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Riflessioni conclusive La necessità di ripartire dalla persona con disabilità.

LE PROBLEMATICHE CONNESSE AL RAPPORTO DI LAVORO E LE FORME DI TUTELA DEL LAVORATORE DISABILE

8. Riflessioni conclusive La necessità di ripartire dalla persona con disabilità.

A questo punto, occorre chiedersi se l’impianto normativo nel suo complesso abbia realizzato la garanzia del diritto al lavoro per le persone con disabilità prevista e riconosciuta dalla nostra Costituzione.

Come si è avuto modo di mettere in luce nei precedenti capitoli, nell’impianto della legge n. 68 del 1999 le persone con disabilità sono considerate quali “beneficiarie” della disciplina protezionistica ivi contenuta la quale attribuisce loro un ruolo quasi del tutto passivo459.

Di fatti, sono i datori di lavoro e, soprattutto, gli uffici pubblici che devono attivarsi e agire per realizzare il diritto delle persone con disabilità ad avere una occupazione adatta alle proprie condizioni e capacità.

L’attività richiesta all’aspirante lavoratore si esaurisce con l’iscrizione nelle apposite liste presso gli uffici competenti, così che il suo diritto al lavoro assume le vesti di una mera aspettativa che in molti casi diviene permanente.

Il soggetto è impotente di fronte al sistema del collocamento obbligatorio perché nel caso in cui non venga avviato al lavoro, e purtroppo questa è l’ipotesi statisticamente prevalente460, non può farci proprio nulla.

458 SPINELLI C., La sfida degli “accomodamenti ragionevoli” per i lavoratori disabili dopo il Jobs

Act, cit., 53; DOSSI G., Poteri del giudice nell’azione giudiziaria antidiscriminazione: riflessioni sulla giurisprudenza italiana alla luce degli obblighi del diritto europeo, in Riv. giur. lav., 2014, 1, 117, 120

459 Vi sono poche disposizioni che attribuiscono al disabile un ruolo attivo; tra queste, vi è il

dovere di iscriversi nelle apposite liste per il collocamento ex art. 8; la facoltà di chiedere l’accertamento della compatibilità delle mansioni affidategli con l’aggravamento dello stato di salute ex art. 10; la facoltà di negare il consenso all’assunzione tramite convenzione ex art. 12 bis.

460 Come conferma la Settima relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 12

marzo 1999, n. 68, reperibile al sito www.lavoro.gov.it. La relazione, con riferimento al biennio 2012-2013, periodo contraddistinto da una crisi economica e occupazionale generale e duratura, ha evidenziato la ripresa di un trend negativo degli inserimenti lavorativi quantificati in n. 18.295 alla fine dell’anno 2013, a fronte di un rapporto tra lavoratori iscritti e avviati stimato al 26,9%. L’assunzione di lavoratori disabili da parte di aziende non soggetto all’obbligo di impiego, ovvero

Egli è un mero “spettatore” senza alcun potere nei confronti di chi è obbligato a garantirgli una occupazione.

Non essendo consentita l’assunzione diretta, l’unica cosa che il disabile può fare per favorire il proprio avviamento è puntare sulla formazione e l’aggiornamento professionale, ove tale possibilità sia prevista e assicurata a livello regionale o territoriale, e comunque senza alcuna garanzia di effettività461.

Solo a seguito dell’avviamento da parte dell’ufficio competente, la persona con disabilità diviene titolare di un diritto soggettivo al posto di lavoro, nonché destinatario di alcune forme di tutela previste dalla legge n. 68 del 1999, che gli consentono di agire per la preservazione o il miglioramento delle condizioni di lavoro, a cui si affianca un ulteriore strumento consistente in un’azione giudiziale ad hoc esperibile nel caso in cui egli sia vittima di una discriminazione.

In questo senso, la disciplina antidiscriminatoria funge da normativa di chiusura del sistema, offrendo una tutela anche ai disabili esclusi dal campo di applicazione della l. n. 68 del 1999.

