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Cavalli Regis: una corticella al centro di uno smisurato patrimonio

Capitolo 1: All’ombra di Sant’Agabio

1.2.3. Cavalli Regis: una corticella al centro di uno smisurato patrimonio

Sull’ubicazione di Cavalli Regis321, il centro direzionale del patrimonio di Riccardo e Waldrada a cui afferiva anche il teloneo su Lumellogno, è sorta una piccola disputa tra alcuni dei più importanti storici dell’alto Medioevo, divisi soprattutto su due località: Cavallirio e Cavaglio d’Agogna. Distano tra loro una dozzina di chilometri in linea d’aria, la

318 È presente un Teuperto suddiacono durante i primi anni dell’episcopato di Aupaldo e un Teuperto diacono/levita e preposito nella seconda parte, spesso inviato come suo misso nelle permute e inserito nella lista di canonici del 985; di Teuperto prete, invece, questa è l’unica attestazione. Né ci aiutano molto di più le ipotesi sul rogatario, Gosberto notaio, del cui nome vi è una presenza seriale solo alla metà dell’XI secolo.

319 Keller, Signori e vassalli, p. 126; Andenna, Formazione, strutture e processi, p. 134. 320 Keller, Signori e vassalli, p. 126.

78 prima più settentrionale e prossima a Grignasco e Romagnano, l’altra nel territorio del piviere di Suno, leggermente più vicina a Fontaneto.

Il primo a sostenere l’attribuzione a Cavallirio, forse dopo aver letto la versione del Mor322 o attratto dalla suggestione di un agile passaggio fonetico da Cavalliregis a Cavallirio attraverso la frequentissima caduta medievale dell’affricata postalveolare sonora in posizione intervocalica, è stato Hagen Keller, seguito da Cinzio Violante e Giuseppe Sergi; di recente, anche Luigi Provero è tornato sulla stessa identificazione323. Il principale esponente della teoria opposta è invece Giancarlo Andenna, il quale ha ribadito in ogni possibile occasione la coincidenza di Cavalli Regis con Cavaglio d’Agogna324. La «corticellam de cavalli regis»325 del diploma del 10 giugno 1025 di Corrado II per la Chiesa di Novara326 sarebbe la stessa «cavalli» o «curtem cavalli» riconfermata in numerosi diplomi di XI secolo327 all’episcopio vercellese. Cavaglio d’Agogna sarebbe il Cavaglio Superiore o Cavalregio che a quell’altezza cronologica faceva parte di un complesso costituito anche dalle adiacenti località di «Kavallimediano», sede di un altro importante castrum e in seguito di un monastero femminile cluniacense (oggi infatti località “Monastero”) e Cavaglio Inferiore (oggi Cavaglietto)328: un complesso posto nel piviere di Suno a metà strada tra Fontaneto d’Agogna ̶ da cui Cavaglio dista meno di quattro chilometri ̶ e Momo, e allo stesso tempo piuttosto vicino a Romagnano (10 km direzione nord-ovest), Pombia (17 km direzione nord-est) e Caltignaga (15 km direzione sud).

Non a caso, il 9 marzo 1079 in un documento rogato a Suno, Giovanni prete del fu Pietro diede in usufrutto ad Alberto prete della fu Officia i beni appena acquistati da lui a Kavallimediano, Kavalliregi e Suno329; l’1 febbraio 1181330 un certo Anfosso «de cavallirezio» acquistò dal salico Genuario dei beni «in loco cavalli mediano» e

322 A. Lamperti Donati, San Germano della Brughiera, in 1008-2008: i mille anni dell’Abbazia di San Silano, Romagnano Sesia, 2009, pp. 199-209: 201.

323 Cfr. Keller, Signori e vassalli, p. 126; Violante, La signoria rurale nel secolo X, p. 469; Sergi, I confini del

potere, p. 185; Id., Il declino del potere, pp. 488-489Provero, Ufficiali regi e poteri signorili, p. 40.

