccesso di delega.

A questo si aggiungevano considerazioni di opportunità: una tale modifica avrebbe delineato un sistema di tutele ridondante e lesivo degli ambiti della giurisdizione contabile.

Infine, si è posta in dubbio la compatibilità di una simile soluzione con la clausola di invarianza finanziaria, prevista dall’art. 20 co. 7 della l. 124/15483.

L’art. 52 c.g.c. si configura, in definitiva, come una norma di “sintesi

di opposte tesi”484: non si può fare a meno di sottolineare, tuttavia, come la

Commissione che ha elaborato il codice abbia optato ancora una volta per una soluzione improntata alla conservazione piuttosto che all’innovazione.

A margine di queste considerazioni, si deve rilevare che la legittimazione esclusiva in capo al pubblico ministero all’esercizio dell’azione pubblica di danno, costituisce da sempre uno degli aspetti più controversi del giudizio di responsabilità amministrativa.

deve sottolineare, tuttavia, che la prospettazione in esame intendeva comunque riservare la conduzione del processo pubblico ministero contabile a cui il danno fosse stato segnalato.

481 Ibidem.

482 A. CORPACI, Il principio cardine del giudizio di responsabilità

amministrativa, in AA. VV., Responsabilità amministrativa e giurisdizione contabile (ad un decennio dalle riforme). Atti del 51° Convegno di studi di scienza dell'amministrazione. Varenna, Villa Monastero, 15-17 settembre 2005, Milano,

Giuffré, 2006, p. 265.

483 A.CANALE, Il primo codice di giustizia contabile, le novità in tema di

istruttoria e di accertamento del danno erariale, Articolo tratto dalla conferenza

tenuta il 16 maggio 2017 presso l’Accademia della Guardia di finanza, sede di Roma, in www.rivistacortedeiconti.it.

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In passato, era fortemente radicata fra gli studiosi del processo contabile una concezione spiccatamente pubblicistica dell’azione di danno, considerata alla stregua di un “dato essenziale” e pertanto “irrinunciabile”485:

essa permetteva, infatti, di ovviare al problema dell’eventuale inerzia amministrativa nel perseguire i propri dipendenti.

Negli anni precedenti alla codificazione, sono state elaborate due differenti ricostruzioni dell’azione pubblica di danno e delle ragioni della sua attribuzione in via esclusiva al pubblico ministero contabile.

In base alla prima, la ratio di siffatta legittimazione è stata ravvisata nel principio del buon andamento dell’azione amministrativa e della corretta gestione delle risorse pubbliche.

Si reputava, infatti, che lasciare la decisione sull’azione (o sull’inazione) all’amministrazione avrebbe permesso il consolidarsi di prassi distorsive.

In modo particolare, vi era il timore di un esercizio meramente “eventuale” dell’azione di danno, o comunque influenzato dai rapporti personali intercorrenti fra il pubblico funzionario e l’amministrazione486.

In base alla seconda prospettazione, invece, l’azione pubblica si fonda su un interesse che è quello della reintegrazione del danno patrimoniale: alla stessa stregua del primo esso si configura come “rimedio al rischio di

carenza di esercizio delle amministrazioni interessate”487, restie a convenire

in giudizio in propri dipendenti.

Questa seconda soluzione avrebbe permesso all’azione contabile di assumere connotati non dissimili ad un’azione civilistica, laddove la prima prospettiva esaminata ne accentuava, invece, i tratti di specialità.

La Corte costituzionale, intervenuta sul tema con alcune sentenze degli anni ’70488, si è mostrata tendenzialmente contraria ad estendere la

legittimazione ad agire in giudizio anche all’ente danneggiato.

485 F. G. SCOCA, Sguardo d’insieme sugli aspetti sostanziali e processuali

della responsabilità amministrativa, in F.G. SCOCA (a cura di), La responsabilità amministrativa ed il suo processo, Padova, Cedam, 1997, p. 11-12.

486 Ibidem.

487 A. CORPACI, Il principio cardine del giudizio di responsabilità

amministrativa, in AA. VV., Responsabilità amministrativa e giurisdizione contabile (ad un decennio dalle riforme). Atti del 51° Convegno di studi di scienza dell'amministrazione. Varenna, Villa Monastero, 15-17 settembre 2005, Milano,

Giuffré, 2006, p. 269.

488 Si tratta delle sentenza 68/71 e, aventi ad oggetto il problema dell’esercizio dell’azione di responsabilità da parte anche degli enti locali e delle Regioni.

