• Non ci sono risultati.

Confini fluidi: Cameri e Galliate

Genealogia ingonide alternativa:

2.1.4. Confini fluidi: Cameri e Galliate

Giancarlo Andenna ha utilizzato il concetto geografico di “Oltreticino” per circoscrivere i territori di Galliate e Trecate, al confine tra i comitati di Pombia e Bulgaria546. Un confine, come si è visto a inizio capitolo, caratterizzato da contingenza e precarietà; un confine, tuttavia, con caratteristiche sociali, insediative e demografiche

544 ASDN - FF - DCC/L: n. 14, datato gennaio 978 e compare in qualità di testimone, n. 17/marzo 980/extimator, n. 20/maggio 989/extimator; DCC/A: n. 12/992-993/testimone, n. 21/settembre 988/extimator, n. 22/gennaio 989/extimator, n. 24/25 gennaio 992/testimone; DCC/J: n. 1/luglio 989/testimone; BSSS. 77/2, n. 8/25 luglio 990/testimone, pp. 11-12.

545 ASDN - FF - DCC/A, n. 27. Nel documento segnalato dalla nota n. 542 accanto a Benedetto del fu Pietro e Angelberto del fu Benedetto compariva anche un Remedio del fu Pietro sempre di Galliate: inserendo questo nome nello stock onomastico del gruppo parentale, si potrebbe riconoscere in Remedio un fratello di Benedetto del fu Pietro extimator nel marzo 965.

128 ben precise che possono aggiungere un altro tassello nel campionario di esperienze sociali della seconda Marca di Ivrea.

Non ci si soffermerà su un’approfondita rassegna di attestazioni documentarie a fini prosopografici, come è avvenuto per altre realtà547, ci si limiterà a una breve cornice degli assetti di popolamento nella fascia di territorio affacciata alla Bulgaria ̶ limitrofa alla zona di massimo radicamento della stirpe ingonide ̶ , facendo emergere una sfumatura dello spettro sociale piemontese finora non indagata, malgrado vi si possano scorgere alcune similitudini con la situazione di Pagliate.

Tuttavia, dal momento che le vicende di Trecate sono state già più volte ricordate548, l’accezione di Oltreticino a cui ci si riferirà comprende al suo posto Cameri, località appena più a nord di Galliate e a est di Novara e Veveri, dove entravano in contatto ben tre diverse delimitazioni circoscrizionali549: una frontiera nella frontiera. Cameri, Galliate e anche Trecate costituiscono un areale inserito tra due realtà d’acqua ̶ come, in scala maggiore, lo stesso Piemonte nordorientale ̶ , ovvero il Ticino e il più modesto Terdoppio, e contraddistinto da un tasso demografico per l’epoca sicuramente significativo, puntellato com’era da un complesso reticolato di villaggi sparsi550. Era il continuum di un aspetto che caratterizzava anche l’altro lato del confine, la punta nord-occidentale della Bulgaria inserita nella zona di competenza plumbiense alla maniera di un taglio diagonale: il nocciolo dei possessi ingonidi, la linea Gravellona- Cassolnovo, si delineava non a caso come un ampio cordone castrense, dove gli spazi vuoti così tipici dell’habitat altomedievale faticavano ad estendersi allo stesso modo di altre aree dal paesaggio più forestale o paludoso.

Questo tasso demografico superiore alla media sortiva però effetti opposti da un confine all’altro: nonostante la Bulgaria conoscesse un passato di grande popolamento riconducibile all’azione longobarda sul territorio, la presenza di cospiscue riserve fiscali e una struttura amministrativa legata al publicum che lasciava intravedere un’impronta ben riconoscibile sulla trama sociale ̶ si è notata la frequenza con cui intervengono scavini nelle compravendite bulgariensi ̶ , avevano determinato una consueta competizione per le risorse da cui era affiorato il gruppo eminente maggiormente in grado, attraverso

547 In parte anche per Galliate, come si è visto nelle pagine immediatamente precedenti. 548 Supra, pp. 20-22, p. 38, p. 58, pp. 93-94.

549 Supra, p. 95.

129 molteplici dinamiche, di avviare un processo di accumulazione culminato nella ratifica imperiale del diploma del 969. Diversa la situazione sul lato plumbiense del confine, popolato da numerosissimi liberi homines o boni viri, piccoli proprietari terrieri la cui presenza impediva la costituzione di ampie proprietà signorili, base indispensabile per la creazione delle curtes551; diversa quindi anche la natura delle prime fasi di incastellamento.