324 Andenna, Andar per castelli, p. 566; id., L’“ordo” feudale, p. 125; id., Formazioni, strutture e processi, p. 130; id., Nobiltà e clero, p. 9; id., La signoria ecclesiastica nell’Italia settentrionale, in Chiesa e mondo

feudale nei secoli X-XII, Milano, 1995, pp. 111-149: 120-121.

325 Espressione che ritorna in DMGH, Diplomata Heinrich IV: 1056-1076 (DD H IV), n. 63, p. 83. 326 DMGH, DD Ko II, n. 38, p. 42.

327 DMGH, DD H II, n. 322 p. 405; DD Ko II, n. 29, p. 115, p. 199; DD H III, n. 328, p. 450. 328 Andenna, Nobiltà e clero, pp. 4-28.

329 BSSS. 79, n. 242, pp. 104-106. 330 BSSS. 80, n. 516, pp. 63-64.

79 nell’escatocollo si legge «actum ad molendinum agonie quod tenetur a comite in cavalli mediano in territorio» e le sottoscrizioni di personaggi «de cavalli» e «de cavallio»: è chiaro che in entrambi i casi si ha a che fare con la coppia Kavalliregi-Kavallimediano, che assieme a «cavallio» (ovvero Cavaglietto) costituiscono un “trittico di Cavaglio” sull’Agogna. Cavallirio, invece, con cui già il Gabotto confondeva «cavallirezio» nell’edizione, non si trova sulle sponde del torrente affluente del Po ̶ pur non essendone distante ̶ e inoltre compare tra i possessi dei marchesi “da Romagnano” e non in relazione coi “da Pombia”, il 7 aprile 1224: «Romagnano, Cavallilo, Supramonti et Prada et in San Germano et in tota curia et castellancia et territorio Romagnani»331. Si tratta ancora oggi dei luoghi che compongono la circonvicinia di Romagnano Sesia e che all’epoca erano parte di un marchesato del ramo collaterale arduinico, organizzato secondo la medesima appartenenza ̶ già in essere ai tempi di Riccardo e Waldrada ̶ all’antica curtis regia di Romagnano332. Infine, va aggiunto che a mantenere possessi nell’area di Cavaglio regio furono anche le stirpi derivate dai Pombia, ad esempio i “da Castello” e i conti di Biandrate, al cui maggior esponente Guido fu confermato il castrum «Cavalli»333. I più recenti contributi sulla storia locale altomedievale hanno considerato superata l’attribuzione della curtis a Cavallirio e accolto la dimostrazione di Andenna334. Cavalli Regis era quindi la principale residenza di Riccardo e Waldrada, molto vicina agli originali nuclei di radicamento degli antenati e a metà strada tra i poli amministrativi pubblici ed ecclesiastici del Piemonte nordorientale: la sua posizione privilegiata presso una via d’acqua e strategicamente centrale nel territorio fece sì che quella definita come semplice «curticellam» divenisse il cardine di uno dei patrimoni più ingenti della Marca, all’alba delle lotte arduiniche delle quali i da Pombia furono assoluti protagonisti.

Quali aree interessava questo patrimonio, che poteva unire l’eredità di un gruppo parentale che aveva seguito fin dalle origini gli Anscarici ad altre importantissime stirpi

331 B. Vesme, E. Durando, F. Gabotto, Carte inedite e sparse dei signori e luoghi del Pinerolese (BSSS. 3/2), Pinerolo, 1909, pp. 290-293.

332 G. Andenna, Riflessioni sul rapporto tra l’abbazia di San Silano e il territorio di Romagnano nel Medioevo, in 1008-2008: i mille anni dell’Abbazia di San Silano, Romagnano Sesia, 2009, pp. 9-22: 13.

333 DMGH, Diplomata Konrad III. Und sein Sohn Heinrich (DD Ko III.), n. 51, p. 86. Cfr. Andenna, L’“ordo”

feudale, p. 125; Id., Formazione, strutture e processi, p. 130.

