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Le forme contrattuali c.d “atipiche”

LE PROBLEMATICHE CONNESSE AL RAPPORTO DI LAVORO E LE FORME DI TUTELA DEL LAVORATORE DISABILE

2. Le forme contrattuali c.d “atipiche”

Una volta costituito, la disciplina del rapporto di lavoro si fonda sulla parità di trattamento, nel senso che chi è assunto in via obbligatoria deve essere trattato al pari di tutti gli altri, così come previsto dall’art. 10, comma 1, l. n. 68 del 1999372.

Posto che la nascita del rapporto di lavoro presuppone la conclusione tra le parti del relativo contratto, occorre domandarsi se e quali siano le tipologie contrattuali, diverse dalla fattispecie a tempo pieno e indeterminato, che possono essere stipulate con il lavoratore disabile. Infatti, se è indubbio che in generale un contratto di lavoro, anche con una persona disabile, possa essere stipulato utilizzando tutte le tipologie contrattuali previste dalla legge, non è detto che ciò consenta sempre e comunque l’assolvimento dell’obbligo di impiego imposto dall’art. 3 della legge n. 68 del 1999. Occorre dunque capire se un rapporto di lavoro costituito con un soggetto rientrante nelle definizioni di cui all’art. 1, comma 1, possa essere computato a copertura della quota di riserva, anche qualora sia un contratto a tempo determinato o a tempo parziale, o comunque diverso dal contratto a tempo pieno e indeterminato373.

La legge n. 68 del 1999 tace in proposito. Essa non vieta l’utilizzo di tipologie contrattuali c.d. flessibili qualora l’assunzione avvenga secondo la modalità c.d. standard di avviamento da parte degli uffici, ma tuttavia ne consente in modo espresso l’utilizzo

371 RIVERSO R., Vizi e virtù della legge sul collocamento disabili: analisi della giurisprudenza, cit.,

223

372 Sull’equiparazione, quanto al trattamento normativo, del lavoratore disabile a tutti gli altri

anche nella vigenza della l. n. 482 del 1968, v. Cass. 14 giugno 1999, n. 5902, in Riv. it. dir. lav., 2000, 3, 2, 438 ss., con nota di CAMPANELLA P., Sull’applicabilità al lavoratore invalido della speciale procedura di esonero per inidoneità degli autoferrotramvieri.

qualora il datore di lavoro intenda assolvere al proprio obbligo attraverso lo strumento convenzionale374.

In particolare, l’art. 11, comma 1, l. n. 68 del 1999, prevedendo la possibilità dell’assunzione con contratto a tempo determinato, sembrerebbe consentire un’eccezione alla “normale” modalità di costituzione del rapporto secondo il modello standard a tempo indeterminato.

Per rispondere all’interrogativo iniziale, occorrerebbe distinguere a seconda della modalità di assunzione scelta: attraverso l’atto di avviamento sarebbe possibile costituire solo un rapporto a tempo indeterminato, mentre in caso di convenzione potrebbe essere utilizzata una forma flessibile e, in tale ultimo caso, bisognerebbe chiedersi se la menzione del contratto a tempo determinato sia da considerare esemplificativa oppure se sia consentito solo questo modello.

Per quanto attiene a tale ultimo profilo, l’interpretazione letterale della norma, e in particolare dell’inciso “tra le modalità che possono essere convenute vi sono anche…” porta a ritenere l’elencazione che segue non tassativa, ma meramente esemplificativa. A ben vedere, l’art. 11, l. n. 68 del 1999, accosta alla facoltà di utilizzo del contratto a termine la possibilità di avviare dei tirocini formativi o di orientamento375, e di prolungare la durata del periodo di prova rispetto a quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Ciò porta a dover considerare che le convenzioni disciplinate dalla legge n. 68 del 1999, che rappresentano una modalità per l’assolvimento dell’obbligo di impiego, di fatto, consistono in un programma volto a favorire l’inserimento lavorativo. L’obiettivo è pur sempre quello di promuovere la collocazione e la permanenza del disabile presso il datore di lavoro, dunque la stabilità del rapporto. In quest’ottica, la possibilità di prevedere lo svolgimento di tirocini, o l’utilizzo della forma contrattuale a termine, o il prolungamento del periodo di prova, persegue l’intento di favorire il soggetto obbligato, probabilmente non preparato ad effettuare un’assunzione “permanente”, spostando in avanti il momento in cui, salvo intoppi, il lavoratore potrà essere assunto con un contratto a tempo indeterminato, consentendo comunque al datore di lavoro per questo periodo di non essere considerato inadempiente ai propri obblighi normativi, e alla persona disabile di

