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Il “modello pubblicistico” I percorsi personalizzati volti a favorire l’accesso dei disabili al mondo del lavoro c.d ordinario.

LE POLITICHE REGIONALI PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO DELLE PERSONE DISABIL

5. I “modelli” regionali a confronto.

5.1. Il “modello pubblicistico” I percorsi personalizzati volti a favorire l’accesso dei disabili al mondo del lavoro c.d ordinario.

Alcune realtà territoriali del nord e centro Italia hanno previsto misure personalizzate atte a favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. I modelli regionali più significativi, in termini di innovazione degli strumenti approntati, sono quelli delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche.

In questi territori, si è posto con una certa forza e in via preliminare il problema di come garantire l’effettività della legge n. 68 del 1999 per quei soggetti che, pur rientrando nel campo di applicazione di tale normativa, risultano affetti da una disabilità di media gravità e che sarebbero potenzialmente in grado di operare in luoghi di lavoro c.d. ordinari.

Si tratta, per lo più, di servizi e strumenti posti in essere da operatori pubblici, rivolti alla persona disabile e calibrati in funzione delle singole esigenze, che vanno ad affiancare i

284 V. l. r. Friuli-Venezia Giulia 9 agosto 2005, n. 18 “Norme regionali per l’occupazione, la tutela

e la qualità del lavoro” (pubblicata nel B.u.r. n. 16 del 12 agosto 2005, suppl. straord.), nonché il d.p.r. 30 settembre 2016, n. 186 “Regolamento regionale che disciplina le modalità di concessione di contributi a valere sulle risorse del Fondo regionale per le persone con disabilità”, il quale ricomprende tra i beneficiari anche i datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di assunzione, i lavoratori già in forza presso datori di lavoro privati, coloro che sono divenuti disabili in costanza del rapporto di lavoro, e coloro che subiscono un aggravamento delle proprie condizioni tali da incidere sul proseguimento del rapporto di lavoro; tra gli interventi finanziabili sono previste: l’assunzione e la stabilizzazione dei lavoratori disabili, misure di adeguamento del posto di lavoro, abbattimento barriere architettoniche, modalità di telelavoro, misure per l’accessibilità, la mobilità e lo spostamento, progetti di riabilitazione, attività di tutoraggio, attività formative per il personale dipendente che deve affiancare il soggetto disabile, tirocini e altri progetti innovativi finalizzati all’inserimento lavorativo. Anche la l. r. Marche 25 gennaio 2005, n. 2, cit., prevede che i contributi finanziati dal Fondo regionale possano essere concessi anche a datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di impiego; essa inoltre prevede, all’art. 27, una Commissione paritetica composta dai Dirigenti della struttura regionale competenti in materia di formazione professionale, politiche sociali, sanità pubblica e pari opportunità, il Direttore della scuola di formazione del personale regionale, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e delle associazioni datoriali maggiormente rappresentative a livello regionale, i rappresentanti delle associazioni rappresentative dei soggetti disabili, un rappresentante delle Province e i rappresentanti delle cooperative sociali di tipo b); tale Commissione paritetica ha il compito di garantire il regolare e imparziale utilizzo del Fondo e la valutazione tecnico-finanziaria dei progetti presentati.

c.d. servizi di base previsti dalla disciplina nazionale, allo scopo di potenziarne gli effetti. Tali servizi consistono in veri e propri programmi personalizzati, elaborati e attuati dalle Province, dai Centri per l’impiego e dai Servizi sociali e sanitari.

Così, per esempio, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha istituito il Servizio di integrazione

lavorativa, finalizzato a “prendere in carico” il soggetto disabile e a favorirne

l’inserimento lavorativo attraverso un percorso personalizzato, grazie anche a incentivi di natura economica285.

Il programma personalizzato, con il coinvolgimento diretto dei destinatari, delle famiglie, delle associazioni rappresentative dei loro interessi, delle parti sociali, delle istituzioni scolastiche, delle cooperative sociali e consorzi, individua le forme di sostegno adatte alla persona, che possono consistere in attività formative, misure di tutoraggio e accompagnamento.