334 Cfr. Lamperti Donati, San Germano della Brughiera, p. 201; M. Casirani, Insediamento e proprietà della

terra nell’alto medioevo a Trezzo sull’Adda, in Archeologia medievale a Trezzo sull’Adda, pp. 27-39: 31; E.

Destefanis, Intorno a Fontaneto: paesaggio, insediamenti, strutture materiali nel piviere di Suno in età

80 come forse quella dei conti del Seprio, di Lomello335, di Stazzona e di certo quella piacentina dei Gandolfingi-Riprandingi336, ormai imparentata attraverso il fratello di Riccardo Uberto? Partendo dal diploma che meglio sottolinea la derivazione genealogica di Riccardo fin da Gariardo337, tra i principali predia dei coniugi donate alla Chiesa di Vercelli compaiono appunto Fontaneto, ovviamente «cavalli», poi «sulziam» sede di un’altra curtis regia venatoria del basso Vercellese338, «karon»339, Bornate presso Serravalle Sesia, la curtis di Cerro presso Gravellona Toce, il castello di Grignasco con il «districtu vallis sicide», intendendo per esso in realtà l’Ossola340 come già era stata sotto l’autorità di Gariardo e la metà di Kalendustra sul Ticino, che avevano ricevuto in dono da Amizo.

Questa figura è molto importante per una possibile parentela con Waldrada341 e il collegamento a Lumellogno. Nel 967 un «Adam qui et Amizo» era il probabile comes di Stazzona e fondatore del monastero dei santi Filino e Gratiniano di Arona342, al quale si presume fosse sottoposto il monastero di Fontaneto al tempo della sinodo del 1057343 e a

335 Che Riccardo potesse avere legami con la discendenza di Cuniberto comes si legge in: Andenna, Grandi

patrimoni, funzioni pubbliche, p. 214 e sarebbe il secondo riferimento alla carica di comes per lui, dopo il

testamento del 1015. Per l’ipotesi che fosse Waldrada ad averli vd. Casirani, op. cit., p. 33. 336 Casirani, op. cit., p. 30. Su questo ulteriore legame: infra, p. 184.

337 DMGH, DD H II, n. 322, pp. 404-408. Sul suo significato nell’azione politica di Leone di Vercelli e come strumento di riferimento per l’identificazione degli alleati di Arduino: infra, pp. 233-236.

338 Settia, Nelle foreste del re, pp. 376-383. L’identificazione del luogo è incerta, tra vecchie proposte inaccettabili come quella di Darmstädter su Saluggia: dovrebbe invece attestarsi tra Trino, Balzola e Tricerro in prosecuzione della curtis Auriola.

339 Scritta subito accanto Fontaneto e Cavaglio, la sua identificazione è molto controversa: esiste a Prato Sesia, come si è visto strettamente connesso alla curtis regia di Romagnano, una tradizione che indica il nome Karon come il primo del paese, probabilmente in virtù di una roggia Carogna ancora esistente presso cui era sorto un villaggio omonimo. Se è vero che non è inusuale, come si vedrà nel capitolo 3, la pratica di identificare un luogo dal corso d’acqua che lo attraversa, va però segnalato come in un documento del 1201 ̶ BSSS. 3/1, p. 265 ̶ venga già indicato con «Carogna», mentre solo cinquant’anni prima, nel diploma del 30 luglio 1152 del Barbarossa per i conti de Castello ̶ DD F I, n. 19, p. 34 ̶ compariva ancora come «Caron», e ancora nel 1210 ̶ BSSS. 77/2, n. 39, p. 58. L’ipotesi più accreditata è che perciò che Karon si riferisca a una località nei pressi di Gattico, paese che compariva accanto a «Caron» nel suddetto diploma. Così anche Andenna, Per un censimento dei castelli, p. 321 e Casirani, op. cit., p. 31. Senza fondamento, invece, l’identificazione di Karon con una località presso Albonese in G. Ferraris, La pieve di S. Maria di Biandrate. 340 Casirani, op. cit., p. 31. Per la variante «Sicida»/«Oxila», supra, p. 71.

