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Aupaldo e la “prima” curia vassallatica gaudenziana

Genealogia ingonide alternativa:

2.1.3. Aupaldo e la “prima” curia vassallatica gaudenziana

È più che probabile che una “curia” vassallatica vescovile non compaia a Novara soltanto a partire dall’episcopato di Aupaldo: già la dotazione della canonica da parte di Adalgiso, oltre un secolo prima511, era esplicita nel ricordare le decime tenute dai «vasallorum suorum», così come lo sono altri riferimenti nelle carte di fine IX secolo512. Tuttavia, è evidente come sia con il presule milanese che una struttura curiale di vassalli e collaboratori emerga dalle fonti attraverso una rassegna sistematica di rimandi documentari. Prima del XII secolo, il trentennio di pontificato di Aupaldo ha lasciato certamente il maggior numero di tracce scritte in tutto il territorio del Piemonte nordorientale: 32 carte private, catalogabili in 25 permute, 5 contratti di livello, una donazione e una vendita distribuite tra 965 e 993. Se un’indagine completa di tutta la documentazione inerente il suo episcopato meriterebbe una ricerca a sé stante, la quantità di informazioni raccolte consente quantomeno una breve disamina dell’entourage del vescovo nei suoi principali collaboratori vassallatici, notarili e canonicali.

Aupaldo assunse la cattedra gaudenziana nel dicembre del 964: stretto collaboratore di Ottone I513, «trasportò ad occidente del Ticino numerose schiere di milites milanesi»514. Le sue origini milanesi, in effetti, erano chiare già dall’antroponimo: il 20 dicembre 890, ad esempio, su preghiera dell’arcivescovo Anselmo, re Guido aveva concesso una «terrulam» fiscale situata tra due torri presso la casa dello stesso presule all’arciprete milanese Aupaldo515. Questo documento combacia con la permuta di Arderico del 975 per stabilire una base onomastica milanese516.

511 Supra, p. 38.

512 ASDN - FF - DCC/A, n. 5; Graf, op. cit., pp. 24-27.

513 A poca distanza dal diploma per il fidelis Ingone di Bercledo, l’imperatore concedeva al vescovo poi

senior di Ingone il «districtum publice» sugli uomini liberi della città entro un raggio di 24 stadi: BSSS. 78, n.

64, pp. 100-102.

514 Andenna, La diocesi di Novara, citaz. da p. 83.

515 BSSS. 78, pp. 24-25. La recognitio è del cancelliere Elbungo.

516 Si ricordi che anche il nome del padre di Arderico era probabilmente Anselmo. Anselmo è poi uno «iudex domni imperatoris» milanese nel 976: ASDN - FF - DCC/A, n. 18.

122 Il più tardo Aupaldo non era stato elevato dal nulla alla carica vescovile da Ottone I, aveva alle sue spalle un’altra prestigiosissima tappa della carriera ecclesiastica: l’abbaziato di Sant’Ambrogio, del quale esistono altrettanto numerose attestazioni a partire dal novembre del 936 fino al 963517. Una lunga vita, dunque, che gli aveva permesso di intessere un ampio numero di rapporti nella società del suo tempo, non solo dal punto di vista ecclesiastico e politico, ma anche ̶ si è visto con la chiamata di Stefano grammatico ̶ culturale518. Al di là del trentennio novarese che lo vide protagonista nel Piemonte nordorientale, il suo orizzonte rimase sempre fissato sul milanese519, un fenomeno tutto sommato nuovo per il novarese. In effetti, mentre nei secoli tardo- medievali e moderni la storia novarese si legherà a doppia mandata al capoluogo lombardo, fino a questo momento Milano era rimasta abbastanza ai margini delle sue dinamiche520, a differenza ad esempio di Pavia: l’età di Aupaldo si caratterizza come il primo, vero tentativo di espansione della società milanese tra Ticino e Sesia, esperimento sancito dalla donazione della curtis regia di Trecate da parte di Corrado Conone all’arciepiscopio meneghino521.

