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Capitolo III: L’attività istruttoria del pubblico ministero

3.3. Il contraddittorio in fase preprocessuale

3.3.3. L’invito a dedurre come presupposto processuale e i suoi rapport

Da lungo tempo gli studiosi e la giurisprudenza contabile hanno affermato la sussistenza di un nesso necessario fra l’invito a dedurre e l’atto di citazione con cui si instaura il giudizio di responsabilità.

422 A.GRIBAUDO, Commento all’art. 71 c.g.c. in A.GRIBAUDO (a cura di) Il

codice della giustizia contabile commentato articolo per articolo (d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174), Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2017, p.266.

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In modo particolare, la dottrina ha sostenuto che il legislatore abbia disciplinato “il processo di responsabilità secondo una sequenza tipica di due

atti (invito a dedurre e citazione)” 423.

Tale sequenza non si configura come eventuale ma come doverosa ed impone al procuratore di comunicare al presunto responsabile l’invito a produrre documenti e controdeduzioni, in un secondo momento, di emanare l’atto di citazione.

Si tratta di un vero e proprio presupposto processuale, che deve essere presente al momento della proposizione della domanda.

L’invito a dedurre, infatti, non va riguardato come una condizione per esperire l’azione, tale da poter sopravvenire prima della decisione di merito, ma come un presupposto processuale, la cui assenza determina l’impossibilità di instaurare un giudizio e “la consequenziale sanzione della inammissibilità

della domanda stessa”424.

Altra parte della dottrina, tuttavia, non ha condiviso questa qualificazione, dal momento che normativa non prevedeva alcuna sanzione espressa per la sua mancata emissione425, essendo stata introdotta in via

pretoria dalla giurisprudenza della Corte.

Con il varo del codice, per la prima volta, è stata introdotta una disciplina con cui le due sequenze vengono poste in relazione e che spiega il rapporto fra invito a dedurre e atto di citazione.

Il d.lgs. 174/16 stabilisce, infatti, che la citazione sia nulla426 nel caso

in cui non vi sia corrispondenza fra l’esposizione dei fatti nell’atto di citazione e gli elementi essenziali del fatto esplicitati nell’invito a dedurre, della qualità nella quale sono stati compiuti, tenuto conto degli ulteriori

423 V. ROMANO, Il processo di primo grado, in F.G.SCOCA (a cura di), La

responsabilità amministrativa e il suo processo, Padova, Cedam, 1997, p. 386.

424 Ibidem.

425 A.CHIAPPINIELLO, L’invito a dedurre nel giudizio davanti alla Corte dei

conti, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2005,p. 139. Si legge, infatti: “L’invito a dedurre ha soltanto l’apparenza di un presupposto processuale, perché dalla sua omissione, o, comunque, dall’irregolare svolgimento del suo procedimento, la legge non fa derivare alcuna conseguenza, almeno in modo espresso”.

426 In assenza di un’espressa previsione derogatoria, deve ritenersi applicabile l’art. 45, co. 1 c.g.c. in base al quale “non può pronunciarsi una nullità senza istanza

di parte se la legge non dispone che essa sia pronunciabile d’ufficio”, in deroga alla

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elementi di conoscenza acquisiti al pubblico ministero a seguito delle controdeduzioni427.

Questa innovazione riveste una particolare importanza in considerazione del fatto che la necessaria la corrispondenza fra invito a dedurre e atto di citazione non era ancora pacificamente affermata dalla giurisprudenza anteriore alla codificazione428.

Secondo parte della dottrina, la previsione di un’espressa sanzione di nullità in caso di non corrispondenza degli elementi fattuali fra atto di citazione ed invito a dedurre sembrerebbe corroborare la valenza di presupposto processuale dell’invito429.

Tale invalidità si aggiunge alle altre fattispecie di nullità della citazione, contemplate dalla disciplina di diritto processuale comune e recepite dal codice di giustizia contabile all’art. 186 c.g.c.

Una simile sanzione è stata introdotta al fine di garantire che la difesa e la partecipazione del presunto responsabile al procedimento siano effettive, potendo questi dispiegare le proprie difese su tutti i fatti alla base della contestazione.

