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Il divieto di discriminazione per ragioni legate alla disabilità.

La discriminazione nei confronti delle persone con disabilità ha avuto una storia particolare nel nostro ordinamento giuridico. A differenza di altre discriminazioni, combattute negli anni sessanta sulla scia di un cambiamento sociale e culturale che ha portato al riconoscimento di opportuni rimedi giuridici, per esempio di contrasto alla discriminazione fondata sulla diversità di sesso o nei luoghi di lavoro, il riconoscimento di una tutela sanzionatoria contro la discriminazione della disabilità è avvenuto molto più tardi, solo negli anni novanta, e, ancora una volta, grazie alla influenza del panorama sovranazionale.

Nel pubblico impiego, anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione, era rimasto vigente, e senza dare luogo ad alcun dubbio di incostituzionalità, l’art. 221, R.D. 3 marzo

FERNÁNDEZ MARTINEZ S., L’evoluzione del concetto giuridico di disabilità: verso un’inclusione delle malattie croniche?, in Dir. rel. ind., 2017, 1, 74 ss.; ID, Malattie croniche e licenziamento del lavoratore: una prospettiva comparata, in Dir rel. ind., 2015, 3, 750 ss.; PÉREZ ANAYA R.M., L’obesità come causa di licenziamento: la prospettiva comunitaria, in Dir. rel. ind., 2015, 3, 768 ss.; CARRIZOSA PRIETO E., La discriminazione fondata sulla malattia del lavoratore, in Lav. dir., 2013, 2, 283 ss.. V., inoltre,VASINI YLENIA, Discriminazione per disabilità: la normativa italiana è in linea con la normativa europea?, in Lav. giur., 2017, 3, 226 ss.; PASTORE M., Disabilità e lavoro: prospettive recenti della Corte di giustizia dell’Unione europea, in Riv. dir. sic. soc., 2016, 1, 199 ss..

68 Corte Giust. 4 luglio 2013, C-312/11, Commissione c. Italia, cit., in cui la Corte afferma, a

proposito della nozione di handicap, che seppure non definita dalla Direttiva 78/2000, essa deve essere intesa alla luce della Convenzione delle Nazioni Unite del 2006, VENCHIARUTTI A., Sistemi multilivello delle fonti e divieto di discriminazione per disabilità in ambito europeo, cit., 418

1934, n. 383, Testo Unico sul pubblico impiego, il quale prevedeva la sana e robusta costituzione fisica quale requisito generale per l’accesso al lavoro nei pubblici uffici. Allo stesso modo, il successivo Testo Unico sul pubblico impiego approvato con il d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, all’art. 2, continuava a richiedere il requisito della idoneità fisica per l’accesso al pubblico impiego69.

Soltanto con legge 5 febbraio 1992, n. 104, Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione

sociale e i diritti delle persone handicappate, all’art. 22, è stato previsto che “ai fini

dell’assunzione al lavoro pubblico e privato non è richiesta la certificazione di sana e robusta costituzione fisica”. Tuttavia, il Ministro della funzione pubblica, con la Circolare n. 90543/7/488 del 28 giugno 1992, anziché ritenere l’abrogazione implicita delle precedenti contrastanti disposizioni normative, ha disposto che la disposizione di cui al T.U. del 1957 continuava ad applicarsi ai portatori di handicap, di fatto escludendoli ancora una volta dall’accesso al pubblico impiego.

L’eliminazione di tale forma di discriminazione è avvenuta con l’entrata in vigore della legge 12 marzo 1999, n. 68, la quale, all’art. 16, comma 3, ha previsto l’abrogazione espressa delle norme che richiedevano il requisito della sana e robusta costituzione fisica, stabilendo, inoltre, al comma 2 della medesima disposizione, che i bandi di concorso per l’accesso al pubblico impiego devono prevedere speciali modalità di svolgimento delle prove d’esame al fine di consentire alle persone con disabilità di parteciparvi in condizione di parità con gli altri candidati70.

Nell’ambito del rapporto di lavoro privato, l’art. 4, legge 15 luglio 1966, n. 604, aveva affermato la nullità del licenziamento determinato da ragioni di ideologia politica, fede religiosa, appartenenza sindacale e partecipazione ad attività sindacale, così come l’art. 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, in origine, prevedeva solo il divieto di discriminazione per motivi legati alla affiliazione e all’attività sindacale, alla partecipazione a uno sciopero, nonché per ragioni politiche o religiose. L’estensione del divieto di cui all’art. 15 dello Statuto dei lavoratori è avvenuta dapprima con riguardo alla discriminazione determinata da ragioni di razza, di lingua e di sesso, ad opera dell’art. 13, legge 9 dicembre 1977, n. 903, e in seguito, ma solo con l’art. 4, comma 1, D.lgs. 9 luglio 2003, n. 216, in attuazione della Direttiva comunitaria 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, con riguardo alle discriminazioni fondate sull’handicap, l’età, l’orientamento sessuale e le convinzioni

69 TUCCI G., La discriminazione contro il disabile: i rimedi giuridici, cit., 6

70 Ai sensi dell’art. 16, comma 3, l. n. 68 del 1999, l’idoneità fisica deve essere accertata caso per

caso con riferimento alle mansioni relative al posto da coprire mediante concorso, v. Cons. Stato, Sez. VI, 20 gennaio 2009, n. 248; Cons. Stato, Sez. V, 3 novembre 2003, n. 6845.

personali71.

Pertanto, il lungo silenzio sulla discriminazione verso i disabili nei luoghi di lavoro è venuto meno in un epoca piuttosto recente e per la necessità di adeguare il nostro ordinamento al diritto comunitario, in particolare alla Direttiva n. 78 del 200072.

Con la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite del 2006 è stato fatto un ulteriore passo avanti grazie al pieno riconoscimento della dignità delle persone e dell’uguaglianza dei diritti. Le differenze derivanti dalla disabilità non possono essere eliminate, ma occorre che esse non siano un pregiudizio per la persona, consentendole di realizzarsi al meglio e di offrire il proprio apporto alla società di cui è parte. L’affermazione, avvenuta in tempi piuttosto recenti, mostra come si sia finalmente avuta una presa di coscienza del fatto che le persone disabili sono sovente escluse dall’esercizio di determinati diritti con grave violazione della loro dignità. Lo strumento prescelto dall’ordinamento internazionale e comunitario è quello di porre un vero e proprio divieto di discriminazione sulla base della disabilità impegnando gli Stati a modificare o abrogare ogni provvedimento normativo che costituisca una discriminazione per tali soggetti73.

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