Le pergamene presentano in escatocollo diverse sottoscrizioni di vassalli o semplici testimoni milanesi per compravendite avvenute a Novara e nel comitato plumbiense, o tutt’al più in quelli di Bulgaria, Lomello e Seprio tra il gennaio 967 e il marzo 980: almeno una dozzina522. I vassalli più importanti che compaiono, spesso affiancati al gruppo ingonide, sono Giordano detto Gezo di Milano del fu Warimberto di Lissone, Allone di Milano del fu Leone e Domenico detto Atto di Milano del fu Martino.

Questa tendenza sembra scemare nella seconda metà del trentennio “aupaldiano”, con i riferimenti a testimoni o vassalli milanesi rarefatti fino a scomparire e l’oblio delle

517 G. Porro Lambertenghi, Codex diplomaticus Langobardiae, Torino, 1873, p. 1891: la prima attestazione si riferisce al documento n. 547, l’ultima al n. 679 (erroneamente indicato con il n. 979 nell’indice dei nomi). 518 Supra, p. 66. Da segnalare la presenza nel capitolo anche di Gunzone diacono, corrispondente con il vescovo Attone di Vercelli: Andenna, La diocesi di Novara, p. 87.

519 G. Andenna, Insediamenti umani, società ed unità storico culturale sul Ticino tra Medioevo ed Età

Moderna, in Linea Ticino: sull’unità culturale delle genti del fiume nel Medioevo, Bellinzona, 2002, pp. 99-

118: 102-107. Dal punto di vista economico, si segnalano i rapporti che intrattenne nel 976 ̶ ASDN - FF - DCC/L, n. 12 ̶ con una ricca famiglia milanese “promossa dall’arcivescovo Landolfo da Carcano alla dignità vassallatica”: Andenna, La diocesi di Novara, cit. p. 84. Tra i protagonisti della stessa permuta del 976 con Aupaldo vi sono un futuro arcivescovo di Milano e un futuro vescovo di Brescia: ibid.

520 Supra, pp. 26-27; Andenna, Le radici storiche, p. 4. 521 Supra, p. 22.

522 ASDN - FF – DCC/L, n. 6 datato gennaio 967, n. 10/settembre 975, n. 11/febbraio 976, n. 12/agosto 976, n. 13/giugno 970, n. 16/luglio 970, n. 17/marzo 980; DCC/A, n. 15/luglio 973, n. 16/aprile 973, n. 17/marzo 974, n. 18/maggio 976; BSSS. 77/2 n. 6/maggio 973, pp. 7-9.

123 fonti sui nomi appena indicati. Un fatto, questo, che certamente non si verifica per gli Ingonidi ̶ almeno per il ramo “da Bercledo” ̶ , i quali anzi cominciano a indebolire la loro presenza documentaria solo con la morte di Aupaldo: è probabile che, dopo aver fatto iniziale affidamento su clientele già note dall’esperienza a Sant’Ambrogio, Aupaldo abbia poi preferito concentrarsi sulla realtà locale o spingendo i membri della “curia” da cui non poteva prescindere, come gli Ingonidi, a trasferirsi in pianta stabile nella sede diocesana piemontese. La donazione del 985 non presentava solo l’istantanea dei componenti della canonica, ma anche il nuovo assetto vassallatico ormai incentrato su membri radicati nella società locale, come i rami collaterali dei conti di Pombia e quelli principali degli Ingonidi523.

E, a proposito di componenti della canonica, anche da loro Aupaldo seppe trarre un gruppo di collaboratori particolarmente attivi negli atti giuridici, ovvero i già citati Teuperto diacono e Amalberto arciprete524 in qualità di missi nelle permute, ma soprattutto Giovanni diacono e Gulfardo prete525 con un utilizzo degli ultimi due che sembra seguire un preciso schema per cui il primo è inviato nel caso di permute riguardanti terra meno abbondante o prestigiosa e Gulfardo che invece affianca il vescovo in presenza delle acquisizioni fondiarie più significative.