La necessaria corrispondenza dei due atti accentua gli elementi garantistici della codificazione e conferma la duplice valenza difensiva e partecipativa dell’invito, fungendo lo stesso anche da strumento di ausilio del pubblico ministero contabile ai fini della completezza dell’istruttoria.

Dal combinato disposto dell’art.45, co. 1 c.g.c. e dell’art. 90 c.g.c., si evince che tale nullità possa essere fatta valere unicamente dal convenuto in comparsa di costituzione di risposta a pena di decadenza.

Essa, infatti, non è sottoposta al regime di rilevabilità d’ufficio e di sanatoria contemplati dall’art. 86 c.g.c,, configurandosi come una nullità del tutto sui generis.

427 Gli estensori del codice, infatti, hanno chiarito che “ la corrispondenza

richiesta dalla legge tollera la diversità nel contenuto degli atti menzionati qualora derivante dalle controdeduzioni spiegate dal convenuto dopo l’avviso, trattandosi di elementi noti alla difesa per esser stati da essa stessa introdotti”, v. Relazione illustrativa al codice, p. 28.

428In senso contrario, Corte dei conti, sez. Lazio, 4 luglio 2016, n. 219. 429 A.CANALE, L’istruttoria, in A.CANALE,F.FRENI,M.SMIROLDO (a cura di), Il nuovo processo davanti alla Corte dei conti. Commento sistematico al codice

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Tale vizio, infatti, è comminato non in assenza di uno degli elementi necessari della citazione, ma per la mera difformità degli elementi essenziali del fatto a quelli esplicitati nell’invito a dedurre.

Questa peculiare ipotesi di nullità della citazione va ad aggiungersi altre fattispecie di nullità aventi una funzione garantistica.

Fra queste possono essere annoverate quella prevista all’art. 51 c.g.c., comminata per tutti gli atti istruttori e processuali adottati in assenza di una

notitia damni specifica e concreta e in assenza dei presupposti per la

proponibilità dell’azione di danno all’immagine, e quella prevista all’art. 65 c.g.c., in caso di adozione di un provvedimento istruttorio viziato da omessa o apparente motivazione.

Per quanto riguarda gli orientamenti giurispudenziali consolidatisi nella vigenza della normativa degli anni Novanta, si deve rilevare già all’indomani della sua entrata in vigore, le stesse Sezioni Riunite, infatti, nella questione di massima n. 7/1998/QM, avevano stabilito che la mancata emissione dell’invito a dedurre si configurasse come una mancanza tale da determinare l’inammissibilità della citazione430.

Inoltre, la Corte dei conti ha affermato che la citazione non dovesse riprodurre pedissequamente i contenuti dell’invito, ma che fosse sufficiente una corrispondenza fra i due atti, determinato dalla necessaria funzione di garanzia dell’invito per il presunto responsabile431.

In tal senso, quindi, il contenuto della citazione doveva riprodurre almeno il nucleo essenziale della causa petendi e del petitum432, a pena di inammissibilità433.

Si può notare, quindi, come il codice sembri introdurre un criterio meno restrittivo di quello enucleato dalla sentenza 7/1998/QM, prevedendo la necessaria corrispondenza fra i due atti unicamente con riferimento agli

430 Corte conti, ss. rr., 16 febbraio 1998, n. 7/QM, Diritto § 3, ed Ex multis, Corte conti, sez. Lazio, 12 dicembre 1994, n. 5, Corte conti, sez. Abruzzo, 9 ottobre 2007, n. 776.

431 Corte conti, ss. rr., 16 febbraio 1998, n. 7/QM, Diritto § 6. 432 Ibidem.

433 Ivi, § 3. In termini analoghi, con riferimento al nucleo essenziale di petitum e causa petendi, Corte conti, ss. rr., 16 febbraio 1998, n. 7/1998/QM; Corte conti, sez. Sardegna, 3 settembre 1999, n. 569. Anteriormente all’entrata in vigore del codice si poteva registrare un ulteriore orientamento, meno restrittivo in base al quale la mancata corrispondenza fra i fatti e i danni prospettati nell'invito a dedurre e i fatti e i danni contestati nella citazione determinasse l'inammissibilità di quest'ultima solo in caso di evidente discordanza fra i due atti, tale da determinare una sostanziale elusione delle garanzie del presunto responsabile in tal senso Ex multis C. conti, sez. giur. reg. Molise, 13 aprile 2007, n. 59.