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La Consulta ha, infatti, affermato che non potesse essere riconosciuta in capo all’ente regionale il potere di agire o non agire in giudizio: l’azione di danno, infatti, era sottratta alla disponibilità della regione in quanto riservata ad una giurisdizione di diritto speciale “svolgentesi per impulso di un organo

pubblico a ciò destinato”489.

Una successiva pronuncia, invece, pur non escludendo del tutto la possibilità di una legittimazione ad agire alla Regione, aveva risolto la questione in senso negativo.

La Corte aveva motivato tale decisione con l’argomento che l’ art. 103, co. 2 Cost., confermando la giurisdizione in materia della contabilità pubblica, aveva richiamato l’istituto “così come esso era”.

Pertanto, l’azione del Procuratore era necessaria ad evitare “lassismi e

contrapposizione di interessi”490.

Anche nel caso del mancato riconoscimento all’amministrazione della legittimazione ad agire in giudizio viene in rilievo il problema del giusto processo.

La dottrina, in passato, ha posto in luce come l’attribuzione in via esclusiva dell’esercizio dell’azione contabile, e così di un’iniziativa processuale esclusiva in tale ambito, al pubblico ministero contabile fosse lesiva del diritto di difesa dell’amministrazione danneggiata.

A tal riguardo, si deve sottolineare che la scelta di attribuire ad una parte pubblica la legittimazione ad agire nel processo contabile sia stata ritenuta di per sé condivisibile, in quanto reputata idonea a garantire la doverosità del suo esercizio.

Ad ogni modo, è stato il riconoscimento al pubblico ministero di una sua esclusività nell’iniziativa processuale, e non aggiuntiva ad una legittimazione ad agire dell’amministrazione, a destare molteplici perplessità491.

Il mancato riconoscimento della legittimazione ad agire all’amministrazione e della sua presenza in giudizio, quale titolare sul piano sostanziale della pretesa risarcitoria, risultava, infatti, lesivo del diritto di

489 Corte Costituzionale, sent. 5 aprile 1971, n. 68, Considerato in diritto §2. 490 Corte Costituzionale, sent. 18 dicembre 1972, n. 211, Considerato in diritto §3.

491A. CORPACI, Il principio cardine del giudizio di responsabilità

amministrativa, in AA. VV., Responsabilità amministrativa e giurisdizione contabile (ad un decennio dalle riforme). Atti del 51° Convegno di studi di scienza

dell'amministrazione. Varenna, Villa Monastero, 15-17 settembre 2005, Milano, Giuffré, 2006, p. 290.

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difesa della stessa e non conforme al principio del contraddittorio (art. 24 e 111 Cost.).

Una simile soluzione, infatti, non era giustificabile nemmeno aderendo a quella ricostruzione che vede nella responsabilità amministrativa un istituto posto a presidio dell’integrità delle risorse pubbliche nel loro complesso, della regolarità della gestione finanziaria, e del buon andamento.

Sebbene gli art. 103, co. 2 Cost. 97 e 81 avessero la funzione di dare copertura costituzionale alla legittimazione del pubblico ministero contabile, tali norme, tuttavia, non bastavano a giustificare una simile compressione del diritto di difesa dell’amministrazione ed il carattere necessariamente ed esclusivamente officioso dell’azione di danno492.

In questo senso, è stato sostenuto che l’esclusione del potere di azione e la limitazione dell’azione si configuravano, quindi, come una “diminutio

della capacità e delle prerogative delle amministrazioni coinvolte in giudizio” 493.

Simili aporie si basavano sull’assunto della funzione “didattica” dall’azione di danno.

In base a questa prospettazione, eventuali ricadute patrimoniali sul bilancio dell’amministrazione in caso di soccombenza erano giustificabili al fine di “fare chiarezza sulle regole da applicare e sui comportamenti da

seguire494.

Come si può notare, in questa analisi il ruolo propulsivo dell’amministrazione viene trattato unitariamente con il diverso tema del suo coinvolgimento nel corso del giudizio: anche in questo caso, si pongono criticità non dissimili con riferimento al tema del giusto processo.

Parte della dottrina, con un’espressione icastica, ha definito il giudizio di responsabilità come “un processo a favore di terzi”, connotato da uno svolgimento “in absentia domini”, intendendosi con ciò l’assenza dell’amministrazione, quale titolare della pretesa risarcitoria dedotta in

492 Ivi, p. 291. 493 Ivi, p. 292.

494 A. CORPACI, Il principio cardine del giudizio di responsabilità

amministrativa, in AA. VV., Responsabilità amministrativa e giurisdizione contabile (ad un decennio dalle riforme). Atti del 51° Convegno di studi di scienza

dell'amministrazione. Varenna, Villa Monastero, 15-17 settembre 2005, Milano, Giuffré, 2006, p. 269, che rimanda a E.F.SCHLITZER,A.LUPI,L.VENTURINI, Analisi delle relazioni dei procuratori generali contabili alle inaugurazioni degli anni giudiziari 2004-2005, in Foro Amm. C.d.S., 2005, p. 587.

