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Genealogia ingonide alternativa:

Capitolo 3: gli snodi del potere

3.1.3. Leadership canonicale

Durante l’XI secolo, e in particolare dalla seconda metà, le carte novaresi segnalano un incremento abbastanza sostenuto dei quantitativi monetari nelle transazioni economiche: se fino al secolo precedente acquisti a tre cifre di lire erano casi limite ̶ da considerare quasi “atti politici” ̶ anche per le famiglie più eminenti, dopo il Mille diventa possibile trovarne anche per personaggi non dichiaratamente legati alle elite aristocratiche. Più in generale, se il solido o addirittura il denario erano le unità di misura quasi esclusive negli atti dei secoli precedenti, dalla seconda metà dell’XI secolo compravendite fondiarie in lire diventano se non la norma, comunque frequenti. Non si potrà parlare di esplosione monetaria come nel XII e soprattutto XIII secolo, né di un fenomeno sistematico come quello studiato nel Mâconnais, ma certo atti come la carta di livello del 12 luglio 1006 rogata nel castrum dell’isola di San Giulio d’Orta nella quale un equivalente in «formatico» di 100 lire era richiesto non per l’acquisto definitivo, ma per il censo annuo di quattro «masaricias» nell’Ossola date in livello ventinovennale a un tale Grimaldo non altrimenti specificato, sono indicativi delle modificate proporzioni rispetto al passato882.

In una tale situazione, anche gli enti religiosi intensificarono la propria azione sul territorio e, nel Novarese, si segnalava come una fra le più attive la canonica di Santa Maria, interessata a uniformare la propria signoria territoriale sulla totalità del fondo agricolo di alcune aree privilegiate come Lumellogno e Mosezzo. Un controllo di risorse in aumento e conseguenti ambizioni di ampliamento fondiario e assoggettamento territoriale rendevano la canonica di XI secolo un attore economico dinamico e in salute: le carte di questo secolo testimoniano una maggiore autonomia del capitolo dalla supervisione vescovile attraverso l’emergere di alte cariche canonicali ̶ non soltanto il tesoriere ̶ che gestiscono in prima persona il patrimonio dell’ente e le nuove transazioni. Si tratta ancora una volta di un fenomeno non nuovo, ma in ascesa almeno dal punto di

882 ASDN - FF - DCC/L, n. 27. Lo stesso effetto si può misurare anche in alcune sanctiones di permute, ad esempio in ASDN - FF - DCC/B, n. 44 per terra presso la porta di San Gaudenzio in luogo detto «musalcio» ̶ ha a che fare con Mosezzo? ̶ scambiata sempre dal vescovo Riprando: l’eventuale multa corrisponde alla cifra record di 600 once d’oro e 1200 ponderas d’argento. Per i celebri studi accennati cfr. G. Bois, L’anno

Mille: il mondo si trasforma, Roma, 1991, pp. 89 e sgg; G. Duby, Una società francese nel Medioevo. La regione di Mâcon nei secoli XI-XII, Bologna, 1985, pp. 381 e sgg.

196 vista delle attestazioni documentarie. Alle “istantanee” della composizione capitolare ̶ si rarefanno a partire dal secondo quarto del secolo e fino al XII, dove diventerà consuetudine documentaria elencare i membri principali della canonica ad ogni atto che la riguardi ̶ , si sostituiscono ritratti di singoli “factotum”.