Essa è stata introdotta nel nostro ordinamento grazie alle influenze derivate dal panorama internazionale e europeo; qui, infatti, il principio di non discriminazione e la garanzia della parità di trattamento e di opportunità hanno costituito il perno dell’evoluzione culturale, sociale e normativa in materia di diritto al lavoro delle persone con disabilità. Si tratta di una tutela generale e inclusiva, che tutela tutti i tipi di handicap, indipendentemente dal grado di disabilità o dalla situazione da cui è originata la situazione di svantaggio, e che trova applicazione tutte le volte che un comportamento datoriale integri un ipotesi di discriminazione diretta o indiretta.

Nel complesso, seppure il sistema normativo possa considerarsi equo rispetto all’esigenza di contemperamento dei contrapposti interessi di rango costituzionale, il diritto al lavoro della persona disabile e la libertà d’impresa del soggetto obbligato, il problema maggiore rimane quello dell’efficacia e dell’effettività dello strumento del collocamento, intesa nel senso di raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Come mostrano i dati pubblicati nell’ultima relazione biennale presentata dalle Regioni al

nelle piccole imprese con meno di 15 dipendenti, è pari all’11% del totale degli avviamenti registrati. Inoltre, si è registrato un sensibile aumento del ricorso a forme di lavoro flessibili, soprattutto dei contratti a tempo determinato, utilizzati nel 57,7% dei casi, nonché del ricorso allo strumento delle sospensioni temporanee dell’obbligo di impiego per ragioni di crisi aziendali che ha interessato n. 10.348 posizioni di quote di riserva, v. Presentazione, 13 ss.

461 Sul punto, v. ut supra cap. 3, sulle misure di politica attiva regionali e sulle attività di supporto

al collocamento obbligatorio poste in essere da soggetti pubblici o privati e volte alla formazione e riqualificazione professionale delle persone con disabilità.

Parlamento, il tasso di occupazione è ancora molto sconfortante462.

Non solo. Anche con riguardo ai disabili collocati, i rapporti di lavoro sono caratterizzati da una certa precarietà, come dimostra l’elevato numero di contratti a tempo determinato e di risoluzioni463.

Appurato che fino ad oggi la garanzia del diritto al lavoro per le persone con disabilità non si è concretizzata se non in minima parte, occorre domandarsi se l’impianto normativo nel suo complesso possa ancora realizzarla.

Guardando ai più recenti interventi normativi sembrerebbe doversi dare una risposta positiva al quesito. Di fatti, il legislatore del 2015, pur avendo apportato modifiche, anche sostanziali, alla legge n. 68 del 1999, nonché all’apparato amministrativo, non sembra aver innovato il sistema così come già delineato nelle sue linee essenziali.

A ben vedere, l’evoluzione che sta avendo il collocamento obbligatorio riporta alla mente quanto avvenuto in passato in relazione a quello ordinario. Bisogna ricordare come con riguardo a quest’ultimo si sia passati, seppure in modo lento e progressivo, da un sistema caratterizzato da una gestione pubblica in regime di monopolio e in cui vigeva la regola generale della richiesta numerica, alla generalizzazione della richiesta nominativa e alla introduzione della regola dell’assunzione diretta, fino alla sua liberalizzazione con l’apertura del sistema a soggetti privati464.

La riforma del collocamento mirato non si è spinta fino a questo punto avendo, da una parte, generalizzato la facoltà di richiesta nominativa e, dall’altra parte, confermato la gestione monopolistica del sistema pubblico, anzi, su questo punto andando verso una ri- centralizzazione delle funzioni in capo allo Stato.

Nonostante emerga una certa consapevolezza dell’inefficacia del sistema, il legislatore, anziché proporre un cambio di prospettiva, ha preferito la strategia del rafforzamento dell’obbligo di impiego e del sistema pubblico di collocamento.

In particolare, esso ha agito in due direzioni; la prima di riforma del funzionamento del

462 V. Appendice, allegato A, e in particolare la tabella 4, ove è riportato in percentuale il rapporto

tra i soggetti disabili iscritti nelle liste per il collocamento e quelli avviati al lavoro. Secondo i dati risultanti dalla VII Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68 “norme per il diritto al lavoro dei disabili” per gli anni 2012 – 2013, reperibile al sito internet www.lavoro.gov.it, il tasso di occupazione a livello nazionale è stato del 2,60% nel 2012 e del 2,70% nel 2013.