374 Al contrario, nella vigenza della legge n. 482 del 1968, la giurisprudenza si era spinta ad

ammettere la possibilità di utilizzare forme contrattuali flessibili per l’instaurazione di rapporti di lavoro con lavoratori disabili valevoli ad assolvere gli obblighi di legge, v. Cass. 26 ottobre 1991, n. 11440, in Mass. giur. lav., 1992, 26; Cass. 6 giugno 1995, n. 6335, in Dir. lav., 1996, 2, 56, Cass. 22 novembre 2001, n. 14823, in Riv. it. dir. lav., 2002, 1, 756; contra, Cass. 16 agosto 2004, n. 15951; Cass. 26 settembre 1998, n. 9658, in Giust. civ., 1999, I, 2437 ss., con nota di BOLEGO

G., Assunzioni obbligatorie e contratto di lavoro a termine: alcune importanti precisazioni.

375 I tirocini a cui si riferisce l’art. 11, l. n. 68 del 1999 trovano la loro disciplina nella legge n. 24

giugno 1997, n. 196 (c.d. Pacchetto Treu), e rappresentano uno strumento diretto a promuovere l’ingresso nel mercato del lavoro, ma che non dà origine a un rapporto di lavoro subordinato.

intraprendere un processo di inserimento con l’auspicio che possa portare alla sua stabilizzazione in quell’organizzazione produttiva376.

Nell’impianto della legge n. 68 del 1999 non è rintracciabile un favor per l’utilizzo di tipologie contrattuali flessibili, se non nell’ottica suddetta, e per questo dovrebbe ritenersi che all’atto di avviamento debba conseguire l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Ciò appare sensato soprattutto alla luce delle peculiarità di tale rapporto, in quanto è verosimile pensare che la persona con disabilità abbia bisogno di tempo per inserirsi in un nuovo contesto e per imparare anche le mansioni più semplici, e ciò fa venire meno anche l’interesse del datore di lavoro a effettuare un’assunzione a termine, in quanto non farebbe in tempo ad adattare un ambiente alle esigenze di un soggetto o a insegnargli le mansioni che già dovrebbe ripetere tutto il procedimento da capo, posto che alla scadenza del contratto sarebbe obbligato a reintegrare la quota di riserva con una nuova assunzione.

Allo stesso modo il legislatore ha dovuto fare i conti con il fatto che il termine entro cui la parte datoriale deve assolvere all’obbligo di impiego è piuttosto breve e che non sempre nel momento in cui sorge è possibile, per ragioni organizzative o economiche, assumere del personale, peraltro, indipendentemente dal fabbisogno di manodopera. Per questo motivo ha messo a sua disposizione strumenti più flessibili, i quali, tuttavia, possono essere utilizzati solo nella sede protetta costituita dall’utilizzo del modello convenzionale al fine di evitare eventuali abusi.

Così, oltre all’utilizzo del contratto a tempo determinato, l’art. 11, comma 6, l. n. 68 del 1999, prevede che il Comitato tecnico possa proporre anche l’adozione di deroghe ai limiti di età e di durata dei contratti di formazione-lavoro (poi sostituito da contratto di inserimento ad opera del d.lgs. n. 276 del 2003, a sua volta abrogato dalla l. n. 92 del 2012) e di apprendistato377.

La norma così formulata pone qualche problema interpretativo378, in quanto essa potrebbe essere letta sia nel senso che i contratti formativi possano essere utilizzati in via generale, ma che qualora si stipuli una convenzione e vi sia il parere favorevole del Comitato

376 PATERNÒ C., Lavoro del disabile: dal lavoro atipico ai lavoratori “atipici”, in Lav. giur., 2008,

10, 978 ss.; PATERNÒ C., Disabilità e lavoro atipico, in La Macchia C. (a cura di), cit., 293 ss.