Un primo esempio si riscontra nella vendita presumibilmente fittizia del 1050 da parte di Adalberto “da Castello” e della moglie bernardinga Adelaide a Ranfredo arciprete di Santa Maria: se dal recupero delle sostanze da parte di Adelaide pochi anni dopo si presuppongono le dinamiche del prestito dissimulato, ne conviene che l’ecclesiastico abbia racimolato la somma di 100 lire coordinando le disponibilità di vari enti canonicali ̶ anche esterni alla realtà piemontese ̶ con cui sia lui sia le stirpi di provenienza della coppia dovevano essere in contatto da tempo, come si evince dalla presenza delle clausole fideiussorie di spartizione post-mortem dei beni tra i vari capitoli. Se la dimensione sovra-regionale delle famiglie di cui erano esponenti Adalberto e Adelaide è indubbia, tale prestigio si deve presumere anche per lo stesso arciprete, a maggior ragione se si pensa che la cattedra vescovile in quel momento era tenuta dal fratello di Adalberto e che sarebbe potuto intervenire facilmente a creare un network fra enti ecclesiastici sparsi nel regno. Se il vescovo Riprando di certo avallò ̶ e forse in qualche misura ideò ̶ il prestito, egli apparteneva anche alla cappella imperiale e i suoi congedi da Novara non dovevano essere infrequenti: da qui un crescente carico di responsabilità per Ranfredo.

Cosa ci dice la documentazione del suo cursus honorum? Come spesso capitava, una via rapida per fare carriera all’interno di un capitolo canonicale consisteva nel diventare

misso fidato del vescovo a supervisione dei terreni commutati nelle carte di permuta: il

primo riferimento di Ranfredo si ha proprio in una permuta del 18 maggio 1040 e, nonostante in questi anni sia ancora solo diacono, già si utilizza un inchiostro differenziato per segnalarlo, anche se è probabile che in questo caso non si tratti di un marker voluto, ma dell’utilizzo di un calamo personale da parte di Ranfredo, forse addirittura per una sottoscrizione avvenuta in un momento di poco successivo883. La certezza è che il diacono firmava indifferentemente con due forme grafiche: «Rainfredus» o «Raginfredus». Il 5 febbraio 1041 nel castrum dei conti di Pombia di Olengo, Ranfredo ̶ qui sottoscrivendo con l’altra forma grafica, più lunga ̶ presenziò in qualità di uno dei due

197 missi per l’importante permuta di Riprando con la contessa Imiza del fu Walfredo per terra a Olengo e Vespolate, il cuore del patrimonio famigliare del vescovo, scambiati con beni infra Pavia884. Il 20 febbraio 1043 veniamo a conoscenza della residenza di Ranfredo a Novara limitrofa a terra appartenente all’episcopio nella già citata permuta del vescovo Riprando col prete Adalberto del fu Orso fratello di Arifredo, in cui venne scambiata anche terra a Lumellogno e a Pagliate presso «strepedo» dov’era concentrata parte importante dei possessi fondiari dei “figli di Bonaldo”885. Da diacono e misso Ranfredo sottoscrive ancora in tre atti conservati nel Fondo Frasconi dell’Archivio Capitolare novarese886, mentre la vendita-prestito del 1050 di Adalberto e Adelaide è la prima attestazione dell’avanzamento di carriera di Ranfredo verso la leadership assoluta della canonica. Infatti, è da questo momento che si riscontrano suoi acquisti in prima persona per parte della canonica e, in veste di attore giuridico, si viene a conoscenza del nome del padre di Ranfredo, Restaldo ̶ tuttavia, un collegamento con gli omonimi personaggi di Pagliate non sarebbe possibile per la diversa professione di legge887 ̶ e di quello del nipote, lo iudex Giovanni del fu Arnaldo888; Giovanni permutava poi con il vescovo

884 BSSS. 79, pp. 14-16.

885 ASDN - FF - DCC/B, n. 45. Supra, p. 46, p. 192.

886 ASDN - FF - DCC/B, n. 50, permuta del vescovo Riprando datata 26 ottobre 1043 per terra infra Novara e a Pernate in luogo detto «moneta»; BSSS. 79, n. 192, pp. 25-26 permuta del vescovo Riprando datata 31 ottobre 1043 per terra infra Novara e a Trecate; ASDN - FF - DCC/B, n. 46 permuta datata 8 settembre 1044 del vescovo Riprando con i fratelli salici Garibaldo prete e Manfredo figli del fu Albezzone per terra ed edifici nel vico incastellato di Caltignaga, vd. supra, pp. 75-76.

