• Non ci sono risultati.

L’(in)efficacia del sistema di collocamento.

L’ACCESSO AL LAVORO DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

8. L’(in)efficacia del sistema di collocamento.

E’ indubbio che nelle intenzioni del legislatore della riforma del collocamento obbligatorio vi fosse la volontà di voltare pagina rispetto al passato, di realizzare i principi di solidarietà e di uguaglianza iscritti nella Costituzione, e dunque di porre in essere un sistema improntato alla equità delle regole, evidente nello sforzo continuo di ricerca di un bilanciamento tra i vari interessi in gioco, e con la finalità ben precisa di offrire a quante più persone con disabilità possibili il posto di lavoro migliore in base alle loro capacità e caratteristiche, perseguendo in tal modo anche l’interesse dello stesso datore di lavoro il quale non avrebbe più potuto lamentare di essere chiamato a svolgere un compito meramente assistenziale in luogo o al pari della funzione pubblica.

Tuttavia, da una analisi e un raffronto tra i dati statistici relativi all’occupazione delle persone con disabilità emerge un quadro differente, che pare aver deluso le aspettative della riforma del collocamento mirato in termini di effettività221.

Il numero delle persone con disabilità in Italia nell’anno di entrata in vigore della riforma del collocamento obbligatorio era pari a 801.000 persone nella fascia di età compresa tra i 15 e i 69 anni e, dunque, in età lavorativa e potenzialmente interessati a trovare una occupazione nel mondo del lavoro222.

Di questi, negli anni dal 2006 al 2011, un numero considerevole risultava iscritta presso

221 I dati statistici presi in considerazione sono i dati Istat riferiti agli anni dal 2006 al 2011 e

consultabili al sito internet www.dati.disabilitàincifre.it. L’arco di tempo preso in considerazione a partire dal 2006 consente di vedere i risultati portati dalla legge n. 68 del 2000 dopo qualche anno dalla sua emanazione (ciò in quanto ogni riforma, soprattutto quando molto innovativa rispetto al passato, ha inevitabilmente bisogno di un “periodo di assestamento” prima di poter mostrare i propri risultati e, in ogni caso, dati più attendibili riferiti alla sua applicazione), e fino a prima degli ultimi interventi normativi avvenuti dapprima con la legge n. 92 del 2012 e da ultimo ad opera del d.lgs. n. 151 del 2015.

222 Il numero delle persone con disabilità in età lavorativa è diminuito negli anni per arrivare a

le liste provinciali, anche se i dati mostrano un trend negativo con un picco nel 2009, anno che segna il decennale dell’entrata in vigore della normativa e, allo stesso tempo, segna l’inizio di quella che sarebbe stata una lunga crisi economica strutturale223.

Lo studio condotto sull’anno 2011 circa la suddivisione per aree geografiche dei soggetti iscritti nelle graduatorie territoriali mostra che su un totale di 682.147 aspiranti lavoratori, la maggior parte risiedono nelle isole (n.178342), nel sud (n.176.918) e nel centro Italia (n.163.329), mentre sono più contenute le cifre degli iscritti nel nord-est (n.66158) e nord- ovest (n.97400) del Paese.

Se possiamo immaginare che fosse grande l’aspettativa delle persone appartenenti alle categorie svantaggiate di entrare nel mondo del lavoro, stante l’elevato numero di iscrizioni presso gli uffici competenti per il collocamento lavorativo, lo scontro con la realtà rappresentata dai numeri provoca un certo sconforto224.

Di fatti, solo una piccola parte di persone con disabilità o appartenenti alle altre categorie protette risulta essere stata avviata presso un datore di lavoro, anche se non è dato sapere se si tratti di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, e dunque caratterizzati dalla stabilità, o se si tratti di contratti di lavoro a termine o comunque precari225.

Già dopo qualche anno dall’entrata in vigore della riforma del collocamento mirato e prima che iniziasse un periodo economico negativo caratterizzato da un generale aumento della disoccupazione in tutti i settori a e tutti i livelli, il numero delle persone appartenenti alle categorie protette dalla normativa avviate al mondo del lavoro risulta piuttosto basso rispetto agli aspiranti lavoratori.

Un dato di grande rilievo che emerge è che la maggior parte dei soggetti è stata avviata al lavoro grazie al meccanismo della chiamata nominativa e tramite la stipulazione di convenzioni226, confermando come l’avviamento numerico lasciato alla discrezionalità e

223 V. Appendice – allegato A), Tabella 1, relativa al numero di persone con disabilità a livello

nazionale iscritte nelle liste per il collocamento obbligatorio da cui risulta che nell’anno 2006 erano n. 703.468, nell’anno 2009 n. 751.285 e nell’anno 2011 n. 682.147.

224 CAPONETTI B., L’inserimento lavorativo dei disabili tra precarietà e disoccupazione, in Riv.

giur. lav. prev. soc., 2015, 3, 456 ss.

225 V. Appendice – allegato A), Tabella 2, relativa al numero di persone con disabilità avviate al

lavoro a livello nazionale da cui risulta che nell’anno 2006 erano n. 31.093, nell’anno 2009 n. 20.420 e nell’anno 2011 n. 22.023.

