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L’attuazione della legge n 68 del 1999 a livello regionale Una valutazione d’insieme.

LE POLITICHE REGIONALI PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO DELLE PERSONE DISABIL

3. L’attuazione della legge n 68 del 1999 a livello regionale Una valutazione d’insieme.

Per comprendere il contributo delle Regioni alla concreta attuazione della legge n. 68 del 1999, occorre muovere dalla sistematizzazione e dalla valutazione dell’attività normativa regionale in materia di inserimento lavorativo delle persone disabili, al fine di verificare l’esistenza di c.d. buone pratiche, ovvero di modelli regionali che abbiano inciso in modo positivo sull’occupazione dei soggetti con disabilità a livello territoriale264.

Occorre premettere che la maggior parte delle Regioni si è limitata a riportare nei propri testi normativi le disposizioni già contenute nella legge n. 68 del 1999, garantendo le funzioni “di base” inerenti al collocamento mirato, ma senza sviluppare interventi ulteriori, particolari, più complessi e articolati, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, soprattutto per motivi legati alla scarsità di risorse finanziarie265.

Ciò si spiega anche alla luce del fatto che la formulazione dell’art. 117 Cost. relativo al riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni ha da sempre dato luogo a incertezze sui confini delle materie attribuite al primo o alle seconde. Il fatto che la stessa Corte Costituzionale abbia, in modo sistematico, risolto le questioni di conflitto a favore dello Stato, privilegiando una interpretazione restrittiva delle istanze federalistiche, ha in qualche modo frenato lo stesso impulso normativo innovativo da parte delle Regioni, le quali pertanto si sono per lo più limitate a garantire le prestazioni minime previste dalla disciplina nazionale266.

La conseguenza è stata la limitata attuazione dello stesso collocamento mirato, così come definito e delineato dall’art. 2, l. n. 68 del 1999.

Tuttavia, a fronte di una generalizzata delega di competenze ai livelli territoriali, la legge

264 MARESCA A., Rapporto di lavoro dei disabili e assetto dell’impresa, in CINELLI M.-SANDULLI

P. (a cura di), cit., 29; TULLINI P., Uffici pubblici, organizzazioni no profit e collocamento dei disabili, cit., 699 ss.; NOGLER L., Le competenze legislative delle Regioni a statuto speciale e delle Provincie autonome di Trento e Bolzano, in CINELLI M.-SANDULLI P. (a cura di), cit., 473 ss.; GAROFALO D., L’iniziativa legislativa in tema di mercato del lavoro nel decennio 1991-2001, in Dir rel. ind., 2006, 4, 1090 ss.; GAROFALO D., Disabili e Regioni, in Adapt, Working Paper, 2008, n. 53, 2, reperibile al sito internet www.fmb.unimore.it.

265 DI STASI A., Il diritto al lavoro dei disabili e le aspettative tradite del “collocamento mirato”,

cit., 901.

266 Tra le altre, v. Corte Cost. 14 luglio 2016, n. 175, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale

dell’art. 7, comma 3, l. r. Puglia 23 marzo 2015, n. 12, nella parte in cui annoverava tra i beneficiari del collocamento obbligatorio anche i conviventi more uxorio e i genitori delle vittime della mafia, della criminalità organizzata, del terrorismo e del dovere, nonché dell’art. 8, commi 1 e 3, della stessa legge, nella parte in cui accordava ai medesimi soggetti permessi retribuiti per cento ore annue e parificava le ore di assenza a normali ore di lavoro, anche ai fini previdenziali.

n. 68 del 1999, ha mantenuto in capo allo Stato, per il tramite degli Ispettorati Territoriali del Lavoro (già Direzioni Territoriali del Lavoro, e prima ancora Direzioni Provinciali del Lavoro), alcune importanti prerogative, configurando un sistema misto per l’inserimento lavorativo dei disabili, in parte statale e in parte regionale267. In particolare, a detti uffici statali territoriali sono riservati i compiti di disporre la decadenza del soggetto disabile dal trattamento di disoccupazione e la sua cancellazione dalle liste del collocamento, così come di ricevere la comunicazione almeno mensile sul mancato adempimento dell’obbligo di impiego, di redigere il verbale da trasmettere agli uffici competenti e all’autorità giudiziaria in caso di mancata assunzione da parte del datore di lavoro obbligato, nonché di irrogare le sanzioni amministrative ai soggetti obbligati inadempienti, in tal caso realizzandosi uno scollamento tra il potere di accertare, contestare e sanzionare e quello di gestione del collocamento che invece spetta agli enti territoriali. Inoltre, compete all’INPS il compito di gestire le domande di incentivi alle assunzioni di cui all’art. 13, per cui è prevista l’istituzione di un Fondo per il diritto al lavoro dei disabili presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali268.

Invece, le funzioni devolute alla potestà normativa della Regioni riguardano la riqualificazione professionale, qualora sia necessaria, la costituzione della Commissione e del Comitato Tecnico di valutazione, la fissazione delle modalità per la formazione delle graduatorie, per l’inscrizione nelle liste, per l’inoltro delle richieste di assunzione, per la stipulazione delle convenzioni, per la concessione della sospensione o dell’esonero parziale, per la concessione di agevolazioni e finanziamenti, nonché la costituzione e il funzionamento del Fondo regionale per l’occupazione dei disabili e le modalità per l’esecuzione dei versamenti269.

Si tratta per lo più di questioni procedurali e operative, ma la cui importanza non può essere sottovalutata, ai fini dell’effettività del sistema di collocamento.