L’ascesa di Cameri e Galliate rispetto ai villaggi circonvicini avvenne al tempo delle invasioni ungare con una serie di diplomi berengariani parte del celebre rotolo della cattedrale552. Il 19 luglio 911 venne dato seguito alla petizione di Leone «iudex domni regis» del palazzo pavese553 e visdomino della chiesa novarese, Warnemperto scavino, Gauso notaio, altri 21 uomini di Galliate e 5 di vico berconate, villaggio tra Romentino e Galliate oggi divenuto Rione Bornate nel comune di Galliate, ai quali Berengario concesse «pro persecucione paganorum atque malorum christianorum» di edificare castelli dotati di opere in legno ̶ «propugnacola» e «bertiscas» ̶ sui terreni da loro posseduti in allodio, ricevendo sulle future costruzioni l’immunità e il mundeburdio regio554. Si trattava quindi di un consorzio di proprietari555 accomunati da un «sostrato di solidarietà sociali» necessarie per mettere in comune mezzi che altrimenti sarebbero risultati insufficienti556, in una sorta di anticipazione di condominatus loci che non si rivelerà episodio singolo nella storia dell’Oltreticino e che provocherà l’accentramento dei villaggi intorno alla neonata fortificazione e il progressivo risucchio e poi abbandono di centri demici come Berconate, Grifingo, Lupiate, fenomeno riproposto a Cameri per Scagliano, Brinate ecc557. Né singola è tantomeno l’attestazione dei più importanti peroratori indicati a inizio diploma: un mese esatto più tardi, su richiesta del comes Grimaldo, Berengario confermava a Leone visdomino e alla famiglia tutti i rispettivi possessi con l’aggiunta dell’immunità, concedendo ad essi e a tutti i loro sottoposti anche il mundeburdio558; in un successivo diploma non datato di Berengario, in occasione dell’imminente «ungrorum vastacione» veniva concesso sempre al visdomino Leone, per intercessione del vescovo di

551 Ibid.

552 Andenna, Andar per castelli, p. 309. Sul rotolo: supra, p. 23. 553 Keller, Signori e vassalli, p. 227.

554 BSSS. 78, pp. 42-43; Schiaparelli, I diplomi di Berengario I, Roma, 1903, n. 76, pp. 208-210. 555 Settia, Castelli e villaggi, pp. 166-167.

556 Ibid.

557 Andenna, Le radici storiche, p. 5.

130 Pavia Giovanni e del comes et marchio Ulrico, di edificare castelli presso le sue proprietà nelle «villulis» di Pernate, Terdobbiate, Cameri e Galliate, con l’aggiunta della possibilità di istituire in detti luoghi fiere annuali esenti da riscossioni pubbliche (come il teloneo) per le attività commerciali559. Il fatto che l’edificazione riguardasse di nuovo anche Galliate poteva significare o che la fondazione collettiva fosse fallita e poi fosse stata ri- affidata all’esponente dotato di maggiori risorse ̶ che avrebbe quindi avuto l’input per un precoce controllo signorile non mediato dai precedenti sodali, ma anzi rivolto anche su di loro ̶ o che si trattava di due diversi castelli nell’area di Galliate ̶ fenomeno non nuovo nell’area del confine bulgariense560 ̶ , entrambi con la regia di Leone alle spalle, anche se solo in un caso esclusiva. Questa seconda ipotesi è forse da preferire, mentre piuttosto improbabile risulta una delle proposte di Settia secondo la quale il castello potrebbe essere stato costruito a Berconate, proprio perché come lui stesso afferma gli abitanti del consorzio provenienti da Galliate quadruplicavano i secondi561 e inoltre il villaggio di Berconate era destinato a scomparire in breve tempo.

È possibile anche ricostruire in forma ipotetica il percorso genealogico della famiglia di Leone562, a partire da quel conte posto dall’imperatore Lotario come misso a protezione della chiesa novarese intorno all’840563: questa famiglia è tuttavia paragonabile, più che agli Ingonidi564, alla più antica stirpe di vicecomites del Novarese, che già a inizio X secolo era entrata nel crepuscolo della sua parabola565. Così, anche Leone visdomino non rappresentava l’incipit di una nuova dinastia, semmai la reminiscenza dell’antico prestigio nel proprio status sociale566: il tentativo di ravvivarlo attraverso la costruzione di una propria base signorile sul territorio, grazie al rapporto diretto con Berengario, era però destinato all’insuccesso proprio per via della diversa conformazione del tessuto sociale a ovest del confine comitale, molto più compatto e difficile da scardinare rispetto al terreno fertile che trovarono gli Ingonidi a est.

