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Ulteriori misure per favorire l’occupazione delle persone svantaggiate.

LE POLITICHE REGIONALI PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO DELLE PERSONE DISABIL

6. Ulteriori misure per favorire l’occupazione delle persone svantaggiate.

Accanto alle misure previste in modo espresso per la realizzazione del collocamento mirato, e dunque riservate ai soggetti con disabilità di cui all’art. 1, comma 1, l. n. 68 del 1999, le Regioni hanno previsto interventi finalizzati al sostegno e alla inclusione lavorativa di persone che si trovano in una condizione di svantaggio sociale, ma che non rientrano nell’ambito di applicazione della l. n. 68 del 1999, dimostrando una certa attenzione anche per i lavoratori affetti da disabilità minori che pur conservando una certa capacità lavorativa residua faticano a inserirsi nel mondo del lavoro, stante anche l’assenza delle tutele che deriverebbero dall’applicazione della disciplina vincolistica per il diritto al lavoro delle persone con disabilità.

Alcuni modelli, come quello della Regione Lombardia, si propongono di sostenere le persone che versano in situazioni di difficoltà con il coinvolgimento di interlocutori privati, quali le cooperative sociali, che per loro natura, stante la finalità solidaristica, rappresentano la forma più adatta a confrontarsi con situazioni di disagio sociale; altre Regioni, invece, come l’Emilia Romagna e il Friuli-Venezia Giulia, hanno previsto varie tipologie di servizi per la persona che si trovi in situazione di svantaggio sociale che restano affidati a operatori pubblici, coinvolgendo interlocutori privati solo nel momento dell’inserimento lavorativo.

Così, la Regione Lombardia ha riconosciuto in via espressa “l’importanza e l’attualità del ruolo ricoperto dal mondo cooperativo, in particolare come strumento efficace contro il

321Nonostante i confini tra l’assistenza e la previdenza sociale non siano più così netti a causa

delle contaminazioni tra i due istituti rinvenibili nei diversi interventi legislativi, il sistema Dote non pare poter rientrare nella definizione di misura di assistenza di cui all’art. 38, comma 1, Cost., non essendo rivolto agli “inabili al lavoro”, ma al contrario a persone in possesso di una capacità lavorativa, seppure limitata; allo stesso modo non sembra poter rientrare nella definizione di previdenza sociale di cui all’art. 38, comma 2, Cost., posto che non sussiste alcun legame tra le risorse economiche erogate con la Dote e la posizione contributiva del soggetto beneficiario, contra v., NAPOLI M., Riflessioni sul sistema della “dote lavoro” in Lombardia, cit., 67 secondo cui il sistema della Dote potrebbe costituire un modello da considerare di previdenza integrativa.

problema della disoccupazione e del disagio sociale in genere”, attraverso la concessione di contributi e finanziamenti, e grazie all’istituzione di un apposito Fondo per la concessione del credito alle imprese cooperative322. Tale intervento normativo si sostanzia in tutta una serie di misure di carattere economico volte a favorire la nascita e il mantenimento sul mercato delle cooperative sociali che perseguono la finalità di integrare nel mondo del lavoro persone che si trovano in una particolare condizione di svantaggio e di debolezza sociale323; esso, non solo si affianca, bensì integra la disciplina di attuazione del collocamento mirato stante il continuo riferimento agli obblighi che derivano alle cooperative sociali dalla l. n. 68 del 1999324.

La Regione Emilia Romagna ha previsto, accanto alle norme di attuazione del collocamento mirato, misure atte a favorire l’inserimento lavorativo delle persone in condizioni di fragilità e vulnerabilità325. Anche in questo caso si tratta di un intervento normativo con finalità di affiancamento e integrazione della disciplina del collocamento mirato, stante il richiamo ai soggetti disabili di cui all’art. 1, comma, legge n. 68 del 1999, ma che allo stesso tempo prevede misure di sostegno all’occupazione anche per altre categorie di persone svantaggiate, tra cui rientrano anche tutti coloro che siano

322 V. l. r. Lombardia 6 novembre 2015, n. 36, recante “Nuove norme per la cooperazione in

Lombardia” (pubblicata nel B.u.r. n. 46 del 10 novembre 2015), con cui è istituito l’Albo regionale delle cooperative sociali a cui possono anche essere concessi in comodato o locazione agevolata beni immobili della Regione per il perseguimento di funzioni pubbliche.

323 L’art. 7 richiama le situazioni di fragilità di cui all’art. 22, l. n. 328 del 2000, in cui si fa

riferimento ai soggetti indicati dall’art. 14 della stessa legge, il quale a sua volta rinvia alla definizione generale di disabilità di cui all’art. 3, l. n. 104 del 1992, v. ut supra, cap. 1, par. 4.2.