Va inoltre segnalato anche un rapporto privilegiato di Aupaldo con il Sacro Palazzo di Pavia, almeno per quanto concerne alcuni iudices particolarmente ricorrenti: ci si riferisce a Grasberto notaio e «iudex domni imperatoris» e Angelberto notaio e «iudex domni imperatoris»/«iudex sacri palacii». Quest’ultimo compare in qualità o di rogatario o di sottoscrivente addirittura 25 volte sui 32 documenti pervenutici con Aupaldo autore dell’azione giuridica.

Tornando, nello specifico, alla dimensione vassallatica della curia di Aupaldo, emergono altre stirpi di un rango paragonabile a quella ingonide, anche se magari non altrettanto ampie e versatili: un esempio è proprio la genia salica dell’arcidiacono Bruningo, che si inserisce nei vertici del capitolo novarese sul finire dell’episcopato qui esaminato.

523 L’eccezione era Allone, unico milanese ancora presente. 524 Supra, p. 66.

525 Non presente tra i ranghi della canonica nel documento del 985, invece probabilmente indicato con la carica di arciprete in quello del 1007, che ne attesta quindi l’avvenuta promozione in sostituzione di Amalberto.

124 La comparsa di questo nucleo parentale dovrebbe risalire al marzo del 931, quando Wala del fu Walberto «de villa picedo» ̶ luogo non identificato ̶ permutò col vescovo Daiberto per terra presso la città e il «loco mateo»526, dimostrando come gli Ingonidi di possedere una propria rete vassallatica con la sottoscrizione del vassallo Gisefredo detto Azzo proveniente addirittura dal castello di Pombia527. Lo stesso Wala, col figlio Ragimperto, compare assieme a Ingone del fu Uberto di Gravellona tra i testimoni della grande vendita di beni in Pagliate effettuata da Ildegarda nel 946. Dal momento che l’unico omonimo di Ragimperto nei documenti dell’Italia settentrionale antecedenti al Mille corrisponde a un «franco et vasallo domni regis», sottoscrivente a Novara una donazione del vescovo Adalgiso per la canonica di San Gaudenzio, si può ravvisare in questo antenato l’estrema antichità del radicamento della famiglia di Bruningo nel Novarese528. Si viene a sapere che Ragimperto aveva un fratello di nome Arnaldo e che entrambi erano vassalli di Aupaldo in una permuta svoltasi a Gozzano nel luglio 970 ̶ data in cui il padre Wala era già morto ̶ e scritta dal notaio Grasberto, con Gulfardo prete come misso e i milanesi Giordano detto Gezo e Domenico detto Atto tra gli altri testimoni529; i figli di Ragimperto Ugo e Walfredo compaiono, invece, nella permuta con Oleggio ̶ nome detoponimico ̶ del fu Bertrado del maggio 989530 e nelle confinanze di terra presso le mura di Novara proprio in una vendita all’arcidiacono Bruningo del fu Wala, che si rivela appartenente a un ramo laterale della stessa stirpe vassallatica531. Sia Bruningo sia Ugo erano naturalmente intervenuti, con ruoli differenti, alla donazione alla canonica del 985. Dopo una pausa documentaria coincidente con gli anni delle lotte arduiniche, sia Bruningo sia Walfredo tornarono protagonisti nella causa per il beneficio di un bosco relativo alla curtis di Lumellogno, mentre del fratello Ugo del fu Wala si evidenziava l’adesione al partito di Arduino attraverso le consuete confische ̶ beni a Pernate e Terdobbiate ̶ del diploma del 10 giugno 1025 e prima ancora dalle confinanze in un’area di possessi comuni con Waldrada nella permuta del 1022 tra il vescovo Pietro e lo iudex Adamo detto Amizo532.

526 Supra, pp. 83-84. 527 ASDN - FF - DCC/A, n. 8.

528 Keller, Signori e vassalli, p. 225. Vd. BSSS. 77/1, n. 2, p. 7, con datazione 30 gennaio 848. 529 ASDN - FF - DCC/L, n. 16.