341 Ivi, p. 29.

342 Compare in un placito accanto a Dadone comes di Milano, forse da identificare nel padre di Arduino: Andenna, Grandi patrimoni, funzioni pubbliche, p. 210; Il personaggio sarebbe stato un comandante dell’esercito di Ottone I: vd. Lucioni, op. cit., p. 26.

343 G. Andenna, Abbazia, castello, comunità civile e signoria dei Visconti tra XI e XV secolo, Fontaneto – Una

81 cui il figlio di Riccardo e Waldrada donò tre quarti344 dell’ampia curtis di Cerro, mostrando come i tentativi del vescovo Leone di appropriarsene non avessero sortito alcun effetto. Uno «iudex sacri palacii» Adamo detto Amizo del fu Adamo anch’egli iudex345 comparve due volte nel 1022: prima in una permuta346 col vescovo Pietro in cui ricevette 16 campi e un prato presso l’Agogna a Lumellogno, ricambiando con terra a Terdobbiate nelle cui confinanze compaiono anche il nome Waldrada e altri seguaci arduinici espropriati delle loro predia nel successivo diploma di Costanza del 1025347; nel placito di Breme del 18 ottobre 1022 sul castrum di Mosezzo, invece, assunse il ruolo di advocatus del vescovo Pietro e dell’episcopio gaudenziano.

Un’altra serie documentaria di fondamentale importanza per comprendere le zone di influenza, la caratura dei progetti territoriali e le conseguenze delle scelte politiche dei due coniugi riguarda una vertenza del 15 gennaio del 998348. In essa, il vescovo Liutfredo di Tortona vendette per 300 lire a Ottone duca di Carinzia e marchese di Verona349 la metà di due porzioni dell’importantissima corte domocoltile di Cornate cum castrum e le relative pertinenze, oltre alla metà di due porzioni di case, beni, cappelle e servi in varie zone, da quella dell’Adda soprattutto con Trezzo e Imbersago, alla riva piemontese del Lago Maggiore tra cui il castrum dell’Isola Madre, Baveno, Stresa, Lesa, Locarno e tra la riva lombarda e il lago di Como con Cittiglio e la metà di due porzioni350 di una corte a Stazzona, infine anche nel vogherese, tra cui Voghera, Sala Roderadi351 e Sparvara, quest’ultima località nel comitato di Lomello ̶ oggi scomparsa ma un tempo importante porto sulle rive del Po, presso Cambiò352 e Gambarana, da non confondere con l’omonima

344 Infatti la quarta parte venne donata alla Chiesa di Novara nel diploma di Costanza del 1025. La vendita di Riccardo II è del 1023 e, significativamente, avvenne di nuovo alla presenza di Rodolfo comes del Seprio: Andenna, Andar per castelli, p. 638.

345 Sul probabile padre, i suoi legami parentali e i placiti in cui compare nel 976 vd. C. Violante, Una famiglia

feudale della “Langobardia” tra il X e il XI secolo: i “Da Bariano”-“De Maleo”, in «Archivio storico lodigiano»

Ser. 2, vol. 22, 1974, pp. 5-128: 10-11.

346 ASDN - FF - DCC/B, n. 36. Tra le confinanze anche «terra quod landulfus detenuit in beneficio».

347 Si tornerà su di loro infra, pp. 124-125. Qui giova solo ricordare che le loro pertinenze a Terdobbiate sono proprio la voce precedente al citato «corticellam de cavalli regis».

348 A. Cavagna Sangiuliani, Documenti vogheresi dell’Archivio di stato di Milano (BSSS. 47), Voghera, 1910, n. 3, pp. 18-21.

349 Lucioni, op. cit., p. 57. È probabilmente da smentire l’ipotesi del Sergi che il «filius bone memorie cononi» potesse riferirsi all’ultimo marchio anscarico Corrado Conone: Sergi, I confini del potere, p. 179. 350 Non si fa cenno a misure e confinanze poiché si tratta con ogni probabilità di attribuzione di quote indivise sulla proprietà e non dell’assegnazione concreta di essa: Casirani, op. cit., p. 34.