324 L’art. 8 si riferisce in via espressa all’inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati che

rientrano nel campo di applicazione della legge n. 68 del 1999, per i quali le imprese possono affidare servizi e attività alle cooperative sociali in attuazione delle convenzioni previste dalla disciplina nazionale del collocamento mirato e dall’art. 14, d.lgs. n. 276 del 2003, così come il successivo art. 9 prevede la possibilità della Regione e degli enti territoriali di esternalizzare servizi e attività diversi da quelli sanitari e educativi a cooperative sociali, anche al fine di favorire l’adempimento degli obblighi che incombono su di loro ai sensi della legge n. 68 del 1999

325 V. l. r. Emilia Romagna 30 luglio 2015, n. 14, recante “Disciplina a sostegno dell’inserimento

lavorativo e dell’inclusione sociale delle persone in condizione di fragilità e vulnerabilità, attraverso l’integrazione tra i servizi pubblici del lavoro, sociali e sanitari” (pubblicata nel B.u.r. n. 188 del 30 luglio 2015). Inoltre, la l. r. Emilia Romagna 17 luglio 2014, n. 12, recante “norme per la promozione e lo sviluppo della cooperazione sociale” (pubblicata nel B.u.r. n. 214 del 17 luglio 2014), all’art. 16, ha previsto forme di sostegno per favorire l'inserimento lavorativo delle persone svantaggiate che cessino di essere soci lavoratori o lavoratori di una cooperativa sociale, anche per il venir meno della condizione di svantaggio, concedendo ai datori di lavoro che assumono dette persone con contratto di apprendistato o a tempo indeterminato un contributo fino al 30% del costo effettivo della retribuzione, oneri diretti e riflessi, per una durata non superiore a due anni. Inoltre, al fine di favorire il passaggio di lavoratori ex degenti psichiatrici o disabili con invalidità superiore ai due terzi dalla condizione di socio lavoratore o lavoratore di cooperativa sociale a quella di lavoratore dipendente, la Regione interviene in favore del datore di lavoro che assuma tali soggetti con contratto di apprendistato o a tempo indeterminato con contributi fino al 70% del costo effettivo della retribuzione, oneri diretti e riflessi, per una durata non superiore a due anni. Nel caso di trasformazione del contratto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato, il contributo viene prorogato di ulteriori due anni.

affetti da una qualche disabilità fisica, psichica o sensoriale, di qualsiasi tipologia e grado. Tale modello regionale intende costruire una “Rete attiva per il lavoro” tra i soggetti pubblici del lavoro, del sociale, e dell’ambito sanitario. La persona svantaggiata occupa una posizione centrale e grazie a un’Equipe multi-professionale, caratterizzata dalla professionalità degli operatori (composta da 1 soggetto appartenente ai servizi per il lavoro e 1 appartenente al servizio sociale o sanitario, a seconda dei casi), viene predisposto un programma personalizzato attraverso cui è possibile individuare il soggetto a cui affidare la gestione del programma stesso, a seconda delle caratteristiche personali326. Tuttavia si tratta di un vero e proprio intervento pubblico, in quanto i servizi sono gestiti ed erogati, a seconda delle esigenze e delle possibilità del soggetto, dai Centri per l’impiego, o dai Comuni o dalle Aziende sanitarie locali; gli interlocutori privati, e quindi i datori di lavoro e le cooperative sociali, vengono coinvolti solo nel momento dell’inserimento lavorativo, e per far sì che ciò sia possibile per il maggior numero di persone bisognose la Regione ha avviato iniziative volte a sensibilizzare le imprese del territorio ad una maggiore responsabilità sociale del mercato del lavoro327.

Il caso della Regione Friuli-Venezia Giulia è più particolare in quanto accanto a misure di inclusione attiva, gestite dai servizi pubblici territoriali, si accompagnano misure di sostegno al reddito. I beneficiari non sono individuati sulla base di caratteristiche psico- fisiche, bensì sulla base del reddito del nucleo familiare che non deve essere superiore a una determinata soglia. Al fine di contrastare l’esclusione sociale e favorire l’occupabilità di chi si trovi in una situazione di svantaggio economico, il soggetto deve sottoscrivere un

Patto di inclusione contenete gli obiettivi e le attività in cui si impegnerà per raggiungerli,

quale condizione necessaria per poter ricevere la misura di sostegno al reddito temporanea328.

326 La l. r. Emilia Romagna n. 14 del 2015, cit., si propone di mettere in atto un sistema di

identificazione delle fragilità, attraverso la profilazione delle persone e l’attribuzione per ciascuna situazione/categoria di un “peso” al fine di definire il tipo di contributo necessitato, grazie al quale è possibile capire se la persona debba essere indirizzata verso servizi di tipo sociale, sanitario, o lavorativo. In quest’ultimo caso tra gli indicatori vi è, per esempio, la vicinanza o meno del soggetto al mercato del lavoro, il livello di scolarizzazione, la qualificazione posseduta, le abilità trasversali e le competenze tecnico-professionali. La collaborazione tra i servizi pubblici deputati a gestire i tre piani, ovvero i Centri per l’impiego, i Servizi sociali comunali e le Asl sanitarie, risulta fondamentale, e per questo è prevista la stipulazione di Accordi di servizio e il bacino d’utenza viene riferito al distretto socio-sanitario. V. anche il “Piano 2017 del Fondo regionale per i disabili”, con cui si è previsto che il 30% delle risorse ivi stanziate sarà utilizzato per le situazioni di particolare fragilità sociale previste dalla l. r. n. 14 del 2015.

327 Periodicamente la Regione organizza delle Conferenze sull’inclusione lavorativa. La prima si è

tenuta nel 2008 e la seconda nel 2013.

328 V. l. r. Friuli-Venezia Giulia 10 luglio 2015, n. 15 (pubblicata nel B.u.r. n. 28 del 15 luglio

2015), in cui si prevede un sostegno economico alle persone che non dispongono di una adeguata fonte di reddito e che si impegnano in percorsi di attivazione. La misura di sostegno al reddito è

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