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Dal seguito anscarico a un precoce radicamento locale: Gariardo di Fontaneto

Capitolo 1: All’ombra di Sant’Agabio

1.2.2. Dal seguito anscarico a un precoce radicamento locale: Gariardo di Fontaneto

«Perpecerat Gariardus nonnullis, hasta eos et non ferro percutiens»: basterebbe questo passaggio di Liutprando per dare un’idea della singolarità della figura e aggiungere altre parole dello stesso estratto ̶ «Bonefatio comiti potentissimo, qui nostro post tempore Camerinorum et Spoletinorum extitit marchio. Hic, collecta moltitudine, cum Gariardo pariter comite Rodulfo in auxilium venerat» ̶ per non passare sotto silenzio la sua importanza265. In realtà, è più che probabile che all’altezza cronologica a cui si riferisce l’azione bellica ̶ battaglia di Fiorenzuola d’Arda del 923 ̶ , Gariardo non fosse stato ancora insignito della carica di comes; Liutprando retrodatava l’evento per un processo di «appiattimento della memoria»266 rispetto a quando il vescovo lo aveva visto in opera in gioventù, ma ciò non fa altro che fornire un’anteprima della posizione raggiunta e dell’aura che doveva circondarlo al termine dei suoi giorni: quella di un guerriero di valore che, malgrado la ferocia dei suoi tempi, risparmiava ai nemici il ferro

263 Negli otto anni trascorsi dalla lista del Natale 1007 il turnover è minimo rispetto all’arco cronologico 985- 1007.

264 Andenna, Grandi patrimoni, funzioni pubbliche, p. 228. 265 Liutprando, Antapodosis, ed. P. Chiesa, Milano, 2015, p. 155. 266 Vignodelli, La competizione per i beni fiscali, citaz. da p. 166.

69 della spada, mostrando una sensibilità che ben si addice al gusto artistico mostrato dallo stesso negli arredi della sua fondazione monastica a Fontaneto267.

Gariardo, nato nella seconda metà del IX secolo, lega le sue origini e quelle della sua

discendenza diretta o indiretta ai marchesi Anscarici, e in particolare al marchio Adalberto, a cui rimase sempre fedelissimo e dalle mutevoli alleanze del quale vide determinata la sua azione politica268. Perciò, la sua discesa in Italia dalla Borgogna deve essere avvenuta, se non proprio al seguito del primo Anscario, sicuramente a quello di Adalberto, come è evidente dal tenore della prima documentazione che lo vede protagonista269: il 21 aprile del 902, a Vercelli, città che fu sempre come una seconda capitale per il marchio, Ludovico III donò su postulazione di Adelberto a Ildigerio vassallo dello stesso Gariardo ̶ qui già indicato come vicecomes nel suo pseudonimo Gaddo270 ̶ una piccola corticella situata nel non meglio identificato Cusnengo. Poche settimane più tardi, in un placito tenuto sempre a Vercelli, le più alte cariche del regno, tra cui il vescovo di Novara nonché misso regio Garibaldo, lo stesso Adalberto «comes et marchio», importanti scabini e notai di Vercelli, Lomello271 e Pombia, vassi e fideles dell’imperatore si riunirono per l’ostensio chartae di un precetto con cui, su intervento del vescovo di Torino Amalone e del padre di Adalberto Anscario marchio, l’imperatore Guido aveva emancipato da ogni vincolo servile un civis romanus vercellese; tra gli astanti compariva anche un «Gariardus seo Gaddo» qui indicato come vicedominus: nonostante la carica non corrisponda al vicecomes precedente272, ci sono abbastanza elementi per confermare un’equivalenza, dalla stessa indicazione della doppia possibilità onomastica, al breve lasso di tempo trascorso tra due atti rogati nella stessa città, alla congiunzione testuale ̶ «et» ̶

267 I. Teruggi, Le pietre “nobili” di Fontaneto dal neolitico al medioevo: nuove acquisizioni per la conoscenza

della storia del territorio, in “Antiquarium”. Studi e ricerche per i trent’anni di attività, Arona, 2003, pp. 133-

137.