463 V. Appendice, allegato C, ove dai dati risultanti dalla VII Relazione al Parlamento sullo stato di

attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68 “norme per il diritto al lavoro dei disabili” per gli anni 2012 – 2013, reperibile al sito internet www.lavoro.gov.it, emerge come circa il 50% dei rapporti di lavoro cessati sia costituito da assunzioni a tempo determinato e che le risoluzioni rappresentano circa un terzo degli avviamenti.

464 A tal proposito, si ricorda che il nostro Paese ricevette una condanna da parte della Corte di

Giustizia per aver mantenuto un sistema di collocamento lavorativo pubblico centralizzato non in grado di raggiungere le finalità per cui era stato istituito.

sistema amministrativo preposto alla gestione del collocamento e di ampiamento del ruolo dello Stato e delle Regioni per favorire l’efficacia della normativa nazionale; il secondo, invece, di revisione della normativa del collocamento obbligatorio in un’ottica di rafforzamento degli obblighi che da essa derivano. In questo senso, da una parte, al fine di incentivare i datori di lavoro all’assunzione delle persone con disabilità, è stata generalizzata la facoltà di scelta del lavoratore da assumere (la c.d. richiesta nominativa) ed è stata riformulata la disciplina delle agevolazioni economiche, seppure ancora limitata sia da un punto di vista quantitativo che temporale, nonché strettamente legata alla disponibilità delle risorse economiche degli appositi Fondi nazionali e regionali, mentre dall’altro lato è stato inasprito l’apparato sanzionatorio, tuttavia senza prevedere misure di controllo più adeguate. Inoltre, l’art. 1 del d.lgs. n. 151 del 2015 ha ridisegnato ulteriori obiettivi da perseguire e individuato gli strumenti necessari a tal fine, delegando a uno o più decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il compito di darvi attuazione465.

In attesa dei decreti ministeriali, l’unica osservazione che può farsi è che la realizzazione di tali obiettivi appare frenata già in partenza dal fatto che per la loro realizzazione non saranno messe a disposizione nuove e ulteriori risorse finanziarie466, nonché dalla mancanza di misure di potenziamento dei controlli circa l’adempimento degli obblighi di impiego, tuttora rimessi nelle mani degli attuali Ispettorati del Lavoro.

Al fine di monitorare gli effetti della riforma sarà fondamentale non solo l’attività svolta dall’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, già istituito dal 2009, ma anche l’opera di monitoraggio delle Banche dati previste dall’art. 9, comma 6

bis, l. n. 68 del 1999, soprattutto al fine di verificare gli effetti prodotti dalla

generalizzazione della modalità di richiesta nominativa.

In proposito, una conseguenza che appare prevedibile, se non inevitabile, è che di fatto vi sarà una definitiva emarginazione dal mondo del lavoro dei soggetti affetti da disabilità gravi.

Tale esclusione “di fatto” non risulta giustificata. In uno stato in cui i diritti sociali sono affermati nella Costituzione quali diritti fondamentali garantiti in modo da realizzare

465 Ci si riferisce alla promozione di una rete di comunicazione integrata tra i vari servizi e enti del

territorio; la promozione del coinvolgimento delle parti sociali, delle associazioni e delle organizzazioni del settore sociale; l’adeguamento delle modalità di valutazione della disabilità secondo il modello internazionale bio-psico-sociale; metodi più efficaci per l’analisi dei posti di lavoro disponibili, tenendo conto dell’obbligo di adottare soluzioni ragionevoli che consentano al lavoratore di operare in condizioni di parità con gli altri soggetti; l’istituzione di un responsabile per l’inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro con il compito di assistere la persona disabile e risolvere i problemi legati allo svolgimento della prestazione lavorativa; nonché un monitoraggio finalizzato a individuare buone pratiche di inclusione lavorativa delle persone con disabilità.

l’uguaglianza sostanziale tra le persone, non è accettabile il sacrificio di questa categoria di parsone che, più svantaggiata rispetto ad altri, anziché ricevere maggiore tutela, è privata anche di quel minimo di garanzie che potevano derivare dal fatto che con la chiamata numerica gli uffici competenti avevano maggiore possibilità di distribuire in modo più equo le occasioni di lavoro.

