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Una lente focale sul territorio

Capitolo 1: All’ombra di Sant’Agabio

1.2.1. Una lente focale sul territorio

L’analisi del contesto e delle vicende di Lumellogno procederà in una direzione antitetica rispetto a quella seguita per Pagliate: ciò è dovuto alla diversa evoluzione storica e conseguente diversa ricezione della sua parabola nel presente. Di rado è possibile constatare una tale biforcazione di sentieri, parafrasando Borges, per due località tanto vicine: sono separate da nemmeno due chilometri, non esiste quasi confine, i territori ad esse pertinenti non possono che considerarsi per gran parte mescolati; eppure, non c’è un singolo parametro sociale, economico

,

evenemenziale comune alle due o, se c’è, non avviene in momenti coevi e costringe a comparazioni diacroniche. Già nell’esordio della precedente “valva”, si era sottolineata la diversa struttura sociale e forza attrattiva delle due realtà, ma vi è dell’altro: anche il rispettivo rapporto con la canonica evidenzia tappe evolutive a due velocità, ed è proprio l’azione decisa e immediata di questa a stroncare sul nascere ogni tentativo di concorrenza e a condurre verso un dominatus loci precocemente ultimato, sintomo di un interesse per i due centri demici che doveva essere, ab origine, altrettanto a due velocità; né va taciuta l’incapacità di Pagliate, al contrario di Lumellogno, di generare localmente o far legare durevolmente a essa stirpi capitaneali e/o vassallatiche, in grado di mediare e insieme agire da frangiflutti rispetto al districtus proveniente dalle forze cittadine.

Ne deriva anche la necessità di differenziare gli approcci di studio: mentre per Pagliate è prevalsa un’analisi diretta del territorio e delle dinamiche interne, per Lumellogno risulterà più produttivo espandersi oltre il suo bacino agricolo, per arrivare a toccare in modo centrifugo i luoghi del Novarese che vi si collegano tramite i personaggi che hanno agito sul suo territorio e i loro legami parentali. Dopotutto, la differenziazione dei criteri è in linea con il livello di interesse mostrato dalla storiografia per le due località: mentre per Pagliate era necessario tentare di sviluppare le trame che il gran numero di

65 carte di XI secolo ̶ pressoché ignorate allo stato dell’arte ̶ cela, la situazione di Lumellogno più chiara e analiticamente già sviscerata negli ultimi anni242 rende più interessante servirsene come di una lente focale sul territorio, e in particolare sull’alto Novarese finora trascurato.

I primi documenti in cui è attestata l’esistenza di «nemenonii» sono in realtà gli stessi già citati per Pagliate, in particolare la dotazione del vescovo Adalgiso della canonica243, con la decima della villa di Lumellogno che segue quella di Pagliate nella lista, e soprattutto la donazione di Daiberto databile tra 908 e 931, nella quale la curtis cum

castro244 di Lumellogno era il vero piatto forte: è chiaro come il legame diretto e profondo con Santa Maria fosse sancito fin da inizio X secolo, in un modo qualitativamente irraggiungibile per Pagliate almeno fino al XII. La curtis era probabilmente di origine carolingia e costituiva con il castrum e la villa il tipico insediamento composito altomedievale con più poli di aggregazione gerarchicamente interconnessi245.

Dopo una parte centrale di X secolo in cui le uniche menzioni di Lumellogno sono costituite dalla provenienza di alcuni testimoni, è del dicembre 982246 un documento interessante che si identifica come uno di quei massi erratici di precoce interesse patrimoniale anche da parte di canonici di San Gaudenzio per Lumellogno e Pagliate: l’eccezione che conferma la regola. Agifredo diacono e preposito di Santa Maria, infatti, cedette per 50 soldi ad Andrea prete di San Gaudenzio una vigna presso «noceto» sulla via per Pagliate, confinante tra gli altri con terra di Sant’Ippolito di Lumellogno. Tra i testimoni compaiono anche Restaldo del fu Ildeprando e altri personaggi di Veveri, borgo della cintura extramuranea di Novara. Proprio Sant’Ippolito è il dono di Aupaldo al capitolo cattedrale, assieme alla basilica di Pagliate e una «curticula» a Cannero sulla riviera Lago Maggiore con la pertinenza di «villa oglon» (Oggiogno).