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giudizio e vera destinataria sul piano sostanziale degli effetti della pronuncia495.

Quest’ultima, nonostante si tratti di un processo a cui tendenzialmente non prende parte, all’esito del giudizio può risultare o vittoriosa o “soccombente”, senza soluzioni mediane: laddove l’ipotesi accusatoria risulti fondata essa può conseguire il risarcimento del danno erariale.

Laddove la pretesa risarcitoria fatta valere nell’atto di citazione non venisse accolta, invece, l’ente danneggiato sarebbe costretto, invece, a rimborsare le spese di giustizia al soggetto convenuto in giudizio496.

Questa tendenziale avversione nei confronti della presenza dell’amministrazione in giudizio muove da un assunto di fondo: l’amministrazione danneggiata, infatti, è sempre stata considerata come un soggetto non terzo rispetto all’azione proposta497.

Questa impostazione si è tradotta nel riconoscimento alla stessa di un ruolo del tutto marginale nella vicenda processuale, consolidatosi con l’attuale codificazione.

Nel quadro delineato dall’attuale codice di giustizia contabile, l’amministrazione assume un rilievo centrale nella fase genetica del giudizio di responsabilità, assolvendo all’obbligo di denuncia ponendo in essere le iniziative volte ad evitare l’aggravamento del danno (art. 52 c.g.c.).

Nel corso dello svolgimento del giudizio di responsabilità, invece, l’amministrazione può esercitare l’intervento ad adiuvandum del pubblico ministero (intervento adesivo dipendente) (art. 85 c.g.c.), essendo del tutto precluso un intervento adesivo autonomo o ad adiuvandum del convenuto: ciò implica che l’ente danneggiato disponga di limitatissimi poteri processuali, non potendo proporre in giudizio domande proprie o impugnare la sentenza498.

495 P.SANTORO, L’assenza dell’amministrazione nei giudizi contabili, in Foro

amm.C.d. S., n. 7-8/2008, p. 2008.

496 Con un’immagine ancora più efficace, , il giudizio di responsabilità è stato definito una “partita a tressette giocata con il morto, in cui l’attore può vincere ma

non perde mai, il convenuto può non perdere ed essere ristorato delle spese e l’amministrazione (il quarto giocatore eventuale) vince o perde in ogni caso”, P.

SANTORO, L’assenza dell’amministrazione nei giudizi contabili, in Foro amm. C.d.

S., n. 7-8/2008, p. 2008.

497 P.SANTORO, L’assenza dell’amministrazione nei giudizi contabili, in Foro

amm. C.d. S., n. 7-8/2008, p. 2008.

498 Gli estensori del codice hanno aderito alla tesi che negava la possibilità di un intervento in giudizio ad opponendum da parte dell’amministrazione, al fine di azionare un interesse contarario a quello del pubblico ministero, v. V.TENORE (a cura

di), La nuova Corte dei conti, responsabilità, pensioni, controlli, Milano Giuffré, 2013, p. 524.

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L’amministrazione svolge poi un ruolo attivo soltanto in fase esecutiva, potendo agire in via amministrativa per il recupero del credito e tramite esecuzione forzata davanti al giudice civile.

Il codice conferma, dunque, un coinvolgimento limitato dell’amministrazione in giudizio, potendo dunque tuttora parlarsi di una vera e propria “assenza dell’amministrazione danneggiata”499.

Un assetto connotato dal coinvolgimento marginale del soggetto titolare della pretesa risarcitoria, però, risulta difficilmente conciliabile con il diritto di difesa dell’ente e con il rispetto del principio del contraddittorio, laddove quest’ultimo debba trovare applicazione non solo per le parti del giudizio in senso formale, ma anche per le parti sostanziali500.

L’amministrazione, infatti, si configura come il soggetto titolare, sul piano sostanziale, della pretesa risarcitoria azionata in giudizio ed ha interesse all’accoglimento dell’ipotesi accusatoria per evitare di dover rimborsare le spese giudiziali e a formulare argomentazioni idonee a contrastare l’esercizio potere riduttivo.