377 La compatibilità tra il sistema di collocamento obbligatorio e i contratti a finalità formativa era

confermata dalla giurisprudenza formatasi nella vigenza della legge n. 482 del 1968 (v. Cass. 26 ottobre 1991, n. 11440, cit.; Cass. 6 giugno 1995, n. 6335, cit.; contra Trib. Brescia, 16 gennaio 1992, in Giur. mer., 1992, 4-5, 805 ss., con nota di DELLI NOCI V., Disciplina del contratto di assunzione obbligatoria al lavoro) e anche a livello normativo (v. art. 3, comma 18, l. 19 dicembre 1984, n. 863, nonché l’art. 16, comma 1, l. 24 giugno 1997, n. 196).

378 La questione è divenuta problematica con l’entrata in vigore della legge n. 68 del 1999 che ha

abrogato la precedente disciplina di cui alla l. n. 482 del 1968 con possibili effetti di travolgimento su quelle norme che vi facevano riferimento, v. LIMENA F., op. cit., 258

tecnico sia possibile anche derogare ai limiti di età e di durata previsti dalle rispettive normative; oppure si potrebbe ritenere che si tratti di tipologie contrattuali utilizzabili solo in sede di assunzione mediante convenzione e che in ogni caso sia possibile una deroga ove ammessa dai riscontri del Comitato tecnico379.

In realtà il fatto che la legge n. 68 del 1999 ammetta deroghe all’assunzione con contratto a tempo indeterminato solo ove il meccanismo prescelto per l’assunzione sia quello convenzionale farebbe propendere per la seconda soluzione interpretativa, considerato tra l’altro che l’unico riferimento all’utilizzo dei contratti con finalità formative è contento nell’art. 11 che disciplina una tipologia di convenzione380.

Tali conclusioni appaiono confermate dal recente intervento riformatore attuato con il d.lgs. n. 151 del 2015, il quale, riscrivendo l’art. 13 della legge n. 68 del 1999 e slegando la concessione degli incentivi alle assunzioni dall’utilizzo della modalità convenzionale, alle lett. a) e b), ha precisato che la loro assegnazione è subordinata, oltre al requisito quantitativo del possesso di una determinata riduzione della capacità lavorativa, anche al fatto che il lavoratore disabile sia stato assunto con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a conferma della preferenza per tale tipologia contrattuale, mentre al successivo comma 1 bis ha previsto la concessione di un incentivo per l’assunzione di lavoratori disabili psichici, che come già previsto può avvenire solo mediante la convenzione di cui all’art. 11, subordinandolo in alternativa alla loro assunzione a tempo indeterminato o a tempo determinato per almeno dodici mesi, confermando che qualora si stipuli una convenzione possa essere utilizzata la forma contrattuale a termine381.

Si può ritenere che se il legislatore avesse voluto generalizzare la possibilità di assumere il lavoratore disabile a tempo determinato, pure in caso di avviamento secondo la modalità standard, avrebbe potuto inserire anche nelle lett. a) e b) il riferimento a tale forma di lavoro flessibile382.

379 LIMENA F., op. cit., 261

380 La disciplina del contratto di inserimento di cui al d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, che ha

sostituito il contratto di formazione-lavoro, e che a sua volta è stata abrogata dalla l. 28 giugno 2012, n. 92, conteneva una disposizione riferita alle persone con disabilità secondo cui la durata del contratto poteva arrivare fino a 36 mesi, in luogo di 18 mesi, in caso di assunzione di un soggetto con disabilità grave, ma nulla veniva detto con riguardo alla computabilità di tali lavoratori ai fini della copertura della quota di riserva, v. LIMENA F., op. cit., 265

381 V. art. 13, comma 1, l. n. 68 del 1999.

382 Un'altra questione relativa all’utilizzo del contratto a tempo determinato riguarda l’applicabilità

o meno della disciplina generale di tale forma contrattuale. La maggior parte del contenzioso sul punto riguarda il rispetto o meno del requisito della “causalità” del contratto richiesto dal d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 (riformato, da ultimo, dal d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81). La Corte di cassazione ha di recente mutato il proprio tradizionale orientamento, stabilendo l’applicabilità della disciplina generale anche nel caso di contratto a termine stipulato ai sensi dell’art. 11, l. n. 68 del 1999. Tale assunto appare coerente con l’impianto normativo della legge n. 68 del 1999: in primo luogo l’art. 10, comma 1, afferma che i lavoratori disabili hanno diritto allo stesso