242 C. Violante, La signoria rurale nel secolo X: proposte tipologiche, in Il secolo di ferro. Mito e realtà del

secolo X, Spoleto, 1991, pp. 329-385: 369-370; Keller, Adelsherrschaft, p. 160; A. Settia, Castelli e villaggi nell’Italia padana. Popolamento, potere e sicurezza fra IX e XIII secolo, Napoli, 1984, p. 314; Andenna, Andar per castelli, pp. 115-121; id., Dal regime curtense al regime signorile e feudale. Progetti di signoria territoriale di banno di un ente ecclesiastico: il capitolo cattedrale di Novara (secoli X-XII), in La signoria rurale nel medioevo italiano, 2, pp. 207-252: 246-249; Id., Formazione, strutture e processi, pp. 127-142.

243 Supra, pp. 37-38.

244 Sui castra come pertinenza della curtis (e non viceversa) in un primo momento storico: C. Violante,

Introduzione, in Strutture e trasformazione della signoria rurale nei secoli X-XIII. Atti della XXXVII settimana

di studio 12-16 settembre 1994, Bologna, 1996, pp. 7-56: 19-20. È probabile, tra l’altro, che la donazione ne riguardasse solo una porzione e non il castrum in integrum: Andenna, Formazione, strutture e processi, p. 132; infra, p. 77.

245 Andenna, Andar per castelli, p. 115. 246 ASDN - FF - DCC/L, n. 19.

66 Questo straordinario documento247 è un tipico esempio del valore di Lumellogno come lente contemporaneamente microscopica e telescopica del territorio, in quanto permette di caratterizzare un affresco dell’intero corpus canonicale, possibilità che, ad esempio, per Vercelli si avrà solo in epoca molto più tarda. Delle 31 sottoscrizioni autografe di membri del capitolo di Santa Maria, 30 delle quali perfettamente leggibili grazie al loro rigore calligrafico e prova della «gamma articolata di scritture impiegate dal clero novarese»248, le più importanti riguardano quelle immediatamente successive a quella del vescovo: Bruningo arcilevita, discendente di una delle famiglie vassallatiche che costituiranno il nerbo più energico dell’episcopato di Aupaldo249 e, «in quanto responsabile amministrativo dell’intero patrimonio»250 come previsto dalla sua dignità capitolare, in stretto contatto economico con i principali affioramenti signorili di fine millennio251; Stefano grammatico, doctor e intellettuale di fama internazionale per tutto il corso del X secolo e in particolar modo in età ottoniana, dallo stesso Aupaldo reso

magister della scuola della cattedrale di Novara di ritorno dal suo periodo tedesco a

Würzburg con l’intento di «erudiens pueros instituensque viros»252, sintomo dello spessore non solo economico-politico, ma anche e soprattutto culturale del capitolo novarese; Amalberto arciprete, capo della pastorale ecclesiastica253 e misso del vescovo in diverse permute pro ecclesia di X secolo; Teuperto levita e preposito, guida delle attività di vita comune dei confratelli254; Restaldo cantore, esaminatore e promotore ai sacri ordini dei chierici più meritevoli255.

Non si tratta, del resto, dell’unica “istantanea” delle canoniche novaresi precedente al XII secolo, ma è certamente la più antica. Le altre sono tutte databili alla prima metà di XI secolo, a partire dal 1007 quando se ne trovano addirittura due, una per ciascuna sede:

247 Si tratta di un documento solenne con caratteri distintivi marcati, come le litterae elongatae per

invocatio e intitulatio e il sigillo gaudenziano; la pergamena stessa è di grande pregio.

248 E. Cau, Scrittura e cultura a Novara (secoli VIII-X), in «Ricerche Medievali. Periodo di paleografia e diplomatica», 6/9, 1971-1974, pp. 1-87, citaz. da p. 66.

249 Infra, pp. 123 e sgg.

250 Andenna, La diocesi di Novara, citaz. da p. 86. 251 Infra, p. 83.

252 E. Filippini, Stefano di Novara, in DBI, 94, Roma, 2019 (consultato online). 253 Andenna, La diocesi di Novara, p. 86.

254 E anch’egli misso del presule Aupaldo, ad esempio in ASDN - FF - DCC/A, n. 22, permuta con Azzo del fu Alberto di Lumellogno proprio per sedimi «in medio vico» a Lumellogno e campi e ghiaieti nell’area attigua. Inoltre, con il successivo vescovo Pietro permuta per sedimi e vigne a Lumellogno ̶ in cantone detto «sosedano» ̶ , Cesto e Pagliate nel documento del 29 marzo 1000 già analizzato per la presenza di membri importanti della società di Pagliate come Restone e Donneverto e che verrà citato di nuovo in seguito.