Si può, inoltre, constatare che, pur non estendendo anche all’amministrazione la legittimazione all’azione di danno, il legislatore avrebbe potuto prevedere un coinvolgimento dell’ente danneggiato assimilabile a quello previsto nel processo penale per la persona offesa (artt. 90 e ss. c.p.p.). Quest’ultima, infatti, va necessariamente informata dell’avvio del procedimento e dei suoi sviluppi, anche al fine di permetterle la costituzione di parte civile501.

Il rispetto del diritto di difesa dell’amministrazione (e del principio del contraddittorio), dunque, non sarebbe dovuto necessariamente passare per il riconoscimento a quest’ultima della legittimazione all’azione di danno: ciò avrebbe potuto essere realizzato semplicemente attraverso un diverso e maggiore coinvolgimento dell’ente danneggiato nel corso del giudizio.

Il tema del ruolo dell’amministrazione nel processo contabile è strettamente connesso con altri profili, ed in particolare con il tema

499 P. SANTORO, Il codice di giustizia contabile ed il giusto processo, in www.contabilità-pubblica.it, 2016 p. 16.

500 P.SANTORO, L’assenza dell’amministrazione, in Foro amm. C.d.S., n. 7- 8/2008, p. 2010.

501 P.SANTORO, Il codice di giustizia contabile ed il giusto processo, in www.contabilità-pubblica.it, 2016 p. 16. A tal riguardo, si deve sottolineare che in passato è stato prospettato anche un coinvolgimento dell’amministrazione nel giudizio quale “litisconsorte necessario pretermesso”, in tal senso, A.CORPACI, Il

principio cardine del giudizio di responsabilità amministrativa, in AA. VV., Responsabilità amministrativa e giurisdizione contabile (ad un decennio dalle riforme). Atti del 51° Convegno di studi di scienza dell'amministrazione: Varenna,

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dell’esclusività della giurisdizione contabile e della possibilità per l’ente danneggiato di ricevere una tutela giurisdizionale dinanzi al giudice civile o penale.

La valutazione sul mancato riconoscimento di un ruolo attivo all’amministrazione è destinata ad essere ancora più negativa, laddove si considerasse – nel silenzio della legge su questo punto- la giurisdizione della Corte dei conti come “esclusiva”502, nell’accezione dianzi esaminata (v.

supra § 1.4). In tal modo, infatti, verrebbe preclusa all’ente danneggiato

l’iniziativa per il risarcimento del danno anche in sede civile e penale. La perdurante possibilità di una concorrenza delle tutele giurisdizionali permette, infatti, di compensare in parte i ruolo marginale rivestito dall’ente danneggiato all’interno del giudizio di responsabilità amministrativa.

Tuttavia, la possibilità di avviare più azioni di danno scaturenti dalla stessa fattispecie, sebbene possa risultare all’apparenza un rimedio, si configura a sua volta come contraria al principio fondamentale del ne bis in

idem: l’affermazione dell’esclusività della giurisdizione contabile si

configura quindi come una condizione necessaria per l’adeguamento del processo contabile al modello astratto di giusto processo 503.

Eppure né la legge-delega, né l’art. 1 c.g.c., prendono in considerazione la posizione in ordine all’”esclusività della giurisdizione

contabile”, lasciando dunque aperta la possibilità all’amministrazione di

avviare un’azione risarcitoria (di diritto comune) o costituirsi parte civile in un giudizio penale.

La scelta del legislatore delegato di non introdurre un criterio direttivo volto a ridefinire i contorni e i caratteri della giurisdizione contabile (v. supra §1.5) è stata duramente criticata dagli studiosi: essa, infatti, avrebbe permesso di risolvere il problema della duplicità della disciplina applicabile

502 In questo caso “esclusiva” significa che essa “postula l’esclusione delle

altre giurisdizioni rispetto all’accertamento che la stessa è chiamata a svolgere”, v.

A.POLICE, La giurisdizione della Corte dei conti: evoluzione e limiti di una

giurisdizione di diritto oggettivo, in F. G. SCOCA,A.F.DI SCIASCIO (a cura di), Le linee evolutive della responsabilità amministrativa e del suo processo, Napoli,

Editoriale Scientifica, 2014, p. 33.

503 F. G. SCOCA, I profili generali. Processo di responsabilità e

amministrazione danneggiata: osservazioni minime, in E.F. SCHLITZER, C.