268 F. Bougard, Gariardo, in DBI, 52, Roma, 1999 (consultato online); Provero, Ufficiali regi e poteri signorili, p. 38.

269 Andenna, L’“ordo” feudale dei “capitanei”, p. 118; Hlawitschka, Franken, Alemannen, pp. 183-184. 270 AC, Diplomi, cartella 1, n. IV. Nell’edizione BSSS. 70, oltre a essere sbagliata la datazione al 1 maggio dello stesso anno, si legge «Baddoni», mentre dalla lettura dell’originale la forma corretta risulta sicuramente «Gaddoni», così come nell’edizione di Schiaparelli: I diplomi italiani di Ludovico III e di Rodolfo

II, Roma, 1910, n.18, p. 52.

271 Infra, pp. 97-98.

272 C. Manaresi, I placiti del Regnum Italiae, I, Roma, 1955, n. 113, pp. 419-422, datato 9 maggio 902. L’originale è però molto guasto e lacero e del vicedominus si legge in realtà solo «vicedo» e dopo un’intera riga di testo guasta «fideles domni imperatoris». Non si esclude quindi che la differenza tra i due testi del 21 aprile e del 9 maggio sia ascrivibile alle condizioni di conservazione documentaria.

70 che unisce «Gariardus seo Gaddo» a «Maginardus», appartenente all’altra ̶ e più antica ̶ dinastia locale di vicecomites carolingi273.

Del 14 agosto 908 è poi una delle testimonianze più significative per comprendere il ruolo e la traiettoria di Gariardo: su petizione del vescovo novarese Daiberto, Berengario conferma a «Gariardus vicecomes fidelis Adalberti marchionis» le acquisizioni patrimoniali, compresi i successivi trasferimenti di natura fiscale su cui appone la sua

tuitio, del monastero di San Sebastiano a Fontaneto, fatto edificare dallo stesso

Gariardo274. Si trattava di un Eigenkloster di regola benedettina nelle vicinanze o all’interno del castello locale, a sua volta già esistente in epoca carolingia anche se non antico quanto quello di Pombia275: Fontaneto è, in effetti, un crocevia importante dell’alto Novarese per le direzioni verso i laghi e le Alpi, a metà strada tra Pombia e la grande curtis

regia di Romagnano e molto vicino alla citata Cavalli Regis/Kavalliregis, la cui ubicazione

verrà approfondita in dettaglio nel prossimo paragrafo.

Da ciò emerge come le vicende di Gariardo possano essere passate al vaglio di due diversi filtri concettuali che, resi sovrapponibili ad una tale altezza cronologica, fanno del

vicecomes un autentico precursore: se, infatti, il rapporto con il regno e con l’ufficio

marchionale eporediese è precipuo per lo stanziamento suo e delle sue reti clientelari, oltre che perfettamente in linea coi tempi, la fondazione di un monastero privato su base allodiale è un chiaro atto di radicamento locale, un input rilevante verso la costituzione di una signoria locale, come se ne vedranno raramente prima di quasi un secolo. A rendere Gariardo comunque un prodotto del suo tempo e quindi sì un precursore, ma non un visionario, vi è la constatazione che l’intervento regio, pronto a valorizzare e incanalare a proprio vantaggio le situazioni de facto, fu determinante nell’istituzionalizzazione di una tale pre-signoria, grazie alla sua stessa approvazione e alla concessione della tuitio276. Questa spiegazione è perfettamente valida per il documento del 13 giugno 910 con cui, su perorazione dell’imperatrice Angeltrude e del «gloriosus marchio dilectus gener et fidelis noster» Adalberto, Berengario confermò a Gariardo vicecomes e fidelis le corti ossolane di Caddo, Premosello e Lomese di Montecrestese. L’Ossola è teatro anche

273 Infra, p. 136; Andenna, Grandi patrimoni, funzioni pubbliche, p. 205.

274 BSSS. 78, n. 27, pp. 39-40. Cfr. Andenna, Grandi patrimoni, funzioni pubbliche, p. 205; Id. La diocesi di

Novara, p. 70. La tuitio comprendeva anche l’esenzione tributaria ai famuli negotiatores dell’abbazia.