Tuttavia, occorre avvertire che il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in risposta all’interpello 31 luglio 2009, n. 66 promosso dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro ex art. 9, d.lgs. 23 aprile 2004, n. 124, ha affermato la legittimità di assunzioni a tempo determinato di lavoratori disabili a copertura della quota d’obbligo, anche in assenza di convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 11, l. n. 68 del 1999. Il Ministero, partendo dall’assunto per cui “ciò che rileva, dunque, è il raggiungimento dell’obiettivo dell’inserimento lavorativo di tali soggetti, non risultando invece menzionata espressamente quale tipologia contrattuale debba obbligatoriamente essere scelta per perseguirlo”, dal silenzio della legge ha tratto conclusioni opposte rispetto a quelle sopra prospettate.

La positiva risposta all’interpello si fonda su più argomentazioni: innanzitutto, l’unica condizione posta all’assunzione del lavoratore disabile a norma dell’art. 10, l. n. 68 del 1999 è la compatibilità delle mansioni assegnate con lo stato di salute, senza alcun riferimento alle tipologie contrattuali stipulate tra le parti; inoltre, nessun divieto è posto nemmeno dall’art. 7, comma 1, l. n. 68 del 1999, il quale si limita a prevedere che l’avviamento avvenga per richiesta agli uffici o attraverso il modello convenzionale; infine, l’orientamento giurisprudenziale prevalente nella vigenza della legge n. 482 del 1968 era nel senso di ammettere l’utilizzabilità dei contratti a tempo determinato per

trattamento normativo previsto dalla legge e dai contratti collettivi al pari di tutti gli altri lavoratori; in secondo luogo all’interno dello stesso art. 11 il legislatore ogni qualvolta ha ritenuto di voler ammetter delle deroghe alla disciplina generale non ha mancato di dirlo in modo espresso, come nel caso del periodo di prova che può essere previsto con una durata maggiore. In giurisprudenza, per l’orientamento più risalente e consolidato secondo cui al contratto a tempo determinato stipulato in virtù dell’art. 11, l. n. 68 del 1999, non si applica la disciplina generale in materia di contratto a termine, v. Cass. 31 maggio 2010, n. 13285, in Lav. prev. oggi, 2011, 1, 98 ss., con nota di RUSSO M., Assunzione a termine del disabile ed applicabilità della disciplina di cui al Decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368: primo intervento della Cassazione; ID., in Dir. rel. ind., 2011, 139 ss., con nota di SQUEGLIA M., Assunzione a termine di lavoratore diversamente abile e assenza di motivazioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo; ID., in Mass. giur. lav., 2010, 648 ss., con nota di DI FRANCESCO M., Ammissibilità del termine acausale per convenzione nell’assunzione del disabile. Per l’orientamento più recente con cui la Corte torna sulle sue posizioni affermando che la disciplina generale del contratto a tempo determinato trova applicazione anche qualora questo sia stato stipulato ai sensi dell’art. 11, l. n. 68 del 1999, v. Cass. 9 settembre 2016, n. 17867, reperibile al sito www.dirittolavorovariazioni.com; ID., in Dir. lav. merc., 2017, 1, 170, con nota di PASQUARELLA V., Assunzione a termine “necessariamente” causale per i soggetti disabili: un revirement della Cassazione nell’ottica di una tutela multilivello. In dottrina, sulla disciplina del contratto a termine applicabile al rapporto di lavoro delle persone assunte in via obbligatoria, v. MORRONE S., Assunzione di invalidi con contratto a termine, in Dir. lav., 2000, 1-2, 65 ss.; RAIMONDI F., Contrattazione a termine nel collocamento obbligatorio, in Lav. giur., 2001, 11, 1031 ss.; PINI E., Avviamento obbligatorio e contratto a termine, in Riv. crit. dir. lav., 2006, 2, 445 ss.; ROSANO M., Apposizione del termine al contratto di lavoro con il disabile: una deroga implicita all’obbligo di specificazione della cause giustificatrici, in Riv. dir. sic. soc., 2010, 3, 698 ss.; MENICAGLI C., Il contratto a termine in materia di collocamento obbligatorio, in Riv. crit. dir. lav., 2012, 4, 901 ss.; ID., in Lav. giur., 2013, 2, 133 ss..