887 La questione è controversa: Ranfredo arciprete viene detto di nazione romana nella vendita del 1050, mentre nel documento del 1055 lui e il nipote risultano entrambi longobardi. Non vi sono, purtroppo, riferimenti alla professione di legge nelle altre carte dove si registra la presenza di Ranfredo; lo stesso nome del padre, Restaldo, non dà particolari indicazioni in un senso o nell’altro perché sono attestati personaggi omonimi di entrambe le nazionalità nel Novarese di XI secolo, seppur siano più numerosi ̶ ma è un fattore squisitamente demografico ̶ i longobardi. Maggior sostegno alla “pista” longobarda è fornito da una vendita del 23 febbraio 1071 ̶ BSSS. 77/1, n. 23, pp. 42-43 ̶ , in cui il nipote di Ranfredo Giovanni iudex interviene per il consenso legale aggiuntivo a quello del marito mundoaldo Taleso detto Buonsignore del fu Bruningo come consanguineo di Rotruda del fu Restaldo, a motivo della vendita dei due coniugi al prete Gauso del fu Adalgiso di una pecia di appena 4 tavole presso il mercato cittadino di Novara in cambio di ben 19 lire. La longobarda Rotruda è quindi con ogni probabilità sorella di Ranfredo e il suo nome, come quello del padre, rientra nello stock onomastico del gruppo di possessores-prestatori di Pagliate, che negli stessi anni ̶ supra, p. 57 ̶ stava ormai agendo anche a Novara. Oltre all’assonanza onomastica e ai possessi a Pagliate, non vi sono però altri collegamenti tangibili tra la famiglia di Ranfredo e il vecchio gruppo dei “figli di Restone e Bonaldo”. Se tuttavia il collegamento fosse reale, darebbe seguito alla certificazione di una straordinaria e rapidissima ascesa nei vertici ecclesiastici novaresi, iniziata fin da Ansprando chierico negli anni ’30 di XI secolo; la preminenza di Ranfredo certificata dall’atto del 1050 farebbe poi ricalibrare ancor più verso l’alto livello e potenzialità iniziali del gruppo dei “figli di Restone”.

888 ASDN - FF - DCC/J, n. 10 vendita datata 30 giugno 1054 del diacono Adamo di un manso a Lumellogno; ma anche BSSS. 79, n. 203, pp. 394-395 refutazione di diritti del maggio 1055 da parte di Ranfredo e del nipote per una pecia di incolto presso Lumellogno. L’omonimia tra il padre di Giovanni iudex e il successore

198 Oddone il 13 aprile 1072 terra presso «moneta» a Pernate, circondata da altri possessi dello stesso iudex e da terra tenuta in beneficio da un Wiberto la quale in precedenza era stata commutata dallo stesso Giovanni889.

La buona memoria dell’arciprete Ranfredo sarà significativamente ricordata nell’atto testamentario del suo successore alla leadership canonicale: Arnaldo. La sua comparsa in qualità di suddiacono è del settembre 1044, ad una permuta col vescovo Riprando per beni a Novara e al confine bulgariense in cui viene specificata la nazionalità longobarda e il nome della madre Officia890; il 27 gennaio 1053891 lo si ritrova nella nuova carica di prete, oltre a essere misso del vescovo, mentre è solo dal giugno 1077, dopo una lunga gavetta, che risulta aver assunto la doppia veste di prete e tesoriere con cui lo si ritroverà fino alla fine dei suoi giorni892: nel caso di Arnaldo, la leadership è ostentata non con la posizione in teoria più prestigiosa del capitolo ma attraverso una somma di incarichi. Quest’ultima carta della rassegna è, tra l’altro, piuttosto significativa in quanto gli appezzamenti siti a Garbagna, acquisiti da Arnaldo per 13 lire dai coniugi longobardi Alberto del fu Ariberto e Berlinda del fu Bonizo, confinavano con possessi dei cugini conti Ottone e Guido II rispettivamente capostipiti dei lignaggi biandratino e canavesano. Arnaldo si inserì entro i fondi patrimoniali dei conti di Biandrate anche a Proh, acquisendo il 25 aprile 1085 11 campi e un prato confinanti con gli eredi del comes Ottone da un gruppo famigliare longobardo in cambio di 12 lire e 19 soldi893: in tale documento compariva anche il misso e nipote di Arnaldo Gerardo894. A partire dalla già

di Ranfredo è solo uno dei numerosi indizi che fanno ipotizzare la discendenza del tesoriere Arnaldo dall’arciprete Ranfredo.

