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Il “modello privatistico” e il ruolo delle cooperative sociali.

LE POLITICHE REGIONALI PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO DELLE PERSONE DISABIL

5. I “modelli” regionali a confronto.

5.2. Il “modello privatistico” e il ruolo delle cooperative sociali.

Il “modello privatistico”, caratterizzato dalla presenza a fianco degli uffici pubblici di soggetti di natura privata deputati a svolgere attività di supporto al collocamento mirato, è in prevalenza finalizzato al collocamento delle persone affette da disabilità gravi, che più difficilmente potrebbero trovare una collocazione nel mercato del lavoro c.d. ordinario, soprattutto grazie al coinvolgimento delle cooperative sociali di cui all’art. 1, comma 1, lett. b), l. 8 novembre 1991, n. 381290.

Innanzitutto, esso sfrutta le tipologie di convenzione previste dalla legge n. 68 del 1999, a cui si aggiunge quella prevista dall’art. 14, d.lgs. n. 276 del 2003.

In generale, le leggi regionali si sono limitate a conformarsi al già dettagliato contenuto delle disposizioni normative nazionali, demandando alle Province il compito di predisporre modelli standard di “convenzione-tipo”, modalità questa sintomatica di quell’approccio tipicamente burocratico degli uffici pubblici che ha finito per limitare le potenzialità dello strumento convenzionale a vantaggio di modelli predeterminati e uniformi. Anche se non sono mancate regole di dettaglio finalizzate a migliorare la

289Il progetto “Borsa Lavoro” della Regione Marche è avviato con il coinvolgimento, oltre che

della famiglia del soggetto disabile, di un ente ad hoc, l’UMEA (Unità multidisciplinare dell’età adulta). L’andamento del tirocinio è controllato attraverso la pianificazione di momenti di verifica, v. PULITI G., Considerazioni sull’esperienza del “Tirocinio Borsa Lavoro”, in Dir. lav. Marche, 2007, 2-3, 292 ss., in cui si riportano i dati relativi all’applicazione di tale esperienza nel Comune di Macerata, ove fino al 2007 risultavano attivate 41 Borse divise tra pubbliche amministrazioni e privati, soprattutto cooperative sociali. Se si scontano quelle attivate a favore di soggetti con ridotte capacità lavorative, per cui lo strumento svolge più una funzione socio-assistenziale che non di inserimento lavorativo, per tutti gli altri utenti si tratta a tutti gli effetti di un tirocinio pre- lavorativo. Sennonché, i dati hanno mostrato come raramente dal tirocinio originino rapporti di lavoro, soprattutto nel pubblico impiego.

290 In generale, sulla disciplina delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381,

v. MARIANI M., La legge 8 novembre 1991, n. 381 sulle cooperative sociali, cit., 209 ss.; PAOLUCCI L.F., Disciplina delle cooperative sociali. Legge 8 novembre 1991, n. 381, cit., 1351 ss.; DONDI G., Sul lavoro nelle cooperative sociali, in Riv. giur. lav., 1999, 1, 549 ss.; PIZZOFERRATO A., Il lavoro nel settore non profit: profili individuali, in CARINCI F. (a cura di), cit., 107 ss.; BANO F., voce Cooperative sociali, in Dig. disc. priv. sez. comm., Agg., 2000, 232 ss.; DEL PUNTA R., Diritto del lavoro e terzo settore, in Riv. it. dir. lav., 2001, 1, 329 ss.

normativa nazionale, per esempio, prevedendo che le convenzioni possano avere una durata superiore rispetto a quella prevista dalla l. n. 68 del 1999291.

In effetti, la auspicata collaborazione tra gli uffici competenti, le imprese del territorio obbligate e le cooperative sociali non ha prodotto i risultati attesi in termini di effettività del collocamento lavorativo delle persone con disabilità. Nonostante la riforma dei modelli convenzionali previsti dagli artt. 12 e 12 bis, l. n. 68 del 1999, ad opera della l. 24 dicembre 2007, n. 247292, significativa di come il legislatore abbia inteso valorizzare il ricorso a tale strumento ampliando il coinvolgimento di soggetti privati nella realizzazione della funzione pubblica di collocamento, il modello di convenzione che risulta essere più utilizzato è quello bilaterale previsto dall’art. 11, comma 1, l. n. 68 del 1999, concluso tra gli uffici competenti e datori di lavoro al fine di programmare le future assunzioni obbligatorie, oppure quello trilaterale di cui all’art. 14, d.lgs. n. 276 del 2003293.

Sono state soprattutto le Regioni settentrionali a cercare di promuovere l’utilizzo dello strumento convenzionale e il coinvolgimento attivo delle cooperative sociali di cui all’art. 1, comma 1, lett. b), l. n. 381 del 1991, “al fine di raccordare le istanze dei disabili con quelle delle imprese”, anche attraverso vere e proprie forme di sostegno a favore di tali realtà lavorative294.

La Regione Emilia Romagna ha regolamentato l’inserimento lavorativo mediante la

291 Art. 6, comma 2, ultima parte, l. r. Lombardia n.13 del 2003, cit., in cui si prevede che le

convenzioni stipulate ex art. 12 l. n. 68 del 1999, possano estendersi fino a ventiquattro mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi; Art. 3, d.g.r. Friuli-Venezia Giulia 28 luglio 2006, n. 1810, in cui, per favorire la conclusione di convenzioni ex art. 11, l. n. 68 del 1999, si prevede che la durata pattuita possa essere di ventiquattro mesi, per i datori di lavoro che occupano da 15 a 50 dipendenti, o di trentasei mesi, per i datori di lavoro con più di 50 dipendenti, con possibilità di scaglionare le assunzioni durante tutta la durata della convenzione e di ottenere una proroga dei termini fino a sessanta mesi in caso di situazioni imprevedibili e di difficoltà.