Tra gli strumenti più utilizzati vi è l’attivazione di tirocini di orientamento e formazione o di inserimento o reinserimento lavorativo, così come previsti in particolare dalla Regione Emilia Romagna, che ne promuove l’avvio mediante il riconoscimento di un’indennità economica a favore del soggetto disabile e a carico del Fondo regionale286.

285 V. l. r. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2005, cit., che all’art. 43 ha previsto l’introduzione degli

artt. 14 bis e ter alla l. r. n. 41 del 1996, con cui viene istituito il Servizio di integrazione lavorativa, finalizzato a) a percorsi propedeutici all’inserimento in luoghi normali di lavoro, e b) all’inserimento socio-lavorativo di soggetti che non possono essere inseriti a pieno titolo nella realtà lavorativa a causa della loro scarsa produttività, ma che comunque conservano una certa capacità lavorativa residua. Nel primo caso la retribuzione oraria del soggetto che partecipa al progetto è aumentata di 2 euro, mentre nella seconda ipotesi spetta un assegno “di incentivazione” pari a 200 euro mensili; inoltre, la partecipazione a tali progetti da diritto all’uso gratuito dei mezzi pubblici necessari per spostarsi dall’abitazione al luogo di lavoro e, in ogni caso al rimborso delle spese sostenute per lo spostamento, nonché delle spese di mensa e pernottamento.

286 V. Artt. 17 e 25 ss., l. r. Emilia Romagna n. 17 del 2005, cit., in cui si prevedono la durata

massima del tirocinio per 24 mesi, l’elenco dei soggetti che possono istituirli, la cui è facoltà è subordinata all’essere in regola con la normativa di cui alla l. n. 68 del 1999, limiti quantitativi in relazione al numero di tirocini avviabili nelle unità produttive in base alla dimensione occupazionale delle stesse, nonché la corresponsione di una indennità al soggetto disabile per la partecipazione al tirocinio almeno pari a 450 euro mensili. Dalla VII Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della l. n. 68 del 1999 a livello regionale, cit., 225 ss., risulta come nella Regione Emilia Romagna si siano sviluppati singoli modelli provinciali. La Provincia di Reggio Emilia ha creato i c.d. “Nuclei Territoriali”, ovvero servizi di supporto all’inserimento lavorativo posti in essere da gruppi di lavoro, costituiti da operatori di servizi pubblici e privati, con il compito di prendere in carico la persona disabile e di svolgere colloqui di pre-inserimento o orientamento per la redazione di una scheda personale, definendo percorsi individuali di inserimento (v. Protocollo di intesa siglato dalla Provincia in data 22 settembre 2006); la Provincia di Rimini ha previsto per prima in Italia un servizio di trasporto gratuito casa-lavoro per le persone con disabilità non vedenti; la Provincia di Parma ha posto in essere il Servizio di inserimento lavorativo delle persone disabili a cui è collegata una Carta servizi personale da cui risultano tutti i servizi usufruiti dal soggetto. Anche nella Provincia di Modena sono presenti i Servizi di Integrazione Lavorativa, servizi privati svolti anche dalle cooperative sociali accreditate con funzione di sostegno e favoreggiamento del collocamento mirato di persone svantaggiate, anche disabili, per lo più su richiesta dei Servizi sociali; tuttavia, tali esperienze territoriali sono destinate

Grazie alle attività di tirocinio, pur non potendo costituire assolvimento della quota d’obbligo, l’impresa si trova, senza dover sopportare costi di remunerazione, a poter verificare in modo diretto le attitudini del soggetto, a beneficiare della sua attività, e a poter iniziare quel percorso di inserimento lavorativo che, in caso di esito positivo, alla scadenza del periodo di tirocinio potrebbe culminare con l’inserimento nell’organizzazione produttiva.

Caratteristiche fondamentali di tale modello sono la centralità della persona con disabilità e l’importanza riconosciuta alle attività di formazione con finalità di inserimento lavorativo287.