559 BSSS. 78, n. 32, pp. 46-47, l’ipotesi di datazione del Gabotto è 911-915; Cfr. Schiaparelli, I diplomi di

Berengario I, Roma, 1903, n. 102, pp. 266-268.

560 Supra, p. 108.

561 Settia, Castelli e villaggi, p. 166.

562 Keller, Signori e vassalli, p. 228, p. 256. Critico tuttavia sulla corrispondenza A. Castagnetti: vd. Il conte

Leone (801-847) e i suoi figli (840-881) nell’amministrazione missatica della giustizia, in Medioevo. Studi e documenti, Verona, 2007, pp. 7-126.

563 BSSS. 78, n. 5, pp. 6-7.

564 Come si legge in Keller ̶ Signori e vassalli, pp. 226-227 ̶ in riferimento ai rispettivi complessi signorili. 565 Supra, p. 73; infra, cap. 2, paragrafo 2.2.1.

131 Del diploma del luglio 911, Leone visdomino non fu l’unico a lasciare tracce nei documenti successivi: Ansoaldo figlio di Warnemperto scavino (ormai quondam), qui detto di Pernate, sottoscrisse una vendita di terra posta a Grifingo nel febbraio 927 e la permuta del marzo 931, dove compare il capostipite della stirpe dei Wala vassalli novaresi da cui discende Bruningo arcidiacono567.

A Bruningo si relazionerà anche un personaggio importante di Cameri, sul quale sarebbe utile scoprire qualche indizio in più per la sua convergenza al ritratto di quelle figure ecclesiastiche ambiguamente protagoniste di operazioni finanziarie poco chiare tratteggiato da diversi importanti studiosi568: il 25 agosto 993, il prete longobardo Ansprando del fu Andrea di Cameri acquistò due vigne tra Novara e Isarno presso Caltignaga da Bruningo arcidiacono; il prezzo della transazione non viene segnalato, mentre è indicato il passaggio in usufrutto al venditore di quegli stessi beni, con la clausola che alla morte dell’usufruttuario venissero trasmessi a un altro prete della canonica di Santa Maria ̶ Angelberto, presente nell’“istantanea” del 985 ̶ e in seguito direttamente alla canonica569. Non è forse un caso se a sottoscrivere quest’atto che segue tutti i crismi che si sono visti contraddistinguere i prestiti dissimulati vi siano Restaldo e Restone di Novara. Un secondo documento databile tra 1010 e 1011570 risulta altrettanto peculiare: si tratta di una permuta tra il vescovo Pietro e il prete Ansprando, in cui il primo scambiava terra arativa nelle vicinanze di un’area paludosa e di un mulino per una misura totale di oltre 3 iugeri in cambio di un campo tra Mapuniano e Grandisine (entrambe presso Trecate) esteso appena 6 pertiche. Come è noto, le permute con enti ecclesiastici generalmente favorivano le acquisizioni di questi ultimi con un vantaggio fondiario ̶ almeno nel contesto novarese questo avviene nel 99% dei casi ̶ perciò questa si configurerebbe come una significativa eccezione: a parziale compenso della “perdita”, potrebbe entrare in gioco l’aspetto qualitativo delle terre permutate, dal momento che il campo acquisito dal vescovo confinava con proprietà del comes Uberto Rufo da Pombia, tuttavia la terra ceduta dal vescovo si trovava in prossimità di incolto a ridosso della città, una risorsa da sempre molto valorizzata nell’economia altomedievale. Anche in questo caso, tra i sottoscriventi figuravano due diversi Restone.

567 ASDN - FF - DCC/Q, n. 4. Supra, p. 112. 568 Supra, p. 42.

569 ASDN - FF - DCC/J, n. 4.

132 A parte quest’ultimo caso, le principali tappe della storia di Cameri spiccano, come a Galliate, per il ruolo centrale assunto dai liberi homines proprietari terrieri: la più notevole si data al 15 giugno 1014, quando «90 uomini in rappresentanza di 75 nuclei familiari ed i 4 preti del luogo» donarono 90 sedimi residenziali per un totale di 2 iugeri alla chiesa di San Gaudenzio: si trattava del vecchio castello con quasi 16000 m2 di estensione che dalla fondazione attribuibile a Leone visdomino era divenuto proprietà degli abitanti; ciò può dare un’indicazione di quale fu anche il destino di Galliate al di là dei due diversi diplomi berengariani571.