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aspetti fattuali della causa petendi, e non anche delle ragioni giuridiche della stessa434.

Ad ogni modo, nonostante l’introduzione di un’espressa disciplina codicistica, il rapporto fra invito a dedurre e citazione resta uno dei profili più controversi del processo contabile.

Anche dopo la sistematizzazione degli istituti processuali operata dalla recente normativa, infatti, la giurisprudenza contabile si è pronunciata in più di un’occasione sul rapporto fra gli altri atti del procedimento di controdeduzione e quello introduttivo del giudizio, fornendo importanti precisazioni.

La Sezione II centrale d’Appello, ha stabilito che non sussiste un vizio di nullità della citazione nel caso in cui il pubblico ministero abbia utilizzato nell’atto di citazione delle dichiarazioni rese da terzi successivamente alla notifica dell’invito a dedurre, laddove le stesse non abbiano introdotto elementi nuovi rispetto a quelli contestati con l’invito a dedurre435.

La Corte, infatti, pur ribadendo l’indubbia funzione garantistica dell’invito a dedurre, ha affermato che tale istituto possa comunque contenere “un’ipotesi accusatoria suscettibile di ulteriori aggiustamenti”.

Analogamente a quanto stabilito dalla menzionata giurisprudenza delle Sezioni riunite, la giurisprudenza contabile ha statuito che deve sussistere una necessaria corrispondenza con riferimento alla causa petendi ed il petitum individuati delineata nell’atto di citazione.

Tale pronuncia sembrerebbe fare riferimento ancora al criterio della necessaria corrispondenza del petitum e della causa petendi, più garantistico rispetto al recente orientamento interpretativo che circoscrive la stessa ai soli elementi fattuali della causa petendi.

La Corte, in altre pronunce si è interrogata sul rapporto intercorrente fra le argomentazioni fornite dagli invitati all’interno delle controdeduzioni e l’atto di citazione stesso.

A tal riguardo, i giudici contabili hanno stabilito che il pubblico ministero contabile non debba necessariamente esplicitare all’interno

434 C.CHIARENZA,P.EVANGELISTA, Il giudizio di responsabilità innanzi alla

Corte dei conti, in V. TENORE (a cura di) La nuova Corte dei conti: responsabilità, pensioni e controlli, Milano, Giuffré, 2017, p. 669.

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dell’atto di citazione le motivazioni per cui “non ha ritenuto superabili i

rilievi mossi in seguito alle controdeduzioni dei convenibili” 436.

Il pubblico ministero, infatti, aveva espressamente replicato alle eccezioni di rito e di merito fatte valere nelle controdeduzioni: la Corte è quindi giunta a negare la sussistenza di un vizio di nullità dell’atto di citazione.

Inoltre, la giurisprudenza contabile, in altre pronunce, ha enucleato un criterio ancor meno restrittivo, affermando che il pubblico ministero possa non replicare in alcun modo alle argomentazioni fornite in controdeduzione dal presunto responsabile, potendo fornire implicitamente una risposta negativa attraverso il deposito dell’atto di citazione437.

Affermare il contrario, infatti, implicherebbe una surrettizia trasformazione della fase istruttoria in una contenziosa, introducendo “un

contraddittorio anomalo fra accusa e difesa e imponendo all’attore un onere motivazionale previsto solo a carico del giudicante”438.

Il codice di giustizia contabile, tuttavia, contempla anche due ipotesi di inammissibilità della citazione elaborate in via giurisprudenziale, prive, tuttavia, di una regolamentazione normativa.

A tal riguardo, il decreto legislativo 174/16 prevede l’inammissibilità della citazione in caso il deposito dell’atto avvenga oltre il termine di 120 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni (art. 67, 5 co. c.g.c.)439 ed in caso di omessa audizione personale, laddove

richiesta dal presunto responsabile (art. 67, 3 co. c.g.c.)440.