275 Cfr. G. Andenna, Nobiltà e clero tra XI e XIII secolo in una pieve della diocesi di Novara: Suno, in «Novarien», 7, 1975-76, pp. 3-67: 13; Id., Per un censimento dei castelli, p. 312; A. Settia, Gariardo “de

castro fontaneto”, p. 20.

71 dell’ultimo documento in cui si ritrova il nome di Gariardo, seppur in forma postuma: al tramonto del regno di re Ugo, il 4 marzo 945, Ugo e Lotario donarono su petizione di Ingelberto comes tre mansi in «villa aureliaco» in val d’Ossola al fidelis Riccardo, aggiungendo che si tratta di beni già posseduti «a Gariardo comite de castro Fontaneto»277. È una testimonianza che solleva molte importanti domande, collegate alla possibile discendenza di Gariardo: cosa significa «comes de castro Fontaneto»? A quale circoscrizione si riferisce l’ufficio? Quando e per mano di chi il vicecomes ottenne la promozione?

Fontaneto d’Agogna, compreso oggi nella riserva delle Baragge e passato alla storia proprio grazie al monastero di Gariardo, dove nel 1057 si tenne un importante sinodo anti-patarinico278, si trova a soli 15 chilometri da Invorio: vale quindi il discorso fatto per questa località279, un eventuale comitato di Fontaneto, a lungo sostenuto dall’erudizione e dalla storiografia locale, non avrebbe avuto ragion d’essere, stretto come sarebbe stato nella morsa dei distretti contermini e con presa su una minima porzione di territorio. Si dovrebbe quindi trovare nel cuore del comitato di Pombia280, sebbene per dovere di cronaca andrebbe citata anche un’ulteriore possibilità: nell’892, in un’importante permuta su cui si tornerà281, le confinanze segnalano «terra ossilense» nei pressi di Dulzago, più a sud di Fontaneto e, in realtà, ancora più vicino a Novara che all’area di radicamento di Gariardo. L’ipotesi più spontanea sarebbe, quindi, quella di considerare il

comitatulum dell’Ossola citato nel diploma del 1014 come in realtà enormemente più

vasto all’arrivo degli Anscarici ̶ situazione valida anche per l’altro comitato rurale di Bulgaria282 ̶ e di vederne in Fontaneto il suo centro. Ciò ben si adatterebbe all’evoluzione patrimoniale di Gariardo nell’Ossola e risponderebbe in modo fin troppo geometrico alla questione del comitato a cui avrebbe dovuto riferirsi il comes apposto a Riccardo nel

277 L. Schiaparelli, I diplomi di Ugo e di Lotario di Berengario II e di Adalberto, Roma, 1924, n. 77, pp. 226- 228. «valle oxila» è la versione corretta rispetto a «valle sicida» che si legge nell’edizione di Mor delle Carte valsesiane (n. 3), dove vi è anche un «Gropardo comes» anziché «Gariardo comes».

278 G. Andenna, C. Alzati, Fontaneto – Una storia millenaria, pp. 273-313. 279 Supra, p. 33.

280 Bougard, DBI, Gariardo. 281 Infra, p. 125.

72 testamento del 1015, dal momento che quello di Pombia sarebbe spettato al fratello Uberto “Rufo” 283.

Al contempo, da questa soluzione emergono numerosi altri problemi irrisolvibili, primo fra tutti la forma assurda che toccherebbe al comitatus plumbiense, una sorta di minuscolo Cile stretto in orizzontale ed espanso longitudinalmente; tuttavia, il riferimento dell’892 non va neanche preso troppo alla leggera, immaginando una semplice pertinenza di terra lontana dal proprio nucleo comitale, perché è ben raro che le pertinenze si leghino alle astratte entità circoscrizionali e l’unico altro caso simile per il Piemonte orientale ̶ il testamento dell’arcidiacono e visdomino della Chiesa novarese Raginaldo «filio bone memorie» di Rapaldo «de castro plumbia»284, datato 885, con terra a Mergozzo e nelle confinanze la curtis di Pallanza sul lago Maggiore e «placo stacionense»285 ̶ è coerente con l’assetto distrettuale corrispondente.