351 A cui sarà interamente dedicato il paragrafo 3.2.2.

352 Significativo dell’ecosistema fluviale dell’area è il nome adottato a partire dal 1819 dal comune: Alluvioni Cambiò, oggi Alluvioni Piovera.

82 «sparoaria» in territorio piacentino353 ̶ già emersa in precedenza per la donazione di Berengario354, su istanza di Adalberto, di un manso sulla sua isola355 di pertinenza della vicina curtis di Cairo, al vicecomes Otberto.

Il possesso di questi beni, stando al testo del documento, spettava al vescovo Liutfredo per eredità materna e sarebbe stato confermato dalla vittoria di un “duello giudiziario” di fronte alle rivendicazioni di Riccardo e Waldrada. I beni confluirono dunque nel patrimonio del monastero femminile di San Salvatore di Pavia attraverso la produzione di un falso datato 22 novembre 1001356, in cui si faceva credere, sfruttando l’omonimia tra l’imperatore e il duca a cui era stata davvero effettuata la vendita357, che, dopo il giudizio imperiale favorevole a Liutfredo contro Riccardo e Waldrada, il presule avesse donato quei beni allo stesso Ottone III: naturalmente il passo successivo di questa ricostruzione prevedeva l’ulteriore donazione di tutto il complesso fondiario al cenobio358, il quale avrebbe tratto la conferma da un diploma di Enrico II del 1014, questa volta autentico359, interamente basato sul falso prodotto solo pochi mesi prima e fatto artatamente risalire al 1001.

Riccardo e Waldrada potevano vantare dei diritti sul gigantesco complesso patrimoniale ereditario, probabilmente in virtù di qualche vincolo parentale che non siamo in grado di ricostruire: è certo però che Liutfredo non godesse di diritti esclusivi su di esso360 e fu favorito dall’imperatore a seguito di un cambio di orientamento politico della corona. Si era nel periodo immediatamente successivo all’uccisione del vescovo Pietro di Vercelli da parte dei seguaci di Arduino, forse per mano dello stesso Riccardo361:

353 Infra, p. 184.

354 BSSS. 78, n. 37, pp. 51-52, datato 913 circa.

355 Un diploma del 26 gennaio 1041 per la Chiesa astigiana riporta il passo «castrum Insula cum corte et capellis et bosco et omnibus pertinenciis, Sparoaria cum castro et corte et capella et bosco et molendinis a Duodesimo usque ad Camarianum et omnem ripaticum ex utraque parte»: DMGH, DD H III, n. 70, p. 93. Malgrado la notevole similitudine con l’ambiente indicato nel diploma berengariano del 913, l’indicazione di mulini così interni nel territorio astigiano sconsiglia l’identificazione con l’isola lomellina “centro castrense di organizzazione e sfruttamento di un vasto territorio fluviale”: R. Rao, Villaggi abbandonati fra Tanaro e

Po (X-XIX secolo): una dinamica di lungo periodo, in «Archeologia medievale», 44, 2017, pp. 171-192: 174.

356 DMGH, DD O III, n. 414, pp. 848-849.

357 L’alterazione è osservabile anche dal regesto di mano dell’XI secolo sul verso della pergamena del 998: M. Milani, Le carte del monastero di S. Felice di Pavia (998-1197), n. 3, in Codice diplomatico della

Lombardia medievale (secoli VIII-XII) – Area pavese, 2001, (versione online).

358 Andenna, Grandi patrimoni, funzioni pubbliche, p. 218. 359 DMGH, DD H II, pp. 375-377.

360 Andenna, Grandi patrimoni, funzioni pubbliche, p. 218.

361 Keller, Signori e vassalli, p. 235. Il figlio potrebbe aver seguito le orme paterne uccidendo l’advocatus del vescovo di Novara Oddone: Andenna, Dalla “curtis” al “burgus”, p. 18.