530 ASDN - FF - DCC/L, n. 20.

531 Keller, Signori e vassalli, p. 227. Vd. ASDN - FF - DCC/J, n. 3. 532 Supra, pp. 80-81, pp. 85-86, p. 116.

125 Anche gruppi parentali minori, sostanzialmente ignorati dalla storiografia, mostravano relazioni di lunga data con l’episcopio novarese, messe in risalto della “fioritura” documentaria del trentennio di Aupaldo. Una carta dell’aprile 973 rogata sull’isola di San Giulio d’Orta dal notaio Grasberto è emblematica in tal senso: alla presenza di personaggi ormai identificati come peculiari della curia aupaldiana ̶ Gulfardo prete, Angelberto «iudex dominorum inperatorum» e Giordano detto Gezo ̶ , il vescovo permutò con il notaio di Conturbia (presso Pombia) Agino del fu Drogone533 17 appezzamenti agricoli e pratili situati nello stesso luogo in cambio di sedimi, campi, ghiaieti e castagneti a Pombia e Oleggio534. Particolarmente significativo per l’indicazione del rango dei protagonisti è il confronto con i finitimi fondiari: Dadone comes, ovvero il padre di Arduino di Ivrea535, un non specificato Ildeprando che per la vicinanza a Pombia potrebbe coincidere tranquillamente con il padre dei comites Uberto e Riccardo e un Cuniberto su cui gioverà tornare tra pochissimo. Prima è infatti importante evidenziare una situazione atipica occorsa ad Agino del fu Drogone: nel febbraio 976, un’altra permuta rogata a Pombia coinvolge di nuovo lui e il vescovo per uno scambio di beni posti di nuovo a Conturbia e nella contermine Agrate ̶ località sempre limitanee alla sede distrettuale ̶ , ma questa volta senza l’attestazione documentaria della sua professione notarile536. È un fatto molto inusuale, certamente un unicum se ci si limita al Piemonte nordorientale, soprattutto in quanto l’escatocollo della pergamena presenta un quadro assolutamente conforme al precedente documento e al tenore del “milieu” sociale di quegli anni, con la presenza del misso Amalberto arciprete, la conferma di extimatores che avevano già agito tre anni prima, le testimonianze di Arnaldo del fu Wala, Allone e altri vassalli milanesi e la scrittura del documento da parte del solito notaio e iudex Angelberto.

È probabile che Agino provenisse da una parentela che era già comparsa nelle carte novaresi del secolo precedente: un Drogone faceva parte della schiera vassallatica del

533 La professio legis salica non è direttamente esplicitata, ma è comunque evidenziata dai tipici rituali giuridici che la contraddistinguono: «insuper per cultellum vuantonem vuasonem et frundens arborum seu fistugum notatum»; «pergamina cum actramentario de terra elevavi».

534 ASDN - FF - DCC/A, n. 16.

535 Andenna, Grandi patrimoni, funzioni pubbliche, p. 211. Sulle ipotesi riguardanti Dadone: infra, pp. 227 e sgg.

536 ASDN - FF - DCC/L, n. 11. Sull’originale la formula sottoscrittoria è «ego qui supra (qs) ahgino in hanc cartula comutacionis a me facta subscripsi (ss)», mentre nel precedente documento era «ahgino notarius a me facta subscripsi (ss)». Tuttavia l’impressione è che anche nella carta del 976 vi fosse apposto un notarius a cui poi è stato sovrascritto «in hanc» del resto della formula.