È però fuori luogo, a questa altezza cronologica, legare meccanicamente un significato amministrativo ad ogni riferimento territoriale286: il fenomeno avvenuto per Gariardo sarebbe stato un agganciamento del titolo funzionariale «a una località che non è il centro ufficiale del distretto, ma il centro dei concreti interessi dinastici»287, fenomeno solitamente molto più tardo e forse legato anche a un equivoco tra l’estensione della delega di potere, il prestigio signorile acquisito localmente e la consuetudine di risiedere in un castrum non sede distrettuale, come evidenzia la riflessione che la dicitura «de castro fontaneto», in quanto avvenuta post mortem, non poteva essere stata influenzata da un consapevole progetto politico di Gariardo, bensì dalla percezione che, della sua azione sul territorio, aveva maturato il potere centrale288.

Va ora chiarito a chi si debba attribuire la promozione di Gariardo. È improbabile, come detto, che il passo di Liutprando ̶ scritto trent’anni dopo i fatti ̶ che ne attesta il nuovo titolo già per la battaglia di Fiorenzuola sia del tutto attendibile, dal momento che

283 Dubbi di Sergi sull’effettività della carica esercitata da Riccardo e sull’eventuale comitato di pertinenza, se Stazzona, Vercelli, Lomello o Ossola come la tradizione lo ha identificato: I confini del potere, pp. 185- 186.

284 In stretti rapporti col vescovo di Novara Cadulto, e quindi con Liutwardo: Andenna, Grandi patrimoni,

funzioni pubbliche, p. 203.

285 U. Graf, Chartae Latinae Antiquiores (ChLA): Italy XXVIII. Piemonte II, Novara, Torino, Zurigo, 2001, n. 4, pp. 28-32.

286 “Non doveva essere in quegli anni omogenea l’efficacia di esercizio del potere su tutto il territorio di un distretto, e non doveva esservi permanente chiarezza circa l’ambito di giurisdizione del distretto comitale”: Sergi, Il declino del potere, citaz. da p. 462.

287 Provero, Ufficiali regi e poteri signorili, citaz. da p. 38. 288 Ivi, p. 39; Sergi, I confini del potere, p. 174.

73 ammettere la presenza di un comes nell’area di maggior influenza di Adalberto, nel placito del 9 maggio 902 appunto citato come comes et marchio, non terrebbe conto delle conseguenze in qualche modo lesive all’autorità del senior a cui Gariardo si mostrò sempre fedelissimo289: è più verosimile pensare che la situazione mostrata dai documenti a inizio X secolo, in cui in tutto il Piemonte orientale agivano soltanto vicecomites, ancora più facili da spostare a piacimento sul territorio, si mantenne per tutto il tempo in cui Adalberto e i suoi figli controllarono la Marca.

In questo modo, solo dopo la morte di Anscario II avvenuta tra 937 e 938, re Ugo di Arles ebbe abbastanza potere per creare nuovi conti nella sua vecchia area di pertinenza290. A quel punto, Gariardo dovette tradire i suoi vecchi seniores, anche se è possibile che la sua fedeltà fosse esclusivamente rivolta ad Adalberto e non a tutto il gruppo anscarico: una testimonianza di ciò va intravista nel placito pavese del 18 settembre 935291, decisivo per la caduta di Anscario, dove ai primi posti della lista di astanti compare un Gariardo accanto ad altri fideles regi292.

Si può dunque ipotizzare che nel periodo adalbertino le funzioni vicecomitali fossero suddivise tra Gariardo, detentore di autorità più che altro nell’Ossola, Otberto concentrato su Asti293 e forse quel Mainardo (Maginardo) congiunto a Gariardo nel placito del 902 e possibile discendente di una casata in decadenza di vicecomites294 a cui ancora spettava l’area di Pombia e Novara; successivamente re Ugo affidò il comitato plumbiense a Gariardo295 e questi preferì risiedere a Fontaneto ̶ radicamento originato forse proprio per la mancata competenza diretta su Pombia negli anni da vicecomes ̶ anziché nella sede distrettuale, come già l’antenato di Mainardo faceva a Casaleggio nel lontano 841.