Merita di essere segnalato lo strumento previsto dalla legge Regione Marche, il quale consiste nell’assegnazione di Borse Lavoro a soggetti laureati o diplomati, che versino in stato di disoccupazione, per l’attivazione di esperienze lavorative presso studi professionali, imprese, associazioni, organizzazioni no profit, o datori di lavoro pubblici288. La persona disabile viene inserita in un ambiente di lavoro, scelto anche con il coinvolgimento della famiglia, in cui ha la possibilità di svolgere un’esperienza formativa

a scomparire, con riguardo ai soggetti disabili rientranti nel capo di applicazione della legge n. 68 del 1999, quando andrà a regime il sistema di gestione del collocamento “pubblicistico” delineato dalla l. r. n. 14 del 2015. La ratio di tale scelta potrebbe risiedere nella volontà di riportare una certa uniformità nel territorio della regione, a fronte delle singole e diversificate iniziative provinciali che si sono sviluppate fino a questo momento, peraltro nemmeno in tutte le province, v. infra par. 6.

287 V., anche, l’art. 16, l. r. Marche n. 2 del 2005, cit., nonché l’art. 21, l. r. Lombardia 28

settembre 2006, n. 22 “Il mercato del lavoro in Lombardia” (pubblicata nel B.u.r. n. 40 del 3 ottobre 2006, suppl. straord. n. 1), in cui è prevista la concessione di incentivi per attività formative anche a distanza.

288 V. l. r. Marche n. 24 del 2000, cit. e l’art. 19, l. r. Marche n. 2 del 2005, cit.. Dalla VII

Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della l. n. 68 del 1999 a livello regionale, cit., 285 ss., risulta che le province della Regione Marche hanno adottato progetti specifici per favorire l’inserimento lavorativo delle persone disabili. La Provincia di Ancona ha avviato un progetto di stage e tirocini formativi, promosso dalla Camera di Commercio, e ha attivato le c.d. “Borse Lavoro” per la realizzazione di esperienze lavorative; la Provincia di Pesaro-Urbino ha: a) istituito il Servizio di inserimento lavorativo per la valutazione e l’inserimento dei disabili, grazie a tutor che per massimo 24 mesi seguono le attività di tirocinio e monitorano l’inserimento graduale della persona nel contesto produttivo, b) creato una Equipe integrata per progettare percorsi di inserimento individuali, c) attivato le c.d. “Borse Lavoro”, d) avviato tirocini presso organizzazioni no profit e imprese ordinarie, e) avviato progetti di alternanza scuola lavoro per gli alunni disabili di istituti scolastici superiori; la provincia di Ascoli Piceno e Fermo ha: a) istituito una figura ad hoc presso i Centri per l’impiego per la gestione dei rapporti con le imprese del territorio e la realizzazione di incontri volti a individuare i fabbisogni occupazionali, b) avviato il Progetto Anagrafe per l’aggiornamento delle schede personali degli iscritti alle liste di collocamento, c) messo a punto il sistema ICF per la valutazione della disabilità, d) attivato le c.d. “Borse Lavoro” per finanziare esperienze lavorative semestrali presso datori di lavoro privati e enti pubblici; la Provincia di Macerata ha previsto incentivi alle imprese e l’assegnazione di “Borse Lavoro” semestrali per la realizzazione di esperienze lavorative.

di preparazione al successivo, auspicato, collocamento lavorativo289.

Occorre sottolineare che tali strumenti, pur lodevoli nel loro intento e potenzialmente idonei a creare un’opportunità di lavoro concreta per il soggetto disabile, non costituiscono di per sé un rapporto di lavoro dal punto di vista giuridico, e nemmeno sotto il profilo economico. Si tratta infatti di misure per loro natura temporanea, i cui effetti rischiano di essere vanificati se non debitamente supportate da efficienti servizi di collocamento lavorativo in grado di far evolvere la misura appunto temporanea nella costituzione di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato.

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