889 ASDN - FF - DCC/B, n. 52. La confinanza del beneficio di Wiberto e il riferimento seguente sono riscritti su evidente rasura. Il beneficio di Wiberto è indicato anche in un’altra confinanza, questa volta non riscritta e senza accenni a Giovanni iudex.

890 ASDN - FF - DCC/B, n. 48. Dall’indicazione del nome della madre, considerando la lunga carriera di Arnaldo, si può forse riconoscere un fratello di quel prete Alberto della fu Officia che aveva venduto tutti i suoi beni siti nelle importanti località di «Kavallimediano» e «Kavalliregi» al prete romano Giovanni del fu Pietro in cambio di 30 lire nel 1079: supra, p. 78.

891 ASDN - FF - DCC/B, n. 51.

892 ASDN - FF - DCC/B, n. 51; BSSS. 79, n. 240, pp. 100-102 datata 11 giugno 1077.

893 ASDN - FF - DCC/J, n. 15. Il gruppo famigliare longobardo era composto da Milone figlio del fu Waldroco e dalla moglie Adelaide (Adalassa) della fu Franca con i figli Wifredo diacono e Milone, Pagano del fu Domenico, il fratello di Adelaide Ulrico e suo zio Bono. In precedenza, nello stesso giorno del testamento di Guido comes (6 marzo 1083), era stato significativo anche l’acquisto di Arnaldo di un manso a Sillavengo dal suddiacono romano Pietro del fu Walberto di Carpignano ̶ quest’ultimo già presente al placito di Breme del 1022 per l’acquisizione dei canonici novaresi della prima parte del castrum di Mosezzo: supra, pp. 173-174 ̶ in cambio di 15 lire: ASDN - FF - DCC/F, n. 34.

894 È molto dubbio che tale figura possa coincidere con il misso di Arnaldo alla vendita del 1078 ̶ ASDN - FF - DCC/Q, n. 58 ̶ in cui il prete e tesoriere acquistava per 3 lire, 15 soldi e 2 denari terra arativa a Camodeia,

199 citata coppia di documenti dell’ottobre 1089 e gennaio 1090 intervenne un omonimo suddiacono come misso di Arnaldo895; tuttavia al momento del testamento del tesoriere (3 gennaio 1091) quando, trovandosi «in lectulo […] infra solarium hospitalis sancte matris dei novariensis ecclesie», fondò per la sua anima e per quella dell’arciprete Ranfredo una chiesa dedicata a Sant’Ambrogio e San Maurizio su un sedime presso l’ospedale di Santa Maria da lui stesso donato e gli concedette una dotazione di partenza, stabilendo che la chiesa dovesse essere «in regimine» dell’arcidiacono, arciprete, preposito e di «unius de omni ecclesiastico ordine quem chorus eiusdem ecclesie sancte marie unanimiter elegerit» ovvero un prete, un diacono, un suddiacono e un accolito e che il suo prete e custode fosse eletto da loro in concordia con il nipote Gerardo ̶ non indicato in questo passo con una esplicita carica ecclesiastica ̶ , tra gli stessi sottoscrittori si segnalava contemporaneamente la sottoscrizione di un Gerardo suddiacono che poteva riferirsi quindi ad un’altra persona896.