È evidente che Gariardo non ebbe mai contatti diretti, a quanto è dato sapere, con Lumellogno; tuttavia, proprio l’ultimo riferimento al «comes de castro fontaneto», quello che attesta l’appartenenza ai «milites secundi ordinis» promossi e legati direttamente a

289 Vignodelli, La competizione per i beni fiscali, p. 166. 290 Ibid.

291 C. Manaresi, I placiti del Regnum Italiae, I, n. 136, pp. 506-513. 292 Vignodelli, La competizione per i beni fiscali, p. 167.

293 Ivi, pp. 164-165.

294 BSSS. 77/1, n. 1, pp. 5-6. Hlawitschka ̶ Franken, Alamannen, p. 226 ̶ riconosce in Mainardo uno dei beneficiari del re in Italia chiamati a raccolta da Lotario contro i Saraceni tra 846 e 847 in DMGH, Capitularia

regum Francorum II, p. 68. Sui rapporti tra Mainardo e il vescovo Adalgiso: Andenna, La diocesi di Novara, p.

57.

74 sé da Ugo per contrastare il potere marchionale, come si legge in Attone di Vercelli296, ha portato alla luce un collegamento interessante: a recuperare i beni ossolani un tempo nella disponibilità di Gariardo è un fidelis di nome Riccardo.

Ancora più interessante è la constatazione che la petitio del diploma in questione sia di un Ingelberto comes proveniente da Vienne, una delle principali città della Borgogna storica ̶ intesa come regno dei Burgundi297, in realtà oggi parte del Delfinato ̶ e capitale di quel regno di Provenza da cui giunsero alcuni dei principali re d’Italia post-carolingi, tra i quali il Rodolfo II a cui Adalberto e Gariardo si volsero e lo stesso Ugo di Arles, promotore finale delle sorti del comes.

Il nome Riccardo e il legame con la Borgogna ritornano in un altro documento novarese dalle caratteristiche peculiari: nel febbraio 958 a Caltignaga, Riccardo, Ratburno e Ademaro, figli della buona memoria di Ildeprando, di legge gundebada ̶ cioè burgunda, in seguito confluita in quella salica ̶ emanciparono il servo Leonea alla presenza di altri burgundi, ovvero Gariardo e Ugo del fu Ribaldo di Caltignaga, e di un sottoscrittore alfabeta di nome Guglielmo298. Di nuovo, e ancora capiterà di notarlo nei prossimi capitoli, la manomissione di un servo risultava pratica in grado di unire un intero gruppo parentale e di mostrarne le dinamiche, quasi come un’ostensio chartae o un Großlibell: in un certo senso, un’altra forma di ostentazione di prestigio sociale.

L’estrema rarità della professio legis burgunda e della stessa onomastica ̶ il fratello del comes Ingelberto si chiamava proprio Ratburno, il nome Ademaro è presente nei visconti di Lione e nei conti di Valence299 ̶ permette l’ipotesi di un collegamento parentale col fidelis Riccardo del 945, estendibile di conseguenza, per identità patrimoniali ̶ forse addirittura ereditarie300 ̶ e antroponimiche, con lo stesso Gariardo301. Questo legame e quello con i conti di Vienne chiarirebbero il forte vincolo col territorio del Piemonte nordorientale del nucleo da Caltignaga e dei suoi discendenti302, mentre dal

296 Vignodelli, Il filo a piombo, pp. 97-129, pp. 141-148, pp. 229-233 e pp. 246-249; sull’inserimento di Gariardo nella categoria: Vignodelli, La competizione per i beni fiscali, pp. 168-169.

297 G. Sergi, Istituzioni e società nel regno di Borgogna, in Il secolo di ferro, Spoleto, 1991, pp. 205-242: 209- 214.

298 ASDN - FF - DCC/Q, n. 9. 299 Keller, Signori e vassalli, p. 361.

300 Andenna, La diocesi di Novara, p. 75, dove si ipotizza anche che il trasferimento di gruppi provenzali nel Novarese abbia favorito l’attecchimento di nuovi culti come quello di San Genesio nella pieve di Suno, sulla quale si tornerà infra, pp. 116 e sgg.