Innanzitutto, il fatto che ai sensi dell’art. 8, comma 4, l. n. 68 del 1999, le Regioni debbano definire le modalità di valutazione degli elementi che concorrono alla formazione delle graduatorie, seppure nel rispetto delle linee generali fornite dall’art. 1, comma 4, comporta che i criteri e i punteggi adottati dalle varie Regioni non siano uniformi. Nonostante, in linea di massima, i criteri prioritari riguardino l’anzianità di iscrizione nelle liste, le condizioni economiche e patrimoniali, i carichi di famiglia, il grado di invalidità, e le difficoltà di locomozione, a seconda della priorità accordata

267 GAROFALO D., Disabili e Regioni, cit., 3

268 V. art. 10, comma 6, art. 6, comma 1, ultimo periodo, art. 9, comma 8, art. 13, art. 15, comma 2,

l. n. 68 del 1999

269 Art. 4, comma 6, art. 5, comma 7, art. 6, comma 2, lett. b), art. 8, comma 4, art. 14, l. n. 68 del

all’uno o all’altro elemento si avrà un diverso concorso tra i criteri sociali, quelli economici e quelli relativi alla disabilità in senso stretto270.

Altri elementi di differenziazione tra le discipline regionali riguardano il numero di richieste nominative che possono essere previste dalle convenzioni (anche se ora la legge ha generalizzato tale modalità di assunzione), oppure i momenti di accertamento, perdita, conservazione o sospensione dello stato di disoccupazione, che rappresenta un requisito essenziale per poter beneficiare della disciplina sul collocamento obbligatorio, nonché le condizioni che il datore di lavoro deve rispettare per poter stipulare le convenzioni ex art. 11, l. n. 68 del 1999, e la disciplina delle modalità per la stipulazione delle convenzioni previste dall’art. 14, d.lgs. n. 276 del 2003271.

Una certa preoccupazione è stata manifestata anche con riguardo alla disciplina delle compensazioni territoriali e degli esoneri parziali dall’obbligo di impiego. Questi ultimi, potendo essere concessi a fronte del versamento di un contributo economico a valere sul Fondo regionale, finiscono per costituire una forma di finanziamento delle politiche regionali, rendendo necessario un intervento legislativo statale per la determinazione dei criteri per la loro concessione, al fine di garantire un maggiore equilibrio e uniformità territoriale, rimanendo alle Regioni il solo compito di stabilire le modalità di pagamento e riscossione dei versamenti272.

Per comprendere il grado di l’attuazione e di effettività della legge n. 68 del 1999 a livello regionale non si può prescindere dal dato statistico, il quale, con riferimento alle aree geografiche del nostro Paese, dimostra come il grado di (in)occupazione delle persone con disabilità non sia uniforme sul territorio nazionale, con risultati migliori (seppure non appaganti) nelle Regioni del nord e del centro Italia e risultati più deludenti nelle Regioni meridionali, dove peraltro il numero dei soggetti disabili iscritti nelle liste per il collocamento è di molto superiore rispetto alle prime273.

270 GAROFALO D., Disabili e Regioni, cit., 4, in cui si evidenzia il rischio che, ove la formazione

della graduatoria prediliga i parametri socio-economici, i soggetti con un grado di invalidità più grave possano essere svantaggiati, ad esempio perché sprovvisti di carichi familiari, e che quindi possano trovare una tutela solo attraverso lo strumento convenzionale

271 GAROFALO D., op. cit., 6

272 TULLINI P., Uffici pubblici, organizzazioni no profit e collocamento dei disabili, cit., 707 273 V. Appendice - Allegato B “Tabelle riepilogative dei dati statistici relativi alle persone con

disabilità in cerca di un’occupazione e avviate al lavoro in Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Emilia Romagna, Marche e Campania”, in cui si riportano i dati statistici presi in considerazione, reperibili al sito internet http://dati.disabilitàincifre.it, che sono i dati Istat riferiti agli anni dal 2006 al 2011, integrati e aggiornati con i dati relativi agli anni 2012 e 2013, risultanti dalla VII Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68 “norme per il diritto al lavoro dei disabili” per gli anni 2012 – 2013, redatta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi dell’art. 21, l. n. 68 del 1999 e sulla base dell’attività di indagine realizzata dall’ISFOL, reperibile al sito internet www.lavoro.gov.it.

Il generale trend negativo dei livelli di occupazione dei soggetti disabili è dovuto anche (ma non solo) agli effetti negativi prodotti dalla recente (e non ancora superata) crisi economica274; in effetti, quest’ultima, a partire dal 2008, ha prodotto un aumento generalizzato della disoccupazione in tutti i settori e con riguardo a tutte le categorie di lavoratori, e, a maggior ragione, ha influito su soggetti appartenenti alle categorie più deboli, come i disabili, oltre ad aver contribuito all’allargamento della platea delle c.d. persone svantaggiate275.

Sconfortanti sono i dati relativi alle assunzioni da parte di datori di lavoro non sottoposti all’obbligo di impiego276 e all’utilizzo del modello convenzionale quale modalità prescelta per l’avviamento lavorativo, nonostante, a partire dalla riforma del 2007, il legislatore abbia cercato di valorizzare questi aspetti, a testimonianza anche di una scarsa solidarietà sociale e della difficoltà di utilizzare, in concreto, quei modelli che in linea teorica erano stati pensati proprio per il superamento di tali problematiche277.

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