292 BELLAVISTA A., Il protocollo sul welfare e il diritto al lavoro dei disabili, in LA MACCHIA C. (a

cura di), cit., 255 ss.

293 Nelle Regioni prese in esame ai fini della comparazione (Friuli-Venezia Giulia, Lombardia,

Emilia Romagna, Marche e Campania) non risultano essere state utilizzate le convenzioni di cui agli artt. 12 e 12 bis, l. n. 68 del 1999, mentre risulta scarso l’utilizzo di quelle previste dall’art. 11, comma 4, l. n. 68 del 1999 e dall’art. 14, d.lgs. n. 276 del 2003, v. VII Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della disciplina sul collocamento mirato nelle Regioni, cit., 159 ss.

294 Art. 6, l. r. Lombardia n. 13 del 2003, cit., in cui si prevede che le Province individuino forme

di sostegno a favore delle cooperative sociali che intendano favorire l’inserimento lavorativo dei disabili più gravi attraverso la stipula delle convenzioni previste dall’art. 12, l. n. 68 del 1999. La l. r. Lombardia n. 22 del 2006, cit., ha aggiunto l’art. 6 bis alla l. r. n.13 del 2003, cit., prevedendo che la Giunta Regionale provveda alla validazione delle convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 14, d.lgs. n. 276 del 2003 sulla base di specifici parametri ivi indicati, quali il valore unitario delle commesse che possono essere dedotte in convenzione, limiti quantitativi di copertura della quota d’obbligo, modalità di adesione alle convenzioni da parte dei datori di lavoro, e le modalità di individuazione dei disabili più gravi. La medesima previsione risulta contenta nell’art. 40, l. r. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2005, cit.

convenzione di cui all’art. 14, d.lgs. n. 276 del 2003, adottando un’apposita Convenzione quadro per l’inserimento lavorativo in cooperative sociali di tipo b) o loro consorzi delle persone con disabilità più gravi certificate a norma della legge n. 104 del 1992 e con disabilità psichiche o intellettive. Le convenzioni di inserimento lavorativo hanno struttura trilaterale e vengono stipulate tra i Centri per l’impiego (ora Agenzia Regionale per il Lavoro), le imprese e le cooperative sociali o consorzi, che assumono i lavoratori disabili in proporzione alle commesse ricevute o pattuite. Trattandosi di persone con disabilità grave, l’assunzione dei lavoratori è effettuata dalla cooperativa ma possono essere computati dall’impresa per l’assolvimento della quota d’obbligo nella misura massima del 30% della riserva e solo se l’impresa abbia adempiuto agli obblighi di assunzione della quota rimanente; la convenzione può essere utilizzata anche dalle imprese che occupano da 15 a 35 dipendenti per l’assunzione dell’unico lavoratore disabile a cui sono tenute, se vi siano motivi organizzativi e/o tecnici che non rendano possibile la sua assunzione da parte dell’azienda obbligata. Le Convenzioni devono avere una durata minima di 12 mesi e alla loro scadenza le imprese possono assumere il soggetto disabile entro i successivi 60 giorni, prorogare la prima convenzione per un periodo non inferiore a 24 mesi, affidare alla cooperativa sociale ulteriori commesse di lavoro e procedere alla stipula di nuove convenzioni, oppure ricorrere agli altri strumenti previsti dalla l. n. 68 del 1999295. Appare significativo che mentre il valore della commessa è determinato sulla base del costo del lavoro calcolato sul trattamento retributivo previsto dal CCNL applicato dall’impresa committente per la categoria di inquadramento attribuibile in relazione alle mansioni oggetto della commessa stessa e aumentato del 20%, il trattamento economico della persona disabile in cooperativa è determinato in base a quanto previsto dal CCNL della cooperativa stessa, con il rischio di una retribuzione più bassa rispetto a quella a cui il lavoratore avrebbe diritto se fosse assunto presso il datore di lavoro obbligato296.

295 V., art. 22, l. r. Emilia Romagna n. 17 del 2005, cit.. Il procedimento prevede che i datori di

lavoro presentino all’ufficio competente la convenzione redatta secondo la modulistica standard; l’Ufficio nei 30 giorni successivi deve controllare la regolarità della richiesta e verificare la disponibilità nelle proprie liste di lavoratori in possesso delle caratteristiche richieste; qualora essi siano individuati e abbiano dato la loro disponibilità all’inserimento in cooperativa, l’Ufficio procede alla convocazione di entrambe le parti per la stipula della convenzione trilaterale. Qualora il datore di lavoro abbia proceduto a richiesta nominativa, occorre il nulla osta dell’Ufficio previa verifica della sussistenza di una disabilità grave o mentale. In caso di indisponibilità di lavoratori disabili da poter inserire, l’Ufficio deve comunicarlo al datore di lavoro, il quale dovrà ottemperare all’obbligo di impiego nei successivi 60 giorni.

296 Tale contrasto risulta evidente nella Provincia di Modena. Qui, le rappresentanze sindacali delle

cooperative sociali e i sindacati comparativamente più rappresentativi dei lavoratori (CGIL, CISL, UIL) hanno sottoscritto un accordo sindacale secondo cui la retribuzione delle persone svantaggiate, anche disabili, che operano nelle cooperative sociali di tipo b) varia in base alla

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