301 Keller, Signori e vassalli, pp. 236-237; Vignodelli, La competizione per i beni fiscali, pp. 167-168. 302 Vignodelli, La competizione per i beni fiscali, pp. 167-168.

75 “tradimento” di Gariardo in favore di re Ugo e dal successivo ritorno degli Anscarici con Berengario II, potrebbe dipendere il fatto che fino a fine secolo non siano stati più attribuiti uffici pubblici a esponenti del gruppo parentale di Gariardo303.

Ammettendo, come sembra dalla suddivisione interna all’atto del 958 tra autori giuridici e sottoscrittori, che la parentela dei «filii bone memorie hildeprandi de loco calteniaga» con Gariardo non sia diretta, ma laterale, a quando risalirebbe il loro arrivo in Italia settentrionale dalla Provenza? Se la prima, probabile attestazione di questo ramo fosse proprio quella del fidelis Riccardo, allora sembra logico utilizzare come terminus

post quem la prima intercessione di Ingelberto di Vienne per un miles italico, ovvero il

celebre diploma del 933 in cui venne concessa all’eponimo aleramico la curtis di Auriola nel comitato vercellese, uno dei tasselli del complesso venatorio regio tra Vercelli e Pavia304. Tuttavia, in una permuta novarese non datata305 il vescovo Daiberto ricevette per parte della canonica di San Gaudenzio ben 54 appezzamenti tra sedimi, campi e prati ̶ per una misura totale di 22 iugeri ̶ posti tutti nel territorio di Isarno, da parte di un certo Ildeprando non meglio specificato per la natura lacunosa del documento306: cascina Isarno si trova a una distanza da Caltignaga simile a quella che separa Pagliate e Lumellogno. Potrebbe trattarsi soltanto di una coincidenza, ma se così non fosse e il binomio filiale Ildeprando-Riccardo fosse rispettato una volta di più, ne conseguirebbe che il gruppo burgundo di Caltignaga doveva essere giunto in Italia grossomodo in concomitanza con Gariardo, o addirittura prima, e come questo si era radicato molto presto in un vico non amministrativo del Novarese, in questo caso Caltignaga.

Ciò che più conta, però, è il legame con il comes Riccardo: l’identificazione del padre di Riccardo e Uberto “Rufo” con l’Ildeprando già quondam nel 958 non è naturalmente possibile307, tuttavia il “fil rouge” che lega i conti di Pombia ai burgundi di Caltignaga e quindi addirittura a Gariardo, è inequivocabile: lo ha dimostrato proprio il testamento di Riccardo e Waldrada e ne è ulteriore conferma la permuta dell’8 settembre 1044308 tra il

303 Provero, Ufficiali regi e poteri signorili, p. 47.

304 Schiaparelli, I diplomi di Ugo e di Lotario di Berengario II e di Adalberto, n. 35, pp. 107-108. Su Auriola e il complesso venatorio regio vd. Settia, Nelle foreste del re, pp. 363-371 e supra, p. 9.

305 BSSS. 77/1, n. 4, pp. 9-10. La datazione proposta dall’editore è tra 908 e 931 per via dell’episcopato di Daiberto.

306 L’originale è mancante e la copia di XI secolo presenta una sorta di regesto a cui mancano protocollo, escatocollo e anche la parte riguardante la terra ricevuta da Ildeprando.

307 Andenna, Grandi patrimoni e funzioni pubbliche, p. 214.

76 vescovo Riprando da Pombia e i fratelli salici Garibaldo prete e Manfredo del fu Albezzone per beni all’interno del castello di Caltignaga, con anche un Riccardo tra le confinanze. Per quanto riguarda l’ultimo membro della parentela emersa nel 958, il sottoscrittore autografo Guglielmo, lui e la sua discendenza ricompaiono regolarmente nei principali “turning points” documentari della storia altomedievale novarese: nell’ormai nota prima “istantanea” del capitolo di Santa Maria del 985, fu probabilmente lo stesso Guglielmo del 958 a sottoscrivere di proprio pugno tra i milites del vescovo, così come pochi anni dopo a permutare col vescovo Aupaldo309; nel fondamentale placito del 1022 riguardante il castrum di Mosezzo310 si deve pensare per ragioni cronologiche che