126 vescovo Liuterio, come si evince dalla permuta del 7 agosto 892 a Momo, dove il presule permutava per terra a Dulzago proprio con un Cuniberto detto Azzo del fu Cuniberto537. Dal momento che l’antroponimo Drogone compare solo in questi due documenti, vale di nuovo il discorso fatto per Ragimperto del fu Wala e la parentela è fortemente ipotizzabile. Questa permuta, comunque, fa parte del novero dei documenti “trait d’union” delle diverse tematiche analizzate, come anche l’“istantanea” del capitolo del 985 o la vendita del teloneo di Lumellogno: in effetti, è già stata citata per il riferimento alla «terra ossilense»538 nelle confinanze, dove si legge anche «terra domni regis». La successione onomastica di questa parentela “cunibertide” segnala un eponimo che, come per Drogone, durante i secoli anteriori al Mille si limita a comparire nel Novarese in questo documento, nelle permute del notaio Agino e in riferimento a un Cuniberto di Sevenisio/Seveno ̶ località scomparsa posta tra Oleggio, Momo e Dulzago ̶ , che è astante al placito del 4 settembre 962 di Mosezzo e molto probabilmente viene ricordato in un testamento del 975 rogato a Momo dal prete Giseprando del fu Waldo di Sevenisio539: questo Cuniberto potrebbe essere lo stesso nelle confinanze del 973 o un parente prossimo.

L’ultimo gruppo da segnalare per l’episcopato di Aupaldo è caratterizzato dalla successione onomastica Grauso-Benedetto, dalla provenienza fissata in Galliate e dal ruolo prevalente di extimatores o sottoscrittori nelle permute vescovili. Nel già citato540 documento del maggio 973 con la sottoscrizione di Ingone di Bercledo, Giordano detto Gezo e Domenico detto Atto di Milano, si trovano come extimatores i fratelli Grauso, Pietro e Benedetto del fu Benedetto di Galliate541. Quasi coeva è l’attestazione di un Benedetto del fu Pietro extimator542, che ritorna un anno dopo assieme ad un Angelberto del fu Benedetto come testimone di una vendita a Lupiate (Vulpiate) presso Galliate543: se vi è un legame parentale è quindi laterale, tra linee che agiscono parallelamente in sincronia. Uno dei tre fratelli, Grauso del fu Benedetto, si ritrova nel documento del 2 settembre 969 con Ingone e Oberto di Novara vassalli del vescovo, ma è poi un Benedetto del fu Grauso il membro del gruppo parentale che compare più spesso durante

537 ASDN - FF - DCC/A, n. 5. 538 Supra, p. 71.

539 ASDN - FF - DCC/L, n. 9.

540 Supra, p. 105, p. 122 nota n. 522.

541 Galliate è limitrofa a Romentino, dove si trovano i fondi della terra permutata: BSSS. 77/2, n. 6, pp. 7-9. 542 ASDN - FF - DCC/L, n. 4, datato marzo 965.

127 l’episcopato di Aupaldo, nel quindicennio tra 978 e 993544: è difficile, se non impossibile stabilire il grado di parentela rispetto ai tre fratelli indicati in precedenza, anche se le datazioni molto ravvicinate potrebbero frenare un’identificazione nel figlio dello stesso Grauso del 973. Un’attestazione della sopravvivenza di questo gruppo anche nell’XI secolo è la permuta del 6 maggio 1008 tra il vescovo Pietro e il prete Malberto del fu Domenico riguardante terra cittadina presso l’area del mercato e campi a Galliate, dove uno degli

extimatores è tale Remedio del fu Grauso545.

Il paragrafo si è concentrato quindi sull’episcopato trentennale di Aupaldo, una delle finestre documentarie più significative dell’epoca altomedievale nel Piemonte Orientale e una delle prime occasioni di infiltrazione massiccia nel Novarese di soggetti sociali milanesi che seguirono l’ex abate di Sant’Ambrogio: tuttavia Aupaldo dimostrò versatilità nel rinunciare alle clientele con cui era da tempo in rapporti e nel ricostruire un entourage dalle radici sempre più locali. In questo modo, la seconda parte del suo episcopato si distanzia profondamente dalla prima e lascia emergere un gran numero di profili su cui il vescovo fece affidamento, sia in ambito laico sia ecclesiastico.