adempiere all’obbligazione d’impiego pur in assenza di convenzioni, e, dal nuovo quadro normativo, come detto più sopra, non sembrano potersi trarre elementi di esclusione di tale facoltà383.

Per queste ragioni, è ammessa la facoltà di assumere il lavoratore disabile mediante un contratto a tempo determinato, purché nel rispetto della disciplina generale che regola tale tipologia contrattuale, mentre la possibilità di computo a copertura della quota d’obbligo è subordinata al fatto che il contratto non abbia una durata inferiore a quella prevista dall’art. 4, l. n. 68 del 1999384.

Diversa questione riguarda l’utilizzo di un’altra forma contrattuale flessibile, quella a tempo parziale385.

La legge n. 68 del 1999 non la menziona nemmeno tra quelle utilizzabili con il modello convenzionale, e ciò porterebbe a pensare a una generale ammissione del suo impiego386. Inoltre, la stessa affermazione dell’obbligo datoriale di attuare i c.d. “accomodamenti ragionevoli”, previsto nell’art. 5 della Direttiva europea n. 78 del 2000 e inserito nella normativa nazionale al comma 3 bis all’art. 3 del d.lgs. 9 luglio 2003 n. 216 ad opera dell’art. 9, comma 4, d.l. n. 76 del 2013, convertito con modifiche nella legge n. 99 del 2013, consentirebbe di vedere nella forma contrattuale del tempo parziale una di quelle soluzioni che il datore di lavoro può (e deve) adottare qualora ve ne sia l’esigenza, ben potendo costituire un modo appropriato in funzione delle situazioni concrete, soprattutto

383 Il riferimento è alle sentenze Cass. 26 ottobre 1991, n. 11440, cit.; Cass. 22 novembre 2001, n.

14823; Cass. 26 settembre 1998, n. 9658, cit.; Cass. 6 giugno 1995, n. 6355; Cass. 29 novembre 1990, n. 11474.

384 L’art. 4, l. n. 68 del 1999 stabilisce che non sono computabili tra i dipendenti i lavoratori

assunti a termine con un contratto di durata inferiore a 6 mesi (già nove mesi) e, pertanto, a fortiori essi non si devono ritenere computabili nemmeno a copertura della quota di riserva. Cfr. Ministero del lavoro e delle politiche sociali, risposta all’interpello n. 23 del 2016, proposto dall’Associazione nazionale delle agenzie per il lavoro, in cui, con riguardo alla somministrazione di lavoro, si ammette che l’utilizzatore possa beneficiare, qualora ne ricorrano i requisiti, degli incentivi previsti dall’art. 13, l. n. 68 del 1999 e il lavoratore disabile possa essere compitato a copertura della quota d’obbligo dell’utilizzatore qualora l’impiego non sia inferiore a dodici mesi ai sensi dell’art. 34, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2015.

385 BELLUMAT S., Il part-time nel collocamento obbligatorio, in Riv. it. dir. lav., 2002, 4, 756 ss..

La giurisprudenza formatasi nella vigenza della l. n. 482 del 1968 aveva optato per l’ammissibilità dell’utilizzo di tale forma contrattuale, v. Cass. 26 giugno 2000, n. 8637, in Giust. civ. mass., 2000, 1399; Cass. 22 novembre 2001, n. 14823, cit.; contra, Cass. 24 marzo 2001, n. 4300; Cass. 18 febbraio 1994, n. 1560; Cass. 29 novembre 1990, n. 11474, in Giur. it., 1991, I, 1424 ss., con nota di LUNARDON F., Lavoro a tempo parziale e collocamento obbligatorio.