83 il 998 è l’anno della svolta per Ottone, influenzato dall’installarsi sulle rispettive cattedre vescovili di Leone a Vercelli e Gerberto d’Aurillac a Roma, con il passaggio da un approccio constatativo e rafforzativo delle reti di potere locale all’instaurazione, almeno per alcuni settori nevralgici come stava diventando ormai il Piemonte nordorientale, dove la situazione era magmatica, di vasti domini temporali ecclesiastici o di signorie locali laiche estremamente fedeli ai vescovi membri della cappella imperiale362.

Dopo la sconfitta di Arduino, nuove confische imperiali ̶ reali o fittizie ̶ mostrano altri lembi del complesso signorile-fondiario facente capo a Cavalli Regis. È soprattutto l’ormai pluricitato diploma del 10 giugno 1025 a fornire un gran numero di indicazioni in tal senso: oltre al riferimento ai comitati di Pombia e Ossola, in teoria per la prima volta affidati alla giurisdizione episcopale, e alla corticella di Cavalli Regis «quam tenet Richardus», vengono elencati come precedentemente in suo possesso il ponte di Varallo e l’alpe di Otro; quest’ultima, con i suoi floridi pascoli e alpeggi estivi lambiti da torrenti auriferi, malgrado la conferma alla Chiesa novarese di Enrico IV nel 1060363 venne donata con il testamento di Guido comes del fu Guido comes ̶ dal quale deriveranno i conti del Canavese364 ̶ assieme a molti degli altri beni nell’Ossola e in Valsesia apparentemente confiscati, al monastero di Cluny il 6 marzo 1083365 e poco dopo passò all’emanazione cluniacense degli stessi conti del Canavese, Castelletto Cervo366. Una volta di più, si mostra il significato eminentemente teorico del passaggio di consegna patrimoniale dei da Pombia, del tutto inapplicabile sulla realtà concreta del territorio367.

Nel diploma del 1025 comparivano anche possessi del fratello di Riccardo Uberto Rufo, tra cui beni a Sizzano, la «roccam Huberti» in Valsesia368 e «quicquid Hubertus Novarie habet intus et de foris», tra cui la corticella nel luogo detto «Matheo/Matteo»,

362 D’Acunto, Nostrum Italicum Regnum, p. 112; pp. 142-144.

363 DMGH, Diplomata Heinrich IV. 1: 1056-1076 (DD H IV), n. 63, p. 83. L’atto riprende lettera per lettera, con pochissime eccezioni, lo stesso diploma del 1025.

364 Infra, pp. 144 e sgg.

365 BSSS. 79, n. 248, pp. 112-114.

366 Un secolo dopo fu poi contestata dal monastero femminile di San Pietro di Cavaglio Mediano, dipendente dallo stesso priorato di Castelletto Cervo e prossimo alla vecchia Cavalli Regis: R. Bellosta, Il

territorio dell’alpe di Otro in alta Valsesia: da alpeggio monastico a insediamento walser (secoli XI-XV), in

«Nuova Rivista Storica», XCVII, 2013, pp. 583-596: 585-588; G. Andenna, La rete monastica, in Vercelli nel

secolo XII, pp. 137-160: 138.

367 Lo stesso documento era rogato nel castrum di Olengo, altro bene teoricamente confiscato nel diploma del 10 giugno 1025.

84 appena fuori Novara369, forse coincidente con quella corte domocoltile allivellata dal vescovo Aupaldo proprio a Uberto comes e Walberto chierico (futuro vescovo) il 28 novembre 991, per un censo annuo di soli 40 denari370.

Infine, il diploma presentava i possessi che Riccardo e Uberto avevano in comune: «quicquid Richardus et Hubertus retinent in valle Oxula et circa lacum sancti Iulii in circuitu». Una prova ulteriore del fatto che il grosso del patrimonio dei due, e in particolare di Riccardo, si dipanava nella parte settentrionale del Novarese, a ridosso dei laghi e del comitato di Stazzona e in tutta l’Ossola e la Valsesia371: quella che grossomodo doveva essere stata l’area sotto l’autorità pubblica e l’influenza pre-signorile di Gariardo.