Questo Gerardo suddiacono risultò acquirente di terra a Galliate nel marzo 1092 e misso di un Enrico suddiacono figlio di Pietro, di legge romana, nell’ottobre 1093897. Enrico, a sua volta, aveva acquistato il 2 ottobre 1085 per 100 lire tutti i beni del tesoriere Arnaldo della fu Officia a Novara e nel Regno italico: in virtù del testamento del tesoriere di poco successivo, doveva essersi trattato dell’ennesimo protocollo di prestito

odierna Castellazzo Novarese tra Casaleggio e Proh: questo Gerardo viene infatti detto chierico ma non è esplicitato come suo nipote; nel settembre dello stesso anno ̶ BSSS. 77/3, n. 22, pp. 38-40 ̶ il prete uxorato Adamo del fu Abbone e la sua concubina Giulia del fu Berengario, entrambi di legge romana, donarono alla chiesa di San Giuliano di Gozzano un appezzamento di campo e due di prato a Gargallo in memoria del loro figlio ormai defunto Gerardo chierico. Non vi sono ulteriori elementi per stabilire la coincidenza identitaria di questi omonimi. Sulla diffusione del clero uxorato nella pieve di Gozzano: G. Andenna, Un placito inedito

di re Corrado (1089). Con alcune osservazioni sulla vita di una pieve tra XI e XII secolo, in «Bullettino

dell’Istituto storico italiano per il medio evo», 89, 1980-1981, pp. 413-443: 423. 895 Supra, pp. 145-146.

896 In assenza dell’originale sono presenti due copie di XIII secolo: ASDN - FF - DCC/L, n. 37 e 38. Oltre al sedime di edificazione, la dotazione comprendeva beni appena fuori Novara ovvero presso la torre di Bosone, presso la baraggia sulla «via rainaldi» e un manso «in matheo» ̶ acquisito attraverso il denaro della vendita di un sedime donato dal prete Attone, sul quale pendeva una clausola secondo cui in caso di sconfitta giudiziaria e perdita del sedime, gli acquirenti avrebbero ottenuto in cambio il medesimo manso presso il «locus matheo» ̶ , terre a Olengo, Paltrengo, Fisrengo, Camodeia, Garbagna, Ponzana, Galliate, Confienza, Orfengo, Proh, Oleggio, Cameriano, Gionzana.

897 ASDN - FF - DCC/J, n. 17. Si tratta di una vendita con retroinfeudazione di beni a Galliate. ASDN - FF - DCC/Q, n. 68. Rogato a Cerrione nel Biellese i fratelli longobardi Oberto e Milone del fu Milone ̶ è possibile una parentela o addirittura un’identità per Milone con i personaggi della nota 893 ̶ vendono al suddiacono Enrico attraverso il misso e suddiacono Gerardo un quantitativo di 3 iugeri e 8 pertiche di terreno agricolo a Camodeia presso Proh, dove già si era tenuta l’altra vendita ad Arnaldo.

200 dissimulato898. Nel gennaio 1092 Enrico vendeva al prete Giovanni di Oleggio una vigna a Camodeia, appezzamenti agricoli a Galliate e territori che erano passati in proprietà ad Arnaldo tesoriere a cui si aggiungevano altri beni acquisiti da quest’ultimo da tale Bellinzone ̶ di tali beni ora disponeva Enrico in virtù della morte di Arnaldo o della stessa vendita del 1085 che, sempre per la stessa ragione, non era stata ancora ripagata ̶ il tutto per 20 lire: si trattava dell’ultima citazione di Arnaldo nelle carte novaresi899.

In conclusione, a parte la difficoltà ancora più profonda che si incontra nel provare a ricostruire genealogie anche solo di due generazioni nel caso di personaggi ecclesiastici ̶ a motivo dell’impossibilità di registrazione della discendenza ̶ , si riconosce un “milieu” di provenienza comune anche per le più alte gerarchie canonicali del secolo che precede l’egemonizzazione politica dei capitoli cattedrali da parte delle famiglie dirigenti proto- comunali, con un carattere statistico rilevante nella professione di legge esclusa dalle aristocrazie laiche: quella romana900. Al di là della massiccia penetrazione di esponenti delle elite cittadine, anche il XII secolo presenta ritratti di spiccata leadership canonicale a Novara ̶ Guido preposito a Santa Maria, in contemporanea circa Ansaldo preposito a Santa Maria e Ugo preposito a San Gaudenzio, Gaidone tesoriere di nuovo a Santa Maria nell’ultimo quarto del secolo ̶ , ma ad essi si dovrà rimandare a contributi futuri.