386 LIMENA F., L’accesso al lavoro dei disabili, cit., 253 ss., in cui si precisa come ciò sarebbe

implicitamente confermato dalla Circolare ministeriale n. 41 del 2000 la quale prevede che “ai fini del computo dei lavoratori disabili occupati part-time a copertura della quota di riserva, dovrà considerarsi singolarmente l’orario prestato da ciascun lavoratore, rapportato al normale orario a tempo pieno, con arrotondamento ad unità qualora l’orario prestato sia superiore al 50 per cento dell’orario ordinario”, ammettendo il computo dei lavoratori a tempo parziale pro quota ai fine della copertura della quota di riserva obbligatoria.

qualora l’assunzione riguardi un disabile medio-grave che difficilmente potrebbe lavorare un’intera giornata a pieno ritmo387.

Di fatti, il concetto di “ragionevole accomodamento” comprende sia soluzioni materiali che organizzative, a seconda delle necessità del caso concreto388.

Pertanto, la riduzione o la differente modulazione della prestazione lavorativa rispetto all’orario “normale” di lavoro si pone in termini di accessorietà rispetto alla stipulazione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, e, occorre ritenere che, indipendentemente dalla modalità di avviamento, standard o convenzionale, l’assunzione possa essere sia a tempo pieno che parziale, a seconda delle esigenze del datore e tenuto conto della residua capacità lavorativa del soggetto disabile.

Infine, l’art. 4, comma 3, l. n. 68 del 1999 prevede la possibilità per i lavoratori disabili di svolgere la propria attività a domicilio o con telelavoro ponendo quale condizione necessaria per la loro inclusione nella quota di riserva l’affidamento di una quantità di lavoro “atta a procurare loro una prestazione continuativa corrispondente all’orario normale di lavoro in conformità alla disciplina di cui all’art. 11, secondo comma, della legge 18 dicembre 1973, n. 877389, e a quella stabilita dal contratto collettivo nazionale applicato ai lavoratori dell’azienda che occupa il disabile…”390.

Il richiamo della norma ai “lavoratori disabili dipendenti” consente di affermare che il lavoratore a domicilio o il telelavoratore devono pur sempre essere legati al datore di lavoro da un rapporto di subordinazione a tempo pieno e indeterminato, dovendosi realizzare, al fine dell’adempimento dell’obbligo di impiego, “una prestazione continuativa corrispondente all’orario normale di lavoro”.

Il lavoro a domicilio, quale forma “speciale” di rapporto di lavoro prevista dall’art. 2128 c.c., presenta un elemento di atipicità costituito dal luogo di svolgimento della prestazione lavorativa, mentre il telelavoro si configura come una forma di svolgimento del rapporto

387 In questo senso si è espressa la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza dell’11

aprile 2013, resa nelle cause C-335/11 e C-337/11, cit.; ID, in Riv. giur. lav., 2013, 3, 397 ss., con nota di CIMAGLIA M.C., «Niente su di noi senza di noi»: la Corte di Giustizia delinea il nuovo diritto al lavoro delle persone con disabilità, cit., in cui la Corte afferma che “l’art. 5 della Direttiva n. 78 del 2000 deve essere interpretato nel senso che la riduzione dell’orario di lavoro può costituire uno dei provvedimenti necessari ai fini dell’adattamento ragionevole del posto di lavoro. Spetta al giudice nazionale valutare se, nelle circostanze dei procedimenti principali, la riduzione dell’orario di lavoro quale provvedimento di adattamento rappresenti un onere sproporzionato per il datore di lavoro.”.

388 CIMAGLIA M. C., op. cit., 408; BRUZZONE S., Disabilità e part-time. Quali disposizioni

legislative e contrattuali?, in Dir. rel. ind., 2008, 4, 1193 ss.;

389 V. art. 4, comma 3, l. n. 68 del 1999.

390 NOGLER L., Quote di riserva e relativi criteri di computo, in CINELLI M.-SANDULLI P. (a cura

di), cit., 255 ss.; FANTINI L., sub Art. 4, in SANTORO PASSARELLI G.-LAMBERTUCCI P. (diretto da), cit., 1376 ss.;LIMENA F., L’accesso al lavoro dei disabili, cit., 267 ss.

di lavoro subordinato a domicilio, il quale oltre a essere di natura manuale o

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