MIRABELLI (a cura di)., Trattato sulla nuova configurazione della giustizia contabile,

Napoli, Editoriale Scientifica, 2018, p. 511. A tal riguardo, si possono anche richiamare le considerazioni critiche sulla legge-delega, che non prevedeva un criterio direttivo finalizzato ad un chiaro riparto fra le giurisdizioni, in tal senso, C. PINOTTI, Il giusto processo avanti al giudice ordinario e contabile: questioni comuni,

in www.foroeuropa.it, n.3/2015. L’A., infatti, ritiene che “Nessuna riforma che

voglia dirsi rispettosa dei principi regolatori del giusto processo può, a mio giudizio, prescindere da una corretta e chiara allocazione/redistribuzione degli ambiti delle varie giurisdizioni nazionali in ossequio al principio della certezza del diritto e del diritto fondamentale al giusto processo” .

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al danno erariale cagionato all’amministrazione, permettendo così l’applicazione sul piano sostanziale soltanto del regime normativo speciale previsto per la responsabilità amministrativa. Inoltre, ove una simile soluzione fosse stata accolta, sarebbe stato di conseguenza possibile ridurre l’ambito giurisdizionale del giudice ordinario (civile e penale) in materia504505.

Laddove venisse espressamente affermata l’”esclusività” della giurisdizione contabile, sarebbe conseguentemente precluso all’amministrazione esercitare un’azione risarcitoria in sede civile o costituirsi parte civile nel processo penale.

Tuttavia, nel caso in cui la possibilità di avvalersi di queste ulteriori forme di tutela giurisdizionale venisse meno, i poteri processuali di cui l’amministrazione dispone nel vigente codice di giustizia contabile risulterebbero, all’evidenza, del tutto insufficienti.

Nell’ipotesi di una futura affermazione dell’esclusività della giurisdizione contabile sarebbe invetabile riservare a quest’ultima “un ruolo

effettivo ed articolato nel processo”, non circoscritto alla mera denuncia di

danno o alle condotte volte ad evitare il suo aggravamento506.

Conseguentemente alla stessa non potrebbero essere riconosciuti i limitatissimi poteri processuali di un mero interventore ad adiuvandum (art. 85 c.g.c.).

In primo luogo, l’ente danneggiato dovrebbe essere legittimato ad esperire l’azione di danno, in quanto titolare sul piano sostanziale della pretesa risarcitoria dedotta in giudizio.

504 Ivi, p. 511.

505 A tal riguardo, deve evidenziarsi che, laddove il legislatore avesse qualificato la giurisdizione della Corte come “esclusiva”, avrebbe dovuto fornire una disciplina del danno arrecato a terzi da condotte ascrivibili all’amministrazione (c.d. danno indiretto). Secondo la dottrina (Scoca), la cognizione di un siffatto danno spetterebbe al giudice civile, in quanto l’amministrazione assume la veste di soggetto danneggiante e non di soggetto danneggiato: essa dunque risponde del danno innanzi al giudice civile in base alla disciplina di diritto comune. Anche in questo caso, il legislatore (delegante e delegato) ha scientemente deciso di non prevedere un coordinamento fra le due tipologie di giudizi risarcitori, contribuendo all’incertezza del diritto. Il tema è molto complesso ed esorbita dalla presente trattazione, ed in questo senso si rimanda a F.G.SCOCA, I profili generali. Processo di responsabilità e amministrazione danneggiata: osservazioni minime, in AA. VV., Trattato sulla nuova configurazione della giustizia contabile, Napoli, Editoriale Scientifica, 2018,

p. 512.

506 F. G. SCOCA, I profili generali. Processo di responsabilità e

amministrazione danneggiata: osservazioni minime, in AA. VV., Trattato sulla nuova configurazione della giustizia contabile, Napoli, Editoriale Scientifica, 2018,

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In secondo luogo, quest’ultimo dovrebbe essere messo nelle condizioni di esercitare i poteri normalmente spettanti ad una parte necessaria (tra cui l’introduzione di fatti in giudizio, la chiamata in causa di terzi, la formulazione di conclusioni difformi da quelle del pubblico ministero)507.

Il codice, tuttavia, sebbene la Relazione illustrativa faccia riferimento al precedente costituito dalla sentenza 22059/2007, non qualifica espressamente la giurisdizione contabile come una giurisdizione “esclusiva”, con delle importanti ricadute sul piano del giusto processo.

Rimane, infatti, irrisolto il problema carattere concorrente delle forme di tutela approntate dall’ordinamento, lasciando aperta la possibilità che più sentenze intervengano sulla stessa vicenda dannosa.

In tal modo, risulterebbe violato il principio del ne bis in idem, alla base del giusto processo508.

Da un diverso punto di vista, tuttavia, il mancato riconoscimento dell’esclusività della giurisdizione contabile lascia aperta la possibilità per