436 Corte conti, sez. Lazio, 4 dicembre 2017, n. 364.

437 Corte conti, sez. I centrale d’Appello, 29 settembre 2017, n. 381, Diritto §2.

438 Ibidem.

439 Corte conti, ss. rr., 15 febbraio 2007, n. 1/2007/QM. Sebbene il codice introduca espressamente questa forma di inammissibilità, non prende tuttavia posizione sulla natura del termine di 120 giorni. Parte della dottrina, infatti, ritenendo l’invito a dedurre un presupposto processuale sosteneva la natura perentoria del termine (in tal senso, M.SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano,

Giuffré, 2012); altri studiosi , invece, hanno sostenuto il carattere ordinatorio dello stesso, in considerazione della sua prorogabilità (M. OCCHIENA, Il procedimento preliminare al giudizio innanzi alla Corte dei conti, Napoli, Editoriale Scientifica,

2008, p. 246). Il codice lascia la questione tuttora priva di risposta.

440 Corte conti, ss. rr., 16 febbraio 1998, n. 7/1998/QM Tale ipotesi di invalidità è stata ad oggetto di una questione di massima delle Sezioni Riunite della Corte dei conti: con la pronuncia n. 1/2007/QM esse hanno stabilito che la violazione del termine di 120 giorni dovesse essere eccepita unicamente dal convenuto, analogamente a quanto previsto per le nullità .

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Ad ogni modo, in questo caso il codice risulta difettante di “coerenza sistematica interna”, dal momento che prevede due fattispecie di inammissibilità della citazione, senza fornirne una disciplina.

È stata, dunque, prospettata la possibilità di applicare alla stessa la disciplina tratta in via ermeneutica prima dell’entrata in vigore del d.lgs.174/16441, dal momento che il codice di procedura civile non offriva una regolamentazione di questa tipologia di nullità.

La forma di invalidità in esame è sottoposta ad un regime normativo particolarmente rigoroso: essa può essere rilevata d’ufficio e non è sanabile nemmeno dalla costituzione in giudizio del convenuto.

L’inammissibilità della citazione, inoltre, comporta la decadenza del procuratore generale dal potere di instaurare un ulteriore giudizio di responsabilità per quella specifica vicenda, nemmeno a fronte dell’attivazione di un altro procedimento di contraddittorio preliminare.

L’unica possibilità per l’instaurazione di un nuovo giudizio è determinata dall’introduzione di una nuova causa petendi, e dunque di diversi elementi fattuali e giuridici.

Ad ogni modo, si può constatare come il decreto legislativo 174/2016, pur introducendo una specifica disciplina del rapporto fra invito a dedurre e atto di citazione, non contempli, tuttavia, la fattispecie in cui la stessa venga del tutto omessa, prospettata dalla sentenza 7/1998/QM.

Un’altra lacuna del sistema delle “invalidità di protezione” codicistico è costituita dal mancato recepimento dell’ipotesi di nullità del citazione in caso di ingiustificato diniego dell’accesso al fascicolo istruttorio, enucleata dalla sentenza della Corte n. 28/2015/QM.

Nonostante l’afflato garantistico che permea la disciplina delle invalidità nel codice di giustizia contabile, si ritiene anche in questo caso auspicabile un intervento del legislatore in chiave correttiva, al fine di offrire una chiara soluzione normativa a quelle ipotesi di nullità introdotte in via pretoria, ma prive di una specifica regolamentazione.

Inoltre, le Sezioni riunite hanno fornito alcune importanti precisazioni sulla ratio del termine per l’emissione dell’atto di citazione: in considerazione della funzione ancipite dell’invito a dedurre, esso non rispondeva ad alcun interesse istruttorio ed era unicamente finalizzato alla tutela dell’interesse del presunto responsabile alla definizione della fase preprocessuale in tempi certi.

441 A. IADECOLA, L’introduzione del giudizio, in A. CANALE, F.FRENI, M. SMIROLDO (a cura di),. Il nuovo processo davanti alla Corte dei conti, Commento sistematico al codice della giustizia contabile (d.lgs. 174/16), Milano, Giuffré, 2017,

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Capitolo IV: L’esercizio dell’azione contabile ed il potere