67 il 6 gennaio per la donazione del vescovo Pietro alla canonica di San Gaudenzio delle decime dell’area a est di Novara fino ai confini con la Bulgaria, in precedenza spettanti alla chiesa cittadina di Santo Stefano256; il giorno di Natale, invece, per la restituzione «pro anima adalgisi venerabilis episcopi et pro anima aupaldi degnissimi presulis»257 di altre decime sottratte «iniuste» a Santa Maria dai predecessori. La seconda consente sia di osservare l’ampio “turnover” avvenuto in un ventennio tra le fila del capitolo sia di confermare la fase di negoziati in corso d’opera con i “da Pombia”, vista la sottoscrizione di Uberto comes258.

La terza259 descrizione del capitolo cattedrale è strettamente connessa proprio alla parentela del comes Uberto e ai documenti di inizio XI secolo che rendono Lumellogno punto di partenza ideale per un ampio excursus sulla famiglia che, per la durata di tempo maggiore, ha legato le proprie sorti alle più importanti vicende avvenute nel Novarese alto e pieno medievale: il 15 marzo 1013260 presso il porto di Brunago sul Ticino, nel comitato del Seprio, i coniugi longobardi Riccardo del fu Ildeprando e Waldrada del fu Rodolfo, col figlio Riccardo e il parente Ribaldo del fu Ugo, vendettero per 100 soldi d’argento al vescovo Pietro, alla presenza di Wifredo comes del Seprio261, il distretto e teloneo di Lumellogno, che si trovava sotto la pertinenza dei quattro famigliari e del loro centro direttivo, ovvero «curte nostra que dicitur cavalli regis»; due giorni dopo, rientrato a Novara, il vescovo si affrettava a donare i beni di cui era appena entrato in possesso alla canonica di Santa Maria262.

256 BSSS. 77/1, n. 10, pp. 21-24. 257 ASDN - FF - DCC/F, n. 11.

258 Andenna, La diocesi di Novara, p. 89.

259 Vi sarebbe un’altra lista in cui compaiono alcuni membri della canonica, ma soprattutto un gran numero di preti pievani della diocesi ̶ un tipo di lista che è la prima del suo genere per quanto riguarda Novara ̶ nelle sottoscrizioni della donazione del teloneo di 10 soldi di Galliate, due terzi concessi a Santa Maria, un terzo a San Gaudenzio: il documento purtroppo è guastato irrimediabilmente all’altezza della datazione, sulla quale l’ipotesi di Gabotto ̶ BSSS. 78, p. 228 ̶ è settembre-dicembre 1013: ASDN - FF - DCC/F, n. 14. 260 ASDN - FF - DCC/F, n. 12.

261 Ai conti del Seprio poteva appartenere anche Waldrada: Sergi, I confini del potere, p. 185. Di diverso parere Andenna: Grandi patrimoni, funzioni pubbliche, p. 215. La professio legis di Rodolfo del Seprio, suo ipotetico padre, è infatti salica, mentre quella di Waldrada è longobarda: cfr. A. Lucioni, Arona e gli esordi

del monastero dei SS. Felino e Gratiniano (secoli X-XII), in Arona: tra Medioevo ed età moderna. Porta da entrare in Lombardia, Atti del IX Convito dei Verbanisti, Arona 28 maggio 1995, Chiesa dei Ss. Felino e

Gratiniano, Verbania, 1998, pp. 19-78: 46. 262 ASDN - FF - DCC/F, n. 13.

68 Due anni dopo, ecco comparire la lista degli appartenenti al capitolo cattedrale263 ̶ ma non di quelli di San Gaudenzio ̶ in occasione della suddivisione tra canoniche, secondo il consueto rapporto 2:1, dei possessi acquisiti dal vescovo a Caltignaga tramite il testamento del comes Riccardo e di sua moglie Waldrada.

Si tratta ora di capire chi fossero Riccardo e Waldrada, in che modo fossero collegati a Uberto comes e al vescovo Pietro, da dove avessero tratto i loro diritti su Lumellogno e perché avessero deciso di separarsene: per farlo, è necessario un lungo salto all’indietro attraverso le varie generazioni di quelli che sono denominati “antecedenti dei conti di Pombia”264.

1.2.2. Dal seguito anscarico a un precoce radicamento locale: Gariardo di