226 Secondo i dati presentati dalla Quinta relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle

legge 12 marzo 1999, n. 68, reperibile al sito internet www.lavoro.gov.it, con riferimento al biennio 2008-2009, nella pratica è maggiore il ricorso alla convenzioni c.d. ordinarie previste dall’art. 11, rispetto alle altre tipologie, il cui utilizzo risulta scarso, v. pag. 88 ss. Tra le principali cause di insuccesso degli strumenti convenzionali alternativi si assumono la complessità e la rigidità dello strumento e l’inadeguatezza delle misure di incentivo collegate al suo utilizzo, il cui ammontare è stabilito sulla base della tipologia e del grado di invalidità del soggetto disabile, seguita da una scarsità di risorse economiche in seno al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili istituito dalla stessa legge n. 68 del 1999, oltre che da una procedura complessa e della tardività

imparzialità degli uffici competenti sia una modalità del tutto residua nel settore privato. Ciò può spiegare le scelta legislativa più recente operata dal legislatore del 2015 di generalizzare la possibilità di effettuare la richiesta nominativa e di rafforzare la modalità di inserimento tramite convenzione.

Sul piano territoriale la concentrazione dei soggetti avviati è maggiore nel nord-ovest e nel nord-est del Paese, mentre nelle regioni centrali, meridionali e isolane le persone che hanno potuto essere avviate al mondo del lavoro risultano numericamente molto scarse227. Di fronte a dati come quelli sopra rappresentati occorre interrogarsi sul perché una disciplina così innovativa rispetto al passato, il cui perno è rappresentato dalla equità del sistema, ma con particolare riguardo alla tutela del soggetto debole, abbia condotto a risultati deludenti sul piano della efficacia e dell’effettività.

La scelta legislativa di affidare importanti aspetti della gestione del collocamento obbligatorio alle regioni e alle province, incrementando gli aspetti di rigidità burocratica del sistema e di incertezza normativa, evidenzia come si siano verificate grandi divaricazioni tra nord e sud Italia, accompagnate e aggravate da una generale scarsità delle risorse economiche e dalla inefficienza del sistema dei controlli e delle sanzioni connesse al mancato rispetto degli obblighi previsti dalla normativa, generando una inadeguatezza del sistema pubblico a garantire l’attuazione delle finalità normative228. In questo quadro, il sistema normativo delineato dalla legge n. 68 del 1999 finisce con il riconoscere alla persona con disabilità una mera aspettativa di trovare un posto di lavoro adatto, mancando una sicurezza di concreta attuazione dei suoi diritti229.

Uno dei punti deboli della legge n. 68 del 1999 è che stando alla lettera delle norme ivi contenute le amministrazioni competenti non hanno un obbligo di attivarsi per realizzare gli interventi di inserimento lavorativo; così ai sensi dell’art. 4, comma 6, le regioni

dell’erogazione delle agevolazioni rispetto al momento in cui viene effettuata l’assunzione, v. DI

STASI A., Il diritto al lavoro dei disabili e le aspettative tradite del “collocamento mirato”, cit., 900. Sul sistema di agevolazioni previsto dagli artt. 13 e 14, l. n. 68 del 1999, v. NICOLINI C.A., Misure di agevolazione per le assunzioni di disabili, in CINELLI M.-SANDULLI P. (a cura di), cit., 431 ss. Lo scarso utilizzo di tale canale di accesso al lavoro è da ricollegare anche alla “mancanza di cultura e abitudine a concepire il collocamento obbligatorio come un terreno in grado di ammettere formule contrattuali aperte, vuoi per una scarsa conoscenza delle effettive possibilità di gestire in maniera non autoritativa l’assunzione del disabile, vuoi infine per una inadeguata preparazione delle stesse istituzioni a gestire simili strumenti.”, v. LIMENA F., L’accesso al lavoro dei disabili, cit., 100; VACCARO GAMMONE I., Il diritto al lavoro delle persone disabili, in Lav. giur., 2002, 2, 134.

227 V. Appendice – allegato A), Tabella 3, relativa al numero di lavoratori disabili avviati suddivisi

tra le aree geografiche del Paese.

228 RAUSEI P., Il quadro sanzionatorio per il collocamento obbligatorio, in Dir. prat. lav., 2016,

21, 1255 ss.

229 DI STASI A., Il diritto al lavoro dei disabili e le aspettative tradite del “collocamento mirato”,

possono autorizzare attività di riqualificazione professionale, così come al fine di favorire

l’inserimento lavorativo dei soggetti disabili gli uffici compenti possono stipulare le apposite convenzioni previste dagli artt. 11 e 12, l. n. 68 del 1999. Tuttavia, in assenza di tali interventi il rischio è che la riforma del collocamento mirato si svuoti del suo significato e che si ripropongano le situazioni che avevano determinato il fallimento della previgente disciplina fondata solo sull’obbligo di impiego datoriale.

Affinché la legge n. 68 del 1999 possa aspirare ai risultati che si propone di perseguire è necessario che gli uffici competenti “escano da una logica assistenziale e di gestione burocratica del collocamento per assumere un ruolo di politica attiva del lavoro, creando occasioni e opportunità di inserimento lavorativo dei disabili attraverso lo sviluppo di relazioni e il coordinamento fra i vari soggetti coinvolti”230, con la consapevolezza, tuttavia, che di per sé la stessa gestione per mano pubblica dei servizi di collocamento attraverso meccanismi rigidi e burocratici funge da ostacolo alla realizzazione di tale auspicio.

230 CANAVESI G., Collocamento dei disabili e ruolo degli enti non profit nella legislazione statale,

Outline

Documenti correlati