Pertanto, volendo continuare nella direzione tracciata dal legislatore, occorre un intervento mirato in grado di controbilanciare tali effetti attraverso un’efficace rete di politiche attive del lavoro, che devono essere poste in essere da parte delle amministrazioni dello Stato, anche a livello territoriale, attraverso misure di collaborazione con cooperative sociali e altri istituti e organismi del settore sociale, nonché con le rappresentanze sindacali dei lavoratori, che, anche attraverso lo stanziamento delle necessarie risorse finanziarie, siano idonee a riequilibrare la situazione in un’ottica di uguaglianza, di tutela anti-discriminatoria, e soprattutto di rispetto della prescrizione di cui all’art. 38, comma 3, Cost. che attribuisce alla Stato il compito di predisporre gli strumenti necessari a garantire l’avviamento al lavoro di tutte le persone con disabilità che non siano inabili al lavoro.

Tuttavia, a mio avviso, ciò che occorre è un vero cambiamento di prospettiva.

Il nostro sistema si fonda ancora più sul dovere di collaborazione e di solidarietà del datore di lavoro e sulle capacità gestionali dell’apparato pubblico, che su reali diritti ed esigenze della persona con disabilità.

Ciò non ha permesso di abbandonare del tutto una concezione assistenzialistica del collocamento obbligatorio e ha impedito di andare verso una visione più moderna, egualitaria e propositiva, incentrata sulla persona con disabilità.

Per tali ragioni, al fine di realizzare una maggiore garanzia del diritto al lavoro per le persone con disabilità occorre uscire dalla logica di un meccanismo macchinoso, rigido e caratterizzato da regole standard “di categoria” che per loro natura non possono adattarsi a soggetti con esigenze particolari e con caratteristiche anche molto differenti a seconda delle diverse tipologie e gradi di disabilità.

Al contrario, credo che la garanzia del diritto al lavoro delle persone con disabilità possa realizzarsi solo in un sistema che ponga al centro la stessa persona da tutelare. La persona con disabilità deve essere il fondamento del sistema normativo.

L’attuale apparato normativo non prende davvero in carico la persona con disabilità, la sua situazione personale, le sue esigenze e le sue aspirazioni, così come non prevede strumenti volti a migliorarne le sue inclinazioni e capacità professionali.

che si prefiggono tale obiettivo si tratta pur sempre di iniziative locali, che non formano oggetto di un obbligo imposto dalla legge e per questo non sono diffuse su tutto il territorio nazionale.

Per altro gli effetti positivi che da tali iniziative potrebbero derivare risultano comunque mitigati dal fatto che il soggetto anche dopo aver compiuto un percorso personale in grado di accrescerne le potenzialità viene poi immesso in modo statico in liste di graduatorie formulate sulla base di criteri per lo più economici, senza valorizzare l’attività compiuta e le sue esperienze.

Prendere in carico la persona con disabilità significa accompagnare quel soggetto nella ricerca di un’occupazione adeguata e indirizzarlo verso il luogo di lavoro adatto, che sia il mercato del lavoro ordinario o che sia il c.d. terzo settore, senza guardare ai due segmenti come mondi chiusi e non comunicanti; anzi non è detto che un’esperienza di lavoro sociale non possa costituire un passaggio prima dell’ingresso nel mondo del lavoro. Ripensare al sistema per il diritto al lavoro delle persone con disabilità in funzione dei suoi beneficiari consentirebbe anche una migliore diffusione della c.d. cultura dell’handicap nella società.

Per queste ragioni, la centralità del soggetto disabile all’interno della disciplina normativa volta ad assicurargli il diritto al lavoro deve essere il presupposto e il fondamento da cui ripartire.

APPENDICE

ALLEGATO A

DATI STATISTICI RELATIVI ALLE PERSONE CON DISABILITÀ IN CERCA

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