Fatto sta che, pure in questo caso, la vicenda documentaria genera sospetti; se per Galliate è nel dubbio l’identikit del soggetto promotore del castello, qui non è chiaro l’oggetto stesso della donazione, a causa della difformità testuale tra i due originali: è come se per solo uno dei due esistesse ancora il castello di Cameri, o meglio le mura che incastellavano il villaggio. Poiché in seguito la documentazione non farà più cenno a fortificazioni in muratura a Cameri ̶ il diploma per Guido di Biandrate indica «castris» in modo generico, riferito indistintamente a tutte le località nell’eventualità che ne disponessero ̶ , ma il centro verrà ricordato più solo come vicus o locus, è in effetti possibile presumere che le strutture edificate oltre un secolo prima fossero ormai molto degradate572. L’ipotesi, invece, che la qualifica di castrum o meno potesse dipendere dalla disinvoltura dei propri abitanti, in cerca di un escamotage per svicolare dagli obblighi fiscali che la manutenzione di un fortilizio imponeva, ben si calerebbe nella dimensione economica del prestito simulato, per Andenna reso plausibile dal mancato possesso del castello da parte della canonica nella documentazione successiva: il censo annuo da devolvere alla canonica rappresenterebbe, in quest’ottica, il tasso di interesse richiesto

571 ASDN - FF - DCC/L, n. 24 e 25. Vi sono due originali ed è lo stesso atto ad informarcene: «unde due cartule ofersionis uno tinore scripte sunt paginam petri notario sacri palacii tradimus et scribere rogavimus». A complicare il quadro è però il fatto che i testi dei due originali non sono perfettamente sovrapponibili, ma divergono per indicazioni importanti. È infatti solo uno dei due originali a indicare la cifra di 2 iugeri e ad aggiungere che le pecie di terreno erano circondate dalle mura e dal fossato e quindi non si trovano solo «in loco et fundo camari», ma componevano proprio l’interno del villaggio incastellato. Sorprende che i due originali si trovino all’archivio del capitolo di Santa Maria e non ve ne sia traccia in quello di San Gaudenzio. Possono aver influito in questo le vicende successive, come l’entrata di Cameri nel patrimonio del comes Guido di Biandrate: DMGH, DD Ko III, n. 51, p. 86 (ottobre 1140). Le decime di Cameri, comunque, erano da tempo immemore ̶ la dotazione di Adalgiso ̶ di pertinenza di Santa Maria. Anche se novanta sono i nomi indicati nel testo del documento, tuttavia nell’escatocollo si segnalano ottantaquattro croci e sessantatre sottoscrizioni. Cfr. Settia, Castelli e villaggi, p. 221 e Andenna, Per un censimento dei

castelli, p. 313; Id. Andar per castelli, pp. 311-312 Citaz. da p. 311.

133 alla comunità573. Un’ultima possibile spiegazione sarebbe forse la più semplice, ovvero un cambio dei termini dell’accordo per il sopraggiungere di nuove contingenze, con il mantenimento della data del primo atto; resterebbe però da capire, in questo caso, perché sarebbe stato conservato anche l’ipotetico primo originale poi riscritto.

Nel paragrafo è emerso quindi ancora una volta ̶ già lo si era visto per Pagliate e Lumellogno ̶ come l’estrema vicinanza spaziale non sia sempre sinonimo di vicinanza sociale, politica o culturale: è il caso dell’Oltreticino plumbiense, in cui a differenza che dall’altro lato del confine circoscrizionale, nella Bulgaria occidentale, processi come l’incastellamento o la competizione per le risorse non avevano condotto al successo di una dinastia accentratrice, ma anzi erano stati indirizzati da consorzi di liberi homines la cui solidarietà fungeva da deterrente per vecchi e nuovi radicamenti aristocratici.

573 Andenna, Andar per castelli, p. 311-312. Si è visto, però, come gli abitanti potessero essere sul punto di sbarazzarsi delle mura, annullando la denominazione stessa di castello; inoltre, per quale delle due canoniche ci sarebbero dovute essere nuove attestazioni? Non si tratta comunque di una vendita, bensì di una cartula ofersionis.

134

2.2. Biandrina